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venerdì 10 febbraio 2023

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lunedì 9 settembre 2019

HL A Carbon Tax Is Not A Slam Dunk David R. Henderson

https://feedly.com/i/entry//cnXVr/5HNe2pDqTI3udBeVx4AbJSW9TNhacAl8h6Dc=_16d128c1d7e:2f6f0ae:f3f5f202

A Carbon Tax Is Not A Slam Dunk
David R. Henderson
Citation (APA): Henderson, D. R. (2019). A Carbon Tax Is Not A Slam Dunk [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 6
Even some economists who are skeptical that global warming will do much harm often think that carbon taxes are a good idea.
Evidenzia (giallo) - Posizione 9
I now think I was wrong.
Evidenzia (giallo) - Posizione 10
my argument is that taxing carbon makes sense only if reducing carbon is the most efficient way to forestall global warming.
Evidenzia (giallo) - Posizione 18
British economist named Arthur Pigou.
Evidenzia (giallo) - Posizione 22
Harvard economics professor N. Greg Mankiw
Evidenzia (giallo) - Posizione 24
John Cochrane and George Shultz.
Evidenzia (giallo) - Posizione 28
Advocates of a carbon tax argue, correctly, that a tax is a much better way to reduce carbon usage than any system of regulations could be.
Evidenzia (giallo) - Posizione 31
a system of regulations or subsidies that favors one energy source over another, or one energy use over another, depends on central planners having information that they cannot possibly have.
Evidenzia (giallo) - Posizione 37
economists who advocate Pigovian taxes take as given that the most-efficient way to forestall global warming is to reduce the amount of carbon used.
Evidenzia (giallo) - Posizione 39
There are at least three important reasons to conclude that the assumption is wrong. First, cow farts.
Evidenzia (giallo) - Posizione 44
Second, one important technological development over the last decade has been “geo-engineering.” The idea here is to change other things in the atmosphere that are easier to change than the amount of carbon used.
Evidenzia (giallo) - Posizione 56
Is such a technology feasible right now? Maybe not. But if it were, it would be incredibly cheap.
Nota - Posizione 56
Cccccccc
Nota - Posizione 56
Cccccccc
Evidenzia (giallo) - Posizione 62
The third low-cost way to rein in global warming is by planting trees. Trees absorb and store CO2 emissions. You could call the tree-planting strategy geo-engineering, but it would count as such in a very low-tech form. According to a July 4, 2019 article in The Guardian, planting one trillion trees would be much cheaper than a carbon tax and much more effective.
Evidenzia (giallo) - Posizione 71
there are potentially much cheaper ways to deal with global warming than a carbon tax.
Nota - Posizione 71
IL MESSAGGIO
Nota - Posizione 71
IL MESSAGGIO
Evidenzia (giallo) - Posizione 72
It could, but notice that the key is not that it’s a carbon tax but that it’s a per-tree subsidy.
Evidenzia (giallo) - Posizione 77
the incentive to discover lower-cost solutions would be small.
Nota - Posizione 78
CON CARBON
Nota - Posizione 78
CON CARBON

martedì 27 agosto 2019

http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2019/08/is-the-trade-war-with-china-a-carbon-tax.html

mercoledì 3 aprile 2019

INQUINAMENTO IN DISCOTECA

INQUINAMENTO IN DISCOTECA
Quando ero giovane, in discoteca si organizzavano delle feste penose in cui alcune persone non bevevano affatto e, meno sorprendentemente, la maggior parte della gente si ammazzava con l’alcol. Questo perché c'erano solo due tipi di biglietti all’ingresso: i biglietti "alcolici", che consentivano un numero illimitato di bevute, e quelli “astemi”, che costavano meno della metà e ti consentivano di bere giusto un succo d'arancia rancido e stare in un angolo mentre i bevitori diventavano sempre più fastidiosi. Girare rilassati con un paio di birre era costosissimo.
Come si sarebbe potuto migliorare la situazione? Tre proposte:
(a) Aumentando il costo del biglietto alcolico?,
(b) Mettendo a disposizione un succo d'arancia migliore?
(c) Non facendo pagare all’ingresso e addebitando le bevute?
Lo stesso problema si pone oggi con le auto, il traffico e l’inquinamento. Al momento stiamo facendo pagare un salato biglietto d’ingresso a chi vuole diventare automobilista (tassa di possesso, eccetara). Come migliorare la festa?
(a) Aumentando il biglietto d’ingresso (tassa di possesso) per macchine inquinanti?
(b) Fornendo un "succo d'arancia" migliore (più autobus, treni migliori, piste ciclabili, attraversamenti pedonali)?

(c) Rottamando la quota iniziale (tassa di possesso) e addebitando i singoli viaggi fatti?

lunedì 21 gennaio 2019

LA QUESTIONE AMBIENTALE AFFRONTATA E RISOLTA


In fondo bastano tre misure:
1) Tassare i combustibili fossili (carbon tax; si puo’ iniziare con 40 euro la tonnellata).
2) Eliminare ogni regolamentazione ambientale e i relativi sussidi (solare, auto elettrica…).
3) Girare in automatico il gettito della carbon tax ai cittadini sotto forma di credito d’imposta (il governo non deve vedere un euro).
Vi piace?
I pregi: chi inquina paga, chi è inquinato è risarcito ma soprattutto la scelta ambientale è guidata dai prezzi anziché dai “profeti ambientalisti” che ci molestano H24 da giornali e TV.

https://feedly.com/i/entry/jLbdATYr0p7bf56jn6TjC6yaiQ0m1xY/1xu3vVx5GdY=_168699e7bb8:2228064:56b782f7

giovedì 16 febbraio 2017

SAGGIO L' evoluzione è più intelligente di te

Di sicuro è più intelligente dell’ambientalista tipo.
O almeno, questa è la tesi che cerca di sostenere Tim Harford nel suo " Il cambiamento climatico, ovvero: cambiare le regole per avere successo. Elogio dell'errore: Perché i grandi successi iniziano sempre da un fallimento". Si tratta di un caso specifico del motto più generico che dobbiamo a Leslie Orgel.
***
Siamo nel 1859, John Tyndall è uno sperimentatore provetto presso la London Royal Institution. L’obiettivo di Tyndall era risolvere un dilemma sollevato dallo scienziato francese Joseph Fourier...
... Fourier aveva calcolato quanta energia solare raggiungeva la Terra, e quanta questa ne irradiasse nello spazio. Più calda era la Terra, maggiori erano le radiazioni emesse, e Fourier si aspettava che le radiazioni della Terra bilanciassero il caldo fornito dal Sole a una temperatura di circa 15 °C. Fourier rimase quasi sconvolto, perché secondo i suoi accurati calcoli l’effettivo equilibrio dell’energia implicava che la temperatura media fosse meno 15...
Tyndall ritenne che la risposta a questo enigma fosse che tutta l’atmosfera terrestre intrappolava il caldo come una serra. Ricostruì una "atmosfera" artificiale con ossigeno e azoto (due gas che costituiscono insieme il 99% dell'atmosfera terrestre). Ma, a quanto pare, il famoso effetto serra non si produceva. Aggiunse allora due elementi che in prima battuta sembravano irrilevanti: vapore acqueo e biossido di carbonio: il calore cominciò ad irradiarsi. Aveva scoperto l' "effetto serra".
***
Oggi l' "effetto serra" sembra essere al centro del riscaldamento globale della Terra. Dobbiamo preoccuparcene? Cosa dobbiamo fare? Non è facile prendere decisioni perché l'intricato gioco dei feedback rende tutto molto incerto...
... Le complicazioni sono molte: le nuvole potrebbero formarsi in un’atmosfera più calda, riflettendo più calore; ma il ghiaccio bianco si scioglierebbe, riflettendo meno; e se la tundra artica si sciogliesse, marcendo potrebbe rilasciare più metano, un potente gas serra. A causa di questi cicli di feedback, alcuni dei quali dovrebbero soffocare l’effetto mentre altri è probabile che lo aumentino, i possibili risultati sono incerti...
La concentrazione di anidride carbonica, comunque, sembra un parametro cruciale...
... la concentrazione dell’anidride carbonica prima dell’era industriale era 280 parti per milione (0,028 per cento). Attualmente è intorno alle 390 ppm, e i negoziati internazionali appoggiano ufficialmente l’obiettivo di mantenere la concentrazione sotto le 450 ppm...
Ma quanta anidride carbonica possiamo permetterci? Qui già cominciano i disaccordi… 
... Richard Lindzen, un meteorologo bastian contrario del MIT, ritiene che la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera possa tranquillamente superare le 10.000 ppm...
***
L'ambientalista è quello strano tipo per il quale la domanda "che fare?" risulta semplicissima. Per lui c’è solo un problema: la volontà.
Tende a confondere l'importanza del problema con la semplicità delle soluzioni. Mescola obbiettivi e programmi. Sembra sottovalutare il fatto che persino delle modeste riduzioni nelle emissioni di gas serra implicano una completa riorganizzazione del sistema economico su cui si fonda la nostra vita quotidiana.
Punta sempre il dito contro le multinazionali scordandosi che se giriamo in automobile non è perché ce lo dice la ExxonMobil, ma perché la troviamo terribilmente comodo.
Ci invita a cambiare abitudini, oppure a promulgare leggi "verdi". Per lui la soluzione del problema è solo questione di volontà.
Ma probabilmente l’ambientalista ha torto, le cose non stanno in questi termini,  e il miglior modo per capirlo consiste nel seguire il nostro eroe nella sua giornata tipo. A lui la volontà non manca, eppure...
***
Geoff, per esempioè un neo convertito alla religione ambientalista. Ecco la sua giornata tipo...
...  Geoff comincia la sua giornata, come sempre, riempiendo il bollitore per il caffè, ma poi si ricorda che il bollitore elettrico succhia un sacco d’energia, allora opta per un bicchiere di latte freddo. Poi risparmia ulteriore elettricità non tostando le sue solite due fette di pane. Al momento di lasciare l’appartamento, indugiando se staccare o meno dalla spina il caricabatteria del cellulare, prende le chiavi della macchina, ma subito ci ripensa e si avvia a piedi alla fermata dell’autobus. Quando salta giù dall’autobus di fronte all’ufficio, la rinuncia al caffè mattutino si fa sentire, quindi s’infila da Starbucks per un cappuccino. All’ora di pranzo interroga il proprietario della gastronomia riguardo alla provenienza degli ingredienti, e sceglie un cheeseburger fatto con manzo allevato localmente. Nel pomeriggio ha un momento libero e ne approfitta per navigare su Internet e scaricarsi una brochure sulla Toyota Prius, poi chiama e fissa un appuntamento con un installatore di mulini a vento da tetto per chiedergli un preventivo. A fine giornata è stanco, e senza accorgersene dimentica il computer dell’ufficio in stand-by, prima di avviarsi verso la stazione degli autobus. Arrivato a casa tardi, dopo avere aspettato l’autobus per un’eternità, prende la macchina e va al supermercato – giusto un tratto breve, ricordandosi però di prendere la propria borsa per la spesa – per comprare un pacco di lampadine a basso consumo energetico e una confezione di detersivo in polvere senza fosfati, in modo da mettere i vestiti del giorno dopo nel lavasciuga. Compra anche dell’agnello locale biologico, pomodori e patate locali e una bottiglia di vino (che non ha attraversato mezzo mondo per arrivare dal Cile). Dopo mangiato risparmia ancora più energia lavando i piatti a mano, senza lavastoviglie. Poi decide di installare le sue lampadine a risparmio energetico, ma ci ripensa perché significherebbe buttare nella spazzatura quelle vecchie, ancora perfettamente funzionanti; le mette quindi in un cassetto in attesa di sostituire le altre quando si bruceranno. Geoff va a dormire con il sonno del giusto...
Scorriamola passo passo cercando di fare qualche considerazione. Cominciamo dal latte. Le vacche che ce ne fanno dono producono anche molto metano 231 (e non entro nei particolari). Si tratta del gas serra più nocivo in assoluto...
... per produrre 250 millilitri di latte, una mucca espelle 7,5 litri di metano, che pesano circa 5 grammi ed equivalgono a 100 grammi di anidride carbonica...
Ma nel cappuccino di Geoff sono coinvolti altri elementi...
... altri elementi per fare il latte – foraggio per le mucche, trasporto, pastorizzazione – e i 250 millilitri che Geoff ha bevuto producono circa 300 grammi di anidride carbonica...
La sua prima decisione "salva-pianeta" ha dunque di fatto aumentato le emissioni (indipendentemente dalle sue buone intenzioni)...
... I prodotti caseari sono così nocivi al Pianeta che Geoff avrebbe fatto meglio a tostare il suo pane senza burro, piuttosto che imburrarlo senza tostarlo...
E che dire del cheeseburger e dell'agnello comprato al supermercato?...
... nemmeno il cheeseburger mangiato da Geoff a pranzo (2.500 grammi di anidride carbonica ogni 100 grammi circa) è stata una scelta felice.235 Lo stesso vale per la braciola di agnello a cena (diciamo altri 2.500 grammi), perché anche gli ovini producono metano...
Forse sarebbe stato meglio del maiale o del pollo. Di sicuro del pesce, specie se nuota in superficie (aringhe, sgombri...). Meglio ancora una zuppa vegana, anche se poi bisogna ingerirla, e lì cominciano i guai.
Ma che dire della scelta localista dei cibi? Del km zero in stile slow food? Sorpresa: potrebbe aver ulteriormente peggiorato le condizioni del pianeta azzurro...
... Comprare prodotti locali riduce i chilometri percorsi dal cibo per arrivare sui nostri piatti, ma spesso è una pratica controproducente. È sicuramente vero che trasportare cibo in giro per il mondo fa consumare energia, tuttavia l’impatto è inferiore a quanto si pensi: la maggior parte dei prodotti viene trasportata via nave, e quando viene caricata sugli aerei non sta su una bella poltrona con ampio spazio per le gambe e lo champagne gratis. Inoltre, proviene sicuramente da luoghi con condizioni climatiche molto più adatte. La preferenza di Geoff dell’agnello inglese su quello neozelandese potrebbe produrre più anidride carbonica: quattro volte tanto, se diamo retta a un team di ricercatori universitari che però, ammettiamolo, è neozelandese.238 Sui numeri si può dibattere, ma il dato di fondo è che ci vuole più combustibile fossile per produrre l’agnello in Inghilterra che non in Nuova Zelanda, dove la stagione verde è più lunga e c’è più energia idroelettrica, e questo andrebbe messo sulla bilancia accanto alle emissioni causate dal trasporto. La scelta di Geoff dei pomodori inglesi anziché spagnoli è stata di certo maldestra: l’anidride carbonica emessa dal viaggio del TIR è completamente controbilanciata dal fatto che la Spagna è baciata dal sole,239 mentre in Gran Bretagna i pomodori hanno bisogno di serre riscaldate. Quanto al vino cileno, la navigazione intorno al mondo aggiunge solo il 5 per cento di gas serra a quelli emessi soltanto per produrlo...
E la scelta di utilizzare per la spesa una borsa riciclabile?...
... un sacchetto di plastica è responsabile di solo un millesimo di emissioni di anidride carbonica rispetto al cibo che ci mettiamo dentro.241 Il che non si avvicina neppure lontanamente a compensare la debolezza che si è concesso prendendo la macchina, capace di generare quasi 100 grammi di anidride carbonica per ogni chilometro percorso, nemmeno se avesse guidato la sua tanto desiderata Prius. Ma anche questa stima è troppo ottimista, perché suppone che il viaggio avvenga in assenza di traffico...
E la scelta di prendere l'autobus? Almeno quella la salviamo? Mmmm... buona scelta, ma... Anche qui i “ma” sono molti e complessi…
...  Il classico autobus londinese trasporta in media tredici persone, nonostante le dimensioni della città e l’entusiasmo per i trasporti pubblici. Le auto portano in media 1,6 persone, e già così emettono in realtà meno anidride carbonica per chilometro su passeggero di un autobus al suo carico medio.243 Alcuni sostengono che si tratti di un aspetto irrilevante, perché l’autobus viaggia in ogni caso e dunque il contributo di Geoff ai gas serra sarebbe vicino a zero. Ma con la stessa logica Geoff potrebbe godersi un bel viaggio di lunga distanza in aereo senza sensi di colpa, perché tanto anche l’aereo avrebbe volato lo stesso...
Insomma, bollire le patate senza coperchio compensa tre giorni di autobus.
E il cambio delle lampadine? Ottima scelta (specie se in casa la luce non serve). Ma anche qui Geoff ha commesso un errore (non si può essere perfetti)...
... Geoff ha fatto bene a comprare le lampadine a risparmio energetico, ma ha sbagliato ad aspettare a installarle: quelle vecchie consumano così tanta energia che è meglio per l’ambiente buttarle subito...
E la scelta di lavare le posate a mano? Pessima. Non avrebbe  dovuto disprezzare la lavastoviglie, che consuma meno anidride carbonica del tipico lavaggio a mano.
E il progetto dei mulinelli eolici sul tetto? Decisamente poco promettente...
... ma il progetto dei mulini a vento sul tetto salverà il sogno romantico di Geoff? È improbabile. Un piccolo mulinello a vento da tetto in un contesto urbano genera una media di 8 watt, e Geoff avrà quindi bisogno di dodici mulini per far funzionare una normale lampadina da 100 watt. Uno di questi mulini a vento giocattolo farà risparmiare a Geoff solo 120 grammi di anidride carbonica al giorno.247 Ha sprecato cinque volte questa energia quando è uscito dall’ufficio lasciando il suo computer in stand-by...
E la decisione di staccare il carica batterie?  Basta un minuscolo errore per renderla ininfluente...
... E che dire del caricabatteria del cellulare che Geoff ha staccato dalla presa uscendo di casa? Non farlo sprecherebbe circa mezzo watt, un centesimo del computer in stand-by...
***
Essere ambientalisti è facile ma fare gli ambientalisti è difficilissimo. Basta un errorino e comprometti tutto.
Quanta buona volontà in Goeff, ma quanti disastri nella sua vita quotidiana di ambientalista.
È possibile semplificare le cose a questi martiri? No, a meno che uno dedichi la sua vita a studiare le emissioni.
Euan Murray lo sa bene. Lui lavora per la Carbon Trust, un istituto governativo che si dedica al calcolo dell' "impronta di carbonio"....
... Murray trascorre le sue giornate in ufficio a fare quel genere di stime su cui mi sono basato per calcolare l’impronta di carbonio della giornata di Geoff, e svolge lo stesso lavoro per clienti che spaziano dalle banche (200 grammi di anidride carbonica per ogni conto corrente) alla PepsiCO (75 grammi di anidride carbonica per un sacchetto di patatine)...
Un lavoro duro e oneroso, lo si può fare per i grandi progetti, non per le piccole decisioni quotidiane.
Tanto per far capire meglio di cosa parliamo: per lavorare su un"cappuccino" occorre sapere, tra l’altro, la densità delle pecore nella stalla.
Un cappuccino ha bisogno di una macchina espresso, di una mucca,  di una tazzina di ceramica. Per ciascuno di questi elementi ci sono migliaia di aspetti di cui tenere conto. Le economie moderne offrono 10 miliardi di prodotti differenti. Solo Sturbacks si vanta di avere in listino 87 mila bevande. Buon lavoro.
Quanto pesa, per esempio, il pendolarismo del barista che vi sta facendo il cappuccino? E che dire dell’avanti e indietro dai campi del coltivatore di caffè? Forse la differenza alla fine la fanno i doppi vetri del locale dove consumiamo il nostro benedetto cappuccino! Un caffè nero filtrato sarebbe meglio dell’orrore di un latte di soia?
Tutto questo rovello per un semplice cappuccino, ovvero cinque minuti della nostra giornata. E le restanti 23 ore e 55 minuti? Se anche azzeccassimo tutto, probabilmente compenseremmo con errori nei cinque minuti successivi.
Persino i pareri degli esperti sono discordanti. La grande battaglia delle banane
… Mike Berners-Lee, l’autore di How Bad Are Bananas? (quanto sono cattive le banane?) mi ha spiegato che le banane sono un alimento a bassa emissione di anidride carbonica. Geoff Beattie, autore di Why Aren’t We Saving the Planet? (perché non stiamo salvando il Pianeta?), fa invece notare che le banane sono un prodotto con un’impronta di carbonio importante….
La grande battaglia sulla carne
… Ho letto convincenti studi che suggeriscono che la carne, se allevata nel modo giusto, potrebbe gravare molto meno sul cambiamento climatico di quanto non faccia adesso…
L’ambientalista dovrebbe consultare una pila di ricerche per qualsiasi cosa faccia. E la gente normale, anche se ben intenzionata, non è come Geoff, possiede una coscienza ecologica moderata, ad essere generosi. Arriva giusto a generiche “buone intenzioni” e non intende andare oltre, figuriamoci se si mette a studiare ficcandosi in un ginepraio da cui non uscirebbe viva.
***
C’è chi ha proposto soluzioni tecnologiche
… Geoff potrebbe scattare una foto o scansionare il codice a barre del prodotto, e nel giro di qualche istante ricevere un rapporto su quanto è dannoso un biscotto, un espresso o un cheeseburger…
Un calcolatore approssimativo dell’ “impronta” potrebbe essere installato sui telefonini. Ma servirebbe un enorme database. E poi, solo gli ambientalisti più convinti si prenderebbero la briga di fotografare e scansionare.
***
In realtà una soluzione ci sarebbe, e sarebbe l’uovo di Colombo: un accordo tra paesi…
… tutti i Paesi devono imporre una tassa di circa cinquanta dollari per tonnellata di carbonio contenuta in ogni combustibile fossile estratto sul proprio territorio, più o meno quattordici dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica…
Sarebbero 5 dollari in più per ogni barile di petrolio. Quaranta dollari in più per una tonnellata di carbone. Ma qui i numeri hanno poco senso, è il principio che interessa.
La tassa sul carbonio ricadrebbe nel sistema dei prezzi. Ecco il meccanismo in azione…
… Una tassa di cinquanta dollari sul carbonio farebbe aumentare il prezzo della benzina di circa tre centesimi al litro, creando così un incentivo modesto a guidare meno e in modo più efficiente e a comprare auto con tasso di consumo minore…
Il prezzo medio dell’energia cresce. Torniamo ai pomodori “local” di Goeff…
… I pomodori spagnoli aumenterebbero di prezzo a causa del dispendio energetico necessario per spedirli via mare dalla Spagna, ma anche il prezzo dei pomodori inglesi aumenterebbe a causa dei costi per riscaldare la serra…
Tutto diventa una mera conseguenza. La convenienza di portafoglio diventa la nostra stellala polare, l’unica guida di ogni comportamento: basta principi, basta religione ambientalista. Tutto si semplifica…
… E Geoff, che è andato al supermercato con l’intenzione di comprare i pomodori, non dovrebbe puntare il suo smartphone su nessun codice a barre: gli basterebbe guardare il prezzo. Quanto più dispendiosi saranno i pomodori in termini di emissioni di anidride carbonica, tanto più il prezzo tenderà a salire…
Non servirebbe alcuna banca dati centrale, fanno tutto i prezzi. Ma forse per chi cerca solo un culto il problema è proprio quello. 
***
Nonostante una soluzione razionale sembrerebbe disponibile, le alternative alla carbon tax sembrano oggi avere il sopravvento. La UE, per esempio, ha un sistema di cap&trade: fatica a risultare incisivo e trascura ampi settori dell’economia.
L’India ha una carbon tax ma modesta. Nessun grande Paese ha introdotto un prezzo significativo per la CO2.
Ma l’alternativa che va per la maggiore è la “regolamentazione”, ovvero una normativa finalizzata alla riduzione delle emissioni.
In GB, per esempio, c’è la normativa Merton introdotta nel 2003 da Adrian Hewitt, amministratore di una zona urbana a sud ovest di Londra…
… prevedeva che ogni intervento edilizio di un certo rilievo dovesse comprendere la capacità di generare il 10 per cento di quello che l’edificio avrebbe poi consumato in termini energetici. In caso contrario, alla società immobiliare sarebbe stato negato il permesso di costruire…
Sembrava ragionevole. A Londra il sindaco Ken Livingstone, per non essere da meno, alzò addirittura l’asticella al 20. Adrian Hewitt divenne una celebrità, iniziò così a racimolare premi.
A prima vista la normativa offre un sistema per incoraggiare comportamenti virtuosi come la crescita delle “rinnovabili”. Inoltre, all’apparenza, non implica costi per il governo.
Ma c’è un inconveniente non da poco…
… Il prevedibile inconveniente è che avere installato uno strumento per rinnovare l’energia non significa necessariamente che verrà utilizzato. Spesso una soluzione alternativa è una semplice caldaia a doppia combustione, che può funzionare sia con gas naturale sia con biomasse come i pellet, e che può essere inserito senza grandi sforzi nel progetto immobiliare rispettando alla lettera la normativa Merton. Naturalmente, una volta che una simile caldaia è installata, sarà più semplice ed economico farla funzionare con il gas naturale che non con il legno. Capacità rinnovabile: 10 per cento. Energia rinnovabile prodotta: zero….
Basterebbe questo per consigliare un accantonamento.
***
Geoffrey Palmer è un ambientalista incallito, lavora per azienda ingegneristica Roger Preston Partners, ha appena restaurato l’ Elizabeth House seguendo tutti i canoni del costruttore ambientalista. Un grandioso lavoro durante il quale ha capito quanto la normativa Merton intralci le soluzioni più razionali…
… Per adempiere alla norma, date le dimensioni dell’edificio la squadra di Palmer ha progettato una caldaia a biomassa con un deposito di combustibile grande come una piscina di 25 metri, pari al fabbisogno di soli quattordici giorni. Palmer ha calcolato che mantenere il deposito pieno di ciocchi di legno, pellet e scarti dell’IKEA avrebbe reso necessario che tutte le settimane due camion di circa 30-40 tonnellate attraversassero il centro di Londra e scaricassero il contenuto nell’area preposta: forse non il tipo di cosa che vorremmo sentirci proporre. Tra l’altro, neppure i proprietari dell’edificio saranno felici di riparare costose apparecchiature nel caso in cui si dovessero rompere. Anche il più perfetto dei macchinari finirà con l’avere bisogno di manutenzione, e data la giovane età delle energie rinnovabili è risaputo che sono particolarmente soggetti a problemi. «Se uno installa dei pannelli fotovoltaici sul tetto di casa sua e questi si rompono subito dopo i cinque anni di garanzia», dice Palmer, «è difficile che abbia voglia di mettere mano al portafoglio per sostituirli.»…
Oltre ai problemi legati all’utilizzo c’è anche il problema della localizzazione: perché costruire un impianto per ogni edificio quando centralizzare sarebbe molto più pratico?…
… Ma i problemi legati alla normativa Merton non finiscono qui. Infatti, nel momento in cui esige che le tecnologie siano installate nella stessa area dell’edificio, esclude altre opportunità. Una grande turbina a vento in cima a una colina può essere decisamente efficace, anche quando si trova a competere con due miliardi di anni di risorse energetiche condensate in forma di carbone e petrolio. Ma una piccola turbina a vento in cima a un tetto circondato su tutti i lati da altri edifici non servirà granché, se non a ricaricare un cellulare…
Ma la Merton, nella sua inevitabile ottusità, non consente soluzioni locali: ogni singolo edificio deve avere i suoi impianti “verdi”.
C’è qualcosa di perverso nella Merton, e in generale nel tentativo di affrontare il problema ambientale dettando regole dall’alto. Lo si comprende subito…
… Prendiamo per esempio un nuovo supermercato fuori città, che sotto certi punti di vista potrebbe rappresentare una catastrofe ambientale in miniatura, ma che garantisce un ampio tetto piatto perfetto per i pannelli solari, dimensioni del sito tali da consentire l’installazione di mulini a vento di dimensioni accettabili e un grande potenziale sotto il parcheggio delle automobili per pompe di calore geotermiche. Il 10 per cento della capacità rinnovabile può essere un obiettivo ridicolmente piccolo per un simile edificio. D’altra parte, la creazione di palazzi uffici a molti piani come Elizabeth House è per sua natura efficiente dal punto di vista del consumo energetico, dato che ogni piano provvede a scaldare quello superiore, e se situato nei pressi di una stazione ferroviaria, sempre come nel caso di Elizabeth House, incoraggia i lavoratori a muoversi con i trasporti pubblici piuttosto che in auto…
La legge Merton è maldestra esattamente come è maldestro il nostro povero ambientalista Goeff. Anzi, è peggio di lui perchè Geoff, perlomeno, puo’ correggersi…
… perlomeno è possibile che con il tempo Geoff impari dai propri errori, mentre le normative di governo, per loro stessa natura, tendono a essere in qualche modo impermeabili alle opportunità di miglioramento…
Volete un altro esempio di regolamentazione maldestra? Un famoso esempio è quello dei parametri CAFE. CAFE sta per corporate average fuel efficiency. Serviva ad incentivare il consumo di benzina a bassa emissione. Finì per far proliferare i macchinoni…
… Prevedevano, per esempio, standard distinti e poco severi per i «camion leggeri», che all’epoca costituivano una categoria di nicchia che comprendeva veicoli principalmente commerciali destinati al trasporto di carichi. Allora i produttori si resero conto che era possibile fabbricare automobili che alle autorità di settore sembrassero «camion leggeri», scansando in questo modo una normativa più onerosa. Il risultato fu che gli standard CAFE incoraggiarono la diffusione di un nuovo modello di automobili più grande e più pesante, e l’efficienza (in termini di consumo) delle nuove auto vendute negli Stati Uniti scivolò costantemente verso il basso fra il 1988 e il 2003… le aziende automobilistiche non erano incentivate ad andare oltre gli standard fissati, così una volta che questi venivano raggiunti, i progressi tecnologici venivano indirizzati a favore della produzione di macchine più grandi e più veloci…
Il terzo esempio lo traggo dalla UE: ogni Stato membro dell’Unione Europea deve garantire che il 10 per cento dell’energia per i trasporti provenga da fonti di energia rinnovabile…
… Nella pratica, l’opzione più semplice e più economica è rifornire macchine convenzionali o leggermente modificate con combustibili liquidi come biodiesel o etanolo… per poi non utilizzare questi impianti…
Con l’etanolo, poi, gli ambientalisti hanno pasticciato parecchio. In molti casi è peggio della benzina…
… l’etanolo di grano può in realtà essere peggiore della benzina… il biodiesel di olio di palma cresciuto in ex foreste pluviali può essere responsabile di un rilascio di anidride carbonica venti volte maggiore rispetto alla cara vecchia benzina…
***
Forse adesso è un pochino più chiaro cosa intendesse Leslie Orgel quando affermava che “l’evoluzione è più intelligente di voi”?…
… Orgel intendeva che quando un processo evolutivo viene lasciato libero di agire su un problema, spesso troverà soluzioni che nessun progettista in carne e ossa sarebbe in grado di immaginare… se il problema è posto in modo inesatto, a quel punto è probabile che l’evoluzione trovi delle scappatoie che pochi di noi sono in grado di prevedere… l’economia è per sua natura un ambiente evolutivo…
Intendeva dire che non dobbiamo essere noi (ambientalisti, legislatori, ecc.) a trovare la soluzione: solo un sistema evolutivo (come per esempio l’economia) puo’ farlo in un processo continuo di trial & error.
Non solo: se le regole del gioco economico sono scritte male, l’evoluzione economica troverà le sue scappatoie. Normative ambientali apparentemente ragionevoli possono risultare in effetti perverse, lo abbiamo appena visto. E’ la sorte a cui va incontro chi si crede più intelligente dell’evoluzione.
Il triste caso del bulldog inglese illustra bene la fine di chi si crede più intelligente dell’evoluzione…
… Questa creatura dalla mascella churchilliana è una delle più carismatiche e amate fra tutti i cani di razza. Ha quel tipico naso corto, le gambe ad arco e le pieghe della pelle che rendono il suo muso simile a velluto spiegazzato. Sono tutte caratteristiche non certo casuali, ma sviluppatesi come risultato di un secolo di selezione naturale. Purtroppo, però, il bulldog è un cane che soffre di una serie di problemi direttamente attribuibili al suo aspetto fisico. Molti esemplari non possono accoppiarsi senza assistenza umana per ragioni puramente anatomiche. Una soluzione è quella dell’inseminazione artificiale, l’altra è quella di reclutare tre o quattro persone per reggere l’animale. Oppure sono disponibili sul mercato delle culle speciali, e quelli che la producono sostengono che con una di queste culle basta una persona sola: una che però abbia due bulldog. Ma anche se una femmina bulldog rimane incinta, spesso ha bisogno del taglio cesareo, perché i bulldog hanno la testa molto sviluppata e canali genitali ridotti. I bulldog, a differenza della maggior parte dei cani, non possono regolare la propria temperatura tramite la respirazione e sono a rischio di colpi di calore. Inoltre, quelle adorabili pieghe della pelle intorno agli occhi li espongono a infezioni dei dotti lacrimali. Spesso i bulldog respirano a fondo e danneggiano le laringi, perché hanno i canali della respirazione compressi. L’evoluzione – e le sue perverse conseguenze – è più intelligente degli allevatori di cani di razza…
Ma c’è anche l’esempio dei televisori neozelandesi
… Negli anni Settanta in Nuova Zelanda si sviluppò una nuova, bizzarra categoria di business: l’industria per l’assemblaggio delle televisioni, che lavorava a stretto contatto con i produttori giapponesi, ai quali commissionava la raccolta di tutti i componenti per i televisori e la relativa spedizione in Nuova Zelanda. I componenti dovevano essere catalogati con precisione e forniti con istruzioni in inglese, ma il tutto creava non pochi problemi ai giapponesi, con il risultato che i kit per il montaggio erano più cari dei televisori giapponesi già pronti e finiti.261 Il governo, infatti, voleva che gli apparecchi venissero prodotti localmente, una pretesa che comportava dei costi proibitivi in un mercato così piccolo. Gli imprenditori locali provarono allora a pensare a un sistema meno costoso per fare il lavoro. L’evoluzione economica fu più intelligente del governo neozelandese, e produsse uno spettacolare bulldog finanziario…
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L’economista ambientale Prashant Vaze ha lavorato sul concetto di spintarella (o paternalismo dolce. Esempio…
… Prendiamo, per esempio, le lampadine incandescenti, uno strumento molto dispendioso per produrre luce ma preferito da quelle persone che hanno una vista debole e certe caratteristiche della pelle che le rendono sensibili alla luce: tali lampadine potrebbero essere rimosse dagli scaffali a vista dei supermercati, ma rese disponibili solo su richiesta…
Si tratta di stratagemmi che potremmo utilizzare per salvare il pianeta? Forse meglio “spingere” che proibire, ma il vulnus di fondo resta: ci crediamo più intelligenti dell’evoluzione. Prendiamo la spintarella a mangiare più verdura
… La spinta per l’insalata potrebbe funzionare bene per indurre qualcuno a mangiare sano nel bar vicino al posto di lavoro, ma se provassimo a introdurla per via legislativa che effetto sortirebbe? Forse i legislatori potrebbero imporre a tutti i bar di offrire insalate, sebbene rischi di risultare una sciocchezza per quei piccoli esercizi vicino ai binari della stazione ferroviaria. Un’alternativa potrebbe essere decidere che se un locale serve insalate, allora deve esporle in una posizione privilegiata. Ma che cosa succederebbe se in un determinato locale sono le torte e i dolciumi in generale a costituire il grosso del fatturato?…
Sia come sia la perversione delle regole o delle spintarelle esce sempre fuori.
Morale: certo, una goffa spintarella è meglio di uno spintone o di un divieto insensato, ma sempre goffa rimane.
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Torniamo alla carbon tax. Chi dovrebbe pagarla? La risposta inaspettata è: non importa. Per questo si tratta di una buona idea. La carbon tax lavora per l’ambiente indipendentemente da chi la paga.
I problemi sono altrove: si troverà mai un accordo internazionale? Una relativa comunione d’intenti è infatti necessaria…
… Grazie all’esperienza della crisi energetica degli anni Settanta, sappiamo che prezzi alti per le fonti energetiche tendono a stimolare la ricerca di una soluzione per ridurne il consumo…
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Le soluzioni nascoste al problema ambientale sono una miriade e probabilmente quella finale sarà un mix della miriade. Non possiamo certo affidarci alla buona volontà dell’ambientalista o del legislatore per scovarlo…
… Ma chissà a quali altri cambiamenti potremo assistere. L’intera catena dei fornitori globali potrebbe essere riconfigurata… Se ci fosse un sistema per ridurre il metano espulso dalle mucche e dalle pecore – quasi un decimo del contributo totale alle emissioni di gas serra – sarebbe di certo di un grande risultato.263 Gli scienziati australiani hanno scoperto che i canguri non emettono metano, e stanno cercando un modo per inserire alcuni batteri intestinali dei canguri negli stomaci delle mucche.264 Questo potrebbe dare dei risultati, ma potrebbe anche non darne. Tuttavia un prezzo corretto sui gas serra incoraggerebbe a percorrere molte strade diverse… Gli imprenditori e gli ingegneri hanno miriadi di idee che aspettano il giusto scenario economico per essere applicate… e i governi sanno molto poco di tutto questo…
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Mi sembra che il caso sia chiarito, la soluzione è semplice e lineare.
Eppure non fa breccia, eppure ci si continua ad affidare alla buona volontà. Perché?
Perché l’ambientalismo è ormai una religione: la religione verde. Nell’era della secolarizzazione una delle attività che più impegnano gli uomini è cercarsi una religione.
L’adepto ad una religione vuole adorare il suo Dio. Non vuole che i suoi comportamenti siano guidati dalla convenienza e quindi dal portafoglio. Vuole conferire il primato al proprio cuore puro.
La carbon tax si riflette nei prezzi e ti chiede solo di affidarti alla convenienza, di curarti solo dei prezzi per prendere le tue decisioni. Il tuo amore per il pianeta – cio’ a cui tieni di più - a quel punto diventa irrilevante, ed è per questo che la soluzione più razionale viene vista con antipatia.
Pe lì Adepto, molto meglio avere regole e precetti per la salvezza dell’anima che per la salvezza del pianeta. Se poi la regola religiosa coinvolge anche altri che non appartengono alla grande Chiesa ambientalista, la cosa ci lascia indifferenti: che si convertano!
AngelaLergo

sabato 2 marzo 2013

SAGGIO Undicesimo: non inquinare.

In tema di “comandamenti” da rispettare, diffidate delle liste pletoriche.
E intendo come tali quelle che vanno oltre i due punti.
Il fatto è che a queste regole di vita non basta attenervisi, bisogna farlo con coscienza, ovvero con qualcosa che va facilmente in panne se sfrucugliato di continuo.
La famigerata “coscienza ambientale”, poi, è particolarmente delicata: inoculata nell’ inerme bambino insieme all’ antipolio, viene successivamente innaffiata da un esercito di maestrine premurose e fatta sbocciare da benemeriti insegnanti di lettere specializzati nel prenderti da parte blandendo la tua precoce maturità e indirizzandola verso “impegni esistenziali” all' altezza: a quel punto, una volta ti buttavi su Pavese, oggi ti butti su Gaia. Più tardi, nell’ era dei cinismi universitari, scoccherà il colpo di fulmine nei confronti di oscure quanto seducenti equazioni di terzo grado messe a punto da “parascienziati verdi” con tribuna sui giornali di Confindustria (i vari Napoletano & Riotta devono lavare una coscienza sporca) o nella TV di Stato (i vari Tozzi & Colò devono ostentare una coscienza immacolata).
Usciti dal doveroso tunnel catechistico della giovinezza, non si guadagna molto in termini di condizionamento cognitivo: nel bel mondo, nicchiare sull’ argomento del risparmio energetico ti rende riprovevole moralmente ed esteticamente; e se sei tanto sprovveduto da cascarci, ti ritroverai presto alle calcagna i monopolisti del buon gusto con la bava alla bocca e l’ oscillante ditino alzato. Il prezzo da pagare sarà salato: prediche a gogò intonate alla luce del sole e sabotaggi orditi nell’ ombra.
Sfortunatamente, la causa ambientalista si materializza sempre più spesso in una sequela di fedeli che hanno smesso di “credere” per poter “abboccare”; e proprio come desidera ogni buon fedele ottuso, la loro è una chiesa particolarmente esigente con tanto di roghi e scomuniche, ma soprattutto con liste sterminate di prescrizioni a cui è tenuto anche il miscredente (il concetto di laicità qui non attecchisce). Per tenersi al passo e non essere indicate al pubblico ludibrio, persino le chiese  tradizionali hanno dovuto postillare in fretta e furia i loro scheletrici decaloghi: undicesimo, ricicla!
A questo punto scatta la domanda impertinente: ma la “coscienza ambientale” è uno strumento per preservare il pianeta o per guadagnarsi un qualche Paradiso post-moderno?
Il sospetto che per molti “ambientalisti-devoti” valga la seconda ipotesi è solido. In questo post cercherò di rafforzarlo ulteriormente.
AMBIENTTTTT
… nessuno ha più dubbi riguardo alla presenza di un effetto serra… a essere oggetto di dispute è invece quanto ce ne dovremmo preoccupare e cosa dovremmo fare…
Il primo problema è troppo difficile, implica analisi delle preferenze, considerazioni etiche intorno alle generazioni future e altri labirinti filosofici da cui non saprei bene come uscire. Quindi lo accantono.
Il secondo sembra invece avere una risposta molto semplice: “non inquinare”.
E’ la tipica risposta degli ambientalisti, ed è anche il motivo per cui una persona ragionevole conclude che “l’ ambiente è una cosa troppo seria per lasciarla agli ambientalisti”:
… chi risponde così confonde l’ importanza del problema con la semplicità delle soluzioni… è tipico della mentalità “verde” mescolare senza costrutto obiettivi e programmi…
Innanzitutto non è facile “rispettare il pianeta”, occorre una cultura spaventosa, oltre che una calcolatrice sempre a disposizione:
… chi nei consumi sostituisce il caffé con il latte forse non sa di inquinare di più… avendo nella testa le giuste nozioni e tra le mani una buona calcolatrice potreste scoprirlo da soli… ma non è facile come sembra…
I fanatici dello slow food, per esempio, si credono  “amici della terra” a prescindere; illusi:
… comprare prodotti locali riduce i trasporti ma spesso è controproducente… il cibo importato proviene da luoghi con condizioni climatiche molto più adatte… consumare l’ agnello italiano piuttosto che quello neozelandese ci rende degli “inquinatori netti” del pianeta… privilegiare i pomodori nostrani su quelli spagnoli è una scelta maldestra per chi tiene alla propria “coscienza ambientalista”… le emissioni dei TIR sono ampliamente controbilanciate dal fatto che la Spagna è baciata dal sole… il vino cileno deve viaggiare intorno al mondo ma per un inglese sensibile all’ ambiente è da preferire di gran lunga a molti vini locali… spesso il supermercato è rifornito con silos capienti che minimizzano il numero dei trasporti a lunga distanza e inoltre è più prossimo del contadino verso cui fate la spola incessantemente per fare le vostre piccole spesucce e meritarvi il titolo di “amico della terra” che compra a km/zero… e non preoccupatevi troppo del sacchetto di plastica, sprigiona un millesimo dell’ anidride carbonica emessa per ottenere i cibi che contiene…
Capito quante cose bisogna sapere? A quanto pare un compito arduo anche per chi possiede una cultura sopra la media come i fanatici dello slow food (che se si limitassero a magnare sarebbero più simpatici e farebbero meno gaffe).
I calcoli sono complicati e riservano sorprese:
… il classico bus londinese trasporta in media 13 persone mentre l’ auto 1,6… è quest’ ultima, di conseguenza, ad avere l’ impatto ambientale più favorevole!… anche la lavastoviglie consuma meno anidride carbonica del lavaggio a mano…
Fare l’ ambientalista serio è una vitaccia. Inquinare meno è un mestiere a tempo pieno, richiede una vita spesa nello studio delle emissioni di anidride carbonica. Calcolare l’ “impronta di carbonio” per ogni oggetto con cui interagiamo o interagisce colui con il quale interagiamo (o…), impegna tempo ed energie: gli esiti, poi, sono sempre da rivedere, e anche limitandosi a un esame sommario ci sono migliaia di fattori di cui tenere conto:
… nel momento in cui ci sentiamo stremati dal calcolo… capiamo anche che lo sforzo profuso è ancora insufficiente… decidendo di consumare quella bevanda locale al bar sotto casa, abbiamo scordato di soppesare il pendolarismo del barista che ce la serve, nonché i doppi vetri del locale e gli spostamenti del contadino che fornisce quei semini così caratteristici… si tratta forse delle variabili più importanti e noi le abbiamo trascurate per anni… insomma, ci sono miliardi di scelte tutte concatenate tra loro che sfuggono anche al controllo dei “ben intenzionati”…
Non contate troppo sul parere degli esperti, divergono quasi sempre, e la cosa è più che ragionevole: basta considerare, che ne so, condizioni di traffico leggermente diverse e i conti non tornano più:
… ci sono stati epocali scontri di civiltà sull’ “impronta ambientale” delle banane… non resta che girare con una pila di ricerche al seguito da consultare di frequente… e attenzione ai frequenti aggiornamenti della letteratura!…
Forse il modo migliore di fare colazione salvando il pianeta consiste nel “non fare colazione”. Più ti astieni, meno inquini e chi si sopprime inquina ancora meno.
Tuttavia, su questo versante gli eroi scarseggino. L’ ambientalismo non occupa mai per intero la nostra coscienza – e per fortuna!-, convive, per esempio, con la voglia del caffelatte. Ma soprattutto non occupa minimamente quella della maggioranza delle persone, a cui sarebbe risibile proporre una scelta vegana. Se è impossibile “non consumare” in generale, la scelta di “cosa consumare” riemerge continuamente.
AMBIEEEE
Per fortuna esiste una soluzione. E’ semplice, precisa, razionale, di facile implementazione e non richiede programmi ambiziosi: prezzare l’ anidride carbonica.
… un accordo intergovernativo dovrebbe proporre una tassa di X euro per tonnellata di carbonio contenuto nel combustibile fossile estratto… incassata dai produttori e veicolata nel sistema dei prezzi di mercato, verrebbe ddiffusa tra i cittadini…
Ogni prodotto che “consuma” energia comincerebbe a riflettere in qualche modo la presenza di un simile balzello:
… un camionista che ignorasse l’ eventuale prezzo più alto del gasolio finirebbe semplicemente fuori mercato e lo stesso accadrebbe per che coltiva pomodori in serra…
Prezzare l’ anidride carbonica risolve senza sprechi il problema degli incentivi alle fonti alternative: quelle che funzionano davvero (e solo quelle!) diverranno automaticamente convenienti.
AMBIEN
La bontà della soluzione proposta salta all’ occhio soprattutto se confrontata con le alternative scellerate ma tanto care ai sedicenti ambientalisti.
Prendiamone in considerazione una che compendi in qualche modo anche le altre:
la legge Merton prevede che ogni intervento edilizio dovesse ricomprendere la capacità di generare almeno il 10% in termini di energia rinnovabile di cio’ che l’ edificio avrebbe consumato in futuro…
All’ apparenza la norma offre, a zero spese per il governo, un sistema semplice e intuitivo per incoraggiare qualcosa che la gente ritiene auspicabile.
Ma:
… il prevedibile inconveniente è che aver installato uno strumento per rinnovare l’ energia non significa automaticamente che verrà utilizzato
Ci si mette a posto con la legge, dopodiché si fa cio’ che conviene. L’ effetto netto è un puro spreco di risorse con vantaggi nulli sull’ ambiente: installo i pannelli solari, incasso le licenze (e magari anche i finanziamenti) per poi continuare a inquinare esattamente come prima.
Siccome le regole ottuse sono il prodotto di menti ottuse, la possibilità che si perseveri di fronte a fallimenti lampanti sono alte. Infatti alcuni amministratori hanno posto l’ obbligo di utilizzo delle rinnovabili istallate per avere le licenze. Cosa è successo?
… immaginatevi i controlli ipertrofici necessari… con un battaglione di vigili urbani che piantonano le vostre caldaie per misurare l’a percentuale di utilizzo di quelle a pellet rispetto alle tradizionali…
Ma c’ è di peggio, lasciamo la parola all’ Ing. Palmer che ha recentemente restaurato l’ Elizabeth House:
… date le dimensioni dell’ edificio, per adempiere alla norma, abbiamo progettato una caldaia a biomassa con un deposito per il combustibile grande come una piscina di 25 metri… al fine di soddisfare il fabbisogno di (soli) 14 giorni (!)… Ho calcolato che per mantenere a livello il deposito con ciocchi di legno e truciolato dell’ IKEA fosse necessario che due camion di circa 40 tonnellate ciascuno facessero un viaggio settimanale dalla periferia fino al centro di Londra scaricando il contenuto nell’ area preposta…
A questo punto spero che anche gli entusiasti della legge Merton avranno smesso di saltellare gioiosamente e si siano messi in ascolto.
Altri inconvenienti? Le riparazioni.
… i proprietari dell’ edificio non saranno contenti di riparare costose apparecchiature… specie perché spesso sono tecnologie ancora poco mature… se qualcuno mette dei pannelli fotovoltaici che si guastano subito dopo la garanzia… è ben difficile che abbia voglia di mettere mano al portafoglio per sostituirli quando i finanziamenti sono ormai incassati e ha una caldaia tradizionale a disposizione…
Altri inconvenienti? L’ efficienza:
… una grande turbina eolica in cima alla collina puo’ essere anche efficace ma una piccola turbina sul mio tetto circondato da edifici più alti e messa lì solo per ottenere una licenza edilizia, lo è decisamente meno…  
Altri inconvenienti? L’ ottusa pervicacia nel perseverare:
… è possibile che persino l’ ambientalismo più sciagurato, se lasciato a se stesso, impari dai propri errori… ma le normative di governo, per loro stessa natura, tendono in qualche modo a essere impermeabili alle opportunità di miglioramento…
Altri inconvenienti? Trovateli voi, è facile!
Visto che casino? E per carità di dio non apro il capitolo tragicomico dell’ “etanolo” dove i “benintenzionati”, con tutto l’ apparato di regolamenti e contro regolamenti che si portano sempre dietro, hanno fatto una specie di strage degli innocenti.
AMBIENNN
La carbon tax funziona perché non è un “progetto” ma si affida all’ evoluzione economica. L’ ideale per sciogliere nodi intricati. Questo almeno per chi crede che…
… l’ evoluzione è più intelligente di noi… lasciandola lavorare scatena milioni di esperimenti individuali volti al taglio delle emissioni di anidride carbonica per il solo motivo che tagliare le proprie emissioni fa risparmiare soldi…
La soluzione carbon tax non richiede di dare percentuali (sballate), di dare soglie (opinabili), di definire (arbitrariamente) cosa sia e cosa non sia “rinnovabile”, non verranno implicati giudizi arbitrari
… ma soprattutto, le apparenti debolezze si trasformeranno in punti di forza…
Esempi? Prendiamo un’ apparente debolezza: chi paga? Risposta semplice e sorprendente:
… non importa!…
Altra apparente debolezza: quali conseguenze (da un economia con carbonio ad alto costo)? Risposta:
… non lo sappiamo, e questo è il bello!… l’ evoluzione economica, inclinando il campo da gioco secondo nuove regole, cioé rendendo i "gas serra  più costosi, produrrà esiti inattesi… I governi non sono tenuti a scegliere modi specifici per salvare il pianeta ma solo a “inclinare il campo da gioco”…
Veniamo all’ ultima apparente “debolezza” della soluzione evolutiva, quella più sintomatica:
… il prezzo è qualcosa di cui teniamo conto tutti a prescindere dalla nostra coscienza ambientale…
Orrore: la coscienza ambientale non serve più per salvare il pianeta, basta soppesare prezzi e voglie, proprio come fa da sempre il buon vecchio consumista.
E che ce ne facciamo adesso delle vaccinazioni già pronte, dell’ esercito di maestrine premurose, dell’ insegnante missionario, dei guru verdi che pontificano sulla TV di stato e sull’ organo di Confindustria? Dei monopolisti del buon gusto? Che ce ne facciamo di un’ intera chiesa con tutti i suoi riti e i suoi chierichetti?
Risposta da dire con gli occhi: niente, li buttiamo nel cesso e tiriamo lo sciacquone.
La cosa puo’ dispiacere solo a chi considera la “coscienza ambientale” uno strumento per guadagnarsi l’ accesso a Paradisi post-moderni in cui San Pietro alza la sbarra solo a chi “ricicla & coibenta” a prescindere. Ecco, a tutti gli scornati del caso consiglio caldamente di indirizzare la loro prorompente spiritualità verso i meno evanescenti Paradisi della tradizione.
AMBIENTTTT