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mercoledì 24 luglio 2019

LA SCELTA DELLA CAUSA

LA SCELTA DELLA CAUSA
Potrebbe essere vero, e dimostrabile statisticamente, che un certo stato neurologico “causa” in un individuo la sensazione della fame. Tuttavia, potremmo dimostrare che una prolungata astinenza dal cibo provoca la medesima sensazione di fame. Entrambi questi modelli sono equivalenti in termini epistemici, ma uno potrebbe suggerire un rimedio migliore dell’altro, magari dal punto di vista morale. Contro la fame meglio una medicina o un panino? A lungo andare, questa scelta potrebbe avere conseguenze morali.
Prendiamo il caso della scuola: il bambino con difficoltà è un somaro o un “malato” affetto da disturbi dell’attenzione? Meglio farlo lavorare sodo o affidarlo alle cure di un terapeuta che gli alleggerisca gli impegni?
Una certa persona è razzista o impaurita?

A queste domande non si risponde con modelli migliori di altri, piuttosto con modelli che offrono soluzioni più morali di altre. La causa prescelta rappresenta una scelta etica e politica piuttosto che epistemologica.

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sabato 30 luglio 2016

Contro la medicalizzazione della società

Un tale spara sulla folla, viene catturato e messo in cella, che farne?
E’ pazzo? Forse sì: non ha il controllo sulle sue azioni.
O forse no: semplicemente per qualche motivo gli piace l’idea di sparare sulla folla e oggi ha deciso di farlo.
Come scegliere tra le due opzioni? Follia o preferenza estrema?
Il dilemma vale per il pazzo, per il drogato, ma anche per il bambino distratto: medicalizzare o moralizzare?
Lo stragista si realizza uccidendo il prossimo che non conosce? All’alcolizzato piace il vino? Il bambino distratto preferisce fare il lazzarone?
Le ho provate tutte per capire come giudicare in modo rigoroso ma nulla mi soddisfa. Si va a occhio in modo inaffidabile.
Davvero, non capisco come agiscano i “periti” di un processo che lascia adito a dubbi del genere (e ce ne sono tanti!): secondo me in base a mere condizioni del tutto arbitrarie. Non mi fido.
Del resto la vicenda dell’omosessualità: è stata tolta dal novero delle malattie per alzata di mano nel congresso di psichiatria del 1972  senza che la scienza avesse prodotto nulla di nuovo in materia. Mere convenzioni.
C’è chi la fa facile: poiché non riesco a capire le preferenze dello stragista, allora non le considero preferenze. Alla faccia del rigore! francamente, non saprei se sia più pericoloso chi pensa in questo modo o lo stragista (che se va al potere giudicherà probabilmente con lo stesso criterio tutti noi).
Altri dicono: guarda se si pente. L’assunto: quando una presunta “preferenza estrema” è volatile allora non è una vera preferenza. Ahimé, pentirsi è un atto assai sospetto quando pentirsi conviene. Il drogato che implora il tuo aiuto per “uscire dal tunnel” potrebbe cercare una scusa per ottenere qualcosa a basso prezzo. La medicalizzazione della scuola scusa (e dà privilegi) a chi fornisce basse prestazioni….
D’altronde, l’alcolizzato beve quando potrebbe evitarlo: se gli offri una somma di denaro per non bere quel bicchiere lui si astiene e incassa, chiara dimostrazione che puo’ farlo se solo lo volesse. Gli economisti hanno notato che quando il costo dell’eroina aumenta i consumi decrescono, alla faccia della dipendenza.
Alcuni puntano forte sul ruolo delle medicine: se una preferenza cambia assumendo delle medicine, allora non è una preferenza ma una malattia. Non mi convince: posso essere più disinibito bevendo un bicchierino, ma questo non significa che la vergogna sia una malattia. Così come io bevo un bicchierino per risolvere i miei problemi umorali, nulla vieta al depresso di prendersi il prozac o altre medicine senza per questo dover essere considerato malato.
Sento dire: solo il folle si sbaglia di continuo senza imparare la lezione! Sbagliato, anche molti che reputiamo sani fanno lo stesso, i bias sistematici sono acclarati. Molte convinzioni scientifiche fondate (dall’evoluzione all’età della terra) non sono credute vere da molti, ma non siamo per questo in presenza di folli.
Poi c’è il “chimico”: quando agiamo in virtù di eventi chimici che accadono nel nostro cervello, allora non possiamo parlare di “preferenze”. Ma anche qui giungiamo subito ad un punto morto: gli eventi e i comportamenti possono essere correlati ma sul nesso di causalità la scienza è silente. E poi, anche l’obeso ha un metabolismo strano ma non per questo l’obesità è necessariamente una malattia, mantenere un peso forma è nelle sue possibilità, anche se richiede uno sforzo maggiore.
cerott
Torniamo al dilemma: follia o preferenza? Moralismo o medicalizzazione? Qui mi sa che bisogna prendere posizione senza molti elementi concreti a supporto, facendo prevalere la convenienza sociale. Seguendo le orme di William James o Blaise Pascal: se un problema metafisico non ha una soluzione che s’impone allora è bene soppesare le conseguenze delle soluzioni in concorrenza.
E allora vediamole queste “convenienze”.
L’approccio moralista produce i migliori incentivi: se sei responsabilizzato ti impegnerai di più a prescindere dai tuoi limiti.
L’approccio medico non inficia l’adozione delle migliori terapie: se sei malato verrai curato meglio.
Ora, l’approccio moralista non pregiudica le cure: il fatto di essere responsabile non mi impedisce di prendere una pastiglia d’aiuto.
Al contrario,  l’approccio medico pregiudica gli incentivi: se sono malato ho diritto a corsie preferenziali.
E’ chiaro che il primo approccio s’impone.
Obiezione: ma facendo la scelta moralista non produciamo giudizi sballati?: ok, un ciccione potrebbe astenersi dal mangiare l’ennesimo panino se solo lo volesse ma cio’ non toglie che forse per lui l’operazione è più difficile che per me, giudicarlo è rischioso.
Risposta: ma questo si è sempre saputo e il problema è stato superato: esiste una giustizia umana e una giustizia divina; noi abbiamo diritto ad esprimere un giudizio morale su un comportamento sbagliato ben sapendo che quello definitivo sulla persona lo pronuncerà solo chi puo’ osservare tutte le variabili in campo.
Ma il mondo secolarizzato ha espulso il tribunale divino dal suo orizzonte cosicché la “medicalizzazione” della società avanza a passi da gigante.

giovedì 28 luglio 2016

ADHD

Like the late great Thomas Szasz, my objection is that labels like ADHD medicalizepeople's choices - partly to stigmatize, but mostly to excuse.  In his words, "The business of psychiatry is to provide society with excuses disguised as diagnoses, and with coercions justified as treatments."

PREMESSA: [A] large fraction of what is called mental illness is nothing other than unusual preferences

these negative adjectives are thinly disguised normative judgments, not scientific or medical claims. Why should mental health professionals be exempt from economists' standard critique? 

The American Psychiatric Association's (APA) 1973 vote to take homosexuality off the list of mental illnesses is a microcosm of the overall field (Bayer 1981). The medical science of homosexuality had not changed; there were no new empirical tests that falsified the standard view.

Overall, the most natural way to formalize ADHD in economic terms is as a high disutility of work combined with a strong taste for variety. Undoubtedly, a person who dislikes working will be more likely to fail to 'finish school work, chores or duties in the workplace' and be 'reluctant to engage in tasks that require sustained mental effort'. Similarly, a person with a strong taste for variety will be 'easily distracted 

Il piacere al centro. No one accuses a boy diagnosed with ADHD of forgetting to play videogames.

Another misconception about Szasz is that he denies the connection between physical and mental activity. The problem is that 'chemical imbalance' is a moral judgment masquerading as a medical one.

A closely related misconception is that Szasz ignores medical evidence that many mental illnesses can be effectively treated. Once again, though, the ability of drugs to change brain chemistry and thereby behavior does nothing to show that the initial behavior was 'sick'. If alcohol makes people less shy, is that evidence that shyness is a disease?