Visualizzazione post con etichetta spesa pubblica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta spesa pubblica. Mostra tutti i post

lunedì 26 agosto 2024

spesa pubblica

 https://www.facebook.com/riccardo.mariani.585/posts/pfbid02QQTaJe99KfrfeMXzUiKPwh8aL7YvMPKFbBkQCoePZRxcTbukyEownHGxrZmrDkZ8l?__cft__[0]=AZUTRfWbtnzfLCSMRuGVLOgglsSZxjJl6uPWQC4XFDNhpmkgXs0Pq-4pCSQnnOlH_Wj7JLz9D5GS3mo1qe9VYe02YoCJroJ2ruViaWbJuauj-in-_AcTJIXXPYPlJbcDyu0WTVkJVN8RsuEi4DDmPVcjcXOEt2YjFqvZ2tSbbFGGAg&__tn__=%2CO%2CP-R

martedì 21 maggio 2024

spesa pubblica e voto donne.

Vuoi tagliare la spesa pubblica?

Ho esaminato diversi grafici e serie temporali che confrontano più paesi giungendo alla conclusione che la via maestra consiste nel rinunciare al suffragio universale tagliando il voto delle donne. 

P.s. Possibile spiegazione: in un mondo tradizionale,  l'ambiente economico con cui il marito aveva familiarità era il mercato. L'ambiente economico con cui la moglie aveva familiarità era la famiglia, una piccola società pianificata con lei come pianificatrice. Questo la renderebbe più empatica alla visione dell'economia come una famiglia più grande controllata da un pianificatore diverso ma altrettanto benevolo.

P.p.s. Altrimenti c'è sempre l'osservazione di C.S. Lewis secondo cui l'uomo medio è molto più rispettoso della privacy degli altri rispetto alla donna media, ma la donna media è molto più pronta a mettersi in gioco per gli altri. 

https://daviddfriedman.substack.com/p/women-voting-government-expenditure

lunedì 9 dicembre 2019

MINI-MANIFESTO PER UNA NUOVA DESTRA

MINI-MANIFESTO PER UNA NUOVA DESTRA

La destra di fine secolo riteneva che tassare poco i ricchi fosse essenziale per la crescita economica, i benefici sarebbero poi "ricaduti" sull'intera società con la filantropia privata pronta a tappare le falle aiutando i "poveri meritevoli" rimasti ai margini. Ma l' economia dello "sgocciolamento" verso il basso si è con il tempo screditata e gli straordinari livelli di disuguaglianza riscontrati in molti paesi dell'occidente avanzato sono sempre più difficili da difendere.
La scelta della destra è stata semplicemente quella di cambiare argomento intensificando l'animus contro immigrati e gli altri nemici esterni. Gli appelli alla Nazione si sono moltiplicati.
Ma un'alternativa c'è. Piuttosto che incaricare politici inaffidabili di risolvere dall'alto i problemi della società creando quei conflitti tipici di cui sono ghiotte le prime pagine dei giornaloni nazionali, la destra potrebbero agire per decentralizzare la spesa pubblica mettendola nelle mani degli elettori attraverso una serie di "buoni sociali" spendibili per i servizi di base. Saranno loro a indirizzare verso qualsiasi organizzazione no profit di proprio gradimento la spesa pubblica.
Una simile mossa rivitalizzerebbe la società civile e il settore no profit sfruttando l'ingegnosità degli attori privati ​​per promuovere il bene comune. Le sparate dei politici diminuirebbero poiché diminuirebbe il loro protagonismo, con conseguente riduzione della polarizzazione e della partigianeria. I cittadini che non sono d'accordo con te non saranno più "nemici civici" che minacciano di strapparti il ​​controllo del timone; saranno semplicemente concittadini che spendono diversamente da te i loro buoni sociali.
La chiave sta nell'inghiottire il rospo di una politica ridistributiva - cosa difficile per la destra -, per poi mettere i cordoni della borsa staranno saldamente nelle mani dell'elettore. Qualcosa di insopportabile per la sinistra (l'istinto verso la scuola privata parla chiaro).
Faccio solo un esempio perché fresco fresco e di grande impatto. In questi giorni il Mega-Super-Ministrone centrale ha deciso per tutti che nidi/asili saranno gratis. Il proclama suona bene ma si traduce in una manovra per colpire la famiglia tradizionale. Supportare la famiglia è importante, ma qual è la giustificazione per escludere dall'aiuto chi sceglie di avere un genitore casalingo dedito all'assistenza della prole? Nessuno. Ma una politica di sinistra lo fa a cuor leggero (e lo ha appena fatto), una politica di destra non deve assolutamente farlo. I modi per evitarlo ci sono e si raccolgono attorno al principio per cui la spesa pubblica deve passare dalle mani ignoranti del Mega-Super-Ministro centrale alle mani sapienti dell'elettore. In questo caso si tratterebbe di trasformare l'asilo gratuito in un trasferimento di denaro che ognuno poi impiega come desidera.
La nuova destra non deve consegnare agli avversari il monopolio sulla spesa pubblica limitandosi a maledirla e sforbiciarla, dovrebbe invece accettarla per poi riconsegnarla al cittadino sotto forma di buoni, voucher o trasferimenti di denaro.

lunedì 5 febbraio 2018

Spesa pubblica in crescita

https://it.wikipedia.org/wiki/Spesa_pubblica#Spesa_pubblica_in_Italia

Tanto per ricordare a chi lamenta tagli che la spesa pubblica italiana in valori assoluti cresce da sempre.

E in termini % al PIL da quasi sempre

https://data.oecd.org/gga/general-government-spending.htm#indicator-chart

venerdì 5 gennaio 2018

Spesa sociale

Why I'm not a progressive, by Scott Sumner http://econlog.econlib.org/archives/2018/01/why_im_not_a_pr.html

venerdì 23 settembre 2016

In attesa di un nuovo Berlusconi

La politica italiana si è nutrita a lungo di molti nefasti tabù in tema fiscale, alcuni sono stati spazzati via da Berlusconi, altri restano lì ancora intatti.
E’ un peccato che sia così perché per avere qualche speranza di ridurre il debito sarebbe bene far piazza pulita. Lo sostiene Roberto Perotti che nel suo libro “Status quo” affronta di petto la questione.
Nella prima repubblica il politico italiano medio aveva in grande considerazione “le tasse”. Sembra un’epoca lontana ma un’eco di quell’atteggiamento lo possiamo rinvenire nella sciagurata uscita di Padoa-Schioppa che molti ancora ricordano:
… “La polemica antitasse è irresponsabile. […] Le tasse sono una cosa bellissima.” Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia dell’ultimo governo Prodi, non c’è più e non può difendersi, e questa sua famosa frase dell’ottobre 2007 è estrapolata da un contesto più articolato e meno odioso. Ma resta il fatto che è difficile immaginare una frase più insensibile e altezzosamente distaccata dalla realtà di decine di milioni di italiani…
Ecco ora il classico ministro delle finanze di allora al suo tavolo da lavoro:
… L’occupazione principale dei ministri  era estendere una detrazione dello 0,01 per cento alle persone nate nella seconda metà di giugno degli anni bisestili residenti in comuni il cui nome iniziava con la “f” o la “m”, compensarla con un aumento dell’Iva dello 0,02 per cento sulle macchine fotografiche di un certo peso e di un certo colore, e inventarsi qualche motivo per cui una tale manovra avrebbe dovuto stimolare l’economia…
Poi venne Berlusconi:
… che per primo pose la questione, allora apparentemente rivoluzionaria, della riduzione delle tasse, e mostrò ai guru allibiti che si possono addirittura guadagnare voti con questa bandiera. Nella realtà combinò poco, perché si affidò soprattutto ad annunci a effetto e si scontrò con la dura realtà dei mercati nella tempesta perfetta del 2011…
E infine, finalmente, la “berlusconizzazione” della sinistra:
… È stato un enorme merito di Renzi avere fatto piazza pulita di un atteggiamento perverso della sinistra e centro-sinistra italiani (almeno la maggioranza di essi, perché molti continuano a nutrirsi della vecchia retorica e dei vecchi slogan), e aver riconosciuto apertamente che in Italia le tasse sono troppo alte, la gente le detesta, e qualcosa va fatto…
Esiste però ancora un tabù: tagliare la spesa pubblica (alias: “fare macelleria sociale”).
Qui il messia si fa attendere e cominciamo a disperare.
… Molti di coloro che non vogliono o non sanno tagliare la spesa pubblica sostengono invece che ridurre la spesa non è desiderabile, e nemmeno necessario per diminuire le tasse. Addirittura, per alcuni il metodo migliore per ridurre le tasse è aumentare la spesa pubblica…
Il politico italiano invoca la crescita ed è aperto a molte ricette ma nessuna contempla il taglio della spesa:
… Le diverse versioni si differenziano nel modo di attuare una politica di bilancio espansiva: per alcune aumentando la spesa pubblica, per altre riducendo le tasse. Ma per tutte, ridurre la spesa non è nell’agenda…
Particolarmente avversi sono i “keynesiani”, specie nella loro variante “sudamericana”. A chi mi riferisco? Più che ai loro nomi meglio riferirsi alla loro visione con un’esempio:
… Supponiamo inizialmente che il moltiplicatore della spesa pubblica sia positivo e pari a 1, ciò significa che, se aumento la spesa pubblica di 10 euro, il Pil aumenta di 10 euro. Con un’aliquota media del 50 per cento, le entrate dello stato aumentano di 5 euro, meno della spesa. Il disavanzo e il debito pubblico quindi aumentano. L’aumento della spesa pubblica porta dunque a un aumento del Pil, al prezzo di un lieve deterioramento dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil. Questa è la posizione che possiamo chiamare “keynesiana della spesa”. Supponiamo ora che il moltiplicatore della spesa sia molto più alto, pari a 3. Il Pil aumenta quindi di 30 euro, e le entrate dello stato di 15 euro, più della spesa; il disavanzo dunque scende. L’aumento della spesa pubblica porta quindi a un aumento del Pil, ma anche a una riduzione dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil, e persino a una riduzione del disavanzo in termini assoluti. Questa è la posizione che possiamo chiamare “sudamericana”, perché alla base, fra gli altri, degli esperimenti populisti degli anni ottanta e novanta in Sud America…
Il keynesiano/sudamericano prosperava nel parlamento della prima repubblica:
… Non è sorprendente che questo argomento sia stato utilizzato centinaia di volte negli anni settanta e ottanta per far passare aumenti di spesa in Parlamento. Quando si voleva costruire un’autostrada inutile che finiva nella città di origine di qualche politico al governo, il Parlamento fingeva di credere che le coperture sarebbero venute dalle maggiori entrate generate dal maggiore reddito creato dall’autostrada in questione. Sappiamo tutti cosa è successo al disavanzo e al debito pubblico in quegli anni…
Avete visto com’era semplice aggirare il vincolo costituzionale delle “coperture”. Sì, perché la nostra “costituzione-più-bella-del-mondo-che-ha-consentito-il debito-più-alto-del mondo” prevede che ogni spesa sia coperta da un’entrata. A parole. 
Oggi, visto che il messia tarda, la (brutta) storia si ripete:
… Graziano Delrio, una persona sensata ed equilibrata, nel discutere un piano di investimenti pubblici di 20 miliardi dichiarava nell’estate del 2015: “Far ripartire i cantieri significa proprio aumentare il gettito fiscale, dare nuove risorse per consentire l’abbassamento delle tasse. Fare manutenzione del territorio, far ripartire grandi e piccole opere consente quindi di diminuire le tasse”.9 Se fosse veramente così, perché limitarsi a 20 miliardi?…
Beninteso, anche i “tagliatori di tasse” tendono un trappolone agli elettori facendo finta di credere che i loro tagli saranno coperti da un’esplosione del PIL e quindi da maggiori entrate fiscali. In questo modo accantonano l’argomento scottante del taglio della spesa. Il trucchetto è noto come vodoo economics.
Ma oggi qual è l’atteggiamento più comune? Forse è meno radicale, senonché il taglio della spesa resta tabù:
… La maggior parte dei politici, degli economisti e dei commentatori probabilmente non sottoscriverebbe le posizioni estreme, “sudamericana” o “lafferiana”. Moltissimi però sostengono una posizione “keynesiana della spesa” o “keynesiana delle tasse”. L’idea è di dare “una scossa” all’economia attraverso una manovra di bilancio espansiva: accettare un lieve aumento dei rapporti debito/Pil e disavanzo/Pil in cambio di un miglioramento della crescita, e poi eventualmente ridurre il disavanzo e il debito tra qualche anno mediante tagli di spesa, quando la ripresa si sarà consolidata…
In poche parole, il taglio viene “rinviato”:
… Inevitabilmente, quando si parla di ridurre la spesa tra qualche anno, si tende a essere vaghi… con indicazioni generiche, quali “si razionalizzerà la spesa per acquisti di beni e servizi”…
Banca d’Italia su questo terreno non è da meno:
… Ogni anno, alla fine di maggio, si compie uno dei riti più inutili e pomposi della vita istituzionale italiana: le Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia. Via Nazionale si riempie delle auto blu di industriali, banchieri, politici, economisti, venuti da ogni parte del paese ad ascoltare una serie di banalità sull’economia italiana che potrebbero benissimo leggere in quindici minuti sul sito web della Banca d’Italia: ma essere lì quel giorno è uno status symbol irrinunciabile per chi vuole contare. Nell’ultima edizione di questo rito, il 31 maggio 2016, il governatore Ignazio Visco ha invocato per l’ennesima volta una riduzione del cuneo fiscale (cioè di tasse e contributi sul lavoro) e un aumento degli investimenti pubblici, il tutto ovviamente senza far salire il debito pubblico. Su come ottenere questo ambizioso risultato, però, anche in questo caso nessun suggerimento concreto…
Persino chi prova in buona fede a fare di meglio non è credibile:
… Un programma … ambizioso propone il mio amico e collega Francesco Giavazzi… Per rassicurare i mercati, Giavazzi suggerisce di ridurre la spesa pubblica in futuro, e avanza due proposte concrete: l’attuazione di un piano di diminuzione del numero delle partecipate pubbliche, e un aumento delle rette universitarie per gli studenti benestanti. Ma anche qui bisogna fare i conti con i numeri. Come vedremo, la riforma delle partecipate, per quanto anch’essa molto auspicabile, può portare al più risparmi minimi, di poche centinaia di milioni, e probabilmente neanche quelli. Far pagare una parte del costo dell’università alle famiglie che possono permetterselo, per finanziare borse di studio o prestiti d’onore per gli studenti meno abbienti, è un’ottima idea, che avanzai anch’io nel mio libro L’università truccata. Ma bisogna essere realisti: non succederà. In Italia, come in tutti gli altri paesi, le famiglie, gli studenti (anche quelli meno abbienti, che avrebbero tutto da guadagnare da questa proposta), i media si sono fatti abbindolare dalla retorica del “diritto allo studio”
Sul fronte opposto a quello politico, quasi a provocare, ci sono alcuni accademici che – al riparo nelle loro università - parlano di “austerità espansiva”:
… Ma cosa succede se il moltiplicatore della spesa è negativo? In questo caso, per aumentare il Pil bisogna ridurre la spesa pubblica. Questo è esattamente ciò che sostiene la teoria dell’“austerità espansiva”….
A molti questa teoria appare controintuitiva. Dopotutto, la spesa pubblica è una componente del Pil, come è possibile che, riducendola, quest’ultimo aumenti?
… Primo, non tutta la spesa pubblica fa parte del Pil, ma solo la componente “consumi e investimenti pubblici”. Questa componente vale 330 miliardi, il 40 per cento della spesa pubblica totale. Il resto sono pensioni, sussidi alle imprese, assegni di disoccupazione, interessi sul debito ecc., tutti trasferimenti (intermediati dallo stato) da certi cittadini ad altri. Come tali, non fanno parte del Pil. Il secondo errore è che anche ridurre consumi e investimenti pubblici non riduce necessariamente il Pil. È vero che se lo stato riduce la spesa per auto della polizia di un milione, la componente consumi pubblici del Pil scende di un milione, ma in conseguenza di questa decisione si crea lo spazio per ridurre anche le tasse di un milione senza aumentare disavanzo e debito; la riduzione delle tasse, a sua volta, stimola i consumi o gli investimenti privati. È questo il nocciolo della teoria dell’“austerità espansiva”…
Il dibattito è aperto ma se qualcuno pensa di poter risolverlo guardando ai dati, è meglio si ricreda subito: come quasi sempre accade in economia, gli stessi dati possono essere interpretati in maniera opposta.
A questo punto è utile osservare che per rompere il tabù dei tagli non è necessario abbracciare la posizione estrema dell’austerità espansiva: revisione della spesa e austerità, infatti, non sono sinonimi. Si può fare la prima senza imporre la seconda. Come? Basta ridurre le tasse più di quanto si riduca la spesa: il disavanzo di bilancio aumenta, e la politica di bilancio è espansiva.
Lasciamo pure che il bilancio sia espansivo in senso keynesiano, purché si tagli in modo consistente la spesa (insieme alle tasse)! Farlo  è fondamentale per almeno cinque motivi:
…  1) È condizione necessaria per smantellare il sottobosco in cui si nutre la commistione tra politica ed economia che ammorba e soffoca la nostra società. Le partecipazioni statali e locali, le posizioni dirigenziali inutili o iperpagate, i sussidi alle imprese, una larga parte dei fondi europei sono per lo più inutili e alimentano appetiti, scambi di favori, affarismi, e pura e semplice corruzione. 2) Molti programmi di spesa sono lievitati in modo casuale, disordinato, per accrescimento legislativo progressivo, senza una ratio, senza un approccio organico. Ci sono, per esempio, tantissimi programmi per gli indigenti che si sovrappongono e non riescono a raggiungere le persone veramente bisognose, mentre spesso vengono erogati a famiglie che non ne hanno necessità. 3) Avrebbe un alto valore simbolico. I compensi scandalosi di politici, ex politici e alcuni dirigenti pubblici, per quanto nel loro complesso non enormi da un punto di vista macroeconomico (ma neanche piccoli, come vedremo), generano cinismo, distacco e risentimento tra i cittadini. 4) Anche se non si vuole applicare una politica di rigore adesso, è importante segnalare ai mercati, agli altri paesi e ai cittadini che il processo è partito. Altrimenti, siamo alle solite: “Ora non è il momento, lo faremo tra due anni”. Ma tra due anni saremo di nuovo allo stesso punto. 5) Infine, bisogna creare spazio per ridurre le tasse il più possibile, ora.
Ultimamente però la politica italiana sembra aver fatto un passo in avanti anche su questo punto: si è passati dal “la spesa non si tocca” al “l’abbiamo già tagliata”.
… “Abbiamo fatto 25 miliardi di tagli,” dichiarava il presidente del Consiglio Matteo Renzi nel febbraio 2016… Pier Carlo Padoan: “La spesa pubblica è stata tagliata di 25 miliardi, abbiamo tagliato molto, tanto che è difficile andare oltre”…
Perché i conti mostrano 4 miliardi (un taglio minimo) e la propaganda parla di 25 miliardi (un taglio buono, almeno per per iniziare)?
… apprendiamo che venticinque miliardi è la riduzione di spesa lorda per il 2016, cioè il totale dei capitoli di spesa che sono diminuiti. Ma ovviamente ciò che permette di creare spazio per tagli di tasse è la riduzione della spesa netta, non di quella lorda. Dalla riga 3, il totale dei capitoli di spesa che sono aumentati è di 20 miliardi. Il netto è appunto 4,5 miliardi. Se faccio una dieta in cui abolisco i dolci ma in compenso mangio solo hamburger e patatine, il mio peso aumenterà, anche se posso sempre vantarmi con gli amici di seguire una dieta ferrea senza dolci…
E purtroppo anche quei miseri 4 miliardi destano preoccupazione, almeno in chi bada alla sostanza:
… inoltre, i risparmi di spesa, sia lordi sia netti, restano comunque sovrastimati, perché ben 5 miliardi sono dovuti a minori trasferimenti dallo stato agli enti locali (regioni, province, comuni). Non c’è alcuna garanzia che questo si traduca in tagli di spesa effettivi: sappiamo già che in alcuni casi sono aumentate le addizionali Irpef comunali e regionali…
Insomma, possiamo con ragione affermare che all’alba del 2016 il tabù del taglio della spesa pubblica è ancora tra noi più vivo che mai.
vignetta-benny-berlusconi-159414

lunedì 9 novembre 2015

Semplicemente liberale di Antonio Martino

Semplicemente liberale di Antonio Martino
  • Problema: nel 900 la spesa pubblica è esplosa.
  • Soluzione: la costituzione europea?
  • 1 no. Le cost sono cinture di castità con la chiave posta a fianco.
  • 2 no. La cost europea mette limiti al deficit nn alla spesa.
  • Proposta indecente: sostituire le elezioni con un sorteggio
  • Prop indecente: far pagare agli eletti le leggi che emettono
  • Principio: le libertà raramente si xdono una alla volta. Piano inclinato. Regola deĺla ciliegia.
  • Il socialismo è necessariamente utopico.
  • Ricchi si diventa. Risorse o colonialismo spiegano poco.
  • Globalizzazione. La matita di friedman. Il commercio unisce la politica divide.
  • Sicilia/veneto. Germania est/ovest
  • Corea nord/sud.
  • L istruzione base dello sviluppo: pakistan/corea del sud. Poveri entrambi ma diversamente istruiti.
  • Istruzione classica: ti insegna a disprezzare quei soldi che ti impedisce di guadagnare.
  • Spesa pubblica: svizzera/svezia.
  • L importanza del lavoro. Grado di partecipazione
  • La solidarietá statale indica generosità?
  • Welfare: un invenzione dei conservatori.
  • Il w tarpa la crescita
  • Povertà giù w su
  • W e infantilismo. Meglio il cash transfert?
  • Matrice di friedman e secchio di okun.
  • Test meaning vs universalismo
  • Il churning: un paese di benestanti.
  • Pensioni private: più tendimenti più lavoro più mercato finanziario più capitalismo
  • Lavori socialmente utili. Distorce mentalità e ricerca di un vero lavoro. Distrugge posti produttivi.
  • Se w deve essere che sia coi buoni.
  • Contro keynes: padre di inflazione e deficit. Confutato empiricamente dal ruolo di aspettative e variabili reali. Padre della miopia (breve xiodo). Ignora i lag.
  • K sdogana la voglia di deficit dei politici.
  • Perchè la spesa esplode: 1 costi informativi 2 costi diffusi benefici concentrati 3 soggetti deboli generazioni future
  • Sul federalismo. Nn confondiamo cultura e amministrazione
  • Smantellare lo stato con autonomie e privatizzazioni
  • Da mantenere a livello statale: la difesa e il libero mercato.
  • I piccoli sono più ricchi e più liberi. Perchè?: 1 rendita dalla fuga dalla tirannia 2 necessariamente più aperti. Pena la morte.
  • Il ns povero federalismo: 1 troppi livelli w le macro regioni 2 divorzio tra fisco e spesa
  • Proposta di dwight lee:  solo imposte locali con una quota allo stato. Vantaggi: 1 concorrenza 2 stimoli al controllo
  • L ue è un buon esempio di federalismo: quanto sono aumentate le tasse?
  • L armonizzazione può essere affidata al mercato oppure imposta dall alto
  • Proposte x una democrazia migliore. Il problema della corruzione e dell eccesso di leggi
  • Privatizzare. X combattere la corruzione. No lobby no interessi no pressioni per la leggina.
  • Eliminare la decurtazione agli assenti: meno si vota meglio si sta.
  • Far pagare il voto.
  • Dare un numero massimo di voti.
  • Eleggere col sorteggio. O con un metodo misto. L esperto al lavoro lo abbiamo visto. Il dilettante semplifica. Risparmi sulle spese elettorali
  • Elezione x i pm e forse anche x i giudici
  • Proibizionismo come regola ciliegia. Dieta di stato.
  • Droga. Merce nn controllata. Mancata entrata fiscale. Pacchia x le mafie. Microcriminalità a go go.  Infantilizzazione del cittadino. Famiglie esautorate. Magistratura assediata. Carceri piene. Mito del frutto proibito.
  • Politica vs mercato. Solo nel secondo la decisione è focalizzata. Solo nel secondo unanimità senza conformismo.
  • Immigrazione. Al protezionista: te li sei cercati.
  • Un toccasana contro l invecchiamento della popolazione.
continua

lunedì 15 giugno 2015

Frences Volley sulla pedagogia dei beni pubblici

Punti:

  1. scopo del saggio: enfatizzare il legame lasco tra teoria dei beni pubblici e spesa pubblica. Eppure, stante la pedagogia attuale, il legame sembrerebbe invece decisivo.Evidentemente questa teoria ha dei limiti.
  2. Perché si vuol far apparire questo legame come importante: per non apparire dei moralisti ma degli efficientisti.
  3. nel collegamento bene pubblico/spesa pubblica si mescolano il concetto di non-escludibilità (non è possibile escludere dei consumatori e cio' incentiva comportamenti opportunistici. Soluzione ideale: trasferimenti volontari) e il concetto di non-rivalità nel consumo (non è desiderabile escludere è un caso particolare di monopolio naturale, il problema sta nella discriminazione dei consumatori). C' è poi un problema di finanza pubblica: come quantificare la spesa confrontando le utilità soggettive dei consumatori.
  4. Questo intasamento concettuale viola i principi pedagogici primari. In particolare, quello per il quale si insegna un principio alla volta. E poi quello per cui nell'insegnamento occorre procedere per gradi.
  5. Esempio di pedagogia ordinata del welfare: 1) concorrenza perfetta 2) buon senso del monopolista naturale 3) regolatore onnisciente 4) buon senso dei cittadini sulla produzione di beni non escludibili 5) tassatore onnisciente. Il tutto facendo notare come 3 e 5 ostacolano l'evoluzione verso 2 e 4.
  6. Per quanto riguarda il principio di non-rivalità: 1) ci sono beni che sono in concorrenza inaspettata con altri (es. libri) e 2) l'intervento governativo, quand'anche fosse necessario, sarebbe cmq solo di ordine regolativo. In altri termini: la spesa pubblica ha a che fare solo con i beni non escludibili
  7. guardando meglio i beni non escludibili scopriamo che non sono altro che esternalità ma cio' crea imbarazzo per il semplice fatto che noi viviamo immersi in esternalità che trattiamo senza il bisogno di tassare e finanziare alcunché. Evidentemente anche il legame beni non escludibili e spesa pubblica appare tutt'altro che nitido, giocano un ruolo buon senso, tradizione eccetera.
  8. se il buon senso dei cittadini e del monopolista appaiono una chimera perché mai dovrebbe essere realistico postulare l'onniscienza del governante e la sua infinita bontà? 
  9. A titolo esemplificativo guardiamo alla generosità, i cittadini donano e donano tanto (l'economia non se lo spiega), inoltre non donano ai governi ma ad altri enti, evidentemente quando sono chiamati alla prova dei fatti 1) reagiscono anche se la teoria non lo prevede e 2) orientano altrove le loro preferenze rispetto al soggetto designato dalla teoria.
  10. Conclusione: il legame tra beni pubblici e spesa pubblica è talmente lasco che per rendere conto di quest'ultima occorrono teorie alternative.
  11. Dicevamo della tesi di fondo: lo stato non puo' essere giustificato come produttore di beni pubblici. Argomento: ci sono beni pubblici puri che lo stato non si sogna di produrre. Esempio? La prevenzione contro gli asteroidi.

giovedì 30 giugno 2011

La fede del terzo millennio

Siamo in mezzo ad una crisi finanziaria, tagliare la spesa è il modo più pragmatico per uscirne.

Politicamente l’ operazione è difficile, e cio’ resta vero anche se la spesa improduttiva abbonda.

In questo gioco a passarsi il cerino, la scuola che fine fa?

Dalle colonne del Corriere Maurizio Ferrera dice che non andrebbe toccata:

tagliare è un obbligo, sulla scuola un delitto

Si, ok. Ma come rispondere allora a Caplan?:

Economists are finally waking up to the fact that many people are overqualified for their jobs.  You don't need a college degree to be a baggage porter or bellhop, but according to the Bureau of Labor Statistics, 17% of them have a bachelor's degree or more.  So do 15% of taxi drivers and chauffeurs - and 14% of mail carriers.  Even if you insist that what you learn in college is broadly useful on-the-job, can you really believe that it makes you better at putting letters in mailboxes?
Once you drink this Kool-aid, though, you're on a slippery slope.  If you admit that "Some jobs really don't require a college education," it's hard to deny the harsher fact that "Some jobs don't require a high school education either."  Take baggage porters and bellhops.  What did they learn in their last four years of high school that makes them more productive in their jobs?  If you answer, "A strong work ethic," think again.  Which actually builds a better work ethic: goofing off in high school with the other kids who don't plan to go to college?  Or hustling for tips as a bellhop?
On average, I freely admit, the return to education remains fairly high.  But themarginal return is a different story.  Students determined to finish college - or high school - probably aren't going to remain overqualified for long.  It's the borderline students, I conjecture, who get stuck in jobs that don't require their formal credentials.  We should accept this fact - and stop encouraging and subsidizing these borderline students to finish high school and college.  Someone has to carry baggage.  Shouldn't it be high school drop-outs?

Certo, si parla degli USA. Ma non possiamo girarci dall’ altra parte visto che da noi il fenomeno è anche più marcato!

Senza una risposta puntuale ha poco senso opporsi ai tagli. 

book origami

Troppo spesso i tagli alla scuola vengono interpretato come un taglio al nostro futuro, il che equivale ad una profanazione di altari consacrati.

Ma le cose stanno davvero così?

Come minimo siamo di fronte ad una semplificazione strumentale:

… the great secular faith of our age is the idea that education is the key to economic growth, swelling both an individual’s bank balance and expanding a nation’s GDP… Look at Switzerland. It has one of the lowest higher-education enrolment rates in the world, yet it has a fantastic economy… look at a mistatement… given lawyers’ high wages, having more lawyers would surely mean that there are more and more people earning more and more dough, and therefore in total, society is becoming more and more wealthy…‘[This] would suggest that the fastest way to boost growth would be to send everyone to law school’. Which is clearly ridiculous…

Un libro da leggere: Does Education Matter?: Myths About Education and Economic Growth, by Alison Wolf

Per ora accontentiamoci dell’ intervista.

giovedì 28 ottobre 2010

La sveglia al collo

Tagli, tagli, tagli, tagli, tagli.

Tremonti taglia e "qualcuno" stupisce e brontola.

Ma dov' è vissuto questo "qualcuno" fino ad oggi?

Ogni tre per due chi attraversa la città incoccia in cortei di studentelli sciammannati che si battono contro i "tagli" alla scuola. La TV trabocca di prefiche che si stracciano le vesti per i "tagli" alla sanità. Al telegiornale o a prima pagina non manca mai un "ricercatore barbone" moribondo che allunga il palmo della mano per pietire l' ultima elemosina: è uno spettacolo straziante che fa impennare l' audience più di Sarah.

A proposito della gabanelli, visto che ne abbiamo appena parlato, anche lei non manca di inzuppare il pane in questo latte caldo e rassicurante: Tremonti è photoshoppato pallido e con chiazze di sangue, in stile Edward Mani di Forbice.

La pratica del taglio - altrimenti nota agli amanti dell' understatement come "macelleria sociale" - ha sempre solleticato i più bassi istinti e quindi nella società dello spettacolo ruba l' "occhio di bue" anche alla cronaca nera che più nera non si puo'.

Altre noiose informazioni giacciono invece piuttosto trascurate nell' ombra delle redazioni. Annoiano, poverine, la loro sorte è quella.

Chi brontola non realizza per esempio che nel tempo che ho impiegato per scrivere il primo rigo di questo post (cinque parole, cinque secondi) il debito dell' Italia è cresciuto, nonostante i tagli, di quasi 14.000 euro.

Cresciuto! Non tagliato.

Ok? Ci siamo? Se lo sono messo in testa gli sciammannati? E le prefiche? E i ricercatori barboni moribondi? E adesso i loro conti quadrano ancora tutti come prima? Riescono ancora a reperire il dinamismo necessario per alimentare la loro battaglia di giustizia-libertà-verità-eccetera-eccetera?

Pensa forse il nostro "brontolone" che questo dato sia triviale?

Pensa forse questo signor "qualcuno" che sia petulante chi fa notare come il nostro debito cresca di 164.112 euro al minuto?

Non trova che sia un dato di cultura sapere che ogni italiano (neonati e ultracentenri compresi) ha sul groppone una quota di debito pubblico di oltre 30.000 euro per il solo fatto di esistere?

Beh, questo signor "qualcuno" - brontolone ignorante quando va bene, chiagnefottista quando va male -sarebbe meglio che affiancasse all' orologio del tinello che segna le ore una bella sveglia da mettersi al collo, quella che segna la crescita del debito della nazione minuto per minuto. Finalmente l' aggeggio è disponibile!

venerdì 25 giugno 2010

Il taglio della spesa è recessivo?

Si è aprte la guerra per capire se abbassare la spesa pubblica sia una misura recessiva.

Alcuni ne parlano facendo i finti tonti (Krugman), e a smascherarli ci pensa Landsburg.

Altri sembrano più disposti a ragionare sulla cosa (Wolf), e a precisare ci pensa Alesina.

giovedì 29 aprile 2010

Tutto quel che resta...

1%.

E' la percentuale di PIL che oggi spendiamo per la Difesa.

2%.

E' quella spesa per l' Ordine Pubblico.

Adamo (Smith), il padre di tutti gli economisti moderati, dovrebbe chetarsi: per lui la spesa pubblica ha senso e serve a salvaguardare le proprietà dei cittadini.

Vogliamo poi prendere ai ricchi per dare ai poveri... vogliamo essere generosi? Allora concediamoci un grasso 2%, purchè lì dentro ci stiano anche le spese dei burocrati.

Vogliamo poi scialare, quando invece ci sono ampi margini per ridimensionare? Siccome vogliamo sprecare con abbondanza, raddoppiamo! Arriviamo ad un 10%.

Mi sembra che non ci sia altro da sistemare con le tasse.

1+2+2+5(sprechi).

Ecco, immagino un mondo in cui due partiti contendono appassionatamente: moderati e radicali. Solo i primi ritengono necessarie le spese di cui sopra. Avranno ragione? Ah, saperlo.

E tutto il resto? Tutto cio' che non sta nè con i radicali nè con i moderati? Tutto il resto è... fascio-socialismo.

P.S. 1+2+2+5... oggi si viaggia intorno al 50%.

P.S. link (p.12).

http://www.aldobattista.it/spesa/spesa.htm