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martedì 25 giugno 2024

austria per friedman

Quasi tutti i cambiamenti politici che si possono immaginare porteranno benefici ad alcune persone e danni ad altre. Per sostenere che l'effetto netto è un miglioramento, occorre un modo per sommare i guadagni e le perdite. L'economia della scuola di Chicago lo fa attraverso il concetto di efficienza economica.2 L'economia austriaca, che rifiuta questo concetto, non fornisce alcun modo per giudicare qualsiasi cambiamento che faccia stare meglio almeno una persona e peggio almeno una.3Pertanto, un economista austriaco non può offrire un argomento economico per dimostrare che una tariffa, un salario minimo o un controllo degli affitti rendono gli Stati Uniti peggiori. Un economista di Chicago può farlo.Poiché gli economisti austriaci sono impegnati nell'idea che le conclusioni economiche devono essere basate sulla teoria e non sulle prove, un economista austriaco in quanto economista non può utilizzare il fatto che le politiche hanno avuto effetti negativi in passato come prova che li avranno in futuro. Un economista di Chicago può farlo.La Scuola di Chicago è un discendente di quella che Mises definiva la Scuola Inglese, la linea di teoria economica che va da Adam Smith fino ad Alfred Marshall. Le argomentazioni economiche di questa scuola convinsero la Gran Bretagna del XIX secolo ad adottare il libero commercio e una politica generale di laissez-faire. Gli antenati intellettuali della moderna Scuola Austriaca predicarono le stesse politiche all'Impero AustroUngarico, ma con meno successo.

https://daviddfriedman.substack.com/p/austria-vs-chicago

venerdì 21 settembre 2018

LE TRE ECONOMIE

LE TRE ECONOMIE
1. Per i “neoclassici” l’uomo è razionale ed egoista.
2. Per gli “austriaci” l’uomo è razionale.
3. Per i “comportamentisti” l’uomo è irrazionale.
GERARCHIA DELLE SCIENZE: in 1 l’economia domina la sociologia e la psicologia, in 2 è la sociologia a dominare e in 3 la psicologia.
RAZIONALITA’: in 1 è “strumentale”, in 2 “ecologica” in 3 “distorta”.
OBBIETTIVI: il “neoclassico” prevede, l’ “austriaco” spiega, il “comportamentista” corregge.
CATO-UNBOUND.ORG
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sabato 6 maggio 2017

Contro l'economia austriaca

Molti liberali trovano che il cosiddetto "approccio austriaco" sia più congeniale alla difesa della società aperta. Non è dell stesso avviso l'economista Bryan Caplan che spiega i suoi  perché nel saggio "Why I Am Not an Austrian Economist".
Non si puo' negare che da questa scuola siano venuti contributi di peso, ma per lo più si trattava di filosofia economica anziché di semplice economia.
Dalla nostra trattazione lasciamo fuori la punta di diamante del movimento, il Nobel Friedrich von Hayekper concentrarci meglio su Ludwig von Mises e Murray N. Rothbard. Il primo ha iniziato come economista per poi virare già negli anni ‘30 su politica, sociologia e diritto. I secondi, per contro, si sono opposti in modo chiaro e risoluto all'economia neoclassica precisando meglio il loro attacco frontale...
... If Mises and Rothbard are right, then modern neoclassical economics is wrong; but if Hayek is right, then mainstream economics merely needs to adjust its focus...
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I neoclassici (N) utilizzano le funzioni di utilità. Gli austriaci (A) le avversano.
Cosa sono, innanzitutto, le funzioni di utilità? Sono relazioni che descrivono le preferenze dell'individuo. Per i N un individuo agisce per massimizzare la sua utilità.
Secondo Rothbard (R), invece, sono la premessa della cardinalità delle preferenze individuali, ovvero il demonio in terra.
Qui occorre fare una parentesi perché siamo di fronte ad un concetto chiave.
L' A tipo ha un nemico ben preciso: l'intervento statale nell' economia.
Ora, come giustifica di solito lo stato il suo intervento? Per esempio così: "tolgo a te il bene X per darlo a lui". Perchè? “Perchè per te vale 10, per lui 15, così facendo aumento la felicità collettiva”.
È chiaro che se lo stato non può dare i numeri (10 e 15), non può nemmeno giustificare il suo intervento. Assumere preferenze cardinali (ovvero confrontabili) consente allo stato di agire. Bisogna impedirlo.
Ma le preferenze dei N sono ordinali, non cardinali. L'accusa di R è falsa...
... A utility function just uses numbers to summarize ordinal rankings; it doesn't commit us to belief in cardinal utility...
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I N considerano possibile l' "indifferenza" verso due beni, cio’ si realizza quando due utilità relative a beni diversi si eguaglino nel valore. Io posso essere indifferente tra un gelato alla panna e uno al cioccolato...
... But what if U( a)=U( b); i.e., what if an agent is indifferent between two alternatives? Rothbard elaborated upon Mises by rejecting the very possibility as incoherent...
Gli A si oppongono in modo veemente.
Anche qui, la cosa si chiarisce con l'obbiettivo ultimo degli austriaci: limitare i poteri dello stato.
Ecco come ragiona spesso uno statalista: "voi vorreste costruire una strada ma non vi accordate per colpa degli opportunisti. Io, stato, taglio la testa al toro costruendola grazie ad una tassazione coercitiva".
Lo stato, dunque, opera supponendo che esistano preferenze non rivelate attraverso un’azione concreta. Per questo l' A fa di tutto per dimostrare che nulla del genere esiste: una preferenza esiste solo quando viene rivelata dall’azione.
Torniamo a noi: supporre l'indifferenza significa supporre preferenze inespresse. Esempio: tra panna e cioccolato alla fine devo scegliere. Sceglierò la panna (preferenza rivelata dall'azione) mentre la mia reale preferenza (l’indifferenza) resta inespressa.
Per un A la "preferenza rivelata" è tutto: nessuna preferenza esiste che non possa essere rivelata dall'azione. Il libro di Mises “Human Action” è la loro Bibbia. Ebbene, l'indifferenza non è mai una base per l'azione.
Ma questo porta a conseguenze strambe. Per esempio: non posso aver avuto voglia del gelato ieri perché ieri non ho mangiato nessun gelato. Per un A non esiste introspezione, il che mi sembra una grossa lacuna.
Il comportamentismo nega l'esistenza degli stati mentali. L' A simpatizzante per R è un comportamentista duro e puro.
Se non esisto o le preferenze mentali ma solo quelle concreta, non ha nemmeno senso postulare una funzione continua delle preferenze. Le preferenze sono spot, discontinue, non "derivabili".
Problema: niente preferenze continue, niente funzioni continue per domanda e offerta, nessun incontro tra le due...
... One obvious problem arises here. Without continuous preferences, it is also highly unlikely that e.g. supply and demand can ever be equal...
Guai a dire che la continuità della funzione è solo un'utile semplificazione. È proprio con costoro che R se la prende...
... Most writers on economics consider this assumption a harmless, but potentially very useful, fiction, and point to its great success in the field of physics... The crucial difference is that physics deals with inanimate objects that move but do not act...
Salvo poi, lui stesso, a scopi semplificatori, utilizza le funzioni di domanda e offerta.
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Il comportamentismo estremo messo in campo con il recondito proposito di difendere il mercato è in realtà controproducente...
... Rothbard could only claim the welfare effects of government intervention upon "social utility" are indeterminate; i.e., since the victim loses and the intervener gains, it is impossible to say anything about social utility without making a verboten interpersonal welfare comparison...
Se non esistono preferenze introspettive non posso nemmeno dire nulla sulla disutilità che subisce un tartassato. Non posso dire nulla di nulla.
Ergo: il welfare austriaco non difende il mercato, è agnostico.
L'azione dello stato può essere avversato in termini etico-filosofici ma non in termini di efficienza. In termini di efficienza l' A è costretto suo malgrado all'agnosticismo.
Il comportamentismo degli austriaci è talmente estremo che non posso dire nulla delle intenzioni umane (che sono una realtà interiore)...
... When two people sign a contract, do they actually demonstrate their preference for the terms of the contract? Perhaps they merely demonstrate their preference for signing their name...
Chi firma un contratto lo fa perché ne accetta il contenuto o perché gli piace firmare?...
... Rothbard's refusal to acknowledge unobserved preferences would have to impress even B.F. Skinner....
È anche un comportamentismo contro il buon senso: pensare cosa desidera un altro non sarà facile ma non è neanche un esercizio assurdo.
Questa enfasi su una soggettività insondabile fa sì che l' A si ritenga l'unico soggettivista in circolazione. I titoli dei suoi libri contengono sempre quella fatidica parola. Ma anche il N è soggettivista, anche per lui le preferenze non sono cardinali e quindi non confrontabili.
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Mises ha sostenuto che in un regime socialista, in assenza di prezzi, non è possibile il calcolo economico. Vero, sprechi e penurie sono dovute anche a questa grave falla.
Ma ci sono anche altri argomenti contro l'economia socialista. Per esempio: la produttività è bassa poiché gli incentivi non sono corretti.
Eppure, l' A , contro l'evidenza, si impunta solo sull'impossibilità di calcolo. Per lui esiste solo quella lacuna.
La cosa, per altro, è strana poiché Mises raccomanda di limitarsi a giudizi qualitativi e lasciar perdere quelli quantitativi...
... If so, then how could he possibly know by economic theory alone that the negative effect of the lack of economic calculation would be severe enough to make socialism infeasible?...
Il socialismo di Robinson Crusoe sembrerebbe possibile poiché “socialismo di una persona”. Ma quando arriva Venerdì è ancora possibile? E quando arrivano altri 100 indigeni? E 1000?
Evidentemente serve un giudizio quantitativo.
Gli A hanno abusato dell'argomento di Mises, inoltre, fedeli ai loro principi, non hanno fornito prove empiriche della sua tenuta.
Il loro argomento contro il socialismo, in realtà, è solo uno dei molti. Eccone altri...
... problem of work effort, or innovation, or the underground economy,...

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In tema di beni pubblici l'obiezione austriaca discende da quanto già detto: tutti i beni pubblici postulano preferenze inespresse, ovvero inesistenti. Il concetto è quindi insensato.
Ma se qualche N statalista abusa della teoria neoclassica, cio’ non significa che quella teoria sia invalida.
Anche i N, del resto, hanno sviluppato critiche ad un concetto troppo semplificato di bene pubblico.
Ronald Coase (teoria del faro) e James Buchanan (teoria public choice) sono economisti neoclassici che hanno fatto molto contro l'abuso dell'etichetta di "bene pubblico".
Conclusione...
... While Rothbard deserves praise for analyzing the extent to which private property can solve externalities problems, his reformulation of the theory of externalities is decidedly unsuccessful...
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Per i N il monopolio è una fonte di inefficienza, almeno in assenza di capacità di discriminare i prezzi.
Inoltre, in quantità più o meno grande, c'è sempre: la concorrenza perfetta è una chimera.
Qui bisogna rendere omaggio a R e al suo contributo nel sostenere la tesi che senza barriere legali all'entrata i monopoli reali sarebbero molto meno perniciosi. Un monopolio non dura senza protezioni esterne. Nel 1962 era già molto avanti rispetto ai suoi colleghi.
Ma i N hanno recuperato il terreno perduto, spesso collegando monopolio e innovazione secondo l’insegnamento di un austriaco anomalo come Schumpeter.
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In macroeconomia gli A hanno elaborato una loro teoria del ciclo economico. In questa teoria ci sono anche molti argomenti accettabili.
Per esempio: la disoccupazione è causata da salari troppo elevati.
Oppure: usare l'inflazione per ridurre i salari non è una manovra scellerata.
Su quest’ultima verità lavorò in modo geniale anche il neoclassico Robert Lucas meritandosi un Nobel (nonché l’appellativo di papa dell’economia).
Ma perché esiste questa rigidità dei salari?
E qui R entra in fissa e semplifica: tutta colpa di governo e sindacati.
Vero ma c'è senz'altro dell'altro. A volte non si tagliano i salari per non demoralizzare il personale.
Altri motivi per non tagliare gli stipendi...
... actively coerce new hires, threatened "insiders" might informally haze, mistreat, or otherwise fail to cooperate newly-hired "outsiders."...
Provate a mettervi nei panni di un padroncino e capirete le difficoltà, sindacati o non sindacati.
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Ma i guai arrivano dopo, con le affermazioni problematiche.
Innanzitutto questa: tassi bassi distorcono la struttura produttiva (si investe troppo in beni durevoli).
Che l'emissione di moneta abbassi i tassi è pacifico, ma...
... What I deny is that the artificially stimulated investments have any tendency to become mal investments...
La domanda che mette in crisi l' A...
... The objection is simple: Given that interest rates are artificially and unsustainably low, why would any businessman make his profitability calculations based on the assumption that the low interest rates will prevail indefinitely?...
Come mai l'imprenditore  è tratto in errore da una variabile tra le tante? Una variabile, per altro, il cui comportamento è comunque più prevedibile di altre.
L'imprenditore sa che i tassi si alzeranno e dovrebbe tenerne conto. Perchè non lo fa? Perchè l' A lo postula così incompetente?
Garrison ha tentato u a risposta...
... "[M]acroeconomic irrationality does not imply individual irrationality. An individual can rationally choose to initiate or perpetuate a chain letter... Similarly, it is possible for the individual to profit by his participation in a market process that is - and is known by that individual to be - an ill-fated process."...
È uno scenario possibile, ma farne una regola generale è temerario.
Gli A affermano che nelle crisi il settore dei beni durevoli soffre particolarmente.
In parte è vero ma ci sono spiegazioni alternative meno cervellotiche...
... durable good purchase, whether durable capital goods or durable consumer goods, is going to be much more sensitive to changes in income...
L'acquisto di un bene durevole è più sensibile ai redditi attesi.
E la stagflazione? A volte gli A si vantano di essere gli unici a saperla spiegare.
Non è così: la teoria delle aspettative razionale la spiega brillantemente. La contrattazione anticipa perfettamente l'inflazione attesa realkzzandola senza guadagni in termini occupazionali.
Ma ci sono anche altre spiegazioni: 1) shock nelle risorse naturalj (es. prezzo del petrolio) 2) shock tecnologico (teoria del real business), l'innovazio e e la produttività rallenta senza che rallenti la creazione di moneta.
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Mises e Rothbard enfatizzano il primato della teoria sui fatti. Le verità chiave sono apriori, per esempio l'assioma dell'azione e della preferenza rivelata.
Questa assenza di lavori empirici ha segnato il loro isolamento nell'accademia.
Ma la sola teoria è sufficiente?
Gli A probabilmente sbagliano a pensare che la storia si limiti ad illustrare la teoria. Solo l'evidenza empirica ci dice qualcosa su quale tra le forze in campo prevale da un punto di vista quantitativo. Esempio...
... Price theory shows us that a minimum wage in excess of the market-clearing price will increase unemployment. However, as Mises and Rothbard emphasize, economic theory tells us nothing about how big the increase in unemployment will be...
L' A si rifiuta di utilizzare la matematica: per lui la verità economica è tale a priori. Ciò gli impedisce di pubblicare sj riviste scientifiche.
Viene da chiedersi se matematica ed econometria abbiano contribuito al progresso della disciplina. Forse qui lo scetticismo dell' A è in parte giustificato.
Facciamo unesperimento, elenchiamo le principali conquiste degli economisti nell'iltimo mezzo secolo e oltre...
... Here are a few of the best new ideas to come out of academic economics since 1949: 1. Human capital theory 2. Rational expectations macroeconomics 3. The random walk view of financial markets 4. Signaling models 5. Public choice theory 6. Natural rate models of unemployment 7. Time consistency 8. The Prisoners' Dilemma, coordination games, and hawk-dove games 9. The Ricardian equivalence argument for debt-neutrality 10.Contestable markets...
Si tratta di teorie presentate in forma matematica. Ma quanto ha contribuito la matematica ad escogitarle?
Forse ha avuto un ruolo in 2) e 3). Ma forse.
Ad ogni modo, per un approfondimento critico sul ruolo della matematica e della statistica nelle discipline economiche rinvio a questo articolo.
Come procedere allora? Al modo degli austriaci? No: ecco un esempio di  giusto mix...
... My own view is the econometrics is not useless, but must become a subordinate tool of the economic historian rather than vice versa. Friedman and Schwartz's A Monetary History of the United States is close to the optimal mix - careful historical analysis supplemented with econometrics, rather than vice versa...

martedì 26 aprile 2011

Austriaci e neoclassici

Ecco un buon modo per riconciliarsi: i “neo” si occupano di “statica”, gli “aus di “dinamica”.

I “neo” si occupano d’ individuare i punti di arrivo, fli “aus” del modo tramite cui arrivarci.

L’ esempio preclaro riguarda l’ economia del benessere e l’ equilibrio generale: Walras e poi Arrow Debreu stabiliscono con metodi neoclassici che in in un sistema di mercato a libera concorrenza esiste un equilibrio efficiente. Hayek si occupa di dimostrare come un libero mercato vi giunge spontaneamente.

E’ chiaro che Hayek deve adottere una razionalità differente, diciamo bayesiana.

I modelli dinamici sono poi molto complessi, al punto da non poter essere risolti analiticamente. Tutto cio’ ha penalizzato gli “aus” nel dibattito. Ma oggi si puo’ ricorrere alle simulazioni del pc, e questo cambia le cose.

L’ equilibrio di Gintis (2011), con confutazione di scarf, raggiunto con razionalità bayesiana:  http://www.umass.edu/preferen/gintis/markovexchange.pdf

venerdì 9 ottobre 2009

Chicago e Vienna: i due liberalismi

A Chicago piace il mercato: è il miglior modo per sviluppare incentivi.

Piace pure a Vienna perchè fa emergere informazioni altrimenti destinate a restare sepolte.

Chicago riconosce che il mercato puo' fallire nella produzione di beni pubblici. In questo caso bisogna intervenire.

A Vienna questi interventi dispiacciono enormemente: verrebbe sabotato irreparabilmente quel prezioso crogiolo informativo costituito dal sistema dei prezzi.

Per Chicago l' Uomo è tutto sommato prevedibile: il problema è quello di motivarlo spingendolo all' efficienza.

Vienna vede nell' uomo un mistero sempre pronto ad innovare cambiando tutto, anche la sua testa.

A Chicago piaccioni i numeri e la matematica: qualche statistica è meglio che niente per dichiarare su basi di fatto inefficiente un mercato e far scattare l' intervento governativo.

A Vienna i numeri non servono: di interventi non ne vuole sapere, i mercati non falliscono e l' Uomo è troppo imprevedibile per essere ingabbiato in un' equazione.

Chicago è pragmatica, i fatti cambiano i suoi giudizi: un mercato efficiente nel secolo scorso puo' anche rivelarsi inefficiente oggi.

Vienna è più costante nel suo giudizio: chiede di aspettare e mantenere la calma, la verità emergerà e le previsioni giungeranno a compimento. Anche per questo la sua visione può essere agevolmente trasformata da economica a filosofica.

Non accetto richieste su chi buttare dalla torre, non saprei rispondere. Innanzitutto perchè le due visioni non sono poi così distanti e una conciliazione è possibile.

Ma poi, come potrei rinunciare al realismo di Chicago, ai suoi argomenti che consentono di intervenire con pertinenza nel dibattito contemporaneo? D' altro canto: come potrei mettere da parte la ben più ricca antropologia viennese, le sue intuizioni sulla razionalità limitata, la sua lotta culturale contro l' abuso delle conoscenze e i suoi input etico-filosofici?

Chiudo con una curiosità. In questi anni il liberalismo è sotto assalto, specie quello chicagoano. Lo difendo volentieri ma resto spiazzato quando le accuse, portate da autentici nemici del mercato, echeggiano quelle che i viennesi, veraci amici del mercato, rinfacciano di solito ai loro cugini.

giovedì 17 luglio 2008

Vienna : Chicago = Cultura : Incentivi

I libertari lodano il libero mercato attribuendogli un doppio merito.

Se i comportamenti sono indotti dagli Incentivi e dalla Cultura, questa istituzione è in grado di agire in modo virtuoso su entrambe le variabili.

Anzi, il discrimine più eloquente per individuare le due principali scuole liberiste consiste proprio nel ricondurle al fulcro che eleggono come decisivo.

Il "viennese" (sponda hayekiana) punta sulla cultura, il "chicagoano" sugli incentivi.

I due approcci naturalmente sono interconnessi: la costante presenza di un incentivo, alla lunga, produce "cultura". Un modo credibile per strutturare gli incentivi non puo' prescindere dalla "cultura" già presente. Lo si vede bene nell' economia dello sviluppo.

Chicago ci avverte della presenza di soluzioni ottimali, restano pur sempre un obiettivo. Vienna ci avvisa che non tutto puo' essere progettato: esiste una cultura che reagisce alle istituzioni, il gradualismo si rende necessario.

Vienna ci garantisce la sopravvivenza delle società di mercato, Chicago garantisce i modi per costruirla al meglio.

mercoledì 19 dicembre 2007

Un ponte tra Vienna e Chicago

Vediamo se si riesce a costruirlo sul filo di qualche osservazione snocciolata in ordine sparso.
  1. La critica che Caplan rivolge a Rothbard e Mises non mi sembra tacitata dalle risposte che ha ricevuto.
  2. Ciò non toglie che Mises e Rothbard forniscano la migliore base filosofica per un pensiero liberale. E anche quella etica se si pensa a Rothbard. Ma per l' economia ci vuole ben altro.
  3. Caplan lascia in disparte Hayek. Evidentemente è su di lui che va costruito il primo pilastro del ponte.
  4. Come riconciliare Hayek con l' Homo Economicus di Chicago?
  5. Innanzitutto incorporando la razionalità limitata dell' agente haykiano nelle sue preferenze. In un mondo complesso l' uomo fa appello alle sue preferenze.
  6. Poi introducendo forme di selezione ambientale delle preferenze.
  7. Poi enfatizzando la distinzione tra breve e lungo periodo.
  8. Poi non escludendo a priori un' azione riformatrice (vedi critica di Buchanan a Hayek).
  9. Infine dando centralità alla figura dell' innovatore e all' applicazione immediata delle innovazioni.
  10. Ecco allora che Vienna puo' essere pensata come un momento analitico all' interno delle conclusioni sintetiche di Chicago e dei virginiani.
  11. In alternativa, il pensiero neo-classico pottrebbe essere interpretato come il suggeritore di politiche gradualiste per percorrere meglio un sentiero che conduce dritto dritto a Vienna.
  12. Facciamo un esempio: un welfare spinto e prolungato, non solo conduce agli inconvenienti tipici segnalati da Chicago, ma, nel tempo, seleziona una popolazione con preferenze (tra le preferenze ci metto dentro anche i principi etici) difficilmente compatibili con un sistema liberale (detto esplicitamente: se la fiducia non è legata al benessere probabilmente avremo una popolazione di furbi, ovvero di free rider. Altro esempio ancora più esplicito: lo schiavo è terrorizzato dalle responsabilizzazioni e rinuncia volentieri alla facoltà di scelta). Ecco allora che, l' imposizione di quest' ultimo, magari asserendo che "le preferenze non sono misurabili", implicherebbe un fallimento. Molto meglio una gradualità istituzionale con cui accompagnare una modifica evolutiva delle preferenze.
  13. Per i realisti la razionalità si accompagna ad un processo evolutivo, per il pragmatico basta la scorciatoia del calcolo. Confidiamo nella convergenza.
  14. Il realismo mi va bene come filosofia, ma se passiamo alla scienza (economica) allora guardo alla prticità del modello e alle scommesse che mi consente di portare a casa.
  15. Hayek, e quindi la scuola austriaca, ha avuto il merito di affiancare al concetto di competizione quello di evoluzione. Cio' ci consente di vedere i "gusti" (anche e sopratutto quelli etici) come qualcosa di endogeno. Ecco il circolo: l' ambiente incide sul profilo etico e l' etica incide sulla ricchezza. La ricchezza, a sua volta, incide sull' ambiente circostante che tenderà ad uniformarsi ai modelli vincenti. Siccome sappiamo che un sistema liberale in cui agiscono soggetti eticamente connotati in un certo modo, garantisce la massimizzazione della ricchezza, sarà necessario accompagnare l' evoluzione etica con riforme di mercato graduali.
  16. Purtroppo molti hanno insistito nel contrapporre concetti quali quello di Ordine Spontaneo (Hayek) ad una pratica di riforme istituzionali (Buchanan). Cio' ha condotto alle derive radicali (Rothbard) che spesso, con i loro fallimenti, ostacolano quel processo graduale descritto al punto precedente.
  17. D' altro canto, alcune proposizioni dell' economia neoclassica osteggiate dagli austriaci, hanno dato luogo a riforme che taluni, proprio perchè in loro nome si è condotta una lunga battaglia, trattano come definitive e non invece come un passaggio evolutivo verso una ulteriore liberalizzazione. Una tra tutte: la necessaria presenza di una Banca Centrale che persegua obiettivi anti-inflazionistici.
  18. Recentemente si segnala una riconciliazione all' insegna di Coase per quanto riguarda le politiche di crescita. In un Paese il set istituzionale più efficace è quello che meglio comprime i costi di transazione. Ma, ovunque, già la cultura dei popoli ha lavorato nei modi più vari a quest' opera di compressione creando aspettative e codici soggettivi, bisogna tenerne conto. Lavorare come se si fosse su una tabula rasa potrebbe essere dannoso. Rodrik e de Soto sono stati gli autori più espliciti nel segnalare la necessità di un approccio decentrato nel progettare le istituzioni ideali. Ecco allora che l' asetticità del Modello unico neoclassico cede il passo senza traumi alla molteplicità hayekiana.
  19. Due parole sulla figura dell' innovatore. Un sistema Haykiano accetta di convivere con costi di transazione alti. Cio' potrebbe renderlo meno efficiente rispetto ad un sistema aperto a riforme politiche che abbattano questi costi sopperendo ai limiti del mercato. D' altro canto, una condizione haykiana accumla risorse per quell' innovazione che, superando l' ostacolo, condurrà poi verso la soluzione ottima. Le riforme per sopperire ai limiti del mercato, invece, creano quasi sempre delle rendite politiche. Chi gode di queste rendite - e saranno gruppi con agganci politici forti - ostacolerà in tutti i modi il processo innovativo ritardando l' applicazione di soluzioni tecnologiche già esistenti. Facciamo un esempio: laddove l' esproprio infrastrutturale è più difficoltoso, sarà molto più sviluppata e diffusa la tecnologia wireless. In altre parole: in un sistema Haykiano l' innovatore deve essere un abile innovare e niente più, in un sistema tradizionale l' innovatore deve essere sia un abile innovatore che un abile politico al fine di poter vedere applicata la sua innovazione. E' molto difficile tempificare le conseguenze (medio? Lungo?...) e quindi realizzare verifiche empiriche di un modello siffatto. Da qui lo scetticismo degli austriaci per lo strumento econometrico.