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giovedì 24 novembre 2022

coscienza e meccanica quantistica

 leggi qui https://broncobilli.blogspot.com/search/label/meccanica%20quantistica%20e%20dio


in particolare:


Il fatto è che concetti come “realtà indeterminata” e “salto quantico”, così decisivi nel descrivere adeguatamente il mondo microscopico, non possono fare a meno di una figura come quella dell’ “osservatore”. L’ “infarinatura” dovrebbe averlo chiarito.
Ma il concetto di “osservatore” è necessariamente trascendente o puo’ essere sostituito con una realtà inanimata? Per esempio, perché non utilizziamo un contatore Geiger per rilevare le misurazioni?
Risponde von Neumann: se l’ “osservatore” fosse una semplice entità fisica, per esempio un contatore Geiger, potrei in linea di principio ricavare a tavolino una complessa funzione d’ onda in grado di descrivere l’ intero sistema fisico (osservato + osservatore) e poi risolverla secondo le equazioni di Schrodinger senza produrre “salti quantistici”. Morale: se fossero coinvolte solo realtà materiali, allora non possono essere riprodotti i caratteristici “salti” della meccanica quantistica. Se ne ricava che i salti quantici esistono in virtù di un “osservatore” trascendente.

martedì 31 agosto 2021

meccanica quantistica recap DEFINITIVO

 da albert (e huemer) è un post facebook


Il comportamento degli elettroni è abbastanza facile da descrivere ma quasi impossibile da interpretare. Mi occupo del compito facile ispirato dal primo capitolo di "Meccanica quantistica e senso comune" di David Albert. A voi lascio quello difficile.


Ogni elettrone puo' essere bianco o nero e ci sono dei misuratori del colore in grado di dircelo. Ma puo' essere anche duro o tenero, e ci sono dei misuratori della consistenza in grado di dircelo. Tra consistenza e colore non c'è correlazione, il che significa che se immettiamo degli elettroni bianchi in un misuratore della consistenza, metà saranno duri e metà teneri. Allo stesso modo, se mettiamo degli elettroni duri in un misuratore del colore, metà saranno bianchi e metà neri. E' un po' come se il misuratore del colore resettasse la consistenza degli elettroni in entrata e il misuratore della consistenza resettasse il colore in entrata. Purtroppo, per quanto appena detto, non c'è neanche modo di accertare le due proprietà in un singolo elettrone. Esempio, se inserisco elettroni bianchi in un misuratore della consistenza avrò il 50% degli elettroni in uscita duri e il 50% teneri. Posso anche isolare le due metà e quindi, potrei essere tentato dal dire che la metà dura è "dura e bianca". Ma, per quanto detto prima, qualora misurassi il colore, riceverei una smentita: metà di quel sottogruppo di elettroni è nera. Il misuratore di consistenza, come dicevo, ha resettato il colore.

Fin qui siamo di fronte a semplici stranezze come ce ne sono tante quando si studia il mondo fisico. La parte sconcertante deve ancora arrivare e arriva quando costruiamo la macchina della figura sotto: un mega-misuratore (foto) che in ingresso (in basso a sinistra) ha un misuratore della consistenza e in uscita (in alto a destra) ha un misuratore del colore. Gli elettroni inseriti vengono sottoposti ad una prima misurazione e poi, attraverso degli specchi, rimbalzano e confluiscono in modo da sottoporsi alla seconda misurazione. Niente di speciale e, per quanto detto prima, dovremmo essere in grado di prevedere i risultati finali. Esempio: se immetto nel mega-misuratore elettroni duri, la macchina della consistenza confermerà la loro durezza (100% duri) e la macchina del colore resetterà la consistenza ripartendoli per colore nel solito modo: 50% bianchi e 50% neri. L'esperimento conferma le aspettative. Bene. Se invece immetto elettroni bianchi, la macchina della consistenza dovrebbe resettare il colore e ripartire per consistenza: 50% duri e 50% teneri. Le due metà, poi, confluiscono rimbalzando sugli specchi nel secondo misuratore che, resettando a sua volta la consistenza, ripartisce equamente per colore: 50% bianchi e 50% neri. L'esperimento smentisce le aspettative: gli elettroni escono dal mega-misuratore al 100% bianchi. Cosa è successo? Ma non finisce qui. Dopo la prima misurazione, come dicevamo, si creano due flussi: 50% duri e 50% teneri. Con un diaframma posso stoppare uno dei due flussi; mi aspetto che, in un caso del genere, usciranno dal mega-misuratore solo il 50% degli elettroni immessi. Infatti è proprio così. Solo che questa volta sono tornate in vigore le regole canoniche, la metà che esce è al 50% composta da elettroni bianchi e al 50% neri. I casini si limitano misurando due flussi alla volta. Agendo sul diaframma le regole vengono rispettate mentre senza diaframma le regole vengono violate. Perché?

Si potrebbe dire che il mega-misuratore non sia neutrale, ovvero che interferisca sugli elettroni, magari attraverso gli specchi. Tuttavia, non chiedetemi perché, oggi siamo certi che non sia così: l'interno del megamisuratore è una camera oscura del tutto neutrale, così come lo sono gli specchi. Si potrebbe dire che i due flussi degli elettroni comunichino tra loro in qualche modo sabotando le nostre aspettative, ma quando e come lo fanno? Il diaframma puo' essere posto ovunque, anche al termine della corsa, e ogni volta, indipendentemente dalla sua posizione, cambia radicalmente l'esito dell'esperimento. In poche parole, l'azione è talmente veloce che un eventuale comunicazione tra i due flussi dovrebbe eccedere la velocità della luce, il che va contro le leggi della fisica. Per questo la comunicazione ipotizzata viene definita come "azione spettrale", perché non puo' avere natura materiale. Ecco, poiché si tratta di un'azione spettrale potremmo ipotizzare l'intervento di spettri o fantasmi ma non mi sembra che gli scienziati siano entusiasti. Si potrebbe dire, ricorrendo al dio tappabuchi della scienza, che si entra in dimensioni differenti mentre noi, potendo misurare solo nella nostra, rimaniamo ingannati. Mmmmmm. Il dio tappabuchi della scienza desta gli stessi sospetti di quello della religione. Se avete la vostra ipotesi questo è il momento di avanzarla.





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UNA TEORIA SBAGLIATA Cercare di interpretare le stranezze della meccanica quantistica mi sembra uno sforzo inane che trasforma gli scienziati in filosofi distraendoli dal loro compito. Ne escono congetture dubbie e difficilmente verificabili con esperimenti. Meglio allora considerarla una teoria fondamentalmente sbagliata che funziona e impegnarsi a sfruttarla al massimo. In questo senso l'interpretazione do Copenhagen IC non è così male purché la si consideri una mera descrizione algoritmica piuttosto che una teoria (Mauldin e altri negano lo status di teoria)


MQ E BUON SENSO Prendiamo la meccanica quantistica, ovvero la prima teoria che tenta una liquidazione del buon senso. Tuttavia, le affermazioni sugli stessi risultati sperimentali da cui tale teoria deriva traggono la loro autorità dal buon senso. Lo stesso Niels Bohr ha sottolineato esattamente questo punto in una delle sue discussioni in cui parla di interpretazione “classica” degli esiti sperimentali (nel suo gergo “classico” equivale a buon senso). In altre parole: la teoria liquida il buon senso per poi recuperarlo quando constata i dati sperimentali.


per il resto vedi voce feedly con huemer e hossenfelder 

https://feedly.com/i/board/content/user/11891599-506c-4fc2-b28b-b840b88888cc/tag/be88f8d7-c744-4284-b62c-46cc4331ac61

per la non località: https://spot.colorado.edu/~huemer/papers/qm3.htm

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Libro del giorno

Ecco i fatti stilizzati in cerca di interpretazione. Li espongo in un "lessico famigliare" e ultra-semplificato. Poiché so di muovermi come un elefante nel negozio di porcellana, le correzioni sono benvenute.

Tieni sempre presente questa scatola che sarà il fulcro dell'esperimento cruciale, reperibile anche qui: http://www.owl232.net/papers/qm.htm




1) Poniamo che ogni elettrone abbia due proprietà che si presentano a coppie. Per esempio "bianco"/"nero" e "pesante"/"leggero".

2) Poi ci sono le scatole (o divisori di fascio). Possono essere tante quante sono le proprietà. Esempio scatola bianca e scatola nera.

3) Come interagiscono scatole e elettroni? In due modi: 1) reazione azzerante e 2) reazione neutrale. Un elettrone bianco in una scatola bianca ha reazioni neutrali, ovvero esce esattamente come è entrato. Una scatola bianca su un elettrone nero ha invece azione azzerante: esce bianco e leggero nel 50% dei casi e bianco e pesante nel 50% dei casi. Strano ma è così, dobbiamo accettarlo.

4) Costruisci uno scatolone "Juve" con l'aiuto di specchi devianti (vedi nei commenti) che abbia all'ingresso una scatola bianca e all'uscita una scatola nera. Se inserisci un elettrone bianco in Juve la prima scatola è neutrale e la seconda azzerante, quindi ti aspetti che esca un elettrone nero leggero nel 50% dei casi e un elettrone nero pesante nel 50% dei casi. La previsione è confermata sperimentalmente. Fin qui tutto bene.

5) Le stranezze cominciano se inserisci elettroni neri: escono da Juve esattamente come sono entrati (per esempio, neri leggeri al 100%). Ti saresti aspettato un primo trattamento azzerante e un secondo di nuovo azzerante, ovvero 50% neri leggeri e 50% neri pesanti. Cosa diavolo è successo?

6) Smonta Juve e ripeti l'inserimento dell'elettrone nero osservando separatamente le due fasi, tutto funziona regolarmente: l'elettrone subisce due trattamenti azzeranti. Rimonta Juve, procedi di nuovo e tornano le stranezze. Se guardi dentro tutto è regolare ma se non guardi tutto torna strano. L'atto stesso di osservare sembra cambiare le cose anche se sai con certezza che non puo' interferire.

7) Come interpretare i fatti. IC (interpretazione di Copenaghen) pensa che se non lo osservi l'elettrone nero che passa la prima scatola non si azzeri ma mantenga una condizione indeterminata tale per cui è bianco e duro (50%) e bianco e leggero (50%). Due condizioni opposte che si presentano contemporaneamente (SOVRAPPOSIZIONE). Quando le sovrapposizioni si ricongiungono, ovvero nella seconda scatola, la condizione dell'elettrone torna quella primigenia, per esempio nero e leggero, ed esattamente così esce dalla seconda scatole che per lui è neutrale. Ripeto, questa è solo un'interpretazione di questi strani fatti.

8) Ma l'indeterminazione, oltre alla sovrapposizione, porta con sè la non-località, un fenomeno talmente strano che scollega in modo netto scienza e senso comune.

9) Esperimento della bomba (il paradosso dell'azione a distanza). Premessa: c'è una bomba che, qualora fosse "viva", esploderebbe a contatto con un fotone. Costruisci adesso uno scatolone Juve (vedi sopra) e sparagli dentro un fotone nero/basso (ovvero destinato al sentiero basso, se non fosse che già all'ingresso viene azzerato). Colloca la bomba sul sentiero basso all'interno dello scatolone Juve in modo tale che, se fosse viva, esplodendo, fungerebbe da segnalatore. Cosa succederà se la bomba fosse "morta"? Bè, in questo caso non funzionerebbe da rilevatore e, in assenza di osservazioni interne, tutto si svolgerebbe come già descritto sopra, nel 100% dei casi il fotone nero/basso uscirebbe da Juve esattamente così come è entrato, ovvero nero e dal sentiero basso basso (vedi punto 5, è strano ma ormai sappiamo che MQ funziona così). E se la bomba è carica? In questo sarebbe un segnalatore e realizzerebbe un'osservazione con conseguente collasso d'onda. Che significa? Innanzitutto che, qualora il fotone "azzerato" dalla prima scatola bianca prendesse la via bassa (probabilità 50%) esploderebbe tutto e morta lì. Qualora il fotone prendesse invece la via alta (50% di probabilità) la bomba attiva interferirebbe comunque come punto di osservazione con la sovrapposizione del fotone in alto impedendo il ricongiungimento e l'uscita tipica visto nel caso della bomba "morta". Secondo IC, lo stato del fotone in alto è bianco indeterminato e, in assenza di ricongiungimento non tornerà nero, su di lui la scatola nera in uscita avrà effetti azzeranti dividendolo al 50% verso l'alto e al 50% verso il basso. Poiché ora percorre la sua via alta già con prob 50% il secondo azzeramento lo divide con prob. 25% e 25%. Questo caso è l'unico che presenterebbe una rilevazione sul sentiero alto in fuoriuscita dallo scatolone Juve. Ergo: quando rilevo un fotone in uscita dalla via alta dallo scatolone Juve so che esiste una bomba attiva nel sentiero basso all'interno dello scatolone stesso. Si tratta di una conoscenza straordinaria perché ottenuta senza alcun contatto con la bomba. E' come se l'informazione mi fosse trasmessa telepaticamente. Tutto cio' è talmente straordinario che potrei anche considerarla una confutazione della teoria di fondo. Potrei dire: come teoria la meccanica quantistica è palesemente sbagliata ma poiché il suo algoritmo funziona bene continuerò ad usarlo.

10) Infine c'è il problema della MISURAZIONE. Misurare trasforma la sovrapposizione descritta dalle equazioni della MQ in qualcosa che ha probabilità 100%. Il comportamento di una cosa "grande", come un rivelatore, dovrebbe derivare dal comportamento delle piccole cose di cui è composto ma non è così. Il postulato della misurazione, insomma, è incompatibile con il riduzionismo, il grande non puo' essere ridotto al piccolo. Tutto cio' rende necessario che la formulazione della meccanica quantistica si riferisca esplicitamente a oggetti macroscopici come i rivelatori, quando in realtà ciò che stanno facendo queste "cose grandi" dovrebbe derivare dalla teoria. Stai implicitamente assumendo che il comportamento di osservatori o rivelatori sia incompatibile con il comportamento delle particelle che compongono gli osservatori o rivelatori. Ciò richiede che tu spieghi quando e come deve essere fatta questa distinzione e nessuno degli approcci sembra riportare successi particolari, anche perché quello soggettivista (o epistemico) caro a Von Neumann e Copenaghen - l'approccio che divide materia e coscienza - è considerato incompleto dai più e le alternative sembrano aggiungere bizzarrie (misteriosi adattamenti darwiniani, presenza di "molti mondi", superdeterminazioni ad hoc...) al sistema di fondo anziché completarlo.

11) Per risolvere il problema della misurazione il SUPERDETERMINISMO sembra a molti un buon candidato, postula che tra osservatore (corpo) e osservato ci sia in realtà una relazione passata tale per cui quando si incontrano succedono tutte quelle stranezze. SI badi bene che in questo modo anche la non-località non sarebbe più un mistero. Insomma, il S, facendo cadere il postulato dell'indipendenza tra osservato e osservatore, toglierebbe le castagne dal fuoco a molti, ma si tratta di un postulato cardine della scienza precedente. Per molti il superdeterminismo, in mancanza di verifiche, non è altro che una "supercospirazione" inventata ad hoc, si può prendere un risultato di misurazione e, usando la legge dell'evoluzione temporale, calcolare lo stato iniziale che avrebbe dato origine a quel risultato stesso. L'universo doveva essere "proprio così" affinché gli sperimentatori. Il termine “proprio così” è invocato per sottolineare che ciò sembra intuitivamente estremamente improbabile. il Superdeterminismo si baserebbe su un'implausibile “cospirazione” di condizioni iniziali. Tim Maudlin è particolarmente spietato con S quando propone questa analogia: “è come la lobby dell'industria del tabacco che sostenga dapprima che il fumo non provoca il cancro poiché c'è una causa comune che predispone sia a voler fumare che a contrarre il cancro, ma poi, di fronte a esperimenti randomizzati sui topi, dove i topi non scelgono certo se fumare o meno, prosegue dicendo che il lancio della moneta per selezionare i gruppi era "superdeterminato" per mettere i topi già predisposti ad ammalarsi di cancro al polmone nel gruppo sperimentale e quelli non predisposti nel gruppo di controllo. Insomma, per l'astrologo tutto è determinato dai corpi celesti e se non possiamo dimostrarlo è solo perché esistono corpi celesti che è molto molto molto difficile osservare e forse impossibile poiché sono fuori dalla nostra portata ma ci influenzano ugualmente con le forze che producono e giungono fino a noi. Il superdeterminista sarebbe una specie di astrologo del mondo infinitesimale. Si badi che, a sua difesa, il superdeterminista puo' sempre dire: cercate i pianeti, pur riconoscendo che la ricerca è difficile e probabilmente impossibile.

12) I fatti della meccanica quantistica sono talmente scollegati dal buon senso che è difficile ottenere una teoria in grado di riconciliare le cose. Francamente, preferisco stare dalla parte del buon senso - anche perché è in base a questa facoltà che interpretiamo i fatti sperimentali - e rinunciare ad una teoria.



domenica 23 agosto 2020

riassunto di alcune annotazioni prese Durante la lettura dei documenti inerenti la meccanica quantistica

Le teorie fisiche Possono aprire originali punti di vista che sconvolgono il nostro buon senso. Il caso di Copernico è clamoroso poiché negava tutto quanto era certo per il buon senso affermando che un punto all'equatore viaggia a 1000 km all'ora intorno a sé stesso oltre a spostarsi per migliaia di chilometri all'ora intorno al sole. Ma che rapporti intrattiene la scienza rispetto al buon senso punto da un lato e la sua nemica mortale dall'altro deve continuare a servirlo. Il buon senso Infatti gioca un ruolo decisivo nell'aspetto sperimentale della scienza. Le teorie empiriche Infatti interpretano gli esiti sperimentali appellandosi al buon senso. Se l'esperimento ci dice che il 28% degli elettroni hanno colpito la parte alta dello schermo il 72% la parte bassa perché mai Noi dovremmo crederlo se non in base al buon senso. Noi accettiamo la Piana evidenza di questo fatto ovvero il responso del buon senso ovvero di quella facoltà che altrove la scienza stessa si incarica di umiliare. Nasce quindi la domanda seguente fino a che punto La scienza può umiliare Il buon senso e quale soglia non può oltrepassare compiendo questa operazione? La meccanica quantistica ha forse oltrepassato questa soglia? Innanzitutto la meccanica quantistica ci dice che taluni fenomeni a livello subatomico sono indeterminati e questo per Einstein era già una violazione del buon senso inaccettabile poiché una conclusione del genere andava rifiutata in favore della missione che in circostanze del genere dobbiamo concludere piuttosto che la nostra conoscenza è incompleta. Ovvero, conclusioni probabilistiche sono compatibili solo con una conoscenza incompleta. Ma poi c'è di più e lo ricaviamo dal dubbio di Schrodinger è la realtà dell'essere nebbiosa o è la fotografia ad essere sfocata? In altri termini le descrizioni che fornisce la meccanica quantistica riguardano la realtà oggettiva come sempre fatto la scienza oppure una realtà soggettiva della mente umana? In questo secondo caso saremmo nell'ambito di una nuova scienza.

 Certo che Alcuni fisici sembrano divertirsi a far collidere scienza e buon senso per esempio quando osservano che in base alla meccanica quantistica un gatto può essere contemporaneamente vivo o morto. Originariamente Schrodinger aveva accettato questa ipotesi ma solo per scartarla e riderne Anzi soprattutto per richiamare l'urgenza di una interpretazione adeguata della meccanica quantistica che allora si presentava non tanto come una teoria quanto piuttosto come un semplice algoritmo in grado di fornire previsioni abbastanza curate del mondo subatomico. Tuttavia, per ripetere quanto detto nel paragrafo precedente la vera stranezza che sconcerta della meccanica quantistica riguarda il suo apparente fuoco Sul soggetto sul osservatore sul misuratore e non invece sulla realtà oggettiva delle cose. È qui che Einstein in un certo senso perse la pazienza molto più che per la presenza di fenomeni indeterminati. E anche in questo caso Alcuni fisici hanno calcato la mano facendo perdere la pazienza ha molti, per esempio Quel tale che osservava come la luna non fosse affatto la Dov'è la vediamo nel momento in cui nessuno La osserva.

 per risolvere tutti questi paradossi Occorre che il semplice algoritmo quantistico venga trasformato in una vera e propria teoria attraverso un'interpretazione adeguato.

 l'interpretazione più famosa della meccanica quantistica è quella di Copenaghen. ma molti storcono il naso hanno paura di ricadere nel soggettivismo una dimensione estranea alla scienza tradizionale. Copenaghen Infatti insieme a John Von Neumann sembra privilegiare la via epistemica ovvero riferire le equazioni fondamentali della teoria quelle di Schrodinger, alla conoscenza di una mente piuttosto che alla realtà oggettiva Come fanno di solito le equazioni di una teoria scientifica. Dal momento che tali equazioni contengono variabili probabilistiche riferirle ad una mente è del tutto naturale perché quando c'è la probabilità c'è sempre al centro dell'analisi un soggetto. Ma la meccanica quantistica anche la pretesa di fornire una teoria con informazioni complete come possono Allora convivere informazioni complete con variabili probabilistiche? questa convivenza poi imputa al soggetto anche l'origine del cosiddetto salto quantico ovvero il passaggio da probabilità complementari come per esempio 50/50 a probabilità pari a zero o a 100 nel momento in cui appunto la Vente misura ed Osserva il fenomeno specifico. per taluni come per esempio l'autore David maudlin una simile interpretazione Non può ergersi a teoria poi che una simile interpretazione Non può ergersi a teoria poiche una teoria deve avere per contenuto una realtà oggettiva nonché una descrizione delle leggi che la governano. e qui sottolineo realtà oggettiva in un già soggettiva. In altri termini, TIM maudlin privilegia la via Antica alla via sistemica. Nel suo modello il cosiddetto salto quantico, così facilmente interpretabile per via epistemica, diventa un comportamento particolare della realtà oggettiva Certo una realtà del tutto differente da quella del senso comune e che noi chiamiamo realtà quantica. il cosiddetto collasso d'onda dell'interpretazione di Copenhagen diventa nel paradigma diTim maudlin il collasso d'onda oggettivo. 

Tim maudlin nel suo libro prende in considerazioni tutte le interpretazioni dell'algoritmo quantico ovvero l'interpretazione tradizionale del collasso d'onda, la teoria dei molti mondi, la teoria del super determinismo e la teoria dell'onda pilota del fisico bohm

lunedì 10 febbraio 2020

DI FRONTE ALL'ASSURDO - superdeterminismo

http://backreaction.blogspot.com/2020/02/guest-post-undecidability.html

http://backreaction.blogspot.com/2020/02/guest-post-undecidability_10.html

https://feedly.com/i/entry//cnXVr/5HNe2pDqTI3udBeVx4AbJSW9TNhacAl8h6Dc=_170333316fc:2ded82:7f81b46f

http://backreaction.blogspot.com/2019/12/the-path-we-didnt-take.html
DI FRONTE ALL'ASSURDO
Quando i fatti non ci piacciono, possiamo sempre cambiarci gli occhi.
Quel che vediamo accadere nel mondo infinitamente piccolo ha dell'assurdo, al punto che persino il grande Einstein si è rifiutato di accettare la teoria ortodossa che al meglio descrive quella realtà, ovvero la meccanica quantistica (MQ). Ma come è possibile che le particelle interagiscano senza nessun contatto tra loro (a distanza)? Prima pensavo che solo i fantasmi facessero cose del genere!
Tuttavia, i tentativi di correggere in senso "einsteniano" la MQ sono stati stroncati definitivamente dalle cosiddette "diseguaglianze di Bell": non possono esistere "variabili nascoste" che consentano in qualche modo di riconciliare il comportamento osservato delle particelle elementari con il sano determinismo della natura. La ricerca di Einstein e dei suoi epigoni è dunque senza speranza.
Ma...
Ma il teorema di Bell vale solo sotto certe "ragionevoli condizioni" ovvie per la fisica tradizionale, forse un po' meno per quella dell'infinitamente piccolo. La principale è questa: occorre ci sia Indipendenza Statistica (IS) tra l'osservatore e l'osservato (o tra i misuratore e il misurato). La neutralità dello scienziato, d'altronde, è un postulato di tutte le scienze.
Il Superdeterminismo rinuncia a IS e, attraverso questa via, riconcilia la teoria quantistica con il determinismo e con Einstein. Il Superdeterminismo ci dice che un modello locale e deterministico della MC è sempre possibile, si ha semplicemente bisogno che i sistemi fisici misurati abbiano una correlazione statistica adeguata con i sistemi fisici che eseguono la misurazione.
I filosofi ci dicono che le ipotesi non possono essere verificate isolatamente. Come minimo una certa ipotesi viene confermata in coppia con le ipotesi a sostegno della teoria osservativa. Ecco, il Superdetrminismo, di fronte al fatto che quanto vediamo succedere tra i quanti è assurdo, rettifica le teorie osservative in modo da "normalizzare" la realtà osservata.
Il Superdeterminismo è malvisto perché IS, come già dicevo, è un fondamento di tutta l'attività scientifica, per molti adottare S significa abbandonare il metodo scientidico come lo abbiamo conosciuto finora. Una certa opposizione, poi, deriva della credenza nel libero arbitrio dei ricercatori. Quest'ultima obiezione, però, potrebbe essere superata imputando la mancata IS agli strumenti utilizzati dallo sperimentatore.
Ma da cosa dipende la perdita di IS? Da cio' da cui tutto dipende: lo stato iniziale dell'universo. A questo proposito esistono diversi modelli di Superdeterminismo, vanno testati e rettificati, a me comunque questa pare la via più promettente per superare le assurdità della MQ.

***

Indecidibilità di Turing: è la versione informatica del teorema di Godel: dato un programa, è sempre possibile costruire per lui un problema indecidibile.

Diseguaglianza di Bell. Il comportamento delle particelle puo' essere spiegato solo da un'azione non locale. Trivialmente: le particelle sono deviate da elementi che non le "toccano". Bell dimostra l'azione a distanza.

Indipendenza statistica: ogni evento di cui si occupa la scienza è osservabile. Ovvero, l'osservazione non cambia l'evento.

Teoria del caos: non consente di fare previsioni ma conserva il determinismo. Non è descrivibile in modo lineare; il caos si descrive con i frattali. Cio' non esclude che l'evoluzione si stabilizzi su imprevedibili equilibri chiamati "attrattori" dei frattali.

Teoria quantistica: non consente previsioni che non siano di tipo statistico. Nella sua essenza resta lineare (senza misurazione valgono le eq di Sh)

Relatività: non lineare poiché contempla diverse dimensioni spazio/tempo, anche se convertibili tra loro. Deterministica. In questo senso assomiglia alla teoria del caos, senonché, diversamente da quest'ultima, consente di fare previsioni esatte.

Teoria del caos: poniamo che lo stato iniziale sia Input e l'attrattore finale sia l'output. Definiamo il collegamento tra SI e O come indecidibile (che qui traduce bene "imprevedibile". Esiste un teorema che, rifacendosi a Turing, lo dimostra.

Perché questo fatto dovrebbe riunificare la fisica? Considera la relatività come un programma P. Anch'essa, per quanto l'abbiamo definita in grado di fare previsioni, avrà degli input che rendono indecidibili e sue conclusioni (Turing si applica a tutto). Ecco, possiamo dire che la teoria del caos è un sotto-insieme della relatività, in particolare riguarda questo sottoinsieme indecidibile. Per il resto, è determinata e non lineare esattamente come la relatività.

E come riconcilieremo la MC? La linearità di MC sembra inconciliabile con la non linearità del caos.

Fortunatamente, l'equazione che descrive l'evoluzione della probabilità in certi sistemi caotici - eq di Liouville - è lineare. Non solo, sembra imparentata con quelle di  Schrödinger. Resta però un problema: poiché in MC vale Bell, come puo' un sistema deterministico come quello caotico contemplare l'azione a distanza?

Forse Bell puo' essere interpretato in modo originale proprio grazie ai teoremi dell'indecidibilità

Bell: in certe (ragionevoli) condizioni, un'interpretazione einsteniana della MC dovrebbe condurre a esiti violati dagli esperimenti che considera Bell.

Ma quali sono queste "condizioni ragionevoli"? In genere riguardano la libertà di scegliere certi parametri sperimentali.

Il teorema di Bell è matematico. Ma come si descrive la libertà matematicamente?

Di solito diciamo: "sono libero perché avrei potuto fare altrimenti" (controfattuale).

Via alternativa: posso anche dire che il libero arbitrio denota un'assenza di vincoli che altrimenti mi impedirebbero di fare ciò che voglio fare.

Torniamo a Bell. Quali sono le condizioni necessaria affinchè l'azione a distanza sia dimostrata: una di queste è l'indipendenza statistica (ovvero la neutralità dell'osservatore). Le teorie che violano questa condizione sono dette superdeterministiche.

Il superdeterminismo è visto molto male, anche perché IS è principio fondativo di tutte le scienze.

Il superdeterminismo postula un demone che muta cio' che l'osservatore misura. Ci sono così due realtà: quella vera e quella misurata. Occorre tradurre la prima nella seconda.

Sacrificare SI significa sacrificare la libertà dello sperimentatore di misurare liberamente cio' che vuole.

Il superdeterminismo vendica Einstein: la libertà dello sperimentatore è la candidata migliore al ruolo di "variabile nascosta".

L'obiezione al superdeterminismo è fondata sulla credenza nel libero arbitrio. ma questa non è un'obiezione scientifica

Ma il superdetrminismo puo' essere interpretato come un azione che viola l'indipendenza dei sistemi di misurazione, non tanto la libertà degli sperimentatori.

Da dove derivano le strane correlazioni del superdeterminismo? Dallo stato iniziale dell'universo. Per molti questo è inaccettabile. Ma questo assunto è infalsificabile. Alzare il sopraciglio qui non è ingiustificato, ma senza modelli concreti 

In sintesi: un modello locale e deterministico della MC è sempre possibile, si ha semplicemente bisogno che i sistemi fisici misurati abbiano una correlazione statistica adeguata con i sistemi fisici che eseguono la misurazione.

Il superdeterminismo è ciò che serve per risolvere il problema di misurazione della meccanica quantistica. Mi sono sempre più convinto che la nostra incapacità di risolvere il problema di misurazione è ciò che ci impedisce di compiere progressi nelle basi della fisica in generale. Il problema della misurazione è la madre di tutti i problemi.

Molta comunità scientifica è bloccata sul mito che si tratta di una "teoria della cospirazione" non scientifica. Il superdeterminismo, così dice la vulgaa, è l'ultima risorsa dei dinosauri che credono ancora nelle variabili nascoste.

Critici: Il superdeterminismo richiede la codifica del risultato di ogni misurazione quantistica dello stato iniziale dell'universo, il che è chiaramente scandaloso. Non solo, priva gli umani del libero arbitrio, il che è del tutto inaccettabile.







domenica 5 gennaio 2020

UN PICCOLO TRIBUTO A EINSTEIN


UN PICCOLO TRIBUTO A EINSTEIN


Non avremo più scienziati come lui. Non perché fosse un genio eccezionale, ma perchè non c’è più domanda di geni. Mi spiego meglio.

Le persone credono a tutto. Si fanno ingannare da bugiardi, truffatori, seduttori, demagoghi, imbonitori, e chi più ne ha più ne metta. Ma le persone posseggono anche il “logos”: sanno ragionare. Riflettendoci, la prima caratteristica discende dalla seconda: è solo perché ragioniamo, pensiamo e usiamo il linguaggio che possiamo essere ingannati.

Ma c’è di più: se il cristiano devoto ha ragione, allora indù, ebrei, buddisti e atei hanno torto. Dal che discende che ad ingannarsi è quasi sempre la maggioranza. L’inganno è così diffuso che probabilmente rappresenta un vantaggio evolutivo anche in chi “ci casca”. Ci sono inganni che perdurano a lungo senza ragione apparente. Ci sono inganni con cui conviviamo bene, che non siamo affatto interessati a sfatare. Qui vorrei raccontare una storia particolare. No, non riguarda qualche religione dai dogmi inverosimili, riguarda la la meccanica quantistica.

Non pretendete troppo da me, non riesco a tracciare una storia rigorosa, non sono un fisico, non ne ho gli strumenti adatta; dirò comunque qualcosa di generico – spero corretto – cercando di approfondire solo la questione che mi interessa veramente.

Che nelle particelle delle onde elettromagnetiche ci fosse qualcosa che non andava (che non si conciliasse bene con la gravitazione universale) lo aveva già capito Max Planck, il quale però lasciò cadere la cosa sperando si forse che si risolvesse da sé. Nel 1905 Albert Einstein fece un passo decisivo con la sua analisi dell’effetto fotoelettrico, certi fenomeni legati al calore e alla luminosità si manifestavano solo sotto certe frequenze di luce. Perché? Boh. Passo successivo: nel 1913 Niels Bohr ideò l’atomo di Bohr. Gli elettroni orbitano attorno al nucleo proprio come i pianeti che orbitano attorno al sole. Tuttavia, a volte l’elettrone salta su un’orbita differente emettendo luce. Si trattava di capire quando cio’ avveniva. Bohr non riuscì a comprendere bene quale legge governasse questi salti quantici. E con questo enigma si chiudeva il periodo della “vecchia” teoria quantistica.

Poco dopo, 1925, Il formalismo matematico di Heisenberg (a base di matrici) ottenne le previsioni che Bohr aveva cercato, erano di una precisione incredibile, ma restavano di natura statistica. L’enigma si riproponeva in altra veste: perché a volte le cose vanno in un modo e altre volte in un altro? E perché in condizioni differenti ma ininfluenti gli esiti cambiano?

Di fronte a queste domande Bohr avrebbe potuto dire che la teoria non era ancora matura per rispondere, invece prese una decisione diversa e alquanto strana, disse: non è possibile visualizzare ciò che l’elettrone sta facendo perché il micromondo dell’elettrone non è, in linea di principio, visualizzabile. Solo gli “oggetti classici” sono visualizzabili. La definizione di “oggetto classico”, purtroppo, non l’abbiamo. In altri termini, se non sappiamo le cose, la colpa non è nostra ma delle cose. Se le nostre conoscenze sono solo probabilistiche cio’ non implica che siano limitate: è il mondo (il micromondo) ad avere natura probabilistica. C’è una differenza tra una fotografia sfocata e una foto della nebbia. Per Bohr la nostra foto è perfetta, ma stiamo fotografando la nebbia. Di fronte ad una simile posizione l’accusa di sofistico sarebbe scattata immediatamente, ma, per il prestigio dello studioso, non scattò. Anzi, la scuola di Copenaghen si propose come la maggior candidata all’ortodossia.

Nel 1926 Erwin Schrödinger produsse un formalismo matematico differente dal precedente, il suo era a base di equazioni, più classico. Ma era comunque equivalente al precedente. Se le matrici di Haisenberg parlavano di particelle, le equazioni di Schrödinger parlarono di funzioni d’onda. In questo senso il nuovo approccio era più tradizionale e intuitivo. Le onde, stando al linguaggio di Bohr, sono visualizzabili. L’equivalenza dei due formalismo la dobbiamo a Paul Dirac: entrambi i sistemi fanno esattamente le stesse previsioni osservabili.

Piccola digressione epistemologica: per un positivista logico le due impostazioni non sono distinguibili poiché una teoria si definisce in base alle previsioni osservabili che consente di fare. Il positivista si disinteressa di cio’ che non puo’ essere osservato. Il positivismo logico è praticamente una teoria semantica: una teoria non dice altro che le sue conseguenze osservabili. All’epoca tutti erano “positivisti logici”, il positivismo logico emergeva spontaneo nelle menti degli scienziati; ogni volta che veniva “ucciso” risorgeva puntualmente. Se il mondo delle particelle subatomiche si presentava come assurdo, poco importava visto cio’ che consentiva di fare. La situazione, in un certo senso, si è riproposta nell’economia quando Milton Friedman propose di considerare i giocatori di biliardo come geometri, così facendo era possibile prevedere le loro mosse, ovvero i loro tiri. Ma al contempo si trattava di un’ipotesi assurda poiché era chiaro che nessuno dei giocatori di biliardo era geometra! Domanda: la verosimiglianza delle ipotesi conta? Per i positivisti logici no. Contano solo le conseguenze. Oggi nessuno sosterrebbe più una cosa del genere.

Ma torniamo a noi. Nel 1926 la situazione era piuttosto confusa. In che modo il formalismo matematico utilizzato per rappresentare il sistema quantistico entra in contatto con il mondo come mostrato nell’esperienza? E’ l’indovinello “della misurazione”. Ma cosa stiamo misurando? Cosa esiste? La “strana” posizione di Copenaghen si fondava anche sul fatto che noi non abbiamo nessuna esperienza diretta con gli elettroni, come possiamo dire che il senso comune rimaneva sconvolto da certi comportamenti bizzarri? Il senso comune si forma con l’esperienza. Qui però la funzione d’onda di Schrödinger diventa decisiva poiché mostra come sia possibile risalire senza rotture dal mondo delle particelle a quello degli oggetti. In questo senso, anche un gatto, si disse, eredita le proprietà delle particelle subatomiche di cui è composto; anche un gatto, quindi, dovrebbe avere natura probabilistica In uno chema quantistico la sua essenza, almeno quando non lo osserviamo, è quella di essere sia vivo che morto (oppure né vivo né morto). Ma questa è una palese assurdità. La reazione di Bohr: qui si parla dell’invisibile, non di gatti. Ma a questo punto sorge il problema di distinguere gli oggeti classici (i gatti) dagli oggetti invisibili (le particelle). Formulandolo nei termini di Schrödinger: possiamo visualizzare il micromondo: è un’onda. Ma ad un certo punto, le onde ci appaiono come particelle. Quel punto critico è noto come “collasso d’onda” ed è importante conoscere le sue caratteristiche. Quando e come collassa la funzione d’onda?

Qui torna in campo Einstein – siamo alla drammatica quinta conferenza Solvay. Il genio pretende un chiaro resoconto di ciò che sta accadendo nel mondo fisico ma per Bohr è una pretesa assurda, una domanda insensata, è l’espressione “reale mondo fisico” che ha perso di senso: ripeto, contano soltanto le conseguenze prevedibili. Einstein in tutta questa faccenda gioca il ruolo dell’ anti-positivista. La sua posizione è spesso chiamata “realismo”, ma io la chiamerei “buon senso”: crede in un mondo oggettivo. La semplice previsione, non importa quanto precisa, non è sufficiente, manca la descrizione del reale.

Einstein e Bohr erano opposti polarmente nel loro approccio alla fisica, e la resa dei conti si ebbe in quell’epica conferenza. Einstein, un tempo radicale, era diventato un conservatore alla disperata ricerca di recuperare il determinismo classico. Ma come andarono le cose in quel duello finale? Nella vulgata, Einstein capì che doveva concentrare le sue obiezione in qualcosa di facilmente comprensibile e propose un esperimento mentale progettato per mostrare l’insostenibilità delle affermazioni di Bohr (ne ho parlato qui). Bohr gli rispose avvalendosi niente meno che delle armi del nemico, e tirò fuori a sorpresa la relatività. Einstein rimase spiazzato (come si resta di solito quando veniamo rintuzzati da una replica tanto sicura quanto ermetica). Una resa dei conti a valere nei secoli dei secoli. Einstein, sconfitto, trascinò il suo corpo ferito altrove, cambiò di umore, diventò una persona irritabile e smise di fare fisica in termini significativi.

Ma questo resoconto canonico non è molto fedele. Innanzitutto, Einstein non era infastidito più di tanto dall’indeterminismo della meccanica quantistica. Ciò che lo irritava – come diceva ripetutamente – era la “non-località”. Secondo la teoria quantistica di Bohr certi corpi erano in grado di influenzarsi a vicenda senza entrare in contatto. Esempio: se certi microeventi vengono osservati si manifestano in un certo modo, se non vengono osservati in un altro. E questo senza che ci sia un contatto fisico tra osservatore ed osservato. Un assurdità per Einstein. Tutto regolare per Bohr, che in nome delle “conseguenze” (ovvero della capacità predittiva) sarebbe stato disposto anche a credere ai fantasmi. Ma per Einstein, tra il “fatto bruto” di Bohr e i fantasmi non c’era molta differenza, quindi questo stato di cose andava sanato. Un altro modo per descrivere la non-località tira in ballo il collasso d’onda di cui sopra: se un’onda elettromagnetica viene incanalata attraverso un foro molto stretto, quando emerge si diffonderà in tutte le direzioni come le onde prodotte da un sasso scagliato in acqua. Ma nell’esperimento capita che lo schermo emisferico costruito per catturare l’elettrone ad un certo punto non riveli nulla di espanso, bensì un singolo lampo luminoso. Esiste cioè un punto in cui l’onda si trasforma in particella senza però che vi sia alcuna trasformazione descrivibile. Si tratta di una trasformazione istantanea: senza onda non c’è particella ma tra onda e particella non c’è alcuna mediazione fisica. In qualche modo, tutte le parti distanti della funzione d’onda scompaiono istantaneamente, come se viaggiassero più velocemente della luce, cosa impossibile. Si realizza così un’ azione spettrale a distanza, tipo paranormale. Miracolo? Fantasmi? A Bohr non interessa, è un “fatto bruto” che si limita a registrare. Einstein è invece è sconvolto, vuole una spiegazione. Oltretutto, il fenomeno aveva una sua regolarità, non era caotico, in un certo senso si poteva anche pianificare un percorso in grado di spiegare le cose (in seguito lo si farà, anche se in modo inaccettabile per Einstein). C’era qualcosa che stava agendo e metteva in contatto fisico i due fenomeni. Einstein cominciò a parlare di variabile nascosta senza mai riuscire ad esplicitarla.

Ma accettare la posizione di Einstein significa rifiutare la completezza della meccanica quantistica. Bohr si disinteressò della cosa e la sua posizione/non-posizione stava decisamente vincendo la guerra della propaganda. L’anarchismo trionfava. L’oscurantismo filosofico si propagava ovunque. L’incoerenza segnata dal “principio di complementarità” veniva sdoganata. Trionfava l’alleanza tra positivismo soggettivista e dialettica antilogica. Un abbassamento senza precedenti degli standard critici per le teorie scientifiche diveniva norma. Ciò ha portato a una sconfitta della ragione e al culto anarchico dell’ incomprensibile e del caos.

La storia successiva è piuttosto anodina. Nel 1932 la presunta prova matematica di John von Neumann attestava che la meccanica quantistica è completa, non si poteva aggiungere nulla, non c’era spazio per “variabili nascoste”. Nel 1935 Grete Hermann scopre difetti fatali nella prova di von Neumann. Successivamente Einstein ripropone, nel famoso argomento di Einstein-Podolsky-Rosen (EPR), le sue obiezioni; segue risposta incomprensibile e svogliata di Bohr. Nessuno sembra più interessarsi del dibattito teorico, si sfruttano invece le capacità dell’algoritmo quantistico. Bohr vince e diventa l’ortodossia, non perché il suo modello fosse superiore ma perché il suo disinteresse per un modello adeguato incontra bene il disinteresse della comunità scientifica tutta presa a sperimentare l’algoritmo.

Il profano pensa che a tanti anni di distanza le cose si siano messe a posto, che il casino sia stato ricomposto. Ma non lo è mai stato. Negli anni 50 e 60 il misticismo di Copenaghen si era congelato in un comando minaccioso: zitto e calcola (con l’algoritmo che ti abbiamo dato!). Chiunque tentasse di elaborare una teoria migliore faceva una brutta fine in termini di carriera.

Il primo rinnegato fu David Bohm, ipotizzava un’onda pilota in grado di guidare le particelle lungo percorsi prefissati in modo da aggirare la non-località e giungere a una teoria completamente deterministica. Si potrebbe pensare che almeno Einstein potesse accogliere con favore il suo tentativo ma non fu così, probabilmente perché il modello si conciliava male con la relatività (violava, diciamo così, certi limiti di velocità). Ad ogni modo il lavoro di Bohm fu ignorato ed efficacemente soppresso. Circola voce che Oppenheimer abbia detto: “se non possiamo confutare Bohm, allora dobbiamo ignorarlo.”

Un altro rinnegato fu Hugh Everett, sosteneva che per rendere coerente lo schema di fondo occorreva moltiplicare gli universi di riferimento. Il gatto di Schrödinger non doveva essere sia vivo che morto ma vivo in un universo e morto in un universo differente. Bohr si rifiutò di benedirlo e lui lasciò per sempre il mondo accademico.

Il terzo rinnegato fu John Stewart Bell. In realtà agì su un piano diverso, dimostrò cioè che l’imbarazzante “azione a distanza” era inevitabile, mettendo così chiaramente in luce il lato inaccettabile della cosiddetta “teoria” quantistica. Talmente inaccettabile che oggi i filosofi della scienza tentennano nel chiamarla “teoria” preferendo considerarla una lista di postulati con cui ricavare un algoritmo previsionale. Bell dimostrava una volta per tutte che le paure di Einstein erano qui per restare. Come ha reagito la comunità dei fisici a questa scoperta epocale? Con un’alzata di spalle. Sostiene che il risultato di Bell dimostra che l’indeterminismo è inevitabile, dimenticando che Bell stesso era il sostenitore più convinto della teoria deterministica di Bohm.

Certo, il lavoro di Bell ispirò una generazione di fisici teorici ad esaminare i fondamenti della fisica, in questo senso registrò un piccolo successo. Tuttavia, la soppressione della più genuina curiosità scientifica è sicuramente il punto di approdo di tutta la vicenda. Da allora la conoscenza della fisica è diventata secondaria per un fisico, l’unica cosa che conta è andare a Ginevra e infilare la testa nell’ennesimo accelleratore costato milioni di euro e giocare agli autoscontri.

Concludo allora come ho iniziato: non avremo più scienziati alla strega di Einstein. Non perché fosse un genio eccezionale, ma perchè non c’è più nessuna domanda di geni. E spero ora di aver spiegato perché.

IL LUNGO ADDIO AL BUON SENSO



IL LUNGO ADDIO AL BUON SENSO





Il conflitto tra il resoconto scientifico del mondo e il “buon senso” sembra essere la regola, Copernico, per esempio, propose che, invece di tenere ferma la terra, si tenesse fermo il sole. Assurdo, visto che tutti constatiamo quotidianamente che la terra è ferma mentre il sole si muove. Ma il buon senso puo’ essere riconciliato pensando ai diversi piani di riferimento: se siamo su un treno e l’altro si muove, chi si sta muovendo in realtà? Il buon senso coglie bene questo enigma e, quindi, finisce per afferrare bene anche l’ipotesi di Copernico. Altro esempio: la terra gira su se stessa. Assurdo: se la Terra gira così velocemente, ci si chiede, come potrebbero gli uccelli in volo tenere il passo? Per risolvere il conflitto si dovette introdurre il concetto di inerzia: gli oggetti messi in movimento tendono a rimanere in movimento per conto loro.

Il buon senso è una raccolta di credenze ampiamente condivise che nascono spontaneamente dall’interazione quotidiana; qui sostengo la tesi di come sia logicamente impossibile per qualsiasi scienza empirica liberarsi completamente del buon senso. In altri termini, il buon senso non puo’ mai essere “liquidato”, deve essere sempre “riconciliato”. Se la riconciliazione è impossibile, la teoria non è una teoria valida. Ma perché?

Prendiamo la meccanica quantistica, ovvero la prima teoria che tenta una liquidazione del buon senso. Tuttavia, le affermazioni sugli stessi risultati sperimentali da cui tale teoria deriva traggono la loro autorità dal buon senso. Lo stesso Niels Bohr ha sottolineato esattamente questo punto in una delle sue discussioni in cui parla di interpretazione “classica” degli esiti sperimentali (nel suo gergo “classico” equivale a buon senso). In altre parole: la teoria liquida il buon senso per poi recuperarlo quando constata i dati sperimentali. Questo è un problema. Molti fisici, purtroppo, anzichè vedere il problema, sembrano deliziarsi nel portare all’estremo la “stranezza quantistica”. Esempio: il gatto di Schrödinger.

Nella fisica classica, informazioni complete sullo stato iniziale di un sistema, insieme alle leggi della fisica, consentono di derivare esattamente lo stato finale. L’incapacità della teoria quantistica di andare oltre semplici previsioni probabilistiche fu presa da Bohr e dalla sua scuola di Cpenaghen come un’indicazione che le leggi della fisica stessa sono probabilistiche. Di solito, di fronte ad una previsione probabilistica noi ammettiamo i nostri limiti, in questo caso no: abbiamo una conoscenza completa delle cose, sono LORO ad avere una natura “probabilistica”. Al buon senso gira la testa. Ma perché prendere una simile posizione così assurda? Molto più ragionevole la posizione di Einstein: la descrizione della realtà data dalla meccanica quantistica non è completa. E’ un bene che si possano fare previsioni accurate, ma la teoria non è completa, punto e basta.

Ma veniamo al gatto di Schrödinger. Lo studioso notò che certi comportamenti subatomici possono essere amplificati su scala macroscopica in modo da descrivere oggetti “normali” come per esempio un gatto. E fin qui nessun problema per il senso comune: se gli atomi sono i mattoncini che ci costruiscono, possiamo parlare di noi parlando di quei mattoncini. Ora, il senso comune non puo’ giudicare l’elettrone – non ha nessuna esperienza in merito – ma il gatto sì. Ora, dal fatto che lo status di una particella puo’ essere indeterminato ne deriva che anche lo status di un gatto chiuso in un box puo’ essere indeterminato. Cio’ significa che nell’istante X puo’ essere contemporaneamente SIA vivo CHE morto.

È essenziale notare che Schrödinger non stava proponendo di accettare una conclusione tanto bizzarra. Descriveva infatti l’esempio come un “caso ridicolo”, mostrava cioè che la comprensione di Bohr della teoria quantistica non poteva essere corretta. Ma per qualche oscura ragione, i fisici hanno cominciato ad usare il gatto di Schrödinger come illustrazione fedele della realtà.

I paradossi potevano essere spinti oltre: l’atto stesso dell’osservazione in qualche modo costringeva magicamente il gatto a “determinarsi” nella condizione di vivo o morto. Il buon senso vede in questo potere degli osservatori una specie di “storia di fantasmi”, un’azione spettrale a distanza tipo quelle che abbondano nel mondo paranormale. Fortunatamente c’è una via d’uscita, basta ammettere la propria ignoranza: non sappiamo ancora bene come vanno le cose. Copenhagen, invece, non batté ciglio: non c’è nessuno spettro, nessuna ignoranza, la natura è così, punto. I fisici di tutto il mondo erano chiamati a bersi anche la più comica delle bizzarrie. E lo fecero! Per loro – e in questo erano in linea con il positivismo logico che allora dominava – una teoria non deve “spiegare”, deve solo “prevedere”, è chiaro che se le cose stanno così andava bene tutto. Uno di loro arrivò a dire: “ora sappiamo che la luna non è lì quando nessuno guarda”. Ah ah ah. una lezione ce la portiamo a casa: ciò che il fisico medio ha da dire su questo argomento non sembra affatto affidabile. Ci sono infatti diversi modi più chiari e coerenti di dare un senso alla teoria quantistica – prima, per esempio, ho parlato di ignoranza – e nessuno di loro suggerisce che la luna non esista!

Ma se la teoria quantistica non ci dice che esistono gatti né vivi né morti, cosa ci dice?

La risposta è semplice: nulla. Nulla perché, molto semplicemente, non esiste alcuna teoria della meccanica quantistica, esiste al limite un semplice algoritmo con cui i fisici fanno le loro previsioni. Un algoritmo serve a quello, e a lui è giusto non chiedere altro. Una teoria, invece, deve dirci COSA ESISTE e COME CAMBIA. I fisici non hanno nulla del genere per l’infinitamente piccolo. Non hanno cioè un’interpretazione valida di quello che succede in quel mondo, anche se riescono a prevederlo. Certo che se prevedere è tutto – come per i positivisti logici – allora, contro il buon senso, l’algoritmo puo’ fungere anche da teoria. Si badi che l’algoritmo in sé è silente sulla natura delle cose, non ci dice se sono determinate o indeterminate, è la teoria che si assume questo onere.

Tuttavia, al di là dell’indeterminazione, è la presenza di fantasmi a sconcertare il senso comune, nonché Einstein (che l’indeterminazione l’accettava). Come se non bastasse, John Bell dimostrò più tardi che l’azione dei fantasmi (lui la chiamava “località” o “azione a distanza”) era inevitabile nella meccanica quantistica. Già Newton, in accordo con il senso comune, aveva risolutamente respinto l’idea di un’interazione non mediata tra oggetti. Certo, potremmo togliere un vincolo di velocità massima pari a quello della luce, ma in questo caso andrebbe in crisi la relatività.

da quanto detto traggo almeno due lezioni: 1) chi vuole fare predizioni se la cava, chi vuole conoscere è in mezzo al guado. Per questo i fisici si sono messi a sperimentare nel tentativo di predire, ma quanto a conoscenza non avanzano di un millimetro da decenni. 2) Il senso comune è regolarmente violato dalla scienza, ma questo non è un problema poiché c’è sempre un momento di riconciliazione. Quando la riconciliazione manca cominciano i guai. Ecco, nel caso della meccanica quantistica li vediamo tutti.

Per finire, cedo la parola a Democrito: povera mente, accumuli prove su di noi e poi cerchi di rovesciarci? Non capisci che il nostro rovesciamento è la tua caduta!
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