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giovedì 2 aprile 2020

ORA SPERO

Ora spero che tutti abbiano capito l'utilità di avere un debito pubblico basso.
SIGNIFICA POTERLO FARE QUANDO CE N'E' BISOGNO!!!!

lunedì 11 febbraio 2019

ZAGREBELSKI CALAMITA DEI VAFFANCULO

ZAGREBELSKI CALAMITA DEI VAFFANCULO
Vi ricordate l’ondata di libri sulla casta? Del non averne mai letto uno e del non essermi mai indignato ho sempre fatto un vanto. Mi dicevo: so già tutto. A rendermi edotto non era l’informazione ma la logica: in una democrazia non puo’ che funzionare così, le minoranze organizzate sfruttano le maggioranze indaffarate. Io, che sono un figo, avevo letto Anthony Downs e James Buchanan, cosicché quella paccottiglia editoriale potevo scansarla.
Oggi, a distanza di anni, sfoglio uno di quei libri per sbaglio e il mio vanto svanisce per sempre: indignazione e voglia di documentarmi hanno il sopravvento di fronte al caso osceno dei GIUDICI COSTITUZIONALI, con le perplessità che aumentano di fronte ai tentativi maldestri di difesa dei privilegi.
Il “trombone” di Gustavo Zagrebelski, come al solito, si distingue nell’arrampicata sui vetri con uno scritto carico di pomposa retorica e privo di proposte concrete.
“… la Corte costituzionale è l’estremo baluardo della democrazia…” (bla bla bla), “… è necessario assicurare l’indipendenza dei giudici…” (vogliamo fare un confronto con le altre democrazie europee?), “… gli stipendi alti servono per attrarre l’eccellenza…” (vedi sopra), “I giudici costituzionali italiani lavorano molto” (vogliamo contare le ore?), “il costo della vita è più alto in Italia…” (non perdiamo neanche tempo), “… al netto delle tasse i giudici italiani guadagnano come quelli americani…” (semplicemente falso).
Molto più onesto dire: “questo è lo status quo, c’è andata bene e che gli altri si adeguino, al limite ci provino anche loro a portare a casa qualcosa…”.
Quello che più irrita è poi l’appello all’eguaglianza. Ma come si puo' invocare l'uguaglianza tra cittadini con uno stipendio fisso di 432.000 euro annui (più gli innumerevoli benefit)? Per non parlare della liquidazione (oltre 600.000 euro netti) e della pensione (12.436 euro netti al mese). Praticamente più del doppio dell'omologo francese, esattamente il doppio di quello statunitense e circa due terzi più del collega britannico...
Io sono un “élitista” ma devo dire che a volte l’élite italica i “vaffanculo” se li è andati a cercare con il lanternino.

domenica 10 febbraio 2019

IDEE SCIOCCHE: "INDOTTO"

IDEE SCIOCCHE: "INDOTTO"

Ogni volta che si giustifica un investimento pubblico si tira fuori la parolina "indotto", oppure il fatto che "si creano nuovi posti di lavoro".

Ma date tutti i soldi a me, e vedrete l' "indotto" mostruoso che vi creo. Io c'ho qui un "moltiplicatore" che i finanziamenti alla cultura se lo scordano.

CULTURA SUSSIDIATA

CULTURA SUSSIDIATA

Leggevo che da noi il cinema si becca dalla politica un sussidio di circa 200 milioni di euro. Sono soldi che per lo più vanno a produttori, registi e attori. In Francia e GB è anche superiore, d'accordo.

Ma da noi l’industria del settore è molto più piccola, di conseguenza in Italia, per ogni euro di investimento in produzioni cinematografiche, oltre 50 centesimi vengono dallo stato; in Francia e Gran Bretagna, circa 30 centesimi.

Si tratta di un contributo straordinario, siamo quasi al livello di ippica e lirica. Probabilmente è il cinema più sussidiato al mondo.

Io sinceramente non capisco bene il motivo di questa condizione, il mondo del cinema in fondo sposta pochi voti. Forse perché i cinematografari sono tutti concentrati a roma. Forse al ministro di turno piace solcare il red carpet sapendo di essere il dominus, oppure sogna di essere il fulcro di una grande riscossa culturale del paese. Forse il cinema deve la sua fortuna alla loquacità di chi lo incarna, i monumenti italiani, noti in tutto il mondo e che si stanno sbriciolando, invece non parlano. Un'ipotesi più plausibile è che la gente, politici compresi, non ha tempo di occuparsi della faccenda e i beneficiati cavalcano questa inerzia guardandosi bene dal sollevare la questione. Io stesso me ne occupo qui ma sento di aver speso già troppe energie, mi sono già stufato dell'argomento e non vedo l'ora di passare ad altro.

Comunque sia non è vero che con la cultura sussidiata non si mangia, si mangia eccome, in genere mangiano i ricchi facendosi fare la spesa dai poveri (IRAP e IVA sono le fonti di finanziamento del cinema), con lo stato nei panni che più gli si attagliano, quelli del Robin Hood alla rovescia.

giovedì 7 febbraio 2019

HL 4.2 Lo stato come Robin Hood al contrario: togliere ai poveri per dare ai ricchi

4.2 Lo stato come Robin Hood al contrario: togliere ai poveri per dare ai ricchi
Note:42@@@@@@@@@@@@

Yellow highlight | Location: 1,822
4.2.1 Il cinema: una lobby alla conquista di politici superficiali o conniventi
Note:tttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,826
da noi l’industria del settore è molto più piccola: di conseguenza in Italia, per ogni euro di investimento in produzioni cinematografiche, oltre 50 centesimi (una percentuale di sussidio straordinaria) vengono dallo stato; in Francia e Gran Bretagna, circa 30 centesimi.
Note:IL MITO CHE IL CINEMA ALTRUI SIA PIÙ STATALISTA....VERO X GLI INVESTIMENTI COMPLESSIVI MA...

Yellow highlight | Location: 1,829
probabile che l’Italia sia il paese al mondo con il più alto tasso di sussidio
Note:RECORD

Yellow highlight | Location: 1,837
ci sono tante forme di cultura, e nessuna, con l’eccezione della lirica, è sussidiata quanto il cinema.
Note:ALTRO RECORD

Yellow highlight | Location: 1,839
Anche da un punto di vista sociale, sono soldi spesi male:
Note:VA AI PRODUTTORI E AGLI ATTORI E AI REGISTI

Yellow highlight | Location: 1,841
i monumenti italiani, noti in tutto il mondo e che si stanno sbriciolando, non parlano;
Note:MA XCHÈ IL CINEMA CONTA TANTO PESANDO COSÍ POCO ELETTORALMENTE?

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tutti concentrati a Roma.
Note:CINEMATOGRAFARI

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essere associato alla “rinascita” della cultura italiana;
Note:IL SOGNO DI OGNI MINISTRO

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solcare il red carpet del Festival di Venezia con la consapevolezza di essere il dominus
Note:IL PIACERE SOTTILE DI OGNI POLITICO

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il cinema è un’industria, “crea occupazione”, ha “un indotto”.
Note:L IDEA PIÙ SCIOCCA

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vale per qualsiasi altro settore:
Note:DATE I SOLDI A ME...E VEDRETE CHE INDOTTO CHE VI CREO....

Yellow highlight | Location: 1,849
Se dovessimo sussidiare ogni settore dell’economia per il 50 per cento del suo prodotto,
Note:NN SCHERZIAMO

Yellow highlight | Location: 1,854
il cinema italiano attrae una frazione irrisoria di investimenti esteri,
Note:ALTRA DIFESA DEI SUSSIDI...ATTRAE INVESTIMENTI DALL ESTERO

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una questione di inerzia e pigrizia mentali, noncuranza, amore del quieto vivere e mancanza di organizzazione.
Note:MA XCHÈ NN SI FA NULA NONOSTANTE LA CONSAPEVOLEZZA...COMPIACENZA TOLLERANZA...TIRARE A CAMPARE

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Nessun giornale obiettò, perché in Italia qualsiasi spesa che abbia come etichetta la parola “cultura” diventa automaticamente sacrosanta
Note:ANZI...I FONDI RADDOPPIARONO

Yellow highlight | Location: 1,869
il triplo dei sussidi per euro prodotto rispetto a paesi già altamente sussidiati,
Note:E COSÌ ECCO QUANTO RICEVE OGGI IL CINEMA

Yellow highlight | Location: 1,871
Il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema sarà alimentato da una percentuale del 12 per cento del gettito Ires e Iva
Note:AL DANNO SI AGGIUNGE LA BEFFA

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il Consiglio superiore per il cinema e l’audiovisivo.
Note:NN POTEVANO MANCARE NUOVE POLTRONE

Yellow highlight | Location: 1,882
4.2.2 L’ippica: mai arrendersi all’evidenza (con i soldi degli altri)
Note:Tttttttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,885
non è facile entusiasmare dei ragazzi a un evento in cui dieci cavalli tirano un carretto per un minuto,
Note:C È UNA RAGIONE SE È IN DECLINO

Yellow highlight | Location: 1,887
Eppure, ogni anno lo stato spende 200 milioni per sussidiare l’ippica,
Note:ENTITÀ

Yellow highlight | Location: 1,889
l’ippica è uno sport di élite.
Note:A CHI VANNO?

Yellow highlight | Location: 1,890
l’ippica, come la caccia, ha una lobby politica e parlamentare sproporzionata
Note:I MOTIVI SECONDO MOLTI...IMPOSSIBILE SONO IN POCHI....È L INERZIA CHE LI PRIVILEGIA

Yellow highlight | Location: 1,892
il solito moltiplicatore
Note:NN MANCA MAI

Yellow highlight | Location: 1,893
l’unica cosa che può moltiplicare sono le perdite.
Note:cccccccc

Yellow highlight | Location: 1,898
sono i soldi delle scommesse ippiche che tornano all’ippica”.
Note:L ARGOMENTO SPECIFICO

Yellow highlight | Location: 1,903
Quando gli inglesi scommettono se i principi Kate e William avranno un terzo figlio il prossimo anno, i proventi vanno ai bookmaker, non alla casa reale.
Note:ANALOGIA

Yellow highlight | Location: 1,907
la mancanza di informazioni, la pigrizia intellettuale e la pura e semplice superficialità.
Note:LE CAUSE DELLO SCANDALO

Yellow highlight | Location: 1,908
4.2.3 L’editoria e i giornali: comprare il consenso
Note:Tttttttttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,910
200 milioni.
Note:ENTITÀ DEL SOSSISIO

Yellow highlight | Location: 1,911
non troverete mai sui maggiori giornali articoli di critica alle Poste italiane).
Note:SUSSIDI ALLE SPESE POSTALI

Yellow highlight | Location: 1,912
28 milioni per pagare, chissà perché, le bollette telefoniche dei giornali;
Note:STRANI SUSSIDI

Yellow highlight | Location: 1,913
una norma che consente ai giornali e agli editori di dichiarare un numero di resi ben superiore a quelli effettivi;
Note:EVASIONE LEGALIZZATA DELL IVA

Yellow highlight | Location: 1,916
Il decreto legge 66 dell’aprile 2014 (quello degli 80 euro) aveva previsto l’eliminazione dell’obbligo di pubblicare certe sentenze e certi avvisi di gara sui giornali,
Note:LA NORMA CONTRO CUI LA LOBBY HA COMBATTUTO ASPRAMENTE...VINCENDO...CENTO MILIONI DI INCASSI

Yellow highlight | Location: 1,920
i giornalisti hanno una certa influenza, al di là del voto che esercitano;
Note:LA POTENZA DELLA LOBBY

Yellow highlight | Location: 1,922
un peccato di omissione più che di commissione:
Note:MA ANCHE QUI

Yellow highlight | Location: 1,925
4.2.4 I 500 euro ai diciottenni: il dilettantismo della politica
Note:Tttttttttt

Yellow highlight | Location: 1,929
va a tutti nella stessa misura, indipendentemente dalle condizioni economiche.
Note:UNA PESSIMA CARATTERISTICA

Yellow highlight | Location: 1,933
di fatto un sussidio per gli spettacoli dal vivo (leggi: concerti a pagamento in stadi e discoteche) e, se saranno consentiti, per i tablet.
Note:ALTRO CHE ULTURA...

Yellow highlight | Location: 1,935
regalare 275 milioni a questi due settori
Note:DI FATTO

Yellow highlight | Location: 1,941
la disoccupazione giovanile
Note:PROBLEMI BEN PIÙ PRESSANTE...ALTRO CHE CULTURA

Yellow highlight | Location: 1,941
la mancanza di strutture di aggregazione,
Note:Ccccccccccccc

Yellow highlight | Location: 1,942
il degrado delle periferie;
Note:Ccccccccc

Yellow highlight | Location: 1,943
la tossicodipendenza
Note:Cccccccccc

Yellow highlight | Location: 1,943
l’abbandono scolastico; le gang.
Note:Ccccccccccccc

Yellow highlight | Location: 1,945
Non è, credo, un regalo elettorale, bensì il prodotto di un approccio garibaldino alla politica di bilancio, della mancanza di una visione globale della spesa pubblica,
MOTIVAZIONI DELL ERRORE

HL 3.2 La Corte costituzionale: l’incoerenza istituzionalizzata

3.2 La Corte costituzionale: l’incoerenza istituzionalizzata
Note:32@@@@@@@@@

Yellow highlight | Location: 579
la Corte presenta l’intero repertorio di incoerenze che incontreremo in tanti altri organi
Note:UN SIMBOLO

Yellow highlight | Location: 581
la scusa dell’indipendenza
Note:LA SCUSA

Yellow highlight | Location: 581
l’irrisione delle inevitabili perplessità
Note:S È VISTO ANCHE QS

Yellow highlight | Location: 582
tentativi maldestri di confondere il cittadino.
Note:E ANCHE QS

Yellow highlight | Location: 601
un contesto carico di retorica e privo di proposte concrete.
Note:UN ESEMPIO DI VUOTA E POMPOSA RETORICA PRIVA DI PROPOSTE CONCRETE? ZAGREBLESKI

Yellow highlight | Location: 602
la Corte costituzionale è forse l’esempio più evidente di privilegio della classe dirigente.
Note:APPELLO ALL EGUAGLIANZA DEI PRESIDENTI CC...E POI...

Yellow highlight | Location: 605
la remunerazione di un giudice costituzionale è di 360.000 euro e di 432.000 per il presidente,
Note:STIPENDIO

Yellow highlight | Location: 605
innumerevoli benefit,
Note:INOLTRE

Yellow highlight | Location: 611
ha riscosso una liquidazione lorda di 907.000 euro (635.000 euro netti),
Note:Z A FINE MANDATO

Yellow highlight | Location: 612
pensione lorda mensile di 21.332 euro (12.267 netti).8
Note:INOLTRE

Yellow highlight | Location: 616
i compensi dei giudici italiani sono enormemente più alti: più del doppio di quelli francesi, esattamente il doppio di quelli statunitensi, e circa due terzi più di quelli britannici
Note:PICCOLO CFR

Yellow highlight | Location: 630
“La Corte costituzionale è l’estremo baluardo della democrazia”:
Note:A DIFESA...SOLO VUOTA RETORICA

Yellow highlight | Location: 632
“È necessario assicurare l’indipendenza dei giudici”:
Note:ALTRO REFRAIN

Yellow highlight | Location: 633
“Gli stipendi alti servono per attrarre l’eccellenza”:
Note:TERZA GIUSTIFICAZIONE...MA IL CFR NN AMMETTE REPLICHE

Yellow highlight | Location: 635
“I giudici costituzionali italiani lavorano molto”:
Note:4…FALSO...ANDIAMO A CONTARE LE ORE

Yellow highlight | Location: 636
“Al netto delle tasse i giudici italiani guadagnano come quelli americani”
Note:5…SEMPLICEMENTE FALSO

Yellow highlight | Location: 640
“Il costo della vita è più alto in Italia”,
Note:6… NN XDIAMO NEANCHE TEMPO

Yellow highlight | Location: 654
è chiaro che il giudice non ha alcun argomento razionale; ne tenta alcuni, non funzionano, se ne rende conto, ma non gli importa niente.
Note:DA UNO SCAMBIO TRA GIORNALISTI E GIUDICE

Yellow highlight | Location: 656
questo è lo status quo, sono gli altri che vi si devono adeguare.
IL MESSAGGIO DEPL GIUDICE

mercoledì 1 febbraio 2017

La lotta all'evasione è un sempreverde

Politico: “è mia ferma intenzione realizzare il paradiso in terra”.
Giornalista: “e come coprirà le spese?”.
Politico: “naturalmente con la lotta all’evasione”.
***
Ecco, di un politico del genere meglio non fidarsi.
Ma non tanto per la prima affermazione, quanto per la seconda. Di sicuro non si fida di lui Roberto Perotti, che spiega il suo sentimento avverso nel libro “Status Quo”.
All’apparenza chi si lancia in crociate contro l’evasione fa leva sul popolo indignato dei tartassati costretti a pagare. Senonché, l’indignazione svapora presto in presenza di azioni concrete, e così il crociata si ritrova ben presto da solo lancia in resta:
… Sperare di cambiare le cose esclusivamente con un approccio soft è irrealistico. A parole tutti si indignano quando si parla di evasione ma, appena la finanza controlla qualcuno o qualche categoria specifica, prevale l’istinto buonista: perché prendersela con X quando tutti sanno che Y e Z evadono più di X?…
La lotta all’evasione non è un buon affare per il politico e gli annunci sono destinati a rimanere tali:
… Comprensibilmente, tutto questo spaventa i politici. In una società di evasori, fare una seria lotta all’evasione è il modo migliore per perdere voti. Non fatevi ingannare dai sondaggi, che mostrano sempre la lotta all’evasione come una delle principali priorità degli italiani. Gli italiani, e non solo loro, sono per la lotta all’evasione, ma quella degli altri… Pensare di risolvere il problema senza sanzioni e senza condanne è irrealistico. Per fare la frittata bisogna rompere le uova…
L’indignato che lancia la crociata contro l’evasione, poi, quando la crociata parte si rende conto che l’evasore spesso è lui. Chi non ha nelle orecchie il  comune lamento (“non mi ha fatto la ricevuta fiscale”) elevato spesso dai co-responsabili e co-beneficiari dell’evasione stessa.
C’è poi il popolo dei “lavoretti”: spesso i lavoratori dipendenti recriminano di pagare tutte le tasse. Vero, ma…. Ma la medesima categoria è la maggiormente rappresentata nell’area a più forte evasione in Italia, quella dell’economia sommersa. Insomma, in materia di lotta all’evasione chi grida di più per far partire una “seria lotta all’evasione”, poi, quando la lotta parte sul serio, grida all’ingiustizia e al “boia” Equitalia.
Qui va fatta però una precisazione, tanto per non buttarci troppo giù: gli italiani sono un popolo di evasori non perché lo siano di natura o di mentalità. Lo sono perché sono un popolo di lavoratori autonomi (che mediamente, visto che ne hanno la possibilità, evadono, ma non più dei lavoratori autonomi scandinavi, che sono però molti di meno). E poi perché, specie al Sud (la vera anomalia italica è lì), l’evasione tollerata è il welfare prescelto dalla classe dirigente per mettere in relativa sicurezza una polveriera. Immaginatevi solo se certe percentuali di disoccupazione date per il Sud fossero reali! Ci sarebbe la rivoluzione, ma quella vera.
Ma torniamo al nostro politico: ecco un altro motivo di diffidenza:
… è impensabile recuperare decine di miliardi in pochi anni. Recuperare l’evasione non è come dare una multa, il contenzioso può durare anni o decenni, e ha un esito incerto
Poi c’è un terzo motivo del quale parlano in pochi perché politicamente scorretto:
… Se ogni euro recuperato dall’evasione va a finanziare nuove spese, da un punto di vista macroeconomico recuperare l’evasione equivale ad aumentare la pressione fiscale, con le conseguenze che si possono immaginare. Le tasse sarebbero distribuite in modo più equo, è vero, ma sarebbe solo una questione di “mal comune, mezzo gaudio”: chi già pagava continua a pagare come prima. Se invece il recupero dell’evasione fosse utilizzato per ridurre le tasse a chi già le paga, allora sarebbe molto diverso…
Gentiloni risponde all’Europa - che gli chiede di ridurre il deficit - dicendo di voler evitare le politiche depressive di un aumento della tassazione, ricorrendo invece alla lotta all’evasione. Purtroppo, la lotta all’evasione – qualora abbia successo – coincide proprio con un aumento delle tasse e quindi con una manovra depressiva in piena regola.
Spesso l’evasione recuperata finanzia una spesa pubblica inefficiente, questo peggiora le cose anziché migliorarle.
Il caso Rai è un esempio da manuale:
… con il canone in bolletta diminuirà l’evasione, ma le risorse ricavate verranno tutte utilizzate per aumentare il bilancio della Rai che, come vedremo, è già oggi ben superiore a quello della Bbc…
Se convertire il recupero di evasione in spesa pubblica aumenta la pressione fiscale, figuriamoci quando la spesa è inefficiente. E che lo sia è quanto sostiene Giuseppe Bortolussi nel suo libro Tassati e mazziati cimentandosi in un confronto con la Germania:
… L’Italia presenta, nel periodo 2005-2009, una pressione tributaria superiore di 5,6 punti di PIL rispetto a quella tedesca; anche tenendo conto del fatto che parte delle nostre tasse se ne va per pagare gli interessi sul debito pubblico (2,1 punti in più rispetto alla Germania), la nostra pressione tributaria risulta comunque superiore a quella tedesca di circa 3,5 punti di PIL…
Da notare che il confronto è fatto sulla “pressione tributaria” e non su quella “fiscale” (che comprenderebbe anche i contributi e sarebbe ancor più impietosa).
Ebbene, di fronte a questi dati una domanda sorge spontanea:
… In altre parole: un cittadino italiano, a parità di reddito, paga più tasse rispetto al contribuente tedesco. E allora che fine fanno i nostri soldi? E perché in Germania le cose funzionano e da noi no?
In altri termini ancora: siamo sicuri che sia colpa, come spesso si dice, solo di chi evade le tasse e non di chi ci amministra o di chi lo ha fatto per anni?
Ed ecco un’analogia molto significativa che sbroglia la matassa:
… Per rendere meglio l’idea possiamo fare l’esempio di due condomini: il Condominio Germania, costituito da sei appartamenti, con i locali sempre in ordine e le scale pulite, e il Condominio Italia, sempre di sei appartamenti di uguale metratura, solo che le scale sono sporche, il riscaldamento funziona male, i vetri sono rotti. L’amministratore del Condominio Italia continua a giustificarsi dicendo in giro che tutte le inefficienze del servizio sono causate dal fatto che gli inquilini dell’ultimo piano non hanno mai pagato le spese condominiali (in sostanza evadono), riducendo così le risorse di cui dispone. Poi, però, si scopre che ogni appartamento del Condominio Germania paga 100 euro all’anno per la gestione comune, mentre il Condominio Italia ne paga 150. Facendo i conti, il Condominio Germania dispone ogni anno di 600 euro, e con quelli riesce a far funzionare bene le cose; il Condominio Italia di euro a disposizione ne ha addirittura 750 all’anno, nonostante gli «evasori» dell’ultimo piano, ma le scale sono sporche e i vetri sono rotti eccetera… Il risultato è deprimente: paghiamo più tasse dei tedeschi per ottenere molto di meno…
L’autore va a vedere nel dettaglio come vengono spesi i soldi per capire dove stanno le differenze più macroscopiche tra i due “amministratori”:
… Secondo uno studio della CGIA di Mestre, nel 2008 la spesa per retribuzioni della Pubblica amministrazione italiana era pari al 10,9% del PIL, in sostanziale crescita rispetto a inizio decennio: tolti gli interessi sul debito, un quarto della spesa pubblica nazionale è assorbita dagli stipendi. In Germania, invece, le cose vanno un po’ diversamente: negli ultimi anni il peso del costo del lavoro pubblico sul PIL è diminuito progressivamente fino ad arrivare al 6,9% nel 2008; per questo, la quota di spesa imputabile alle retribuzioni pubbliche è appena il 16,7%, circa nove punti in meno rispetto al nostro Paese… In Italia vi sono complessivamente circa 3,6 milioni di dipendenti pubblici, ovvero uno ogni 16 abitanti; in Germania, invece, i dipendenti pubblici sono 4,5 milioni, ovvero uno ogni 18 abitanti…
Conclusione: non mancano le risorse ma la capacità di non sprecarle.
… In sostanza, in Italia i soldi a disposizione sono comunque di più che in Germania; ma allora perché da noi le cose non funzionano? Il problema in Italia, come ho cercato di spiegarvi, non sta nella mancanza di risorse o nella cattiva gestione delle entrate…
E’ dal lato della spesa che si manifestano i problemi maggiori:
… Diventa dunque lecito ripetere che se tutti pagassero quanto dovuto sarebbe una cosa bellissima, anche perché c’è chi di tasse ne paga troppe e potrebbe sperare di vedere finalmente ridotta la pressione fiscale a suo carico. Tuttavia temo, come ho già spiegato, che la storia ci insegni che lo Stato, anziché avere più soldi da gestire, avrebbe più soldi da sprecare, e lo dimostra il fatto che il recupero dell’evasione lo troviamo ogni anno in finanziaria già puntualmente impegnato…
E Bortolussi ci va leggero rilevando che siamo “spreconi” rispetto alla Germania. L’economista sa infatti che la Germania è a sua volta “sprecona”. Possiamo dirlo anche assumendo che la Germania sia il benchmark in questo campo. Ma perché? Semplice, fa parte della natura della spesa pubblica: il politico non è né interessato né ha le competenze per spendere bene. I soldi non sono suoi e non li spende per sé. Certo, l’elettore potrebbe controllarlo ma l’elettore non è interessato e nemmeno ha le competenze per farlo. Il controllo, infatti, è un bene pubblico (perché dovrei controllare io e non tu?), oltretutto estremamente complicato da produrre (ci sono milioni di controlli su materie poco trasparenti da svolgere).
money-4

martedì 29 novembre 2016

Il macigno

Il debito pubblico italiano è attualmente di oltre 2200 miliardi di euro, il 133 per cento del Pil; il disavanzo è di circa 40 miliardi, il 2,3 per cento del Pil. Il che significa che, sempre in rapporto al Pil, il nostro debito pubblico è il più alto d’Europa, dopo la Grecia.
Embè?
Perché mai dovremmo preoccuparcene?
In effetti molti non se ne preoccupano, qualcuno chiede addirittura di aumentarlo, almeno in questa fase di stagnazione prolungata.
Nel suo libro “Status quo: Perché in Italia è così difficile cambiare le cose” Roberto Perotti mette in fila sia gli argomenti dei “preoccupati” che quelli dei “sereni”.
Cominciamo dai primi
1.
1) bisogna ridurlo perché… ce lo chiede l’Europa!
Ma l’argomento delle “regole europee” è debole:
… Tali regole dovrebbero essere l’ultima delle preoccupazioni: nessun paese le rispetta e, a parte qualche richiamo, non c’è praticamente niente di sostanziale che l’Europa possa farci se non le rispettiamo…
2) Stiamo ipotecando il futuro dei nostri figli.
Questo sarebbe corretto se lo stato prendesse a prestito dall’estero. Un esempio chiarisce quanto dico:
… Supponiamo che l’Italia abbia due abitanti, Carlo e Paolo; anche la Germania ne ha due, Karl e Paul. Carlo produce due mele, Paolo nessuna perché non lavora: il Pil italiano è dunque di due mele. Lo stato italiano vuole dare una pensione di una mela a Paolo. Può prendere a prestito una mela da Karl, e girarla a Paolo come pensione. In questo caso l’Italia nel suo complesso consuma tre mele (due Carlo e una Paolo), quindi vive al di sopra delle proprie possibilità, nel senso che consuma una mela in più di quante ne produce; per questo si è indebitata per una mela con Paul. Se lo stato italiano promette di restituire la mela a Paul (assumendo un tasso di interesse pari a zero per semplicità) fra cinquant’anni, quando sia Carlo sia Paolo saranno morti, sta effettivamente ipotecando il futuro dei figli di Carlo e Paolo, perché saranno loro che dovranno rinunciare a una mela per restituirla a Paul o ai suoi eredi. Ma se lo stato non prende a prestito la mela da Karl o Paul, cosa può fare per dare una pensione di una mela a Paolo? Può prenderla solo da Carlo. Può farlo tassando Carlo di una mela; oppure prendendo a prestito una mela da Carlo, cioè emettendo debito pubblico che Carlo acquista pagando con una mela. In entrambi i casi, Carlo oggi consuma una mela invece di due; Paolo una mela invece di zero. L’Italia nel suo complesso continua a consumare due mele, esattamente quante ne produce: la generazione di Carlo e Paolo nel suo complesso non sta vivendo al di sopra delle proprie possibilità. C’è sempre il debito pubblico emesso dallo stato, del valore di una mela, acquistato da Carlo. Prima o poi lo stato dovrà restituirlo. Supponiamo che la scadenza sia tra tantissimi anni, quando sia Carlo sia Paolo saranno morti. Adesso ci sono i figli, Carletto e Paolino, che producono ciascuno tre mele (il progresso tecnico…). Carlo ha lasciato in eredità il titolo di debito pubblico a Carletto; alla scadenza del titolo, lo stato deve procurarsi una mela per rimborsare Carletto. Lo può fare tassando Carletto stesso di una mela, o Paolino di una mela, o entrambi di mezza mela. In tutti questi casi, quante mele consumeranno complessivamente Paolino e Carletto? Sei, esattamente quante ne producono: non stanno vivendo al di sotto delle proprie possibilità. Dunque, se non diventa debito verso l’estero, il debito pubblico non è un prestito dalle generazioni future a quelle attuali…
Se il debito è detenuto dagli italiani ai nostri figli passeremo sia i debiti che i crediti.
Tuttavia, questo argomento suggerisce un motivo più sottile per cui il debito pubblico oggi potrebbe essere un peso sul tenore di vita delle generazioni future:
… Sapendo che uno o entrambi dovranno essere tassati per ripagare il debito pubblico, Paolino e Carletto potrebbero pensare: “Chi me lo fa fare di lavorare così tanto, per poi dover dare gran parte delle mele che produco allo stato?”…
3) Preoccupa i mercati.
E qui si fa sul serio. Anche il non economista ha toccato con mano la serietà di questo argomento negli ultimi anni. La parolina “spread” dice qualcosa?
… Si potrebbe rispondere: se i mercati sono così sciocchi da pensare che l’Italia non sia in grado di restituire il debito o pagare gli interessi, affari loro. Non proprio. Una crisi del debito si riflette sulle banche, sulle imprese e sulle famiglie stesse. Le banche italiane sono piene di titoli del debito pubblico italiano: se questi ultimi perdono di valore, le banche vedono il loro capitale assottigliarsi, fanno meno prestiti, le imprese producono e assumono di meno, e le famiglie stesse, anch’esse detentrici di titoli del debito pubblico, consumano di meno…
4) Bisogna tenersi un cuscinetto per i tempi di vacche magre.
Questa è l’argomentazione più fondata.
… Si fa notare spesso che durante la crisi finanziaria il rapporto debito pubblico/Pil italiano è aumentato molto meno di quello di tanti altri paesi, come Regno Unito, Irlanda, Usa, che l’hanno usato prevalentemente per finanziare il salvataggio delle banche… Che cosa è successo? Questi paesi partivano da un debito pubblico molto basso, e hanno potuto permettersi di aumentare il disavanzo di bilancio (in Irlanda è arrivato a toccare il 35 per cento!) per combattere la recessione più grave del dopoguerra…
Bene, adesso valutiamo gli argomenti di chi ci invita a non preoccuparsi.
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1) L’Italia ha l’avanzo primario di bilancio più alto del mondo.
L’avanzo primario è la differenza tra entrate uscite senza tener conto degli interessi. Detto questo, ciascuno vede che:
… l’ avanzo primario positivo è … una condizione necessaria per ridurre il debito. Ma non è una condizione sufficiente: perché il debito si riduca, l’avanzo primario deve poter pagare tutti gli interessi…
Eppure su un argomentazione tanto fallace ci gioca persino il ministero dell’economia:
… Sul sito del ministero dell’Economia si può trovare la seguente affermazione, nel contesto di un’analisi della politica di bilancio italiana: “Per apprezzare appieno lo sforzo prodotto dal paese bisognerebbe guardare al saldo primario. […] Ebbene l’Italia risulta il paese che ha mantenuto l’avanzo primario in media più elevato (1,1 per cento), tra i pochi ad aver prodotto un saldo positivo”.5 Questa affermazione è un po’ birichina
L’ambiguità di questo “vanto” è resa bene dalla seguente storiella:
… Nel 1996 Giovanni ha comprato una casa che costa il triplo di quella che ha comprato John, e ha fatto un mutuo triplo. Negli anni successivi Giovanni è quindi costretto a risparmiare molto più di John, per ripagare il mutuo; infatti, Giovanni risparmia il doppio di John. Una persona che li abbia conosciuti nel 2015 e che non abbia visitato le loro case osserverebbe che Giovanni è molto più virtuoso di John. Ma le loro banche non hanno la stessa percezione: Giovanni ha scialacquato all’inizio per una casa stravagante, il fatto che risparmi il doppio di John non fa nessuna impressione sulle bancheanzi, dovrebbe risparmiare più del triplo di John per ripagare il mutuo nello stesso arco di tempo. Nonostante risparmi molto di più, per le banche Giovanni è quindi ancora molto più rischioso di John…
2) In Italia la ricchezza privata è molto più alta che negli altri paesi.
Di per sé l’affermazione è un po’ inquietante. E’ come se si dicesse: “poiché molti dei nostri contribuenti hanno avuto l’ardire di risparmiare e investire anziché consumare, in caso di necessità potremmo prendere da loro”
Ma a parte questi particolari, c’è da dubitare anche nel merito:
… Per lo più questo argomento si basa sulla maggiore propensione delle famiglie italiane a possedere case: in Italia il tasso di proprietà delle abitazioni è del 77 per cento, contro il 45 per cento in Germania. Ma a chi appartengono le case se non alle famiglie? Per esempio, a società di assicurazioni e immobiliari, che sono a loro volta possedute da famiglie. Quindi anche in Germania tutte le case sono, in ultima analisi, possedute da famiglie…
Misurare la “ricchezza” non è affatto facile e le stime possibili non confermano la percezione di chi avanza questo argomento:
… Non è assolutamente chiaro perché questa ricchezza totale dovrebbe essere più alta in Italia. Anche se è molto difficile misurarla, ci si può fare un’idea guardando a quanto hanno investito (nel senso della contabilità nazionale, cioè produzione di nuovi beni capitali) in passato l’Italia e altri paesi europei: la ricchezza totale di oggi, infatti, non è altro che la ricchezza totale di ieri più la somma degli investimenti intercorsi nel frattempo (meno il deprezzamento del capitale). Nel periodo 1991-2015, il tasso di investimento (cioè, il rapporto tra investimenti e Pil) italiano è stato del 20 per cento, il più basso tra i maggiori paesi dell’Eurozona, che in media ha investito il 22 per cento del Pil ogni anno. È difficile immaginare che, nonostante un tasso di investimento così basso, l’Italia abbia la ricchezza più alta di tutti
Inoltre, quel che conta per i creditori non è tanto la ricchezza del paese, quanto la capacità del debitore di impadronirsene al momento opportuno:
… Dal punto di vista degli investitori, ciò che importa è la capacità di ripagare il debito, quindi il gettito fiscale totale. In questo senso, l’Italia non è messa particolarmente bene, per tre ragioni: ha una pressione fiscale già elevatissima, quindi non ulteriormente aumentabile; ha una grossa componente di economia sommersa, che, per definizione, non può contribuire al gettito fiscale; è notoriamente incapace di tassare la ricchezza. In molti altri paesi le tasse sulla ricchezza, principalmente sulla casa, sono una fonte importante di introiti, soprattutto per le amministrazioni locali; in Italia, sappiamo bene che la tassa sulla casa è la più impopolare. Se un paese ha una ricchezza privata elevata, ma non la può tassare, dal punto di vista della capacità di ripagare il debito pubblico questa diventa irrilevante…
CONCLUSIONE
Tra gli argomenti presentati alcuni non reggono, senonché nessun argomento dei “sereni” sembra reggere.
macigno

venerdì 23 settembre 2016

In attesa di un nuovo Berlusconi

La politica italiana si è nutrita a lungo di molti nefasti tabù in tema fiscale, alcuni sono stati spazzati via da Berlusconi, altri restano lì ancora intatti.
E’ un peccato che sia così perché per avere qualche speranza di ridurre il debito sarebbe bene far piazza pulita. Lo sostiene Roberto Perotti che nel suo libro “Status quo” affronta di petto la questione.
Nella prima repubblica il politico italiano medio aveva in grande considerazione “le tasse”. Sembra un’epoca lontana ma un’eco di quell’atteggiamento lo possiamo rinvenire nella sciagurata uscita di Padoa-Schioppa che molti ancora ricordano:
… “La polemica antitasse è irresponsabile. […] Le tasse sono una cosa bellissima.” Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia dell’ultimo governo Prodi, non c’è più e non può difendersi, e questa sua famosa frase dell’ottobre 2007 è estrapolata da un contesto più articolato e meno odioso. Ma resta il fatto che è difficile immaginare una frase più insensibile e altezzosamente distaccata dalla realtà di decine di milioni di italiani…
Ecco ora il classico ministro delle finanze di allora al suo tavolo da lavoro:
… L’occupazione principale dei ministri  era estendere una detrazione dello 0,01 per cento alle persone nate nella seconda metà di giugno degli anni bisestili residenti in comuni il cui nome iniziava con la “f” o la “m”, compensarla con un aumento dell’Iva dello 0,02 per cento sulle macchine fotografiche di un certo peso e di un certo colore, e inventarsi qualche motivo per cui una tale manovra avrebbe dovuto stimolare l’economia…
Poi venne Berlusconi:
… che per primo pose la questione, allora apparentemente rivoluzionaria, della riduzione delle tasse, e mostrò ai guru allibiti che si possono addirittura guadagnare voti con questa bandiera. Nella realtà combinò poco, perché si affidò soprattutto ad annunci a effetto e si scontrò con la dura realtà dei mercati nella tempesta perfetta del 2011…
E infine, finalmente, la “berlusconizzazione” della sinistra:
… È stato un enorme merito di Renzi avere fatto piazza pulita di un atteggiamento perverso della sinistra e centro-sinistra italiani (almeno la maggioranza di essi, perché molti continuano a nutrirsi della vecchia retorica e dei vecchi slogan), e aver riconosciuto apertamente che in Italia le tasse sono troppo alte, la gente le detesta, e qualcosa va fatto…
Esiste però ancora un tabù: tagliare la spesa pubblica (alias: “fare macelleria sociale”).
Qui il messia si fa attendere e cominciamo a disperare.
… Molti di coloro che non vogliono o non sanno tagliare la spesa pubblica sostengono invece che ridurre la spesa non è desiderabile, e nemmeno necessario per diminuire le tasse. Addirittura, per alcuni il metodo migliore per ridurre le tasse è aumentare la spesa pubblica…
Il politico italiano invoca la crescita ed è aperto a molte ricette ma nessuna contempla il taglio della spesa:
… Le diverse versioni si differenziano nel modo di attuare una politica di bilancio espansiva: per alcune aumentando la spesa pubblica, per altre riducendo le tasse. Ma per tutte, ridurre la spesa non è nell’agenda…
Particolarmente avversi sono i “keynesiani”, specie nella loro variante “sudamericana”. A chi mi riferisco? Più che ai loro nomi meglio riferirsi alla loro visione con un’esempio:
… Supponiamo inizialmente che il moltiplicatore della spesa pubblica sia positivo e pari a 1, ciò significa che, se aumento la spesa pubblica di 10 euro, il Pil aumenta di 10 euro. Con un’aliquota media del 50 per cento, le entrate dello stato aumentano di 5 euro, meno della spesa. Il disavanzo e il debito pubblico quindi aumentano. L’aumento della spesa pubblica porta dunque a un aumento del Pil, al prezzo di un lieve deterioramento dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil. Questa è la posizione che possiamo chiamare “keynesiana della spesa”. Supponiamo ora che il moltiplicatore della spesa sia molto più alto, pari a 3. Il Pil aumenta quindi di 30 euro, e le entrate dello stato di 15 euro, più della spesa; il disavanzo dunque scende. L’aumento della spesa pubblica porta quindi a un aumento del Pil, ma anche a una riduzione dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil, e persino a una riduzione del disavanzo in termini assoluti. Questa è la posizione che possiamo chiamare “sudamericana”, perché alla base, fra gli altri, degli esperimenti populisti degli anni ottanta e novanta in Sud America…
Il keynesiano/sudamericano prosperava nel parlamento della prima repubblica:
… Non è sorprendente che questo argomento sia stato utilizzato centinaia di volte negli anni settanta e ottanta per far passare aumenti di spesa in Parlamento. Quando si voleva costruire un’autostrada inutile che finiva nella città di origine di qualche politico al governo, il Parlamento fingeva di credere che le coperture sarebbero venute dalle maggiori entrate generate dal maggiore reddito creato dall’autostrada in questione. Sappiamo tutti cosa è successo al disavanzo e al debito pubblico in quegli anni…
Avete visto com’era semplice aggirare il vincolo costituzionale delle “coperture”. Sì, perché la nostra “costituzione-più-bella-del-mondo-che-ha-consentito-il debito-più-alto-del mondo” prevede che ogni spesa sia coperta da un’entrata. A parole. 
Oggi, visto che il messia tarda, la (brutta) storia si ripete:
… Graziano Delrio, una persona sensata ed equilibrata, nel discutere un piano di investimenti pubblici di 20 miliardi dichiarava nell’estate del 2015: “Far ripartire i cantieri significa proprio aumentare il gettito fiscale, dare nuove risorse per consentire l’abbassamento delle tasse. Fare manutenzione del territorio, far ripartire grandi e piccole opere consente quindi di diminuire le tasse”.9 Se fosse veramente così, perché limitarsi a 20 miliardi?…
Beninteso, anche i “tagliatori di tasse” tendono un trappolone agli elettori facendo finta di credere che i loro tagli saranno coperti da un’esplosione del PIL e quindi da maggiori entrate fiscali. In questo modo accantonano l’argomento scottante del taglio della spesa. Il trucchetto è noto come vodoo economics.
Ma oggi qual è l’atteggiamento più comune? Forse è meno radicale, senonché il taglio della spesa resta tabù:
… La maggior parte dei politici, degli economisti e dei commentatori probabilmente non sottoscriverebbe le posizioni estreme, “sudamericana” o “lafferiana”. Moltissimi però sostengono una posizione “keynesiana della spesa” o “keynesiana delle tasse”. L’idea è di dare “una scossa” all’economia attraverso una manovra di bilancio espansiva: accettare un lieve aumento dei rapporti debito/Pil e disavanzo/Pil in cambio di un miglioramento della crescita, e poi eventualmente ridurre il disavanzo e il debito tra qualche anno mediante tagli di spesa, quando la ripresa si sarà consolidata…
In poche parole, il taglio viene “rinviato”:
… Inevitabilmente, quando si parla di ridurre la spesa tra qualche anno, si tende a essere vaghi… con indicazioni generiche, quali “si razionalizzerà la spesa per acquisti di beni e servizi”…
Banca d’Italia su questo terreno non è da meno:
… Ogni anno, alla fine di maggio, si compie uno dei riti più inutili e pomposi della vita istituzionale italiana: le Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia. Via Nazionale si riempie delle auto blu di industriali, banchieri, politici, economisti, venuti da ogni parte del paese ad ascoltare una serie di banalità sull’economia italiana che potrebbero benissimo leggere in quindici minuti sul sito web della Banca d’Italia: ma essere lì quel giorno è uno status symbol irrinunciabile per chi vuole contare. Nell’ultima edizione di questo rito, il 31 maggio 2016, il governatore Ignazio Visco ha invocato per l’ennesima volta una riduzione del cuneo fiscale (cioè di tasse e contributi sul lavoro) e un aumento degli investimenti pubblici, il tutto ovviamente senza far salire il debito pubblico. Su come ottenere questo ambizioso risultato, però, anche in questo caso nessun suggerimento concreto…
Persino chi prova in buona fede a fare di meglio non è credibile:
… Un programma … ambizioso propone il mio amico e collega Francesco Giavazzi… Per rassicurare i mercati, Giavazzi suggerisce di ridurre la spesa pubblica in futuro, e avanza due proposte concrete: l’attuazione di un piano di diminuzione del numero delle partecipate pubbliche, e un aumento delle rette universitarie per gli studenti benestanti. Ma anche qui bisogna fare i conti con i numeri. Come vedremo, la riforma delle partecipate, per quanto anch’essa molto auspicabile, può portare al più risparmi minimi, di poche centinaia di milioni, e probabilmente neanche quelli. Far pagare una parte del costo dell’università alle famiglie che possono permetterselo, per finanziare borse di studio o prestiti d’onore per gli studenti meno abbienti, è un’ottima idea, che avanzai anch’io nel mio libro L’università truccata. Ma bisogna essere realisti: non succederà. In Italia, come in tutti gli altri paesi, le famiglie, gli studenti (anche quelli meno abbienti, che avrebbero tutto da guadagnare da questa proposta), i media si sono fatti abbindolare dalla retorica del “diritto allo studio”
Sul fronte opposto a quello politico, quasi a provocare, ci sono alcuni accademici che – al riparo nelle loro università - parlano di “austerità espansiva”:
… Ma cosa succede se il moltiplicatore della spesa è negativo? In questo caso, per aumentare il Pil bisogna ridurre la spesa pubblica. Questo è esattamente ciò che sostiene la teoria dell’“austerità espansiva”….
A molti questa teoria appare controintuitiva. Dopotutto, la spesa pubblica è una componente del Pil, come è possibile che, riducendola, quest’ultimo aumenti?
… Primo, non tutta la spesa pubblica fa parte del Pil, ma solo la componente “consumi e investimenti pubblici”. Questa componente vale 330 miliardi, il 40 per cento della spesa pubblica totale. Il resto sono pensioni, sussidi alle imprese, assegni di disoccupazione, interessi sul debito ecc., tutti trasferimenti (intermediati dallo stato) da certi cittadini ad altri. Come tali, non fanno parte del Pil. Il secondo errore è che anche ridurre consumi e investimenti pubblici non riduce necessariamente il Pil. È vero che se lo stato riduce la spesa per auto della polizia di un milione, la componente consumi pubblici del Pil scende di un milione, ma in conseguenza di questa decisione si crea lo spazio per ridurre anche le tasse di un milione senza aumentare disavanzo e debito; la riduzione delle tasse, a sua volta, stimola i consumi o gli investimenti privati. È questo il nocciolo della teoria dell’“austerità espansiva”…
Il dibattito è aperto ma se qualcuno pensa di poter risolverlo guardando ai dati, è meglio si ricreda subito: come quasi sempre accade in economia, gli stessi dati possono essere interpretati in maniera opposta.
A questo punto è utile osservare che per rompere il tabù dei tagli non è necessario abbracciare la posizione estrema dell’austerità espansiva: revisione della spesa e austerità, infatti, non sono sinonimi. Si può fare la prima senza imporre la seconda. Come? Basta ridurre le tasse più di quanto si riduca la spesa: il disavanzo di bilancio aumenta, e la politica di bilancio è espansiva.
Lasciamo pure che il bilancio sia espansivo in senso keynesiano, purché si tagli in modo consistente la spesa (insieme alle tasse)! Farlo  è fondamentale per almeno cinque motivi:
…  1) È condizione necessaria per smantellare il sottobosco in cui si nutre la commistione tra politica ed economia che ammorba e soffoca la nostra società. Le partecipazioni statali e locali, le posizioni dirigenziali inutili o iperpagate, i sussidi alle imprese, una larga parte dei fondi europei sono per lo più inutili e alimentano appetiti, scambi di favori, affarismi, e pura e semplice corruzione. 2) Molti programmi di spesa sono lievitati in modo casuale, disordinato, per accrescimento legislativo progressivo, senza una ratio, senza un approccio organico. Ci sono, per esempio, tantissimi programmi per gli indigenti che si sovrappongono e non riescono a raggiungere le persone veramente bisognose, mentre spesso vengono erogati a famiglie che non ne hanno necessità. 3) Avrebbe un alto valore simbolico. I compensi scandalosi di politici, ex politici e alcuni dirigenti pubblici, per quanto nel loro complesso non enormi da un punto di vista macroeconomico (ma neanche piccoli, come vedremo), generano cinismo, distacco e risentimento tra i cittadini. 4) Anche se non si vuole applicare una politica di rigore adesso, è importante segnalare ai mercati, agli altri paesi e ai cittadini che il processo è partito. Altrimenti, siamo alle solite: “Ora non è il momento, lo faremo tra due anni”. Ma tra due anni saremo di nuovo allo stesso punto. 5) Infine, bisogna creare spazio per ridurre le tasse il più possibile, ora.
Ultimamente però la politica italiana sembra aver fatto un passo in avanti anche su questo punto: si è passati dal “la spesa non si tocca” al “l’abbiamo già tagliata”.
… “Abbiamo fatto 25 miliardi di tagli,” dichiarava il presidente del Consiglio Matteo Renzi nel febbraio 2016… Pier Carlo Padoan: “La spesa pubblica è stata tagliata di 25 miliardi, abbiamo tagliato molto, tanto che è difficile andare oltre”…
Perché i conti mostrano 4 miliardi (un taglio minimo) e la propaganda parla di 25 miliardi (un taglio buono, almeno per per iniziare)?
… apprendiamo che venticinque miliardi è la riduzione di spesa lorda per il 2016, cioè il totale dei capitoli di spesa che sono diminuiti. Ma ovviamente ciò che permette di creare spazio per tagli di tasse è la riduzione della spesa netta, non di quella lorda. Dalla riga 3, il totale dei capitoli di spesa che sono aumentati è di 20 miliardi. Il netto è appunto 4,5 miliardi. Se faccio una dieta in cui abolisco i dolci ma in compenso mangio solo hamburger e patatine, il mio peso aumenterà, anche se posso sempre vantarmi con gli amici di seguire una dieta ferrea senza dolci…
E purtroppo anche quei miseri 4 miliardi destano preoccupazione, almeno in chi bada alla sostanza:
… inoltre, i risparmi di spesa, sia lordi sia netti, restano comunque sovrastimati, perché ben 5 miliardi sono dovuti a minori trasferimenti dallo stato agli enti locali (regioni, province, comuni). Non c’è alcuna garanzia che questo si traduca in tagli di spesa effettivi: sappiamo già che in alcuni casi sono aumentate le addizionali Irpef comunali e regionali…
Insomma, possiamo con ragione affermare che all’alba del 2016 il tabù del taglio della spesa pubblica è ancora tra noi più vivo che mai.
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