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lunedì 5 marzo 2018

Il presidente della Svizzera

La Svizzera rappresenta probabilmente il mio ideale politico, eppure di quel paese io non conosco nemmeno il nome del presidente, e non parlo solo di quello in carica. C'è l'America di Reagan e l'Inghilterra della Tatcher ma la Svizzera non è mai di nessuno. Forse il suo segreto sta proprio lì.
‘“Who is the Swiss president these days?” I asked. There was a pause. “I’m not sure,” my Swiss uncle replied’
FT.COM
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Riccardo Mariani Mi accorgo che l'articolo non ha l'accesso libero, ne riproducono uno stralcio: Then I changed the subject, and asked my Swiss relatives if they could imagine their own political leaders tweeting. "Actually, who is the Swiss president these days?" I inquired as a preamble, feeling embarrassed that I had absolutely no idea of the answer.
Eventually Marco, my Swiss uncle, admitted that he was "not sure". 

"It used to be a woman -- Doris something," Katherine, my aunt, muttered. "But now? Er..."

Suddenly, it was my turn to experience culture shock. My Swiss relatives are well travelled, fluent in five languages and exceedingly knowledgeable about global affairs. But, they explained, nobody in their part of the Graubünden region worries much about their national president, let alone what he or she may have said on Twitter.

That is partly because Switzerland has a federal power structure whereby many political decisions -- and tax-raising powers -- are devolved to the cantons and municipalities. Moreover, one quirk of this structure is that the presidency rotates between the seven members of the country's federal council. Thus the president changes each year: last year it was Doris Leuthard; now it is Alain Berset.

But there is a bigger cultural issue here: in Switzerland, voters tend to see politics as being about functions and institutions, not about personalities.

mercoledì 13 dicembre 2017

Là dove il mondo non finisce


Là dove il mondo non finisce


Se domani la civiltà dovesse collassare, vorrei stare in Svizzera.
Se domani i marziani dovessero invaderci, vorrei vivere in Svizzera.
Se domani dovesse esplodere un conflitto nuclearesu scala mondiale, io mi rifugio in Svizzera.
La minuscola Svizzera mi appare come il paese piùblindato contro ogni collasso sistematico.
Un piccolo esempio: c’è una fontana sorgiva ogni 300 metri.
Solo a Zurigo ce ne sono 1200, alcune bellissime, altre scassatissime (anche se in Svizzera non c’è niente di scassato in senso stretto, lì “scassato” significa al massimo disadorno).
Se piovono bombe su tutti gli acquedotti principali, gli svizzeri continuano a bere alla nostra salute.
Il sistema politico è talmente decentrato che se piove una bomba atomica sulla capitale annientando tutti i palazzi governativi con dentro tutti i politici, gli svizzeri manco se ne accorgono: tirano benissimo avanti con tutti gli altri governi che hanno sparsi sul territorio.
Gli svizzeri sono il popolo più armato sulla terra, anche se vivono perennemente in pace. Forse l’ultima scaramuccia risale al 1815!
Tuttavia, l’eventualità di essere attaccati è una loroossessione. A 60 anni suonati ti tocca ancora svegliarti di notte per l’esercitazione di rito.
Lo svizzero è sempre “arruolato”, non si congeda mai.
La strategia svizzera in caso di attacco?: “prego, si accomodi”.
Ovvero: lasciare via libera all’invasore (magari marziano) e trincerarsi tutti sulle Alpi.
A proposito, le Alpi le hanno trivellate tutte come un groviera costruendo una “Svizzera ombra” che nessuno conosce, tranne loro.
Sembra che lì dentro ci sia tutto, impianti elettrici, linee di trasporto, scorte d’acqua e di viveri, ma anche le biblioteche. Sì, biblioteche con tutti i classici fino al 1950.
Se un dittatore pazzo dovesse incenerire tutti i libri stampati, la Svizzera salverebbe l’intero patrimonio. Un nuovo Fahrehneit 451 andrebbe ambientato in Svizzera, non su Radio Tre.
Sembra che dentro quei cunicoli alpini possanoviverci per anni, per secoli.
Oltre a migliaia di rifugi militari, ci sono poi centinaia di rifugi privati. Ma è roba tosta, roba anti-nucleare.
Sti svizzeri continuano a migliorare la loro già fantastica rete ferroviaria adibendo i vecchi tunnela rifugi militari.
Gli svizzeri sono ridicolmente preparati per la “catastrofe”. Sono il sistema politico meno fragile che conosca. Piacerebbe a Nassim Taleb.
In Svizzera tutto è ridondante: se fallisce A c’è B, e se fallisce B c’è C. Appena ti giri trovi una rete di sicurezza di penultima istanza, un moschettone aggiuntivo, una cintura ulteriore.
La Svizzera è giustamente famosa per come preserva la ricchezza propria e altrui: un tempo conservavano l’oro nei loro inviolabili caveau, oggi criptano i bitcoin contro ogni attacco cibernetico, Nasa compresa.
Non guardano in faccia nessuno: dal perseguitato al criminale loro assicurano tutti.
Sia come sia, quando il mondo finisce vorrei starmene in Svizzera, sono abbastanza sicuro che lì non finirà.
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