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mercoledì 13 dicembre 2017

Monetarismo di mercato


Monetarismo di mercato


Cos’è?
Una strategia per affrontare le crisi finanziarie ed economiche. Probabilmente la più convincente oggi sul tappeto, almeno dal punto di vista accademico.
Innanzitutto due parole su cosa sia una crisi economica.
Tentenno sempre quando affronto il tema macroeconomico, è talmente complesso e sfuggente. Io stesso sento di continuo che il discorso è sul punto di sfuggirmi di mano, le variabili in gioco sono talmente numerose che governarle con un semplice modello è impossibile.
Partiamo comunque con il caso più elementare: possiamo avere una crisi perché produciamo merci che non interessano a nessuno. In questo caso bisogna semplicemente cambiare business. La transizione crea un’inevitabile crisi.
Crisi del genere vengono chiamate “crisi dell’offerta” poiché c’è qualcosa che non va nell’offerta.
Ma le crisi più discusse sono quelle “di domanda”, quelle generate dal panico. Vale la pena allora di capirle un po’ meglio. Il caso che studierò è, penso, quello più comune.
Quando sul mercato si presenta qualcosa di molto innovativo, tutti gli operatori ne sono attratti.
[… e qui già capiamo come crisi e innovazione siano strettamente collegate. Da questo punto di vista speriamo che le crisi non finiscano mai…]
In quell’innovazione sono in molti a “vedere il futuro” e nessuno vuole perdere il treno.
Avere a che fare con qualcosa che appare innovativo fa bene anche alla nostra immagine.
Fa figo pagare con una “criptovaluta”. Fa figo fondare una start up. Fa figo creare un’ app. Fa figo investire in titoli collaterali. Fa figo speculare in Cina… Fa figo essere “avanti”.
La novità attrae talmente che pur di partecipare ci indebitiamo.
Purtroppo, noi non capiamo bene come funziona cio’ che è nuovo. Altrimenti non sarebbe realmente nuovo. Non capiamo bene internet, non capiamo bene il bitcoin, non capiamo bene i derivati…
Le crisi sono più che altro frutto di ignoranza che di avidità.
Ma dopo un po’ i nodi vengono al pettine e questa mancata comprensione si concretizza in una serie di fallimenti.
Il fatto che degli imprenditori falliscano ci fa capire che ogni “crisi di domanda” contiene in sé anche una crisi di offerta. Il sistema produttivo deve ristrutturarsi anche nelle “crisi di domanda”. Le “crisi di domanda” pure non esistono, sono sempre innescate da un fallimento sul piano dell’offerta.
Ma proseguiamo la nostra narrazione: molta gente si ritrova col culo a terra. Spesso si tratta di gente che ha investito a debito e che trascina con sé i propri creditori, i quali trascinano con sé i propri creditori e via dicendo.
La catena dei prestiti puo’ essere talmente intricata che prima o poi cominciano a cadere anche degli “insospettabili”.
Nel momento in cui la cosa ci tocca un brivido di terrore percorre la nostra schiena e ci paralizza.
Nessuno più spende, nessuno più investe, tutto si ferma. Ci si mette l’elmetto e si entra in trincea preparandosi al peggio.
Un’economia dove tutto si paralizza è un’economia in cui vanno in crisi anche i soggetti sani.
***
Processi simili si realizzano anche nel mondo naturale.
Il mimetismo batesiano è caratterizzato da una situazione in cui una specie innocua (il mimo) si evolve per imitare i segnali di allarme di una specie pericolosa (il modello) al fine di difendersi dai predatori.
Per esempio, serpenti corallo (velenosissimi) hanno bande rosse, gialle e nere, mentre il serpente scarlatto (innocuo) ha gli stessi colori in un ordine diverso.
Gli predatori di serpenti temono a ragione quelli velenosi e  farebbero bene ad evitare i primi, ma mantenere la stessa guardia alta con i secondi è un puro spreco di energia.
Sfruttando in modo parassitario il segnale di allarme dei serpenti corallo, il “mimo” batesiano ottiene lo stesso vantaggio del “modello” senza dover investire energie biologiche nel produrre il veleno.
Nella concorrenza tra serpenti il “modello” diventa perdente e lentamente si perde la capacità di produrre veleno, ma a risentirne sono anche i predatori che, confusi dai parassiti, si muovono ora con i piedi di piombo in ogni occasione.
Nell’analogia il veleno è l’innovazione e l’incertezza che si diffonde tra i predatori equivale al panico che si diffonde tra investitori e consumatori nel corso di una crisi.
Insomma, i “finti” innovatori sono alla base di moti guai, in economia come in biologia.

***
Ma torniamo all’economia. Come se ne esce?
L’economia classica ci dice che in situazioni del genere basta abbassare salari e prezzi per riportarsi lentamente nella situazione originale.
Con prezzi più appetibili il consumatore congelato si riscalderà e tornerà a comprare. D’altro canto prezzi più bassi manterranno costanti i salari reali (w/p), anche in presenza di una diminuzione dei salari nominali (w).
Sembrerebbe del tutto naturale abbassare prezzi e salari: prima di fallire è normale che provi a sopravvivere abbassando i prezzi. Prima di licenziare è normale proporre un abbassamento dei salari ai dipendenti.
Eppure l’evidenza dimostra che prezzi e salari sono rigidi,che l’aggiustamento classico non funzione.
Non si sa bene perché gli imprenditori non abbassino i salari: forse una legge lo vieta, forse i contratti sono pluriennali, forse non vogliono apparire “cattivi”, forse non vogliono demoralizzare il personale, forse non vedevano l’ora di licenziare già da prima della crisi.
[… questo ci fa anche capire che la prima misura anti-crisi, quella di cui nessuno parla perché gli economisti danno per scontata,  è luna profonda deregolamentazione estesa a tutti i settori in modo che prezzi e salari possano collassare…]
Sta di fatto che prezzi e salari non si abbassano, e il sistema non si riequilibra.
A questo punto bisogna trovare un’alternativa per realizzare questa riduzione: il monetarismo di mercato è forse la migliore.
***
Per capire il monetarismo di mercato bisogna capire due cose: il monetarismo e il mercato.
Partiamo dal primo.
MV=QP.
L’identità di cui sopra ossessiona i monetaristi. Capirla significa capire la politica monetarista.
Cominciamo a chiamare le variabili in ballo con il loro nome. M è la quantità di moneta (diciamo il “numero” dei biglietti di banca in giro per il sistema), V è la velocità di circolazione della moneta (se si presta con leva elevata V è elevata, se non esistono prestiti V è bassa). Q è la produzione (e indirettamente la disoccupazione) e P i prezzi.
Il panico finanziario di solito fa crollare V (la gente tiene il denaro sotto i materassi). Segue crisi economica: nell’altro membro crolla Q, i disoccupati invadono le strade.
classici vorrebbero ripristinare Q abbassando P: una mossa logica ma difficile da realizzare, lo abbiamo appena visto. P, del resto, non è nella disponibilità della politica.
I monetaristi hanno un’ idea più pratica: ripristiniamo Q attraverso M.
Nelle economie moderne M è in mano a un tecnico, quindi è manovrabile dall’esterno.
Ad un aumento di M il sistema puo’ reagire in diversi modi.
Puo’ abbassare V, vanificando così l’innalzamento di M. E’ cio’ che i keynesiano chiamavano “trappola della liquidità”.
Tuttavia, il monetarista è abbastanza fiducioso che V, oltre una certa soglia, non si possa abbassare. Del resto, non esiste un limite verso l’alto all’incremento di M.
Puo’ alzare Q, e allora sono a cavallo poiché ottengo proprio l’obiettivo che mi ero ripromesso: riassorbire la disoccupazione.
Oppure puo’ alzare P. Il monetarista è contento anche in questo caso poiché un P che si alza di solito finisce per alzare anche V. Il perché è semplice: in presenza di inflazione la moneta si svaluta e non conviene detenerla: conviene spenderla (ovvero alzare V). E se una cosa conviene prima o poi si farà.
Se P alza V, V alzerà Q, e l’obbiettivo di ripristinare Q con M sarà ugualmente conseguito.
D’altronde, la cosa si capisce anche per altra via: l’inflazione abbassa i salari reali, ma abbassare i salari era il problema che assillava i classici. Ecco allora il sistema alternativo per abbassare i salari: non una ricontrattazione ma un inflazione.
In un mondo dove i lavoratori guardano prevalentemente ai salari nominali la cosa puo’ funzionare. Non funzionerebbe se i lavoratori fossero concentrati sui salari reali, ma postulando la rigidità di prezzi e salari lo abbiamo escluso.
In definitiva, per il monetarista è indifferente se l’aumento di M crei occupazione o inflazione, questo perché l’inflazione avrà comunque effetti positivi in una situazione di ristagno dell’economia.
In conclusione, potremmo dire che il monetarista è un tale che mette al centro di tutte le ricette macroeconomiche la quantità di moneta. Questa e solo questa è per lui la variabile fondamentale.
Non distraiamoci con i tassi di interesse (inquinati dal rischio percepito): solo M conta.
Se c’è inflazione, la colpa è della quantità di moneta (che è troppa).
Se c’è crisi, la colpa è della quantità di moneta (che è poca).
Ma come fare in modo che la quantità di moneta sia “giusta”?
***
E qui entra in ballo il secondo fattore, ovvero “il mercato”.
Per i monetaristi di mercato il mercato è efficiente. Il monetarista di mercato adora EMH (Efficient Market Hipothesys).
Efficiente nel senso che nessuno puo’ fare sistematicamente meglio di lui: nessuno “batte il mercato”.
In teoria noi conosciamo la quantità corretta di moneta, è quella che stabilizza QP. Questo perché, come abbiamo appena visto, anche un incremento di P è visto come un successo.
Ma conoscere l’ M che stabilizza QP non basta, bisogna poter fissarla a tre mesi, o a sei mesi, o a un anno, in modo che la politica monetaria possa agire d’anticipo e prevenire.
QP puo’ essere definito come PIL nominale.
Secondo il monetarista di mercato deve essere creata una borsa in cui si scommetta sui futuri PIL nominali, e il banchiere centrale deve emettere ORA moneta in funzione delle quotazioni di borsa.
Una borsa del genere puo’ essere paragonata ad un prediction market”, ovvero un mercato speculativo che ha come effetto collaterale quello di informare la politica guidandone le scelte.
Il banchiere centrale, a questo punto, potrebbe anche esseresostituito da un algoritmo. Era il sogno di Milton Friedman: in campo monetario le regole devono venire prima degli uomini.
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L’evidenza empirica sembra confortare il monetarismo di mercato su molti punti. Sempre, prima di ogni crisi, le quotazioni future del PIL nominale crollano. L’analisi di Milton Friedman del ‘29 americano è paradigmatica.
Non che sia mai esistito un mercato sui futuri PIL nominali ma ne sono sempre esistiti parecchi da cui si puo’ inferire il pensiero degli speculatori sulla variabile che a noi interessa. 


Un algoritmo, in casi del genere, avrebbe inondato il mercato di liquidità ammortizzando la crisi. I banchieri centrali, invece, non lo hanno fatto producendo sempre delle strette monetarie estremamente dannose.

Oggi abbiamo imparato la lezione,  infatti siamo tutti monetaristi, ma il tentativo di espandere la base monetaria si realizza sempre con 6 mesi/1 anno di ritardo e ad arbitrio del banchiere centrale di turno. Questo perché siamo tutti monetaristi ma non siamo ancora tutti monetaristi di mercato!
Chissà che anticipare sulla base dei “prediction market” non sia salutare. E’ su questo anticipo che punta il monetarismo di mercato.
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Nei fatti come si aumenta M?
Abbassando i tassi di interesse. Oppure facendo dei prestiti.
A chi?
Il monetarista di mercato puro risponderebbe: a chiunque. A lui basta che un quantitativo corretto di moneta circoli nel sistema,  ha talmente tanta fiducia nel mercato da pensare che sarà lui ad allocare la moneta in modo efficiente.
Ma qui le sue ipotesi sono un po’ fortine.
Abbiamo appena visto che ogni “crisi della domanda” contiene anche una “crisi dell’offerta”, ovvero l’esigenza diriassestare l’apparato produttivo.
Ora, la domanda va stimolata ma senza conservare o alimentare le distorsioni dell’apparato produttivo.
In questo senso prestare alle banche è la cosa migliore. Perché?
Il mestiere della banca consiste nell’individuare imprenditori capaci e finanziarli.
Un imprenditore capace, domani, una volta che la sua impresa prenderà il volo, saprà camminare con le sue gambe anche senza finanziamenti straordinari.
Il mestiere di un consumatore è invece quello di consumare cio’ che desidera. Ma cio’ che desidera oggi grazie ad un entrata straordinaria, domani, quando questa entrata cesserà, potrebbe non desiderarlo più.
Cio’ significa che di fatto ora sta prolungando la vita ad un morto, ovvero ad un produttore da cui domani non acquisterà più nulla.
Meglio un imprenditore capace o un morto che cammina? Meglio un imprenditore capace, quindi meglio prestare alle banche che ai consumatori.
Naturalmente, le banche potrebbero non fare bene il loro lavoro, in Italia l’ ipotesi è realistica, ma questo è comunque un problema diverso da quello legato alla crisi economica. E comunque non esistono alternative.
Quando i politici d’opposizione usano l’espressione “regalano i soldi alle banche”, occorre quindi discernere: se la moneta ottima è quella dei monetaristi di mercato, il sistema non “regala” soldi alle banche ma semplicemente implementa un algoritmo noto a priori.
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mercoledì 4 maggio 2016

The Keynesian Model is not a Big Government or Small Government Model

The Keynesian Model is not a Big Government or Small Government Model, by David Henderson http://econlog.econlib.org/archives/2016/05/the_keynesian_m_1.html

If the government raises taxes during booms and lowers them during busts, or decreases government spending during booms and reduces government spending during busts, there is no built-in growth of government from following the policy implications of the Keynesian model.

If you could convince me that it [the Keynesian model] worked in a technical sense, I'd immediately favor tax cuts in recessions and tax increases in booms