Bellissima.
Il regista Alessandro Blasetti cerca a Roma una bambina per una parte in un film. A Cinecittà accorre una folla di madri tra le quali la popolana Maddalena Cecconi con la figlia Maria. La madre fa qualsiasi sacrificio per garantire alla figlia il fotografo, la maestra di recitazione, quella di ballo, il parrucchiere e la sarta e litiga col marito Spartaco, contrario ai suoi desideri di successo per la figlia. In seguito paga un truffatore per fare ammettere al provino la figlia: la bambina viene finalmente ammessa. Maddalena riesce a vedere la proiezione e, mentre vede la figlia che piange amaramente nella sala, l'entourage del regista si sbellica dalle risate. Indignata, si rende conto di aver sbagliato tutto e, quando la figlia viene effettivamente scelta per il film, rifiuta di firmare il contratto riconciliandosi col marito
Insomma, si affronta il tema molto attuale del "velinismo".
Ho rivisto il film con Sara e si è discusso su quale fosse la "scena madre".
[... dopo ogni film noi fissiamo sempre la "scena madre", altrimenti non ci si alza dal divano...]
Almeno tre sequenze si contendono la palma.
La prima illustra l' umiliazione subita.
La seconda il dolore patito.
La terza lo sfogo esternato.
La prima scena è memorabile, non fosse altro che, prima di rivedere il film, nel mio immaginario restava la scena finale.
Ma dopo la rinfrescata voto per la seconda. Lo sguardo perso della Magnani risulta oggi un po' troppo caricato, ma mi sembra proprio che in quella sofferenza ci sia una scoperta decisiva: l' origine dell' amore verso la figlia.
E' un amore che non dipende dalla bellezza e da nessun altra virtù esibita.
Con la marghe sperimento qualcosa del genere; quando lei non c' era ancora o stava solo arrivando, speravo tante cose in mancanza delle quali avrei fatto volentieri a meno di "tutto il resto"; ora conservo molte speranze ma capisco che le delusioni difficilmente aprirebbero una distanza o diminuirebbero l' intensità del legame; in altre parole, "tutto il resto" in realtà è "tutto".
Evidentemente l' origine dell' amore sta altrove e Maddalena lo scopre proprio su quella panchina, mentre la banda del circo apre lo spettacolo.
Sara vota la terza, le piace tanto l' idea che un amore possa rinforzarne un altro in un circolo virtuoso: "per me e suo padre è tanto bella".
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lunedì 29 novembre 2010
sabato 7 agosto 2010
Rocco e i suoi fratelli
Chesterton dice che il mondo non è logico, ma non è neppure illogico. Volendolo proprio definire in relazione alla logica, diremo che è una trappola per logici. Per questo, secondo lui, la visione cristiana s' impone.
Prendiamo un caso: non esiste modo di conciliare Giustizia e Perdono. Se perdoni, il colpevole non paga. Al contrario, la Giustizia non puo' che essere spietata.
Eppure, chi nega la grandezza del Perdono? E chi osa disprezzare la civiltà della Giustizia?
Ieri sera ho rivisto Rocco e i suoi fratelli. Non me lo lascio mai sfuggire, resta per me un grande capolavoro della settima arte.
Sapete com' è, mi piacciono quei film dove ad ogni sequenza posso dire: "ecco quel sentimento che sembra tanto strano e mostruoso, l' ho provato anch' io". Mi piacciono quei film in bianco e nero dove, mentre li vedi, ad un certo punto puoi dire: "Ei, ma io abito là in fondo a destra!" "ei ma su quel ponte mi faccio un' ora di coda al giorno"...
In questo film il miracolo della conciliazione si compie: Ciro (Giustizia) e Rocco (Perdono) si amano, si rispettano, si capiscono e convivono miracolosamente nella stessa famiglia contribuendo a rafforzarla.
Simone è la pecora nera della famiglia, Rocco vuole perdonarla, Ciro vuole giustiziarla. Senza mai bisogno di dirlo, ciascuno comprende le ragioni dell' altro.
Rocco, in cui ribolle il sangue arcaico della Basilicata (a Milano meglio nota come "africa"), sa che ogni struttura sociale si fonda su un sacrificio. Simone è il capro e noi dobbiamo rendergli onore.
Forse ha letto Girard, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo del figliol prodigo.
Ciro, in cui stagna un sangue milanesizzato, sa che ogni struttura sociale si fonda sulla responsabilità. Simone ha mancato e deve pagare.
Forse ha letto Weber, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo dell' Apocalisse.
Dove, se non nel Vangelo e nella famiglia Parondi, si conciliano tanto bene Giustizia e Perdono?
Acthung: questa conciliazione non si realizza tramite pedanti armonie. C' è conflitto vivo e scoppiettante nel rispetto e nell' ammirazione reciproca.
---- un paio di dubbi regalati dal film dopo la dodicesima visione--------
Simone poteva salvarsi?
Io penso di sì: non ingannino i suoi comportamenti estremi, è il tipico istinto a degradarsi che l' immaturo prova non appena le cose non girano per il verso giusto.
Nadia ha delle colpe? Simone si mette con lei quando non è ancora una persona matura (sbuffa come una locomotiva mentre guarda i film d' amore con la fidanzata che sospira). Perchè Nadia non lo "aspetta"?
Sembrerebbe assurdo pretenderlo, eppure noi ammiriamo Rocco proprio perchè è sempre pronto ad attendere la maturazione del fratello. Il dovere dell' amore è forse richiesto più al fratello che alla fidanzata?
Non penso che un simile dubbio possa avere mai risposta; forse non è nemmeno giusto tentarla.
Ma c' è una cosa che colpisce: se Nadia vuole essere protagonista, allora deve accettare la macchia della colpa. In caso contrario diventa solo una circostanza ambientale, un elemento della scenografia. Un portato della Provvidenza al pari della nevicata notturna, tanto per intenderci, quella che mette di buon umore i terroni neo-immigrati: l' indomani in Municipio ci sarà lavoro per tutti come spalatori.
Certo che Nadia è il personaggio più disgraziato del dramma: deve sacrificarsi come e più di San Rocco ma deve farlo controvoglia, e quindi senza aurea di santità. Forse è lei il vero capro espiatorio: la persona che soffre di più e che noi possiamo permetterci ancora di accusare sui titoli di coda, come se il film non ci avesse insegnato nulla.
Nadia è un Cristo (e infatti muore in croce all' Idroscalo) che non puo' mai abbandonarsi nelle braccia del Padre dicendo un: "sia fatta la tua volontà", un Cristo che conosce solo le lacrime di sangue del Getsemani.
Qui sotto il film è visibile per intero.
Prendiamo un caso: non esiste modo di conciliare Giustizia e Perdono. Se perdoni, il colpevole non paga. Al contrario, la Giustizia non puo' che essere spietata.
Eppure, chi nega la grandezza del Perdono? E chi osa disprezzare la civiltà della Giustizia?
Ieri sera ho rivisto Rocco e i suoi fratelli. Non me lo lascio mai sfuggire, resta per me un grande capolavoro della settima arte.
Sapete com' è, mi piacciono quei film dove ad ogni sequenza posso dire: "ecco quel sentimento che sembra tanto strano e mostruoso, l' ho provato anch' io". Mi piacciono quei film in bianco e nero dove, mentre li vedi, ad un certo punto puoi dire: "Ei, ma io abito là in fondo a destra!" "ei ma su quel ponte mi faccio un' ora di coda al giorno"...
In questo film il miracolo della conciliazione si compie: Ciro (Giustizia) e Rocco (Perdono) si amano, si rispettano, si capiscono e convivono miracolosamente nella stessa famiglia contribuendo a rafforzarla.
Simone è la pecora nera della famiglia, Rocco vuole perdonarla, Ciro vuole giustiziarla. Senza mai bisogno di dirlo, ciascuno comprende le ragioni dell' altro.
Rocco, in cui ribolle il sangue arcaico della Basilicata (a Milano meglio nota come "africa"), sa che ogni struttura sociale si fonda su un sacrificio. Simone è il capro e noi dobbiamo rendergli onore.
Forse ha letto Girard, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo del figliol prodigo.
Ciro, in cui stagna un sangue milanesizzato, sa che ogni struttura sociale si fonda sulla responsabilità. Simone ha mancato e deve pagare.
Forse ha letto Weber, ma più probabilmente ha abitato una terra dove per duemila anni si è letto il Vangelo dell' Apocalisse.
Dove, se non nel Vangelo e nella famiglia Parondi, si conciliano tanto bene Giustizia e Perdono?
Acthung: questa conciliazione non si realizza tramite pedanti armonie. C' è conflitto vivo e scoppiettante nel rispetto e nell' ammirazione reciproca.
---- un paio di dubbi regalati dal film dopo la dodicesima visione--------
Simone poteva salvarsi?
Io penso di sì: non ingannino i suoi comportamenti estremi, è il tipico istinto a degradarsi che l' immaturo prova non appena le cose non girano per il verso giusto.
Nadia ha delle colpe? Simone si mette con lei quando non è ancora una persona matura (sbuffa come una locomotiva mentre guarda i film d' amore con la fidanzata che sospira). Perchè Nadia non lo "aspetta"?
Sembrerebbe assurdo pretenderlo, eppure noi ammiriamo Rocco proprio perchè è sempre pronto ad attendere la maturazione del fratello. Il dovere dell' amore è forse richiesto più al fratello che alla fidanzata?
Non penso che un simile dubbio possa avere mai risposta; forse non è nemmeno giusto tentarla.
Ma c' è una cosa che colpisce: se Nadia vuole essere protagonista, allora deve accettare la macchia della colpa. In caso contrario diventa solo una circostanza ambientale, un elemento della scenografia. Un portato della Provvidenza al pari della nevicata notturna, tanto per intenderci, quella che mette di buon umore i terroni neo-immigrati: l' indomani in Municipio ci sarà lavoro per tutti come spalatori.
Certo che Nadia è il personaggio più disgraziato del dramma: deve sacrificarsi come e più di San Rocco ma deve farlo controvoglia, e quindi senza aurea di santità. Forse è lei il vero capro espiatorio: la persona che soffre di più e che noi possiamo permetterci ancora di accusare sui titoli di coda, come se il film non ci avesse insegnato nulla.
Nadia è un Cristo (e infatti muore in croce all' Idroscalo) che non puo' mai abbandonarsi nelle braccia del Padre dicendo un: "sia fatta la tua volontà", un Cristo che conosce solo le lacrime di sangue del Getsemani.
Qui sotto il film è visibile per intero.
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