sabato 30 settembre 2017

Grillo è di destra o di sinistra?

Grillo è di destra o di sinistra?

Molti, di fronte all’imbarazzo che pone una domanda del genere, preferiscono dire checategorie come destra e sinistra hanno perso senso. Salvo poi recuperarle immediatamente dopo in altri contesti.
Figuriamoci se non capisco il problema, ma per non essere  ipocrita preferisco  cimentarmi in modo diretto nell‘esercizio di ricondurre Grillo nel suo alveo ideologico stando alle categorie tradizionali.
In genere tutti sono d’accordo nel vedere in Grilloun populista. I suoi “vaffa” e i suoi “diti medi” hanno fatto epoca. Come trasforma la piazza in palcoscenico lui, nessuno è capace.
E qui possiamo già ricavare qualche indizio. Poiché il populismo è un approccio alla politica tipicamente di sinistra, ci sono buone probabilità che Grillo appartenga a questo schieramento.
Anche la storia e le simpatie passate di Grillo – sebbene lontane dalla politica diretta – sembrerebbe collocarlo a sinistra.
Ciò detto, il discorso non può chiudersi, dobbiamo vedere la posizione specifica del movimento sui vari temi.
Le uscite di Grillo sembrano puntare in direzioni disparate: ora spara contro gli immigrati, ora contro l’Europa e le politiche di bilancio rigorose, poi propone un reddito minimo per tutti, si presenta come un moralizzatore della politica e un paladino di onestà e trasparenza, mette la virtù al centro del suo programma e intende “rivoltare” il Parlamento come un Gesù Cristo ha rivoltato il tavolo ai mercanti del tempio.
Tuttavia, se c’è qualcosa che Grillo ama veramente è la democrazia. Ne ha un vero culto.
Il suo movimento è cresciuto sul principio dell’ “uno vale uno”.
I grillini vorrebbero votare su tutto, hanno una vera ansia da voto, girano con la cabina elettorale al seguito, se potessero voterebbero anche su quanto sale mettere nella pasta.
Quando poi vieni a sapere che la loro piattaforma telematica si chiama “Rousseau”, capisci molte cose.
Grillo adora la democrazia, è questo che l’ha condotto ad erigere una vera  chiesa sul principio di maggioranza e su quello di trasparenza.
Ma non tutti ne sono convinti.
Alcuni suoi critici sostengono che la democrazianon è quella cosa ridicola che ha in mente Grillo.
Una critica che giudico bolsa in partenza.
Costoro confondono la “democrazia” con il “buongoverno”. Casomai è il buon governo a non essere “quella cosa lì” ma la democrazia è proprio “quella cosa lì”. La democrazia è proprio ciò che Grillo ama: più si interpella la “volontà generale”, più si è democratici.
Le varianti che hanno in mente i suoi critici “illuminati” sono solo dei sani, per me, tentativi di tenere a bada la democrazia e tutti i danni che produce un suo impiego “esagerato”. Rousseau era più “democratico” di Montesquieu.
Alcuni, di fronte ai furori e ai radicalismi di Grillo parlano di tirannia, lasciando implicito il fatto che tirannia e democrazia siano incompatibili.
E chi l’ha detto che non sono compatibili? Non di certo Tocqueville quando parlava di “tirannia della maggioranza”.
Questo semplice fatto non viene capito da coloro – spesso indottrinati nella scuola italiana anni 70-80-90 – per cui “democrazia” è un termine positivo a priori. C’è un dittatore che ci piace? Chavez o Castro? Basta chiamarlo “dittatore democratico” ed eccolo riabilitato. “Democrazia” diventa un termine taumaturgico. Grillo è invece “sostanzialista”, per lui non esisterà mai un “dittatore democratico”, lui ha il culto del voto e della decisione presa a maggioranza. Ogni giorno un voto.
E’ Grillo il vero amante della democrazia, e non i suoi critici. Il democratico decide appellandosi alla volontà generale. Poiché spesso questo risulta assurdo, la persona di buon senso cerca di limitare il ricorso alla democrazia. Non Grillo, che ricorrerebbe alla piattaforma Rousseau anche per decidere i gusti del gelato  e allo streaming per rendere noto quel che fa il leader quando è in bagno.
Altri ancora dicono che la democrazia telematicadi Grillo non è autentica democrazia, che sono in pochi a partecipare realmente, costoro snocciolano dei numeri che considerano miserrimi e poi ridono. Ma davvero si crede che se Grillo potesse coinvolgere più gente non lo farebbe? Lo farebbe eccome! Adora troppo la democrazia. Certo, visto che vuole votare su tutto la sua democrazia è necessariamente telematica, se potesse fare altrimenti lo farebbe.
Altri ancora dicono che la piattaforma telematica ha delle falle e che quindi la democrazia di Grillo è vulnerabile e soggetta a truffe. Ma credete davvero che se fosse possibile tappare tutte le falle o rendere tutto più trasparente Grillo non lo farebbe? Illusi, lo farebbe domani, perché lui ama la democrazia come la sua vita. A scuola gli hanno detto che la democrazia era Santa e lui ambisce alla santità.
Altri dicono che Grillo è stato il primo a non rispettare il verdetto democratico di alcune elezioni telematiche interne.
Vero, ma avete notato che questa è l’unica critica che non suscita scherni e sberleffi? L’unica critica di fronte alla quale Grillo si trincera dietro un muro di silenzio? Nel momento in cui il movimento ha avuto successo ed è entrato nella stanza dei bottoni, l’utopia grillina  si è necessariamente indebolita, tutti devono fare i conti con la realtà. Ma cio’ non significa che l’ideale continui a fungere da bussola suprema. 
***
Dopo avere indicato lo specifico di Grillo, torniamo ora alla questione principale. È di destra o di sinistra?
Ripassiamo i fondamentali: cos’ è la democrazia?
La democrazia è un metodo formale per estrarre la “volontà generale”, un concetto assolutamente centrale per la politica. Senza “volontà generale” non vai da nessuna parte in politica.
Si noti che invece, per chi si disinteressa della politica, la “volontà generale” non esiste, è un mero mito. Solo le persone hanno una “volontà”.
Ergo: il culto della democrazia si traduce necessariamente nel culto della politica.
Se uno è intimamente convinto che la volontà generale esista e che la democrazia sappia esprimerla, allora ritiene che la politica prendadecisioni moralmente ineccepibili.
Ma una fiducia del genere è la premessa ideale perestendere le competenze della politica a tutti gli ambiti sociali. E’ la premessa al cosiddetto “primato della politica”.
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È tempo di conclusioni, ma per trarle bisogna ripassare un secondo “fondamentale” e farsi un’idea di cosa sia la destra e di cosa sia la sinistra.
La mia teoria preferita su questo punto parla chiaro: la sinistra ama la politica, la destra odia la sinistra.
Per l’uomo di sinistra il politico deve intervenirenei processi sociali, deve aggiustarli, migliorarli, costruirli da zero e ricostruirli. Ha una  fiducia disarmante nella politica.
L’uomo di destra vede nel politico fondamentalmente come uno che non lo lascia in pace. Teme la politica, quando il Parlamento è riunito sente che la sua libertà è minacciata.
Se ci affidiamo allora alla mia teoria preferita la conclusione segue placida: Grillo e il suo movimento sono di sinistra.
Gli indizi tratti dalla matrice populista del movimento e dalla storia personale di Grillo sembrano allora confermati in pieno anche da un’ ulteriore analisi. Per ora mi fermo qui, in attesa di sviluppi.
grillo

venerdì 29 settembre 2017

Il nostro bisogno di “follia”

Il nostro bisogno di “follia”

Perché costruire la categoria dei “pazzi” e tenerla ben separata da quella degli altri uomini?
Non sarebbe più semplice considerarli delle semplici persone con “preferenze estreme”?
Ci sono tutti i presupposti  per agire in questo senso, eppure per questa gente preferiamo costruire categorie ad hoc e stabilire “percorsi” speciali. Perché?
Mia idea: per sgravare la coscienza di chi è impegnato nel rendere la nostra società un posto migliore in cui vivere.
In genere la scimmia-uomo fonda la sua comunità secondo un protocollo ben preciso: stabilisce delle regole generali ed elabora poi forme ipocrite per eluderle in modo vantaggioso per tutti. In noi è molto forte un senso dell’eguaglianza ma non esistono regole generali che garantiscano l’efficienza.
Ma non divaghiamo, la mia tesi consiste appunto nel sostenere che la categoria mentale della “follia” assolve appunto a questa funzione.
***
Mi spiego meglio: desideri una società migliore? Sì? E perché non procedi, allora.
Ingenuo, ma non sai che è facilissimo ottenerla?
Basta applicare protocolli eugenetici restrittivi alla riproduzione di massa. Un po’ come si fa con i cani per selezionare la razza pura.
Dopo poche generazioni avremmo una società in grado di funzionare molto meglio. Garantito!
Perché non lo facciamo? Per un interdetto etico.
C’è una proibizione che al momento, anche per la storia da cui veniamo, non riusciamo mentalmente ad eludere.
Questo non significa che altre proibizioni simili non siano state bypassate.
Con i pazzi, per esempio, ce l’abbiamo fatta: abbiamo creato una categoria di uomini apposita, con meno diritti e meno doveri, dopodiché abbiamo potuto agire con la coscienza pulita.
Del resto, la società che controlla i suoi pazzi funziona meglio di quella che li considera uomini a tutti gli effetti.
Ma questa è davvero la via obbligata per giungere alla meta?
No, ce n’è un altra: potremmo agire nello stesso identico modo evitando di creare categorie ad hoc e, quindi, mantenendo la nostra coscienza sporca.
Ogni società funziona grazie a dei capri espiatori (qui il rinvio a René Girard è d’obbligo): i pazzi rientrerebbero tra i capri che fondano la società.
Che fare allora?
Le opzioni sul tavolo sono essenzialmente tre: 1) creare una categoria mentale dove relegare alcuni soggetti da sacrificare, 2) convivere con una coscienza sporca o 3) mantenere la coscienza pulita e la società inefficiente.
Ognuno faccia la sua scelta. La mia: nel caso del piano eugenetico scelgo 3), nel caso dei pazzi scelgo 2). Al momento.

Ennesima teoria di Destra e Sinistra (per farla finita)

Ennesima teoria di Destra e Sinistra (per farla finita)

Vediamo un po’ quel che passa ora il convento.
La sinistra si preoccupa dell’eguaglianza, la destra dell’efficienza.
La sinistra si preoccupa dei poveri, la destra dei ricchi.
La sinistra è laica, la destra religiosa.
Si tratta per me di teorie troppo “intellettuali”.
Teorie che vorrebbero ricondurre l’ideologia a dei principi primi, teoria “analitiche”.
Ancor più intellettuali sono poi le teorie di matrice storica.
Lo ammetto, saranno anche fondate ma non mi soddisfano. Ciò che lega le persone di sinistra tra loro è un sentimento più che un’idea. È lo stesso dicasi per le persone di destra.
In altri termini, abbiamo bisogno di una teoria psicologica.
Ecco allora la mia preferita.
La sinistra si oppone d’istinto al “mercato” e la destra si oppone d’istinto alla sinistra.
Notate le virgolette? Sì, ho detto “mercato” per provocare, la sinistra si oppone d’istinto alla natura, al cosiddetto “ordine spontaneo”, a quell’ordine che emerge nel consorzio umano quando la politica non interferisce dall’alto.
Il libero mercato è solo un esempio eloquente di ciò di cui parlo.
Per la sinistra l’ordine spontaneo equivale alla legge del più forte, allo stato di natura, ad una dimensione in cui la vita è “breve, violenta e brutale”.
La sinistra sente d’ istinto che l’ordine spontaneo va imbrigliato, domato, “pettinato”, e che la politica assolve a questa funzione. La sinistra adora la politica, trova che sia la salvezza dell’uomo.
La sinistra ha un amore viscerale verso la politica. Il suo motto è “tutto e politica”.
E la destra?
La destra non è un’ideologia, è solo una forma di disgustoverso la sinistra.
La destra accetta di buon grado l’ordine spontaneo con tutte le sue gerarchie e le sue diseguaglianze. Trova che sia provvidenziale, che abbia origini divine. E così si oppone in modo frontale alle interferenze della sinistra.
In questo senso la destra ama la tradizione, i costumi, le consuetudini. Odia le innovazioni della sinistra, come per esempio i diritti che inventa ogni giorno. Odia la legge che il politico delibera quando si alza con il piede sbagliato (e anche con quello giusto). Per lei solo una tradizione secolare merita di chiamarsi “legge”. Per lei la tradizione è la vera democrazia: una democrazia a cui partecipano tutti, anche gli antenati.
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Ora, per noi italiani è particolarmente difficile capire la distinzione che propongo.
Abbiamo vissuto il fascismo, ovvero un movimento politico di sinistra che ancora oggi pensiamo automaticamente come di destra.
Tuttavia, Mussolini fu da sempre  uomo di sinistra e mai rinnegò le sue origini, al di là dei pragmatismi tipici di un uomo di governo.
Nel momento in cui andò al potere, per esempio, stipulò un accordo più o meno esplicito con una destra (conservatori e borghesi) timorosa dell’aria socialisteggiante che tirava. Da quel momento fu il nemico giurato delle sinistre che lo vedevano come un traditore della santa causa.
Ma essere nemico dei partiti di sinistra non vuol dire essere di destra. Anzi, come si dice in questi casi, il peggior nemico è proprio quello che hai nel letto, le lotte tra consanguinei sono le più accanite, come spiega anche la Bibbia.
Non capire che il fascismo affonda le sue origini nella tradizione della sinistra vuol dire che Renzo De Felice, uomo di sinistra e  massimo storico del fascismo, è morto invano
D’altronde, il canovaccio del traditore sì è ripetuto molte volte nella storia della sinistra, basterebbe guardare all’Unione Sovietica e alla lunga teoria dei “nemici della Rivoluzione” giustiziati o emarginati nel disprezzo generale. Ma questa sorte non fa certo di Trotsky e Lukàcs degli uomini di destra!
Ci sono anche episodi più modesti e recenti, per esempio quello di Bettino Craxi, socialista divenuto nemico giurato delle sinistre per questioni che ora non sto a dire.
Di certo Bettino Craxi, come Benito Mussolini, resta un uomo di sinistra che esprime valori di sinistra a prescindere dalle beghe avute con gli altri partiti politici della sinistra italiana.
Questo deve essere chiaro per capire la distinzione tra le due ideologie. Sia per Mussolini che per Craxi che per tutti gli uomini di sinistra la politica è tutto, la politica forgia la società, il primato spetta alla politica.
Un’eresia decisamente disturbante per un autentico uomo di destra.
destr

L’argomento cattolico


L’argomento cattolico


Aborto, eutanasia, utero in affitto, gender, matrimonio omosessuale, contraccettivi… il cattolico è perennemente in trincea con l’elmetto ben calato sulla fronte a combattere una battaglia culturale che non gli dà respiro.
Sembra a volte disperato, sembra sul punto di cedere, eppure nel suo arsenale ha un’arma segreta, un argomento irresistibile che non ammette repliche: quello demografico.
A volte persino lui se ne dimentica: dovrebbe sfruttarlo meglio!
Cattolici, vi prego, produce più prole e meno parole!
E non quei soliti due bambinelli sperduti come se foste degli atei qualsiasi.
Proclamare dal pulpito di “non fare figli come conigli” avrà anche le sue ragioni ma è già una dichiarazione di resa.
Il cattolicesimo stenta? Fate figli. Il cattolicesimo perde colpi? Fatene di più. Il cattolicesimo è allo sbando? Fatene almeno 5.
Ecco, cinque è il numero giusto (per ora).
I movimenti cattolici sono meritori nella misura in cui i loro adepti figliano. I ciellini, per esempio, non sono messi male. Ma quelli del Rinnovamento sono ancora meglio. L’Azione Cattolica delude da anni.
Ricordatevi che i vostri figli la penseranno come voi e che l’ideologia è 1) contagiosa e 2) si eredita di padre in figlio, più della statura.
Cosa dite? La vostra non è ideologia ma fede? Fa lo stesso, non cambia una virgola.
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Le strade sono invase da atei, non se ne puo’ più.
Per capire come liberarle in modo pacifico da questa presenza è necessario prima capire da dove spuntino.
A questi atei non sembra mancare niente, ora che sono maggioranza sono anche molto più rilassati di un tempo, a volte persino appagati.
Fatevi un giretto in Danimarca – il paese più ateo del mondo.
Sicurezza e fiducia predominano, se vi serve potete persino tirar su una bici per strada e utilizzarla senza troppe formalità deponendola poi dove vi pare (o quasi).
La Danimarca svetta nelle classifiche di cooperazione, sicurezza, fiducia e coesione sociale. Una delle società meno religiose al mondo!
Se vi capita di litigare andate in Tribunale. Ma vi fidate del giudice? In Danimarca si fidano.
Si fidano anche della polizia. Anche della maestra e dell’impiegato comunale. Si fidano delle istituzioni, che bisogno hanno di fidarsi di Dio? Dopo la morte ci penseranno. Il pensiero implicito è: tanto quando arriva la morte io non ci sono più.
Le istituzioni hanno sostituito dio nella mente di quei rozzi vichinghi.
Più le istituzioni sono affidabili, meno bisogno abbiamo della religione. E’ un fatto.
La corruzione politica è il miglior alleato della fede. Che non si abbia paura ad affermarlo!
Il grande Dio dei monoteisti è stato rimpiazzato dal Grande Governo degli statalisti.
Andrebbe ricordato a quei cattolici che adorano l’idolo chiedendo nelle loro processioni più asili, o la pensione di reversibilità, o l’ otto per mille, o le detrazione per i coniugi a carico.
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Vediamo più da vicino questo fenomeno.
La società secolarizzata non si contrappone a quella religiosa, come si credeva, ne è un’escrescenza.
Nella società secolarizzata non c’è più posto per il sacro?
Ma sono i monoteismi ad aver combattuto per primi l’onnipresenza del sacro. Dovevate vedere come eravamo messi prima. Sono loro ad aver indicato la strada e spiegato come si fa.
Nella società secolarizzata si è spenta la fede?
Ma nelle società monoteistiche si sono spente molte più fedi. Se la società secolarizzata ha “confutato” un dio, la società monoteistica ne ha confutati e abbattuti cento!
Da dove prende la società secolarizzata concetti quali quello di “persona” o “umanità”? Ma dalla società monoteista, ovviamente. In particolare quelle cattoliche, che secondo l’insegnamento di san Paolo concedevano allo straniero di unirsi al gruppo senza riguardo per la razza.
Nella mente delle persone Dio e il Governo occupano la stessa sedia: se si siede uno non puo’ sedervisi l’altro.
In altri termini, il credente è un libertario dentro. Non crede al governo poiché ha già un suo dio. E viceversa.
La fede regna sovrana… se il governo è corrotto.
Il dio monoteista vi vede anche quando siete in bagno, è per questo che non vi mettete le dita nel naso nemmeno lì. Ebbene, quando il ministero piazzerà nel vostro bagno le sue telecamere (presto) potrete abbandonare Lui e la sua Omniscienza al loro destino.
Dopo l’alluvione, l’uragano, il terremoto… ci si sprofondava in preghiera invocando lo Spirito Santo. Oggi si chiama la Protezione Civile. Inutile perder tempo in preghiere, meglio PC che SS.
L’istituzione stabile, forte e trasparente erode giorno dopo giorno la nostra religione.
La religione declina più rapidamente laddove il governo vi scorta dalla culla alla tomba: Danimarca, Svezia e Francia.
Laddove invece si mostra più disinteressato – Stati Uniti – dio riesce ancora a sedersi su quell’unica “sedia per due”, a comparire in effige sulle monete.
Abbiamo un tremendo bisogno di sentirci “in controllo della situazione”. Se il governo non ci dà questa sensazione ci volgiamo agli astri. Altrimenti… Autori come Aaron Kay hanno esplorato questa dimensione della nostra psiche. Cercate pure in rete il suo lavoro, la rete seve a questo.
La fede nel governo e la fede in dio si compensano l’un l’altra. Questo spiega quanto siano connesse le due dimensioni: non comprendiamo la religione se non comprendiamo le credenze secolari. E viceversa.
***
Dedichiamoci ora all’enigma dell’ateismo: in passato chi smetteva di credere si convertiva ad un’altra fede. Fine.
Nel tempo e nello spazio l’umanità non ha mai conosciuto l’ateismo e ora, di colpo, c’è una parte di esso in cui il contagio si propaga. Cosa diavolo è successo?
Psicologi come Paul Bloom dicono che l’ateo autentico non esiste, sono scettici.
Tutti hanno il loro dio, tutti credono in realtà soprannaturali. Anche il neuroscienziato più à la page crede nella realtà della sua mente. Neghiamo lo spirito ma implicitamente ci crediamo.
Ad ogni modo la nostra mente offre meno resistenze alla fede rispetto all’ateismo. Qui uno come Pascal Boyer. Cercate in rete il suo lavoro, la rete serve a questo mica a scambiarsi i cuoricini.
La religione è intuitiva, la scienza è controintuitiva. Qui rinvio a Robert McCauley. Cercate e approfondite il suo lavoro, grazie alla rete potete accedervi senza bisogno di recarvi alla biblioteca di Stanford.
Per capire l’esplosione dell’ateismo dobbiamo anche capire che, così come esistono diverse tipologie di credenti, esistono anche diverse tipologie di ateismo, scusate se uso espressioni forzate: 1) l’ateo autistico, 2) l’ateo analitico e 3) l’ateo apatico.
L’ateo autistico non arriva nemmeno a comprendere il concetto di dio. Lo percepisce come incongruo, insensato. Ma perché un limite del genere?
Guardiamo cosa accade nella crapa di chi prega: si attivano tutti quei circuiti che segnalano empatia. Di solito si accendono quando cerchiamo di “metterci nei panni dell’altro”.
Nell’ateo autistico questi circuiti sono seriamente danneggiati e la cosa lo fa vivere in una specie di isolamento. Jesse Bering è l’autore che consiglio a chi intendesse approfondire questo punto, cercate in rete il suo lavoro.
Non è un caso se tra gli autistici in senso stretto la religione sia un concetto incomprensibile. Cio’ che manca in queste persone è un profondo senso della relazione interpersonale. Religione significa relazione, non scordatelo.
Un tempo questa gente era relegata tra i malati mentali o quasi, oggi a loro si aprono molte più opportunità. Ieri il nerd della scuola era vilipeso e bullizzato di continuo, oggi è rispettato e mandato nelle migliori università.
Da malato mentale a genietto di successo il salto e notevole… e anche l’influenza sociale della sua non-fede pesa molto di più.
Bering cita e studia il caso di Temple Grandin, scienziato ateo e animalista.
L’ateo-autistico puo’ ancora prendere in considerare un dio astratto e lontano, ma non chiedetegli di figurarsi un dio personale, quello proprio no.
C’è poi l’ateo intellettuale. Costui ha pensato a fondo la questione di dio dismettendo le sue credenze.
La nostra mente funziona proprio così: prima credere-poi dubitare.
Ma per dubitare bisogna prima analizzare, bisogna avere il tempo per farlo, bisogna avere il lusso per avere il tempo per farlo..
Anche secondo Blaise Pascal noi crediamo con il cuore e non con la ragione. Pascal non era un fan degli Scolastici medievali, ovviamente.
Ci sono molti esempi di intuizioni corrette da successiva analisi: la scienza non fa praticamente altro che questo.
Ma le persone intuitive sono anche più religiose? Rinvio al lavoro Amitai Shenhav per supportare la risposta affermativa.
Si noti che la cosa vale a prescindere dall’intelligenza, dal livello di istruzione, dal reddito, dal carattere e dall’età. E’ proprio lo stile cognitivo che rende prevedibile la nostra posizione in materia religiosa.
Quando un pensatore analitico mette nel mirino la sua fede puo’ anche darsi che la conservi, di certo sbollisce il suo fervore.
In questi casi si comincia a credere in un dio lontano che non interviene oppure in forme di panteismo. Rinvio al lavoro di Gordon Pennycook.
C’è anche una piccola ma robusta connessione tra intelligenza e ateismo. Ebbene, l’intelligenza ci porta ad analizzare e l’analisi a dubitare.
Will Gervais ha persino notato che se fissiamo “ Il pensatore” di Rodin diventiamo un filino più scettici.
Qui si rischia un po’ di confusione, meglio chiarire. Il pensatore non mette in dubbio la sua fede perché poco solida, e mi spiego meglio di seguito.
Considerate questa situazione: la gente puo’ essere intuitiva o analitica, solo i primi non analizzano la loro fede, i secondi sì. Chi analizza la propria fede puo’ conservarla o rigettarla. E’ chiaro che se cresce la quota di analitici cresce anche la secolarizzazione della società, e questo a prescindere dalla solidità razionale della fede. Succederebbe anche se l’oggetto di fede fosse la fisica newtoniana.
E ora un ulteriore passaggio: in una società in cui Big Government sostituisce Big God la fede perde importanza sociale cosicché è normale che più gente si soffermi ad analizzarla. Il rapporto tra intuitivi e analitici cambia: prima nessuno osava analizzare nel dettaglio cio’ che era l’architrave della vita in comune. Troppo pericoloso!
Quel che voglio dire che la molla che fa scattare il processo è la “sostituzione” di cui sopra.
Siamo più ricchi e possiamo concederci più tempo. Dio non è più una questione di vivere civile. E’ chiaro che ci possiamo permetterci più “analisi”… e quindi anche i dubbi relativi.
Ben più importante la terza categoria, quella degli “apatei” studiati da Pippa Norris.
Se le condizioni economiche e sociali migliorano diventiamo tutti più “apatei”.
Al contrario, un ambiente che ci mette a rischio ci “converte” anche.
La religione è una gruccia mentale, dice Al Franken. Ma prima di lui anche Freud e Feuerbach.
La ragione, la logica e anche la scienza hanno ben poco da offrirci quando entriamo in ansia. Morte e sofferenza pompano le credenze religiose.
Chris Sibley confronta i livelli di fede religiosa prima e dopo i terremoti. Cercate il suo lavoro.
Persino in laboratorio basta far presente la nostra esposizione al caso per ottenere segnali di credenza più robusta. Rinvio ancora al lavoro di Aaron Kay.
Dio è un appiglio, da lui traiamo sicurezza e conforto. Se ce le dà qualcun altro dio non ci serve più.
L’ “apateo” non rigetta la sua fede, semplicemente diventa pian piano indifferente. Puo’ permetterselo, non gli serve, ci pensa mamma-Stato a dargli quel che cerca.
C’è chi loda le virtù dell’ “apateo”: è tollerante e pieno di sani (e generici) principi. per una lode esemplare vedi Rauch.
A volte l’apteo era un credente in cerca di una regola a cui uniformarsi. Tutti noi lo siamo, in fondo: siamo dei conformisti naturali, ci sentiamo perduti senza una regola purchessia. Ora che non è più la religione a dettare le regole lui le cerca (e le trova) altrove. Semplice.
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Riassunto: l’ateo autistico non capisce dio, l’ateo intellettuale ne dubita e l’apatico lo evita.
Prendiamo il caso dello scienziato: 1) è più incline all’autismo, 2) ha uno stile cognitivo analitico e 3) vive in ambienti più sicuri della media.
Chi si sorprende se lo scienziato medio ha più probabilità di essere ateo rispetto alla persona media?
Nella nostra mente la fede “viene prima”, ma in un mondo confortevole in cui possiamo intrattenerci con quel che “viene dopo”, la fede spesso deve cedere il posto.
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Detto questo, chi vincerà tra fede e ateismo?
Il mondo sembra andare verso l’ateismo: siamo più sicuri, più analitici e sempre più individualisti.
Il mondo sembra andare verso l’ateismo ma la fede ha l’arma segreta: la demografia. La demografia potrebbe rivelarsi l’argomento vincente.
Se facciamo un figlio in più rispetto a quanti ne converte l’ateismo, vinciamo.
L’ateo non fa figli: o converte o è destinato a sparire. La partita è dunque aperta.
Ma c’è anche un’ altra via.
Nessuno auspica disastri naturali per innalzare i livelli di fede religiosa innalzando i rischi esistenziali. Tuttavia, esistono forme di rischio socialmente benefiche.
Pensate solo al welfare state e all’alta tassazione che ne deriva: si comprimono i rischi medi della popolazione ma anche la sua ricchezza.
Facciamo l’eloquente confronto USA-Svezia: gli usa sono più ricchi ma anche più diseguali. La Svezia sceglie di sacrificare parte della sua ricchezza per diminuire i rischi.
Il rischio accettato, quindi, potrebbe anche essere considerato buono nel momento in cui aumenta la ricchezza complessiva. E’ buono per taluni “antidoti” che consente alla società di sviluppare.
Ebbene, anche chi auspica una maggiore religiosità dovrebbe considerarlo “buono” visto che tra gli antidoti c’è la fede in dio.
E in effetti la fede in dio che troviamo negli USA non la troviamo certo in Svezia.
E’ questa la residua compatibilità tra religione e modernità, vediamo di non dimenticarcela: più Big Government implica meno Big God, e ci sono molti argomenti “moderni” per chiedere meno Big Government, molti argomenti che possono essere cavalcati anche da chi punta sul ritorno di Big God.
Quindi: 1) uniamoci a quella parte di mondo e (ripeto) 2) facciamo più figli.
demograf