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venerdì 20 settembre 2019

FORZA ITALIA!!!!

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FORZA ITALIA!!!!
Il parallelo tra militanti di partito e tifosi di calcio offende i tifosi.
I tifosi sono generalmente disposti ad ammettere di essere di parte e non si presentano mai con la prosopopea degli osservatori imparziali.
I tifosi di calcio in genere vanno d'accordo con i tifosi di altre squadre; io, per esempio, guardo spesso le partite con amici di altra fede calcistica. Non è raro invece che i militanti più appassionati taglino i legami con amici e parenti di diversa appartenenza. Francamente, non ho mai sentito di nessuno che rinnega un amico perché tifa Inter o Milan.
La maggioranza dei tifosi sa bene che il tifo per la loro squadra non è altro che un hobby, è ben lungi da richiederlo agli altri, non parlano di “dovere di partecipazione”. Insomma, non lo vedono come un’attività in cui le persone sono moralmente obbligate a investire risorse significative.
In breve, il mondo sarebbe un posto molto migliore se i militanti politici fossero un po’ più simili agli ultrà del calcio.

giovedì 23 maggio 2019

F militanza e ricerca

https://bleedingheartlibertarians.com/2019/05/political-activism-and-research-ethics-revisited/

Researchers who study politics should avoid activism, he argues, because it raises the risk of biasing their work

unreasonable demands.

avoiding politics and retreating to the ivory tower may not help much

martedì 25 settembre 2018

GIOVANI E POLITICA


GIOVANI E POLITICA
Perché un giovane deve stare alla larga dalla politica (almeno quanto dall’eroina).
1. Perché poi ti tocca intrupparti in un partito.
2. Perché devi credere a quel che sostiene il partito in modo da essere leale.
3. Perché nei tuoi discorsi devi continuamente usare l’iperbole.
4. Perché devi utilizzare di continuo il doppio standard.
5. Perché nell’altro devi vedere un ipocrita con doppi fini.
6. Perché ti tocca denunciare gli apostati e gli eretici della tua fazione.
7. Perché il gruppo conta più dell’individuo.
8. Perché la sfumatura argomentativa è abolita.
9. Perché il miglior modo per fare propaganda è credere in quel che dici.
10. Perché se pensi quel che qui sta scritto sei un traditore per definizione.

mercoledì 5 settembre 2018

L'IMPEGNO POLITICO

L'IMPEGNO POLITICO

Quando un militante ascolta "l'altra campana"... diventa ancora più estremista.

IMHO: mai raccomandare l'impegno politico a un giovane.

http://www.pnas.org/content/early/2018/08/27/1804840115.short

sabato 26 maggio 2018

ALBERT CAMUS MEDITA SULL'IMPEGNO POLITICO

Albert Camus medita sull'impegno politico: tutte le idee distorte finiscono nel sangue, ma si tratta sempre del sangue altrui. Ecco perché certi nostri intellettuali si sentono liberi di dire qualunque cosa.

martedì 20 marzo 2018

4 Esiste ancora la critica militante? HL

Esiste ancora la critica militante?
Note:4@@@@@@@@@@@

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Il critico militante è un tipo di scrittore la cui opera si manifesta a puntate:
Note:CRITICO VS RECENSORE

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per essere veramente creativo, dovrebbe scrivere anche lui,
Note:IL PENSIERO STRISC DEL RECENSORE

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Il critico non fa questi sogni.
Yellow highlight | Location: 533
individuano una tendenza letteraria, la difendono o la attaccano.
Note:MILITANTI

Yellow highlight | Location: 535
L’errore è identificare la tendenza
Note:CROTICA AL MILITANTE

Yellow highlight | Location: 537
Le mie preferenze vanno al critico che legge letteratura per capire qualcosa di diverso dalla letteratura.
Note:CONTRO PL ART POUR L ART

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La critica è una forma di autobiografia,
Note:DIRE SEMPRE IO

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Il critico deve dare soddisfazione senza saziare. L’accademico sazia prima di aver dato soddisfazione.
Note:CRITICO VS ACXADEMICO

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La critica è il sistema endocrino del corpo letterario. Non si vede. Ma se funziona male, tutti gli altri apparati e sistemi si ammalano.
Note:SISTEMA E NDOCRINO

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Giacomo Debenedetti non influenzò la letteratura contemporanea, la illuminò.
FUNZIONE DEL CRITICO

venerdì 23 febbraio 2018

L'ASCOLTO CHE PARALIZZA

Ascoltare gli altri e non votare sono azioni strettamente connesse tra loro. Il dialogo o paralizza o non è dialogo.
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Most people believe democracy is a uniquely just form of government. They believe people have the right to an equal share of political power. And they believe that political participation is good for us―it empowers us, helps us get what we want, and tends to…
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mercoledì 21 febbraio 2018

Una sana e riposante chiusura mentale

Perché Papa Francesco non legge i suoi critici? Risponde lui stesso: "Per salute mentale. Per salute mentale io non leggo i siti internet di questa cosiddetta 'resistenza'. So chi sono, conosco i gruppi, ma non li leggo, semplicemente per mia salute mentale."
Diciamo che anche lui, l'apostolo dell'apertura e dell'ascolto, talvolta sente l'esigenza di una sana chiusura mentale.
Martedì 16 gennaio 2018, alla fine del primo giorno pieno del suo viaggio apostolico in Cile e Perù, papa Francesco ha incontrato, intorno alle 19,00, novanta gesuiti…
LACIVILTACATTOLICA.IT

giovedì 25 gennaio 2018

Medici e guerrieri

Medici e guerrieri

A questo mondo non c’è nulla di più prezioso che una buona semplificazione. Scott Alexander ne propone una dividendo l’umanità in guerrieri e medici.
I primi affrontano i problemi del mondo “lottando”, i secondi “curando”.
Per i “medici” il problema è simile ad una malattia, per i “guerrieri” è  un’opposizione.
Dove i primi scorgono errori, i secondi vedono conflitti.
Il guerriero è sempre in guerra: “guerra alla droga”, “guerra culturale”, “guerra all’obesità”…
Il medico è sempre alla ricerca di equilibri, e per trovarli migliora di continuo la sua bilancia.
La figura del guerriero è in un certo qual modo assimilabile a quella del militante.
L’intellettuale marxista è un classico esempio di “guerriero”, l’intellettuale “terzista” assomiglia più al medico. Le femministe sono indomite guerriere, in loro la tradizione marxista si fa sentire.
Il guerriero ama la dialettica, il medico l’armonia dellalogica.
Il medico vede “dilemmi” e “compensazioni” ovunque. In questo senso assomiglia all’economista, sempre alle prese con un “trade-off”. Il guerriero pensa più in termini di bene/male.
Il guerriero ama le narrazioni, gli danno la carica. Il medico in termini di modelli, spiegano di più.
I medici amano il dibattito, i guerrieri la sfida.
Per il medico c’è sempre qualcuno nella controparte degno di essere ascoltato. Per il guerriero invece esiste un’asimmetriadi fondo tra le parti.
Il medico ama i paradossi: lo sapevate che i programmi anti-droga delle scuole aumentano l’uso delle droghe tra gli studenti? E’ un modo per dire: attenti alle apparenze! Il guerriero è insospettito da questi avvisi formulati con gran virtuosismo.
Il medico diffida della democrazia in quanto dà troppo potere all’uomo mediocre. Il guerriero diffida poiché dà troppo potere occulto alle élites.
Il medico punta sulla funzione salvifica dell’intelligenza, il guerriero su quella della passione.
Per il guerriero l’ “intelligenza” porta al sofisma, per il medico la passione confonde.
Per il medico occorre discutere, per il guerriero darsi da fare.
Per il medico l’argomento è tutto. Per il guerriero conta di più chi lo esprime: un oste che loda il suo vino non è inaffidabile.
Il medico pensa che la massa vada guidata in qualche modo poiché incapace di seguire la retta via. Il guerriero si affida al buon senso della massa e diffida delle élites.
Per il medico la rivoluzione è stupida a prescindere. Il guerriero avversa invece la tecnocrazia con tutte le sue forze.
Il guerriero è spesso un complottista. Per meglio menar le mani deve considerare l’altro come un nemico, meglio se subdolo. Il medico parte sempre postulando la buona fede di tutti.
medici vedono i guerrieri come gente che sbaglia mentre i guerrieri vedono i medici come nemici che vorrebbero confonderli.
Il medico ambisce a comprendere le ragioni dell’altro. Il guerriero, una volta appurato che l’altro è in errore,  non intende comprendere le sue ragioni,  farlo sottrarrebbe preziose energie alla sua lotta.
L’errore più frequente dei medici sta nel supporre che i guerrieri facciano errori banali. Spesso considera il guerriero uno stupido quando invece ci sono ottime ragioni per esserlo.
Nella storia occorrono sia i medici che i guerrieri. A volte è meglio essere medici, altre volte guerrieri. Dipende dal contesto storico. Esempio: i medici ci hanno spiegato bene – quasi sempre a posteriori – gli errori del comunismo, ma senza i guerrieri, probabilmente, i mregimi comunisti sarebbero ancora là. Altro esempio: i “guerrieri” maccartisti erano rozzi e facili da condannare, ma le spie nell’amministrazione americana c’erano e loro le hanno estirpate.
L'immagine può contenere: cibo

martedì 14 novembre 2017

Sulla nuova linea di Comunione e Liberazione

Sulla nuova linea di Comunione e Liberazione

Innanzitutto, eccola: basta con le certezze, basta con l’ autoproclamazione identitaria, basta con le “teorie” inamovibili (i dogmi?), basta con le proprie ragioni ad occupare tutto, basta con le correzioni.
Ora bisogna “dialogare” e cioè “ascoltare l’altro”, senza più dare troppo peso ai manuali e ai catechismi, rimettendo continuamente in forse le conclusioni e rileggendo ogni cosa in un “dinamismo di verifica nel reale”.
Nel caso della scuola, tanto per dire, questo si traduce nel fatto che  l’ identità e l’impegno per la libertà di educazione devono scansare la mummificazione nell’ideologia.
Bisogna superare le colonne d’Ercole e non fermarsi agli schemi, entrando invece nella personalità dei ragazzi.
Vittadini sul nuovo corso: “la scuola deve essere un cambiamento di teoria. Alla fine dell’anno non si capisce più chi è comunista, cattolico o agnostico perché un uomo intelligente cambia idea e i ragazzi sono contenti”.
Le accuse e lo sbalordimento di molti è stata la naturale conseguenza di parole tanto nette.
Ma sono in molti a difendere la svolta. SecondoMaurizio Vitali (ex direttore del mensile ciellino Tracce), Vittadini non ha detto che “nel dialogo è bene che si perda la certezza dell’identità e si cambi idea”, come vorrebbe chi lo accusa.
Ecco allora che si creano due fronti: da un lato i fautori del nuovo corso che chiedono una maggiore apertura del movimento, minimizzando i pericoli che cio’ comporterebbe; dall’altro chi vede nelle aperture indiscriminate un’ inevitabile perdita di identità.
***
Personalmente credo abbiano ragione entrambi: 1) bene il dialogo, 2) nella coscienza che una tale pratica indebolisce la nostra identità.
Se un uomo di fede dialoga sul serio con un ateo, il primo perde parte della sua fede, il secondo ne guadagna un po’. Se non si realizza niente del genere non possiamo parlare di dialogo.
Ma un conto è indebolirsi, un altro liquefarsi. Ecco allora il problema centrale da risolvere: che rischi reali comporta l’apertura.
***
I ciellini sembrano oggi- in piena era di globalizzazione – più coscienti del pericolo di settarismo.
Non sorprende che l’allarme scatti proprio ora, già il sociologo Claude Fischer metteva in guardia: “quanto più la società è diversificata, tanto più si tende a rinchiudersi tra simili… oggi più che mai i bambini delle classi abbienti tendono a vivere, giocare e imparare stando tra loro”.
Al di là dei sociologismi è chiaro che dietro c’è l’opzione papista: l’ombra lunga di Francesco si fa sentire. Di fronte a un papa che divide, CL sembra aver compiuto la sua scelta.
Ma, attenzione, cosa succede realmente quando ci si apreall’altro?
Per fortuna la sociologia politica ha già studiato a fondo il fenomeno contrapponendo la figura del militante (chi si chiude) a quella del “terzista” (chi si apre). In cosa si differenziano questi due prototipi?
Uno penserebbe che il discorso politico sia destinato ad arricchirsi quando incorpora le istanze della controparte. In modo un po’ sorprendente l’evidenza empirica ci segnala il contrario: fermezza e dogmatismo impediscono di scivolare dentro una melassa indistinta in cui tutte le vacche diventano grigie e il discorso una sterile palude senza riferimenti.
Il destino di chi si “apre” è spesso quello di andare in confusione e vagare senza bussola, mentre quello del dogmatico è di mummificarsi in slogan che urla ritmicamente con le orecchie tappate.
Il “militante”, per lo meno, ha voglia di partecipare, ha voglia di stare con i propri simili, questo anche se il suo contributo nella crescita comune risulta piuttosto ottuso. Diciamo che la sua condizione è la meno peggio per i sostenitori della “democrazia partecipativa” (quella che ha per obbiettivo il coinvolgimento).
Il terzista è invece confuso, tende a desistere, a voler tirarsi fuori, questo anche se la sua partecipazione potrebbe essere fruttuosa. La sua condizione è la meno peggio per i sostenitori della cosiddetta “democrazia deliberativa” (quella che ha come obbiettivo di scegliere bene).
Nella misura in cui le persone sono invitate ad allargare le loro relazioni si pensa ad una maggiore apertura mentale e ad un contributo di maggior pregio. Illusione!: chi apre la propria mente – e lo fa sul serio – finisce per rifugiarsi in un ozioso agnosticismo che azzera il suo contributo.
Entusiasmo e ponderatezza possono convivere? No. Quasi sempre no. Entusiasmo e ponderatezza costituiscono un dilemma per il credente.
I ciellini dovrebbero partire da questa base empirica per ragionare sul loro futuro.
Ampliare la rete delle proprie relazioni non serve: più le reti si amplificano, più il conformismo domina.
Nel fiume della grande società il membro minoritario non discute con altri membri minoritari ma con il leviatano conformista che lo assoggetta all’istante: non c’è niente di piùappiattente della “società diversificata”.
Quando si esce dalla propria “tana” per buttarsi nel grande mare della società aperta il destino è segnato: si viene travolti da un conformismo indistinto che forse è ancora peggio del settarismo asfissiante.
***
Non c’è una via di mezzo? E se sì, dove posso trovarla?
Anche qui la ricerca politica puo’ esserci utile e, per fortuna, ha una risposta abbastanza consolante,
Sì, una via di mezzo puo’ esserci: è la franca discussione a quattr’occhi.
Il gruppo ristretto è la via di fuga alla Scilla del settarismo élitario e alla Cariddi del conformismo di massa.
Nel micro-gruppo la doppia pressione settarista/conformista si allenta.
E’ nel piccolo gruppo che si puo’ cambiare posizione mantenendo la bussola. E’ nel piccolo gruppo che si evolve sopportando la grande sofferenza che questo comporta.
Penso allora a un piccolo gruppo di persone molto simili che si parlano però a viso aperto, senza l’esigenza continua di confermarsi in modo compulsivo con un “mi piace”.
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