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mercoledì 31 luglio 2019

PERCHE’ LA LEGA VINCE OVUNQUE TRANNE CHE A MILANO?

PERCHE’ LA LEGA VINCE OVUNQUE TRANNE CHE A MILANO?
Questo post riguarda più la discussione civile che l’analisi politica, sia chiaro fin da subito.
Partiamo. Se divido il mondo in padroni e lavoratori, cerco la rissa prima ancora che la verità. Se divido il mondo in colti e ignoranti, cerco la rissa prima ancora che la verità. Se divido il mondo in popolo ed élite, cerco la rissa prima ancora della verità. E questo a prescindere dal grado di verità delle affermazioni di cui sopra.
Ebbene, vi garantisco che ci sono modi per dividere il mondo in grado di sopire il conflitto senza farci capire meno la realtà, anzi. Faccio un esempio.
Prendiamo la Lombardia, la Lega – il partito più disprezzato dai giornaloni - vince ovunque tranne che a Milano (dove hanno sede i giornaloni). Anzi, tranne che in certi CAP di Milano. Tranne che a Milano centro. Per stare sulle generali, diciamo così: se ci sono posti in cui fatica, sono le grandi città.
Il great divide che propongo è questo: Elettore che vive in zone ad Alta Densità urbana (EAD) ed Elettore che vive in zone a Bassa Densità urbana (EBD). Nessuno dovrebbe offendersi se gli danno dell’EAD o dell’ EBD. A meno che salti fuori il guastafeste a sottolineare quanto l’EAD sia più istruito. Ok, ma tra l’EAD e l’EBD ci sono differenze ben più pregnanti di questa. Vediamo la principale.
L’EAD è più sensibile alle esternalità, ovvero alla ripercussione che certi comportamenti hanno sulle altre persone. E ti credo, vivono tutti gomito a gomito in un formicaio dove anche uno starnuto influenza il prossimo e non lo fa dormire! Detenere un fucile in campagna puo’ anche essere accettabile, in condominio è inquietante. Fare un barbeque in villa è una sana abitudine conviviale, farlo in appartamento finisce a botte. Quel che è normale per EBD, allarma EAD. Nessuno dovrebbe offendersi per questa constatazione.
La Lega è il partito del senso comune (legittima difesa, sicurezza, tradizioni, padroni a casa nostra…), ma laddove abita EAD il senso comune – emerso nel cervello umano al tempo della nostra ruralità – non è di facile applicazione. Nell’alveare – che ha natura gassosa - si sviluppano dinamiche imprevedibile davanti alle quali il senso comune è disarmato, occorrono soluzioni ben più sofisticate.
Si capisce?
Ma c’è di pù. Qualora la Lega venisse accusata di essere “il partito della rozza campagna”, potrebbe agevolmente rispondere che le città non sono affatto governate bene. Ed avrebbe ragione!
Come? Milano mal governata? Certo. Noi non abbiamo ancora capito come governare in modo accettabile luoghi ad alta densità urbana, la spia di questo fallimento sono i prezzi, in particolare i prezzi delle case: ovunque sono enormemente più elevati rispetto a quelli potenziali. L’amministrazione è disastrosa con i suoi piani regolatori (l’80% della sua attività). Se questo termometro del buon governo è attendibile, e io credo che lo sia, occorre concludere che Milano in primis – ma tutte le grandi città – sono governate da cani. A quanto pare, l’unica forma che conosciamo per fronteggiare le esternalità ipertrofiche è ancora un primitivo cripto-socialismo. Ordinato finché si vuole – al punto da dare l’illusione del buon governo, specie a chi vive con la pattumiera in strada – ma altamente inefficiente, segregazionista e sprecone. 

P.S. Ero partito a scrivere questo post avendo in mente la realtà nazionale. Ma lì ci sono i Cinque Stelle che non riesco a collocare né in campagna né in città. Solo su Marte.

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sabato 10 giugno 2017

Condomini cattolici

Capitolo 5 – Abitare liberamente. Oltre i pregiudizi sull’auto-organizzazione residenziale di Francesco Chiodelli - La città rende liberi. Riformare le istituzioni locali (Policy) (Italian Edition) di Stefano Moroni
***Un dibattito nostrano poco vivace***
dal 1970 al 2010 il numero di statunitensi che vive in qualche forma di comunità contrattuale è passato da 2,1 a 62 milioni (dall’1 per cento al 20 per cento circa della popolazione totale); oggi le comunità contrattuali (residenziali) statunitensi sono circa 310.000, il 50 per cento delle quali costituite da forme organizzative particolarmente complesse e articolate.
Note:LE COMUNITA’ RESIDENZIALI UN FENOMENO CHE NON CI RIGUARDA TANTO. I CATTOLICI SI RIEMPIONO LA BOCCA CON LA PAROLA “COMUNITA’” E POI NON SONO NEMMENO IN GRADO DI DARE VITA AD UN CONDOMINIO CATTOLICO
qualche sporadico insediamento per popolazione benestante (si pensi ad esempio a San Felice, nei pressi di Milano)
Note:SAN FELICE, RARA ECCEZIONE
***Luoghi comuni***
Spesso – non soltanto nel discorso comune e giornalistico – si tende a considerare le comunità contrattuali come luoghi elitari destinati alle classi più agiate.[104] Per quanto negli Stati Uniti una parte rilevante di questi insediamenti (circa il 50 per cento) abbia caratteri di esclusività e sia destinata a fasce di popolazione ad alto reddito, le comunità contrattuali sono in verità disponibili per diversi segmenti di mercato: circa il 30 per cento è abitato dalla classe media; circa il 20 per cento da popolazione a reddito basso o medio-basso.[105] Da sottolineare anche che le comunità contrattuali statunitensi non sono prerogativa soltanto della popolazione bianca.
Note:IL LUOGO COMUNE DELL'ESCUSIVITÀ
***PREGIUDIZI***
trattamento diametralmente opposto che ricevono il cohousing[108] e quel tipo particolare di homeowners associations che sono le cosiddette gated communities[109] (lo stesso discorso vale anche per alberghi diffusi e outlet/centri commerciali). Il primo è solitamente analizzato in maniera estremamente positiva (con toni più o meno agiografici a seconda dei casi): gran parte della letteratura nazionale e internazionale sul tema vede nel cohousing «una valida soluzione contro la crescente atomizzazione e solitudine delle nostre grandi città [...], un nuovo modello di abitare e vivere la città, un’occasione di riscoprire socialità, cooperazione e solidarietà».[110] Al contrario, le gated communities sono solitamente analizzate in maniera estremamente negativa, come l’espressione di una “comunità in trincea”
Note:PREGIUDIZI SULLE GATED COMMUNITIES
Prendendo a prestito il lessico tassonomico proprio delle scienze naturali, si può piuttosto affermare che gated communities e cohousing sono semplicemente due varietà[112] di una stessa famiglia (quella, appunto, delle comunità contrattuali).
Note:TUTTE COMUNITÀ CONTRATTUALI
(i) il tipo di spazi e di attrezzature comuni (nel cohousing più orientato alla condivisione di momenti di vita quotidiana – ad esempio il pasto; nelle gated communities più orientato al fattore sicurezza); (ii) i gradi di partecipazione e coinvolgimento dei residenti nella gestione della comunità (nel cohousing sono più accentuati e presenti fin dalle prime fasi di costituzione della comunità; nelle gated communities sono più formalizzati e legati soprattutto alla gestione della comunità una volta costituita); (iii) i meccanismi di selezione dei membri (nel cohousing sono informali, di natura quasi empatica, ex-ante rispetto alla realizzazione fisica della comunità residenziale, basati su una serie di valori condivisi; nelle gated communities sono più formalizzati, impersonali, codificati nei documenti costitutivi dell’associazione, basati ad esempio sulla disponibilità a pagare il prezzo dell’abitazione e dei servizi forniti); (iv) i meccanismi di governo della comunità (nel cohousing le decisioni vengono solitamente prese per consenso, all’unanimità; nelle gated communities per votazioni a maggioranza o super-maggioranza).
Note:LE TRE DIFFERENZE ACCESSORIE TRA GATED COMMUNITIES E COHOUSING

I problemi di segregazione, spesso enfatizzati nel caso delle gated communities, se effettivamente riconosciuti come tali (cosa non affatto scontata),[116] devono essere estesi anche al cohousing. Non solo l’omogeneità sociale è tipica anche di quest’ultimo;
Note:SEGREGAZIONE?
In termini di politiche si può sostenere che non si dovrebbero mantenere «legislazioni ad hoc per ogni singolo tipo [di comunità contrattuale], ma [...] costruire un quadro giuridico quanto più astratto e generale possibile»…. evitando di distinguere le diverse tipologie di comunità contrattuali in “varietà buone” e “varietà cattive”.
Note:POLITICA: SI STABILISCANO DEI PRINCIPI, NON LEGISLAZIONI AD HOC
Come affermano Chris Webster e Renaud Le Goix,[121] la domanda da porsi in proposito non è tanto se il governo dovrebbe permettere a piccole comunità locali di pianificare e organizzare la propria vita collettiva contrattualmente, quanto, piuttosto, quali giustificazioni esistano per impedirlo. Si danno certamente alcune ragioni per regolamentare specifiche questioni relative alle comunità contrattuali; l’obiettivo dovrebbe però essere, in questo senso, quello di esaltarne gli aspetti positivi e minimizzare quelli negativi, incentivando nuove forme virtuose di sussidiarietà orizzontale in campo urbano.
EVVIVA LA SUSSIDIARIETÀ URBANA!