La tesi di Ted Gioia è chiara: così come la società si rigenera nelle follie del carnevale, anche alla musica servono regolari infusioni di erotismo, violenza e trasgressione dionisiaca per essere vivificata. L'artritica tradizione va periodicamente demolita e fatta ripartire. Le idee innovative non le trovi in Cattedrale o nei Conservatori ma nella polvere della strada, vengono dagli schiavi, dai criminali, dai diseredati, dagli stranieri, dagli sradicati. La musica è musica del Diavolo e non deve piacere a mamma e papà. Faceva bene Platone a diffidarne e s'illudeva Pitagora nel suo tentativo di imbrigliarla con la matematica. La musica è trance più magia. Quando il ribelle viene fagocitato e codificato dalle istituzioni - cio' che nasce nel South Bronx finisce alla Carnegie Hall - è tempo ne irrompa un altro più cattivo e irrispettoso dei predecessori. Solo le passioni distruttive sono passioni creative. Capitoli sorprendenti dedicati all'uxoricida Gesualdo e a quel beone erotomane di Bach. Un po' meno sorprendenti dedicati a Sid Vicious e Charles Mingus.
Sarebbe piaciuto ad Antonio Lodola.
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