Come nasce lo stato moderno? Con la schedatura. Lo si capisce
apprezzando la capacità molto limitata degli stati medievali di tassare i loro
cittadini in modo efficace.
Supponiamo che tu sia un re premoderno, uno dei Luigi di
Francia. Vuoi tassare le persone per finanziare una crociata o qualcosa del
genere. Praticamente tutti nel tuo regno sono contadini e tutti i contadini
producono grano, quindi li tasserai il grano. Non dovrebbe essere troppo
difficile, giusto? Misurerai quante pinte di grano si producono e… ma la pinta
nella Parigi del diciottesimo secolo equivaleva a 0,93 litri, mentre nella
Seine-en-Montane era di 1,99 litri e a Precy-sous-Thil si arrivava a un
incredibile 3.33 litri.
L'auna, poi, una misura della lunghezza usata per i
tessuti, variava a seconda del materiale (l'unità per la seta, per esempio, era
più piccola di quella per il lino) e in tutta la Francia c'erano almeno
diciassette diversi aune!
Perché, ad esempio, non dare a tutti cesti di dimensioni uguali
e dire che l’obbligo di tassazione era da considerarsi assolto una volta
riempito quel cesto? Ovunque nell’ Europa medievale c'erano infinite
micropolitiche intorno alla conformazione del cesto: il grado di usura
consentita, i rigonfiamenti tollerati, le variazioni nella tessitura, l’umidità,
lo spessore del cerchio metallico e così via. In alcune aree gli standard locali
erano conservati in forma metallica e affidati alle cure di un funzionario di
fiducia oppure scolpiti letteralmente nella pietra di una chiesa o del
municipio. Ma non finiva lì. Come doveva essere versato il grano? Dall'altezza
della spalla, che lo comprimeva maggiormente, o dall'altezza della vita? Altri
argomenti di lunghe e aspre polemiche: il grado di umidità consentito, se il
contenitore poteva essere scosso durante la manovra e, infine, se e come doveva
essere livellato una volta raggiunto il limite.
Insomma, il business della tassazione si rivelava più difficile
del previsto. Forse era meglio girare la grana ai signori feudali.
Finora, il freddo resoconto delle pratiche di misurazione locali
rischia di dare l'impressione che, sebbene le concezioni locali di lunghezza,
area, volume e così via fossero tanto diverse, l’obbiettivo fosse comunque
quello di convergere.
Questa impressione sarebbe falsa. Una buona parte delle diatribe
accennate aveva ben altri fini. I richiedenti (nobili e chierici) trovavano
difficile aumentare direttamente le quote feudali; i livelli di gettito (cio’
che oggi chiameremmo il livello delle aliquote) erano il risultato di una lunga
lotta, e persino un piccolo aumento al di sopra del livello consuetudinario era
visto come una violazione minacciosa della tradizione. Agire sull’unità di
misura, tuttavia, rappresentava un modo indiretto per raggiungere lo stesso
fine. Il signore locale potrebbe, ad esempio, prestare grano ai contadini in
cestini più piccoli e insistere per il rimborso in cesti più grandi. Potrebbe
surrettiziamente o addirittura audacemente ingrandire le dimensioni dei sacchi
di grano accettati per la macinatura (un monopolio del signore) e ridurre le
dimensioni dei sacchi usati per misurare la farina; potrebbe anche riscuotere
quote feudali in cesti più grandi e pagare stipendi in natura in cestini più
piccoli. Mentre le consuetudini formali che disciplinano i diritti e le
retribuzioni feudali rimarrebbero intatte (richiedendo, ad esempio, lo stesso
numero di sacchi di grano dal raccolto di una determinata azienda), la
transazione effettiva potrebbe favorire sempre più il signore. I risultati di
questo giochetto erano tutt'altro che banali. Si stima che la dimensione del
bushel (boisseau) usato per raccogliere la rendita feudale in Francia (taille)
aumentò di un terzo tra il 1674 e il 1716 come parte della cosiddetta
“elaborazione dell’unità di misura”. L’esasperazione popolare su questo fronte
era evidente nelle lamentele preparate per l'incontro degli Stati Generali prima
della Rivoluzione. In un contesto rivoluzionario inedito, in cui un sistema
politico completamente nuovo veniva creato dai primi principi, non era certo un
gran problema legiferare su pesi e misure uniformi. Come recita il decreto
rivoluzionario "Il sogno secolare delle masse di una sola misura è diventato
realtà! La rivoluzione ha dato al popolo il metro!".
Ma forse non dovresti tassare il grano. Forse dovresti tassare
la terra. Dopo tutto, è la terra che fa crescere il grano. Basta capire quante
terre possiedono i contribuenti e tassarli.
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martedì 11 giugno 2019
venerdì 7 giugno 2019
ALLA RICERCA DI UNA DEFINIZIONE PER LA CULTURA
ALLA RICERCA DI UNA DEFINIZIONE PER LA CULTURA
Al momento la mia preferita è questa: "l'arte di fare le cose giuste per le ragioni sbagliate".
[... e da qualche parte c'è sempre qualche razionalista frustrato che valutando le ragioni sbagliate inferisce indebitamente che si sta facendo la cosa sbagliata....]
Non so però se mi sono spiegato. So quel che dico solo perché ho in mente una serie di esempi, forse è meglio che gli inserisca nella sezione dei commenti :-).
Un grazie a Rita Vergnano
L’eterna lotta tra cultura e ragione. SAGGIO
L’eterna lotta tra cultura e ragione.
La Prussia del XVIII secolo non ci ha regalato solo la benedizione di Kant ma anche la maledizione della “silvicultura scientifica”.
I razionalisti illuminati notarono che i contadini, quei coglioni, si limitavano ad abbattere gli alberi della foresta a casaccio o comunque sulla base di criteri oscuri legati a tradizioni poco intellegibili legati alla cultura locale. Così hanno elaborato un piano: eliminare tutte le foreste e sostituirle piantando copie identiche di abete norvegese (l’albero a più alto rendimento di legname nell’unità di tempo) in una griglia rettangolare e uniforme. In questo modo diventava possibile procedere abbattendo centinaia di alberi in poco tempo e massimizzando la produzione di legname. Ma qualcosa andò male. L’ecosistema impoverito non poteva più ospitare gli animali selvatici e le erbe medicinali che sostenevano i villaggi circostanti, causando così il collasso economico di intere regioni. Come se non bastasse, le file interminabili di alberi identici erano un perfetto terreno di diffusione per le malattie delle piante e gli incendi boschivi. Anche i complessi processi ecologici che sostanziavano il suolo smisero di funzionare, così dopo una generazione gli abeti rossi norvegesi cominciarono a crescere rachitici e malnutriti. Eppure, per qualche motivo, tutte le persone coinvolte nel progetto ebbero carriere fulgide e la “silvicoltura scientifica” si è diffusa in Europa e poi nel mondo. Sapete dirmi perché?
Ecco, questo schema si ripete con regolarità sospettosa attraverso la storia, non solo nei sistemi biologici ma anche in quelli sociali.
Le città organicamente evolute tendevano ad essere composte da vicoli bui, negozi piccoli e strade sovraffollate. Il razionalismo urbano ha avuto un’idea migliore: partendo da una tabula rasa predisporre una griglia rettangolare uniforme su cui allineare brutali palazzi giganteschi e identici separati da ampi viali, il tutto suddiviso in distretti attentamente raggruppati in zone omogene. Ma per qualche ragione, ogni volta che queste nuove città sono state costruite, la gente le odiava e faceva tutto il possibile per trasferirsi in periferie che ancora conservavano i “difetti” delle vecchie città rase al suolo. E ancora, per qualche strano motivo i pianificatori del disastro sono stati regolarmente promossi con tutti gli onori e hanno diffuso le loro tecniche distruttive in tutto il mondo. Alle campagne è stata riservata una sorte simile. I vecchi villaggi contadini, evoluti in modo organico, tendevano a moltiplicare la confusione accumulando allevamenti eterogenei e piccole culture diversificate in modo inefficiente su appezzamenti angusti e scomodi. I moderni razionalisti scientifici hanno avuto un’idea migliore: gigantesche fattorie collettive meccanizzate dedite alla mono-cultura ad alto rendimento appositamente concepite e disposte in spaziose griglie rettangolari equidistanti. Eppure, per qualche ragione, queste gigantesche fattorie collettive avevano rendimenti inferiori per ettaro rispetto ai vecchi metodi tradizionali, e ovunque prendessero forma, la loro presenza era seguita puntualmente da carestie e fame di massa. Ma anche qui, per qualche motivo i governi hanno continuato a sponsorizzare i metodi più “moderni”, sia che si trattasse di collettivi socialisti nell’URSS, di grandi corporation agricole negli Stati Uniti, o di tentacolari piantagioni di banane nel Terzo mondo.
Gli stili di vita tradizionali di molti nativi dell’Africa orientale erano nomadi, e implicavano una strana agricoltura a base di “taglia e brucia” da condurre su intricati appezzamenti nella giungla secondo una sconcertante varietà di regole ad-hoc. I moderni razionalisti scientifici dei governi africani (sia coloniali che post-coloniali) hanno avuto un’idea migliore: reinsediare gli indigeni nei villaggi, dove potevano fruire di servizi moderni come scuole, pozzi, elettricità e griglie rettangolari equidistanti. Eppure per qualche ragione, questi villaggi continuarono a fallire: i raccolti venivano abbandonati, le loro economie crollarono e i loro abitanti scomparivano trovando asilo nella giungla. Ma per qualche motivo i governi africani continuarono a cercare di riportare i nativi e farli rimanere nei villaggi anche con la forza.
giovedì 6 giugno 2019
f silvicultura
La conosce te la storia della "silvicoltura
scientifica" nella Prussia del XVIII secolo? I razionalisti
dell'Illuminismo notarono che i contadini, quei coglioni, si limitavano ad
abbattere alberi a casaccio cresciuti nelle foreste. Così hanno elaborato un
piano: eliminare tutte le foreste e sostituirle piantando copie identiche di
abete norvegese (l'albero a più alto rendimento di legname nell’unità di tempo)
in una griglia rettangolare uniforme. In questo modo diventava possibile
procedere abbattendo milioni di alberi in poco tempo massimizzando la
produzione di legname. Ma qualcosa andò male. L'ecosistema impoverito non
poteva ospitare gli animali selvatici e le erbe medicinali che sostenevano i
villaggi contadini circostanti, causando così un collasso economico. Le file
interminabili di alberi identici erano poi un perfetto terreno per le malattie
delle piante e gli incendi boschivi. Anche i complessi processi ecologici che
hanno sostanziavano il suolo hanno smesso di funzionare, così dopo una
generazione gli abeti rossi della Norvegia sono cresciuti rachitici e
malnutriti. Eppure, per qualche motivo, tutte le persone coinvolte sono state
promosse e la "silvicoltura scientifica" si è diffusa in Europa e nel
mondo.
Ecco, questo schema si ripete con regolarità sospettosa
attraverso la storia, non solo nei sistemi biologici ma anche in quelli
sociali.
CHESTERTON E SCOTT
Il libro che avrebbe scritto G.K. Chesterton se anziché di letteratura si fosse occupato di storia economica.
Il problema che affronta è sempre quello: come bisogna pensare quando si sa di non sapere.
Il problema che affronta è sempre quello: come bisogna pensare quando si sa di non sapere.
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