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venerdì 20 dicembre 2019

IL MALE ESISTE, NON GUARDARLO MAI NEGLI OCCHI (pensieri poco natalizi).

LA TIRANNIA DEI FALLITI E GLI ASPIRANTI ALLA SANTITA' (pensieri poco natalizi).
La vita è dura e ogni tanto qualcuno cade, cede, molla gli ormeggi, si lascia andare alla deriva, si lascia sommergere. Che fare di fronte a questa gente?
A volte sono tuoi ex amici, gente con cui hai passato la giovinezza. Magari, ai bei tempi, erano anche tipi brillanti, con una loro certa intelligenza originale; eppure, se ci ripensi bene, qualcosa lasciava già intuire quella fine, forse una loro eccessiva rabbia, un certo nichilismo ostentato, un culto della desolazione punk, un'insoddisfazione perenne che li faceva scivolare su un piano inclinato verso la rovina. Chissà, hai pensato per un attimo, forse qualcosa va storto in famiglia. Questa gente, più ha problemi più frequenta gente con problemi, e la pressione dei pari è decisiva nello spedirli all'inferno. Si comincia a fumare, a bere, e ogni festa è per loro occasione di sballo. Non c'è niente di più triste che una festa a luci basse tra adolescenti, penso che nessuno ne abbia una sincera nostalgia, non sorprende che in posti del genere si finisca regolarmente per pippare o per bere. Ma c'è sempre qualcuno, ispirato dagli psicopatici che gironzolano in questi ambientini, che si affeziona un po' troppo a questi diversivi. Ognuno di noi "giaceva" sui divani e, facendo finta di aspettare l'apparizione di una ragazza meravigliosa, si aspettava Godot. Sono feste che ti fanno diventare prematuramente cinico e stanco del mondo. I sani di mente, dopo un paio d'ore, desiderano ardentemente essere altrove. La maggioranza questo "altrove", poi, lo trova, si costruisce una vita migliore lontano dalla compagnia, ha un nuovo inizio e fugge dall'opprimente cultura adolescenziale, esce dal "tunnel del divertimento". Poi, un giorno, vieni a sapere del tramonto di Tizio, uno che in quel tunnel è rimasto intrappolato. O magari lo reincontri cogliendo nel suo imbarazzo gli inevitabili segni del declino.
Che cosa ha reso questa gente degli eterni adolescenti incapaci di cambiare o di migliorare le le loro amicizie? Era tutto inevitabile? Una mera conseguenza di limitazioni già presenti fin dall'inizio e/o imputabili a traumi del passato? L'uso pesante di marijuana ha peggiorato i problemi o è stata una forma di automedicazione palliativa? È stato il nichilismo a spianare la strada al collasso, o quel nichilismo era solo una razionalizzazione intellettuale del disagio? La tara innata è maggiore di quanto pensi l'inguaribile ottimista, ma non è tutto.
Sentiamo gli psicologi. Loro dicono che a volte, quando le persone hanno una bassa opinione di se stesse - o, forse, quando impaurite rifiutano le responsabilità della vita - scelgono di insistere nei loro errori, per quanto riescano a discernerli come tali. Queste persone non credono di meritare alcunché e cio' genera una spinta inconscia a ripetere gli orrori del passato. Lo chiamano "comportamento compulsivo". C'è come una riluttanza ad imparare. Anzi, un vero rifiuto. Quasi dicessero: "io sono così, che vuoi fare di me?". Frequentare una cattiva compagnia è una conseguenza di questa inclinazione.
Ma una cattiva compagnia si frequenta anche in preda alla ben nota "sindrome della crocerossina": le persone scelgono gli amici sbagliati perché vogliono "salvarli". La colpa è dell'eccessiva empatia oppure dell'eccessiva ingenuità. Non tutti i falliti sono vittime, infatti. Molti di loro, non solo accetteranno ma addirittura amplieranno la propria sofferenza (cercando di coinvolgere chi sta loro vicino), come prova dell'ingiustizia del mondo. Non è facile distinguere tra qualcuno che ha bisogno di aiuto e qualcuno che sta semplicemente sfruttando una persona volenterosa. C'è una "tirannia dei barboni" da cui tenersi alla larga. Ma, oltre all'ingenuità, il tentativo di salvare qualcuno è spesso alimentato dalla vanità e dal narcisismo. Avete presente l'amaro classico di Fedor Dostoevskij "Memorie dal sottosuolo"? Un libro che a suo tempo elevai a culto. Proprio all'inizio, l'auto-candidato "salvatore" si descrive così: "Sono un uomo malato ... Sono un uomo sgradevole. Sono un uomo poco attraente. Credo che anche il mio fegato sia malato...". Offrirà il suo aiuto a una persona veramente sfortunata, Liza. Su di lei scatenerà le sue fantasie messianiche. Le cose finiranno male, ovvio. Una perversione così spaventosa e credibile è oro per la penna di uno scrittore dotato. Quest'uomo era era stato umiliato, quindi voleva umiliare; era stato trattato come uno straccio, quindi volevo mostrare il suo potere. In fondo è un cattivo consapevole e disperato per la sua cattiveria. Ma un malvagio consapevole e disperato per la sua sorte non diventa certo un eroe, occorre, per la propria sanità mentale, girare al largo da lui. Obiezione: ma Cristo ha cercato l'amicizia di prostitute ed esattori delle tasse? Il peggio del peggio. Perché giudicare così aspramente chi cerca di aiutare? Risposta: Cristo era l'archetipo dell'uomo perfetto. Pensi davvero di essere vicino a quel modello? Pensaci due, tre volte.
La mela marcia contagia tutto il cesto, questa è una verità acclarata. Immagina il caso di un supervisore aziendale che metta insieme una squadra eccellente, tutti tesi verso lo stesso obbiettivo, tutti laboriosi, brillanti, creativi e uniti. Ma c'è anche un lavoratore in difficoltà, svogliato, in ritardo, deconcentrato. Puo' darsi che il nostro manager ben intenzionato sposti quella persona problematica inserendola nel dream team. Assisteremmo ad una redenzione? No. La letteratura psicologica è chiara su questo punto. Sarebbe il dream team a risentirne, a degenerare. Il nuovo arrivato rimarrebbe cinico, arrogante, nevrotico e pigro. Si lamenterebbe, si agiterebbe, contagerebbe il prossimo per il semplice fatto che essere viziosi è molto molto molto più facile che essere virtuosi. La stessa cosa accade puntualmente quando si cerca di reinserire un delinquente adolescente tra pari relativamente civilizzati: è lui che prenderebbe le redini del comando diffondendo il suo stile di vita. Ergo: quando vuoi fare del bene, sei davvero così sicuro che la persona a cui ti dedichi non abbia già deciso di accettare la sua "comoda" sofferenza? Non abbia già deciso di peggiorare? No perché quella è la strada più facile da battere, e quindi quella sarebbe la decisione più semplice. In questi casi il tuo disprezzo sarebbe più salutare della tua pietà! La vicinanza di quelle persone sarebbe un danno per te, la loro malvagità è una comoda scorciatoia, hanno deciso di sacrificare il futuro al presente.
Prima di aiutare qualcuno, dovresti scoprire perché quella persona è nei guai, non dovresti semplicemente supporre che sia la nobile vittima di un qualche sfruttamento: sarebbe la spiegazione più improbabile. Convincersi che il responsabile del male sia sempre da cercare lontano dalla vittima significa togliere dignità alla vittima stessa spogliandola di ogni potere su se stessa. Pensare che il vizio non esista, che pensarci sia il residuo di una mentalità passata è facile ma illusorio. Al contrario, spesso il vizio non solo atterra le persone ma persiste nel momento in cui chiedono aiuto, talvolta, infatti, la sofferenza esibita non è che la richiesta di un martirio altrui che cerchi di evitare l'inevitabile. Un martirio sprecato per stupidità o narcisismo di chi lo offre. Talvolta la miseria di chi chiede è una trappola per atterrare chi risponde, un modo per ridurre il divario che fa tanto soffrire gli invidiosi e i perversi. Talvolta la volontà di fallire è inesauribile, serve al fallito, non puo' farne a meno, è la sua droga (qui dovrei citare Cioran). Forse è la sua personale vendetta contro l'Essere. Come puoi farti amico un tipo del genere? In fondo fallire è facile e comodo, per fallire devi semplicemente coltivare alcune cattive abitudini e attendere che le cose si compiano. Carl Rogers, il famoso psicologo, ci garantisce che è impossibile convincere qualcuno a cambiare in meglio se lui non lo desidera. Chi resta in una relazione malsana col fallito, lo fa perché troppo debole e indeciso per squagliarsela, continua ad aiutare e si consola con il suo inutile aiuto. Se hai un amico la cui amicizia non consiglieresti a tua sorella, perché dovresti tenertelo tu? La lealtà non coincide con la stupidità. La lealtà deve essere negoziata in modo equo e onesto. Per questo sei chiamato a giudicare anche i tuoi amici: se ti vuoi fare promotore del bene disturberai necessariamente qualcuno allontanando chi ti fa perdere tempo. E non pensare che sia più facile stare con i "buoni": è molto più facile la compagnia dei cattivi. Una persona buona è un ideale, starle accanto richiede forza, audacia e tanta umiltà. Ma soprattutto il buona non tollera la compassione acritica, uno specchietto per le allodole in cui cascano regolarmente tutti gli aspiranti alla santità.