Visualizzazione post con etichetta flannery o'connor. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta flannery o'connor. Mostra tutti i post

martedì 28 agosto 2018

Non c’è piacere al di fuori della cattiveria SAGGIO


Non c’è piacere al di fuori della cattiveria


Appunti presi leggendo i racconti di Flannery
  • Premessa: si tratta di letteratura intimamente religiosa, racconti in cui la Resurrezionedella Carne torna sorprendentemente a essere una possibilità, se non reale almeno contemplabile.
  • Il buonismomesso nel mirino: l’intenzione della O’Connor è quella di dimostrare la superiorità di ogni convinzione religiosa su quella qualità “diabolica” che è spesso, secondo lei, il buon senso laico.
  • Lo scopo della scrittura: “Credo che uno scrittore serio descriva l’azione solo per svelare un mistero. Naturalmente, può essere che lo riveli a se stesso, oltre che al suo pubblico. E può anche essere che non riesca a rivelarlo nemmeno a se stesso, ma credo che non possa fare a meno di sentirne la presenza”.
  • La tecnica della violenza: la tecnica che adopera nei suoi racconti, per rendere visibile, oltre il livello superficiale (dell’azione), quello più profondo (del mistero), è la tecnica dello shock, della brutalità, della violenza. Morte, sofferenza, disordine, sono mezzi attraverso i quali un personaggio passa da una comprensione meschina, superficiale, dell’esistenza al mistero nel quale l’uomo vive e muore.
  • Personaggio 1: un tipo dalla faccia larga e innocente come un cavolo.
  • Personaggio 2: tipica Dama del sud, di quelle che passando in carrozza e scorgendo un bimbetto negro senza mutande spuntare da una capanna dicono: “Oh, guardate che bel cioccolatino!”
  • Personaggio 3: una nonnina che quando raccontava una storia scuoteva la testa, roteava gli occhi ed era molto drammatica.
  • Poi c’è Lui. Le gite lo rendevano nervoso.
  • Nella birreria tedesca: la pancia traboccava dalla cintola, come un sacco di grano, e dondolava dentro la camicia.
  • Il bottegaio si lamenta. Emise una via di mezzo tra un sospiro e uno yodel. “Tempi duri,” disse. “Tempi duri!”.
  • Prima fase dell’auto-inganno: proseguì, dicendo una bugia, ma desiderando che fosse la verità.
  • Sensi di colpa 10 secondi dopo l’incidente. La nonna, raggomitolata sotto il cruscotto, sperava di essere ferita, di modo che la collera di Bailey non l’investisse tutta in una volta.
  • I bambini dopo l’incidente: “Abbiamo avuto un incidente,” gridavano in una frenesia d’esultanza.
  • Detto della “mala”: “Non c’è mai stato un morto che abbia dato la mancia al becchino”.
  • Il ringhio dostoevskijano del balordo. “Gesù è stato l’unico a risuscitare i morti. E non avrebbe dovuto farlo. Ha mandato tutto a gambe all’aria. Se ha fatto quel che ha detto, allora non ci resta che gettar tutto e seguirlo; se non l’ha fatto, allora non ci resta che goderci meglio che possiamo i pochi minuti che ci avanzano: uccidendo qualcuno, bruciandogli la casa o facendogli qualche altra cattiveria. Non c’è piacere al di fuori della cattiveria”.
  • La misera fine della vecchia: piombò nel fosso con le gambe ripiegate malamente sotto di sé.
  • Uno che avanza verso di noi: “A vederlo, era un giovanotto, ma aveva un’aria di contegnoso malcontento, come se conoscesse a fondo la vita”.
  • La vecchia negra: era divorata dalla fame di un genero.
  • Analisi generale: il guaio del mondo era che tutti se ne infischiavano di tutto e non si fermavano a prendersi cura di nulla. Capito?
  • Prima esperienza sui social network: le cattive parole si annidarono nella sua mente come uno sciame di calabroni sulla cima d’un albero. Non rispose subito, ma la cosa non servì a nulla.
  • Uno che la sa lunga: nel buio il suo sorriso si stirò come un serpente stanco che si sveglia accanto a un falò.
  • Ancora lui: di tanto in tanto, la sua espressione placida era trasformata da un piccolo pensiero furbo.
  • Cosa chiedere alla vita? Sufficiente terriccio sopra il corpo una volta morti in modo da evitare che i cani, raspando, ti scoprano.
  • Casa di campagna a due piani: avevano dormito in cucina fino alla notte in cui una lince era saltata dentro dalla finestra, convincendoci a portare il letto di sopra, dove c’erano due stanze vuote.
  • Infarto dell’adulto a colazione: Il ragazzo, seduto a tavola di fronte a lui, vide dei cordoni rossi apparirgli in faccia, e un tremito percorrerlo tutto, la bocca gli si piegò bruscamente all’ingiù, su un lato.
  • Tesi: il mondo è fatto per i morti. Dimostrazione: ci sono un milione di volte più morti che non vivi, e i morti sono morti da un tempo un milione di volte più lungo di quanto i vivi non siano vivi!
  • Il viaggio di Tarwater nella grande città: prima di intraprendere quel viaggio, aveva letto l’almanacco, e sapeva che c’erano sessantamila persone in quella città, persone che l’avrebbero visto per la prima volta. Avrebbe voluto fermarsi a stringer la mano a tutti, e dire che si chiamava Francis Marion Tarwater, e che era lì solo per un giorno, per accompagnare lo zio dall’avvocato. La sua testa si girava di scatto a guardare ogni persona che passava, fino a quando non avevano cominciato a esser troppe, e si era reso conto che i loro occhi non si piantavano nei suoi come quelli della gente di campagna. Alcuni passanti lo urtavano, e quel contatto, che avrebbe dovuto stabilire un rapporto lungo una vita, non serviva a niente, perché le sagome proseguivano dritte per la loro strada a testa china, mormorando delle scuse che Tarwater avrebbe accettato, se solo si fossero date la pena di fermarsi e aspettare. Bisogna fare qualcosa di particolare, per costringerli a guardarti, aveva pensato.
  • Cosa pensa una cavia da laboratorio? Probabilmente roba tipo: ha spiato dentro la mia anima come un guardone, sia maledetto!
  • Il vecchio mangia: aveva sbottonato la giacca e aveva permesso al proprio stomaco di sporgere in avanti e rilassarsi, mentre mangiava. Le sue mascelle lavoravano furiosamente. La pelle tra una cicatrice e l’altra si era fatta rosa, poi viola, poi bianca, e le cicatrici sembravano saltare da un posto all’altro.
  • Le donne: tutto quello che dava piacere a lei era meschino e deprimente.
  • La mamma di Julian: gli occhi azzurro cielo erano innocenti e inviolati dall’esperienza, come doveva averli avuti a dieci anni. Se non fosse stata una vedova che aveva lottato ferocemente per mantenerlo, vestirlo e farlo studiare, e che lo manteneva ancora, “in attesa che imparasse a stare in piedi”, avrebbe potuto essere una bambina che Julian doveva portare in città.
  • Uno sguardo sulle case popolari sul tragitto: mostruosità bulbose, color fegato, di una bruttezza uniforme, anche se non ce n’erano due uguali.
  • Avete presente quei genitori che non hanno studiato per dedicare tutta la loro vita a voi e ai vostri studi? Creano una mescolanza di amore e vergogna che è un sentimento unico nel suo genere. Flannery vi si dedica da par suo nel racconto OMEGA: Julian camminava con le mani in tasca, la testa bassa, protesa in avanti, e gli occhi appannati dalla decisione di rimanere completamente insensibile per tutto il tempo che avrebbe sacrificato al piacere di sua madre… Le camminava al fianco, saturo di depressione, come se nel pieno del martirio avesse perduto la fede.
  • Ottimismo che aiuta a vivere: lei definiva la propria insensibilità “capacità di adattamento”.
  • Lui quando parla la mamma zoticona: stava ritirato nell’angolo più remoto dei suoi pensieri, dove quando era in sua compagnia trascorreva la maggior parte del tempo.
  • La versione di Julian circa sua mamma: viveva secondo la legge del suo mondo fantastico, oltre il quale non aveva mai messo piede. Questa legge consisteva nel sacrificarsi per il figlio, dopo averne creato la necessità mandando in malora tutto… lei era rimasta con i denti cariati, per far raddrizzare i suoi, era questo il testo sotteso ad ogni sua uscita…
  • Le distrazioni di un depresso: gli dava una certa soddisfazione vedere l’ingiustizia intenta al suo lavoro quotidiano.
  • Bile cosmopolita: la fissa che, salvo rare eccezioni, non ci fosse nessuno che valesse la pena di conoscere nel raggio di cinquecento miglia.
  • Alla fine sale un negro sull’autobus: il gomito della madre bussò con insistenza alle costole di Julian.
  • Fantasticherie di un figlio oppresso dall’amatissima/odiatissima madre razzista: … poi affrontò l’orrore supremo. Lui portava a casa una donna bellissima, sospettosamente negroide.
  • In fondo al pullman la solita negra obesa… con i piedi che traboccavano da un paio di scarpe rosse.
  • Il figlio sadicamente soddisfatto per l’umiliazione subita dalla mamma razzista: non vedeva motivo di archiviare la lezione che sua madre aveva ricevuto senza rafforzarla, spiegandogliene il significato.
  • E qui c’è una delle scene più toccanti. La mamma razzista, in seguito ad un colpo apoplettico forse dovuto all’umiliazione subita sull’autobus, muore per strada appena scesa, proprio mentre il figlio oppresso/beneficiato aveva raggiunto il picco di un odio sadico che vede ora trasformarsi in un amore straziante e a lui apparentemente estraneo: si mise a correre in cerca d’aiuto, verso un grappolo di luci che scorgeva in lontananza. “Aiuto! Aiuto!” gridava, ma la sua voce era fragile, appena un filo di suono. Più Julian correva, più le luci scivolavano via e i piedi si muovevano torpidi, come se non lo portassero in nessun posto. Sembrava che la marea di oscurità lo spingesse indietro, verso di lei, rimandando, di momento in momento, il suo ingresso nel mondo della colpa e del dolore.

  • L’educatore: Fece una pausa, per lasciar penetrare l’idea…
  • Sforzo supplementare: … sforzandosi di trafiggere la coscienza del figlio con lo sguardo.
  • Tecnica supplementare: parlava un po’ difficile, per dargli qualcosa da conquistare.
  • Reazione del discente: un lampo d’attenzione, poi più nulla.
  • Potrebbe fare meglio ma non si applica: sul viso era quasi tangibile una specie d’intelligenza fanatica.
  • Nei racconti di Flannery Grazia, Profezia e Mostruosità flirtano di continuo: Rufus Johnson si appoggiò allo schienale della sedia e si tirò sul ginocchio il mostruoso piede equino.
  • Comincia la profezia: l’eccitazione rendeva sottile la sua voce.
  • Itinerari dell’indignazione: l’aria indignata era scomparsa dalle guance vuote ed era approdata nelle caverne degli occhi.
  • Nel lebbrosario: la compassione si trasformò in disgusto per tornare compassione un attimo dopo.
  • Papa Francesco è meno consolatorio di quel che vorrebbe essere: Norton avrebbe preferito vedere sua madre all’inferno, piuttosto che nel nulla.
  • Segnali ambigui: c’era una strana nuova vitalità in lui, ma forse segno di vizi nuovi e più gagliardi.
  • Un vero delinquente non fa mai le cose a metà: mi pento, vado a fare il predicatore,” annunciò Johnson. “Non c’è senso, a far le cose a metà.”
  • La Bibbia sotto accusa: “Quel libro ti serve da scudo. È fatto per i vili, per la gente che ha paura di camminare con le sue gambe e di giudicare da sé.”
  • Il laico buonista: padreterno di cartapesta! Aveva rimpinzato il suo vuoto di opere buone come un ingordo. Aveva trascurato il suo bambino per coltivare la propria immagine ideale.
  • Ma cosa passa per la testa di quelle ragazze che stanno con un tipo violento? Se lo chede Flannery, e risponde: pensava a lui e in un modo o nell’altro riusciva a spiegarselo: era se stessa che non riusciva a capire bene, ma questo era meno importante.
  • Lo sguardo di lui: la guardava esattamente come guardava il suo vecchio trattore.
  • Innamorato: Parker era pieno d’emozione, esaltato come certa gente quando vede passare la bandiera.
  • Prima: guardava tutto a bocca aperta: massiccio, leale e ordinario come una pagnotta.
  • Il problema con i tatuaggi: Parker era contento di ogni tatuaggio nuovo per circa un mese, poi il disegno cominciava a perdere ogni attrattiva.
  • Giusto un po’ di narcisismo: Parker non voleva tatuaggi dove non poteva vederli subito, comodamente.
  • I desideri insoddisfatti del tatuato: La sua insoddisfazione, cronica e latente, aveva raggiunto d’improvviso la fase acuta. Era come se la pantera e il leone, i serpenti, le aquile e i falchi gli fossero affondati sotto la pelle e vivessero dentro di lui, facendosi una guerra senza quartiere.
  • Ideali: A lui piacevano le donne bene in carne, quelle che sembravano senza muscoli e senza ossa, a toccarle.
  • Fobia: I grandi paesaggi deprimevano Parker. Guardi nello spazio e cominci a sentirti come se qualcuno ti corresse dietro.
  • E in biblioteca chi ti ritrovi?: aveva un’aria polverosa come i suoi libri.
  • Tipico del quarantenne: Il fatto di non sapere di sicuro perché continuasse a vivere con una donna brutta, incinta e pessima cuoca, lo rendeva grandemente nervoso e irritabile, e gli venne un piccolo tic a una guancia.

lunedì 27 agosto 2018



Non c’è piacere al di fuori della cattiveria
Appunti presi leggendo i racconti di Flannery
·      Si tratta di letteratura intimamente religiosa, racconti in cui la Resurrezione della Carne torna sorprendentemente a essere una possibilità, se non reale almeno contemplabile.
·      Il buonismo messo nel mirino: l’intenzione della O’Connor è quella di dimostrare la superiorità di ogni convinzione religiosa su quella qualità “diabolica” che è spesso, secondo lei, il buon senso laico.
·      Lo scopo della scrittura: “Credo che uno scrittore serio descriva l’azione solo per svelare un mistero. Naturalmente, può essere che lo riveli a se stesso, oltre che al suo pubblico. E può anche essere che non riesca a rivelarlo nemmeno a se stesso, ma credo che non possa fare a meno di sentirne la presenza”.
·      La tecnica della violenza: la tecnica che adopera nei suoi racconti, per rendere visibile, oltre il livello superficiale (dell’azione), quello più profondo (del mistero), è la tecnica dello shock, della brutalità, della violenza. Morte, sofferenza, disordine, sono mezzi attraverso i quali un personaggio passa da una comprensione meschina, superficiale, dell’esistenza al mistero nel quale l’uomo vive e muore.
·      Quel tipo dalla faccia larga e innocente come un cavolo.
·      Dama del sud che passa in carrozza scorgendo un bimbetto negro senza mutande spuntare da una capanna: “Oh, guardate che bel cioccolatino! Non è un quadro?”
·        Quella nonnina che quando raccontava una storia scuoteva la testa, roteava gli occhi ed era molto drammatica.
·        Lui. Le gite lo rendevano nervoso.
·      Nella birreria tedesca: la pancia traboccava dalla cintola, come un sacco di grano, e dondolava dentro la camicia.
·      Il bottegaio si lamenta. Emise una via di mezzo tra un sospiro e uno yodel. “Tempi duri,” disse. “Tempi duri!”.
·      Prima fase dell’auto-inganno: proseguì, dicendo una bugia, ma desiderando che fosse la verità.
·      Sensi di colpa 10 secondi dopo l’incidente. La nonna, raggomitolata sotto il cruscotto, sperava di essere ferita, di modo che la collera di Bailey non l’investisse tutta in una volta.
·      I bambini dopo l’incidente: “Abbiamo avuto un incidente,” gridavano in una frenesia d’esultanza.
·      Detto della “mala”: “Non c’è mai stato un morto che abbia dato la mancia al becchino”.
·      Il ringhio del balordo. “Gesù è stato l’unico a risuscitare i morti. E non avrebbe dovuto farlo. Ha mandato tutto a gambe all’aria. Se ha fatto quel che ha detto, allora non ci resta che gettar tutto e seguirlo; se non l’ha fatto, allora non ci resta che goderci meglio che possiamo i pochi minuti che ci avanzano: uccidendo qualcuno, bruciandogli la casa o facendogli qualche altra cattiveria. Non c’è piacere al di fuori della cattiveria”.
·      La fine della vecchia: piombò nel fosso con le gambe ripiegate malamente sotto di sé.
·      Uno che avanza verso di noi: “A vederlo, era un giovanotto, ma aveva un’aria di contegnoso malcontento, come se conoscesse a fondo la vita”.
·      La vecchia: era divorata dalla fame di un genero.
·      Analisi generale: il guaio del mondo era che tutti se ne infischiavano di tutto e non si fermavano a prendersi cura di nulla. Capito?
·      Prima esperienza sui social network: le cattive parole si annidarono nella sua mente come uno sciame di calabroni sulla cima d’un albero. Non rispose subito.
·      Shiflet: nel buio il suo sorriso si stirò come un serpente stanco che si sveglia accanto a un falò.
·      Ancora lui: di tanto in tanto, la sua espressione placida era trasformata da un piccolo pensiero furbo.
·      Cosa chiedere alla vita? Sufficiente terriccio sopra il corpo una volta morti in modo da evitare che i cani, raspando, ti scoprano.
·      Casa di campagna a due piani: avevano dormito in cucina fino alla notte in cui una lince era saltata dentro dalla finestra, convincendoci a portare il letto di sopra, dove c’erano due stanze vuote.
·      Infarto a colazione: Il ragazzo, seduto a tavola di fronte a lui, vide dei cordoni rossi apparirgli in faccia, e un tremito percorrerlo tutto, la bocca gli si piegò bruscamente all’ingiù, su un lato.
·      Tesi: il mondo è fatto per i morti. Dimostrazione: ci sono un milione di volte più morti che non vivi, e i morti sono morti da un tempo un milione di volte più lungo di quanto i vivi non siano vivi!
·      Il viaggio di Tarwater in città: prima di intraprendere quel viaggio, aveva letto l’almanacco, e sapeva che c’erano sessantamila persone in quella città, persone che l’avrebbero visto per la prima volta. Avrebbe voluto fermarsi a stringer la mano a tutti, e dire che si chiamava Francis Marion Tarwater, e che era lì solo per un giorno, per accompagnare lo zio dall’avvocato. La sua testa si girava di scatto a guardare ogni persona che passava, fino a quando non avevano cominciato a esser troppe, e si era reso conto che i loro occhi non si piantavano nei suoi come quelli della gente di campagna. Alcuni passanti lo urtavano, e quel contatto, che avrebbe dovuto stabilire un rapporto lungo una vita, non serviva a niente, perché le sagome proseguivano dritte per la loro strada a testa china, mormorando delle scuse che Tarwater avrebbe accettato, se solo si fossero date la pena di fermarsi e aspettare. Bisogna fare qualcosa di particolare, per costringerli a guardarti, aveva pensato.
·      Cosa pensa una cavia da laboratorio? Roba tipo: ha spiato dentro la mia anima come un guardone.
·      Il vecchio mangia: aveva sbottonato la giacca e aveva permesso al proprio stomaco di sporgere in avanti e rilassarsi, mentre mangiava. Le sue mascelle lavoravano furiosamente. La pelle tra una cicatrice e l’altra si era fatta rosa, poi viola, poi bianca, e le cicatrici sembravano saltare da un posto all’altro.
·      Le donne: tutto quello che dava piacere a lei era meschino e deprimente.
·         La mamma di Julian: gli occhi azzurro cielo erano innocenti e inviolati dall’esperienza, come doveva averli avuti a dieci anni. Se non fosse stata una vedova che aveva lottato ferocemente per mantenerlo, vestirlo e farlo studiare, e che lo manteneva ancora, “in attesa che imparasse a stare in piedi”, avrebbe potuto essere una bambina che Julian doveva portare in città.
·         Uno sguardo sulle case popolari: mostruosità bulbose, color fegato, di una bruttezza uniforme, anche se non ce n’erano due uguali.
·         Avete presente quei genitori che non hanno studiato per dedicare tutta la loro vita a voi e ai vostri studi? Creano una mescolanza di amore e vergogna che è un sentimento unico nel suo genere. Flannery vi si dedica da par suo nel racconto OMEGA: Julian camminava con le mani in tasca, la testa bassa, protesa in avanti, e gli occhi appannati dalla decisione di rimanere completamente insensibile per tutto il tempo che avrebbe sacrificato al piacere di sua madre… Le camminava al fianco, saturo di depressione, come se nel pieno del martirio avesse perduto la fede.
·         Ottimismo che aiuta a vivere: lei definiva la propria insensibilità “capacità di adattamento”.
·         Lui quando parla la mamma zoticona: stava ritirato nell’angolo più remoto dei suoi pensieri, dove in sua compagnia trascorreva la maggior parte del tempo.
·         La versione di Julian circa sua mamma: viveva secondo la legge del suo mondo fantastico, oltre il quale non aveva mai messo piede. Questa legge consisteva nel sacrificarsi per il figlio, dopo averne creato la necessità mandando in malora tutto… lei era rimasta con i denti cariati, per far raddrizzare i suoi…
·         Le distrazioni di un depresso: gli dava una certa soddisfazione vedere l’ingiustizia intenta al suo lavoro quotidiano.
·         Bile cosmopolita: la fissa che, salvo rare eccezioni, non ci fosse nessuno che valesse la pena di conoscere nel raggio di cinquecento miglia.
·         Alla fine sale un negro sull’autobus: il gomito della madre bussò con insistenza alle costole di Julian.
·         Sogni ad occhi aperti di un figlio oppresso dall’amatissima/odiatissima madre razzista: … poi affrontò l’orrore supremo. Lui portava a casa una donna bellissima, sospettosamente negroide.
·         In fondo al pullman la solita negra obesa… con i piedi che traboccavano da un paio di scarpe rosse.
·         L’educatore: Fece una pausa, per lasciar penetrare l’idea…
·         Sforzo supplementare: … sforzandosi di trafiggere la coscienza del figlio con lo sguardo.
·         Tecnica supplementare: parlava un po’ difficile, per dargli qualcosa da conquistare.
·         Reazione del discente: un lampo d’attenzione, poi più nulla.
·         Potrebbe fare meglio ma non si applica: sul viso era quasi tangibile una specie d’intelligenza fanatica.
·         Nei racconti di Flannery Grazia, Profezia e Mostruosità flirtano di continuo: Rufus Johnson si appoggiò allo schienale della sedia e si tirò sul ginocchio il mostruoso piede equino.
·         Comincia la profezia: l’eccitazione rendeva sottile la sua voce.
·         Itinerari dell’indignazione: l’aria indignata era scomparsa dalle guance vuote ed era approdata nelle caverne degli occhi.
·         Nel lebbrosario: la compassione si trasformò in disgusto per tornare compassione un attimo dopo.
·         Papa Francesco è meno consolatorio di quel che vorrebbe essere: Norton avrebbe preferito vedere sua madre all’inferno, piuttosto che nel nulla.
·         Segnali ambigui: c’era una strana nuova vitalità in lui, ma forse segno di vizi nuovi e più gagliardi.9342

lunedì 21 maggio 2018

L'ATEO (TOLLERANTE)

L'ATEO (TOLLERANTE)
Il fetore del suo contegno.
Un vecchio eremita dei boschi, folle profeta fondamentalista. Un insegnante che si rifugia nel rigido autocontrollo della ragione. E un ragazzo al bivio tra l'una e l'altra…
AMAZON.COM

giovedì 2 dicembre 2010

Sola a presidiare la fortezza

Flannery O'Connor e il mistero della scrittura

IMBAMBOLATI

Gli strani personaggi che popolano i suoi racconti osservano la realtà come imbambolati; ricordiamoci del precetto: più al lungo guardate un oggetto e più mondo ci vedrete dentro. Questo "eccesso di visione" è indescrivibile, ma c' è. E noi non sappiamo mai come inciderà sull' animo di chi vi si espone, ma sappiamo che da quel momento potrà accadere di tutto: violenza gratuita, grottesco, bizzarro, misto di comicità ed orrore. Cio' che sicuramente salta in aria è il buon senso.

SHEPPARD

Rimpinzare il proprio vuoto con opere buone è un comportamento infernale. La fede è un riconoscimento, e l' ingordigia di "bontà" a volte ci obnubila favorendo distrazioni fatali. Con uno slancio generoso, Sheppard accoglie in casa Rufus Johnson, un ragazzino che era stato in Riformatorio e che lui voleva redimere. Imbevuto di nozioni psicologiche e di un umanitarismo filantropico, è convinto che il male possa essere vinto con un' educazione laica volta allo sviluppo dell' intelligenza. Ma ne uscirà sconfitto, J. non farà che sfuggire agli schemi razionali che stanno davanti a lui come trappole, e questo avviene in pagine che toccano il nervo più vivo della condizione umana.

ARTE = SOLITUDINE

L' arte è una lingua interiore. L' artista, poichè è chiamato ad occuparsi solo di se stesso, è deficitario, non ha strumenti per capire il mondo.

Spiego meglio.

La politica e la sociologia si occuperanno dell' interazione in gruppi umani estesi, l' economia in gruppi umani ristretti, la psicologia dei comportamenti individuali, ma solo l' arte si occupa del singolo in assenza di comportamento, di quel paesaggio interiore privo di espressione.

Il perito di questa immota solitudine ha solo parole svianti quando tenta di dedicarsi ad altro. E molti sembra proprio abbiano scelto l' arte come comoda via per fare poi altro.

Flannery invece amava la solitudine e vi anelava constantemente, già da piccola si chiudeva a chiave nelle stanze, benediceva ogni giorno la sua grave malattia pensandola come la barriera più efficiente contro la perniciosa interferenza dei contatti umani.

BELLEZZA SALVIFICA (OVVERO: L' ARTE SACRA OGGI)

Vi ricordate l' imbarazzante adozione di Tolkien ad opera dei "neo-fascisti"? Ebbene, da tempo i ciellini hanno adottato Flannery - ancora una prefazione di Don Giussani all' ultima raccolta di racconti, ancora una mostra in suo onore all' ultimo Meeting - con lei spartiscono un comandamento impegnativo: la bellezza salva.

La bellezza è una preda astuta, che sfugge e si metamorfizza nel tempo passando sotto il naso di chi ancora ha in mente le fattezze di quella strana "bestia" osservate allorquando un grande artista del passato riuscì temporaneamente ad ingabbiarla.

Ma Flannery ha le idee chiare e sa dove l' arte religiosa è chiamata a lavorare oggi: sono i malfattori, gli storpi, i deformi (dentro e fuori) coloro da cui promana quella particolare bellezza incommensurabile, l' unica che non si puo' dissociare dalla "verità", l' unica di cui è avida l' arte sacra.

Gli scrittori che vedono e narrano alla luce della fede cristiana sono chiamati ad essere i più fini osservatori del grottesco, del perverso, del demenziale, dell' assurdo, dell' autistico. Lo stesso dicasi per musicisti e pittori.

Sono chiamati anche a liberarsi di allegorie, metafore ed altri profilattici; sono chiamati a stare senza intermediazioni davanti all' incarnazione del difetto, del limitato, del tarato. Flannery è in questo fulgido esempio.

ORRORE

L' arte sacra deve rifuggire le formule pie, deve scioccare il lettore con il gusto dell' edificante, deve liberarsi di ogni svenevole moralismo, quello è annoiante laicume; deve setacciare tutto il sublime residuo e liberarsene finchè è in tempo: così prosciugata inscenerà uno spettacolo in cui l' orribile si offre sempre temprato dal ridicolo.

Nell' arte sacra non deve trapelare alcuna "intenzione ideale", il mestiere dell' artista è deludere il critico-tartufo che ne va in spasmodica ricerca.

E' difficile produrre oggi arte sacra, perchè una simile arte è chiamata a scandalizzare chi già passa tutto il giorno a scandalizzarsi per ragioni sbagliate.

Lo scandalo si crea quando uno stile concreto e realista presenta in carne e sangue un' imperscrutabile verità spirituale.

E' lo scandalo dell' Incarnazione! Sparisca ogni simbolo, ogni metafora, ogni allegoria, ogni linguaggio; l' arte deve farne a meno per privilegiare l' incandescenza del contatto diretto, unico "linguaggio" rinnovato in grado di rendere qui ed ora il mistero dell' Incarnato. Sia bandita ogni astrazione a favore della concretezza e di tutte le imperfezioni e asimmetrie che puo' presentare una pietra appena dissotterrata.

I racconti sono "duri", la musica "dissonante", le forme "ellittiche", ma solo perchè "duro", "dissonante", "ellittico" è il messaggio cristiano.

L' ambiguità grottesca che abbonda nelle pagine di Flannery è la stimmate di un' umanità marchiata dal Peccato originale, ovvero dal "limite". Mai soggetto si presta tanto ad essere trattato in racconti e in musiche dell' orrore.

Purchè siano racconti e musiche prive di "atmosfere" orrorifiche.

L' "orrore" prosciugato da ogni atmosfera resta inquietante poichè c' impedisce di dimenticare che partecipiamo della sua condizione. L' "atmosfera" mitiga questo effetto disturbante poichè amplifica artificiosamente il mostruoso puntando sulla sua rassicurante alterità.

Flannery difende con i denti il diritto dell' artista cristiano a scegliere il "negativo" della realtà, le numerose tare che l' affliggono. E con il mondo che diventa sempre più materialistico ci sarà sempre più da scegliere. L' arte sacra ha un futuro.

IL LATO RIDICOLO DELLA FEDE

la fede ha in sè qualcosa di ridicolo e il fedele che anela all' assoluto è un personaggio grottesco. Chi non lo riconosce è spacciato. Flannery lo racconta e riracconta in ogni sua pagina avvalendosi di uno stile chiaro, veloce e realistico.

VIOLENZA DELLA GRAZIA

La violenza non è sempre al servizio del Male, esiste anche la violenza al servizio del Bene.

Flannery decide scientemente di sostituire la parola "amore" con la parola "grazia". Questo perchè l' amore è incompatibile con la violenza mentre l' amore cristiano necessità di cospicue dosi di violenza visto che deve competere con un male concreto ed operante. La mente dell' uomo è chiusa e coesa come un diamante, solo la forza tagliente di un altro diamante puo' competere con essa.

"Il Paradiso è dei violenti", un titolo ma anche un motto che racchiude la piccola irlandese.

LEI

Brusca, sdegnosa, senza pretese, splendida e inappariscente... circondata dai suoi pavoni.