Ora spero che tutti abbiano capito l'utilità di avere un debito pubblico basso.
SIGNIFICA POTERLO FARE QUANDO CE N'E' BISOGNO!!!!
… Sperare di cambiare le cose esclusivamente con un approccio soft è irrealistico. A parole tutti si indignano quando si parla di evasione ma, appena la finanza controlla qualcuno o qualche categoria specifica, prevale l’istinto buonista: perché prendersela con X quando tutti sanno che Y e Z evadono più di X?…
… Comprensibilmente, tutto questo spaventa i politici. In una società di evasori, fare una seria lotta all’evasione è il modo migliore per perdere voti. Non fatevi ingannare dai sondaggi, che mostrano sempre la lotta all’evasione come una delle principali priorità degli italiani. Gli italiani, e non solo loro, sono per la lotta all’evasione, ma quella degli altri… Pensare di risolvere il problema senza sanzioni e senza condanne è irrealistico. Per fare la frittata bisogna rompere le uova…
… è impensabile recuperare decine di miliardi in pochi anni. Recuperare l’evasione non è come dare una multa, il contenzioso può durare anni o decenni, e ha un esito incerto…
… Se ogni euro recuperato dall’evasione va a finanziare nuove spese, da un punto di vista macroeconomico recuperare l’evasione equivale ad aumentare la pressione fiscale, con le conseguenze che si possono immaginare. Le tasse sarebbero distribuite in modo più equo, è vero, ma sarebbe solo una questione di “mal comune, mezzo gaudio”: chi già pagava continua a pagare come prima. Se invece il recupero dell’evasione fosse utilizzato per ridurre le tasse a chi già le paga, allora sarebbe molto diverso…
… con il canone in bolletta diminuirà l’evasione, ma le risorse ricavate verranno tutte utilizzate per aumentare il bilancio della Rai che, come vedremo, è già oggi ben superiore a quello della Bbc…
… L’Italia presenta, nel periodo 2005-2009, una pressione tributaria superiore di 5,6 punti di PIL rispetto a quella tedesca; anche tenendo conto del fatto che parte delle nostre tasse se ne va per pagare gli interessi sul debito pubblico (2,1 punti in più rispetto alla Germania), la nostra pressione tributaria risulta comunque superiore a quella tedesca di circa 3,5 punti di PIL…
… In altre parole: un cittadino italiano, a parità di reddito, paga più tasse rispetto al contribuente tedesco. E allora che fine fanno i nostri soldi? E perché in Germania le cose funzionano e da noi no?
… Per rendere meglio l’idea possiamo fare l’esempio di due condomini: il Condominio Germania, costituito da sei appartamenti, con i locali sempre in ordine e le scale pulite, e il Condominio Italia, sempre di sei appartamenti di uguale metratura, solo che le scale sono sporche, il riscaldamento funziona male, i vetri sono rotti. L’amministratore del Condominio Italia continua a giustificarsi dicendo in giro che tutte le inefficienze del servizio sono causate dal fatto che gli inquilini dell’ultimo piano non hanno mai pagato le spese condominiali (in sostanza evadono), riducendo così le risorse di cui dispone. Poi, però, si scopre che ogni appartamento del Condominio Germania paga 100 euro all’anno per la gestione comune, mentre il Condominio Italia ne paga 150. Facendo i conti, il Condominio Germania dispone ogni anno di 600 euro, e con quelli riesce a far funzionare bene le cose; il Condominio Italia di euro a disposizione ne ha addirittura 750 all’anno, nonostante gli «evasori» dell’ultimo piano, ma le scale sono sporche e i vetri sono rotti eccetera… Il risultato è deprimente: paghiamo più tasse dei tedeschi per ottenere molto di meno…
… Secondo uno studio della CGIA di Mestre, nel 2008 la spesa per retribuzioni della Pubblica amministrazione italiana era pari al 10,9% del PIL, in sostanziale crescita rispetto a inizio decennio: tolti gli interessi sul debito, un quarto della spesa pubblica nazionale è assorbita dagli stipendi. In Germania, invece, le cose vanno un po’ diversamente: negli ultimi anni il peso del costo del lavoro pubblico sul PIL è diminuito progressivamente fino ad arrivare al 6,9% nel 2008; per questo, la quota di spesa imputabile alle retribuzioni pubbliche è appena il 16,7%, circa nove punti in meno rispetto al nostro Paese… In Italia vi sono complessivamente circa 3,6 milioni di dipendenti pubblici, ovvero uno ogni 16 abitanti; in Germania, invece, i dipendenti pubblici sono 4,5 milioni, ovvero uno ogni 18 abitanti…
… In sostanza, in Italia i soldi a disposizione sono comunque di più che in Germania; ma allora perché da noi le cose non funzionano? Il problema in Italia, come ho cercato di spiegarvi, non sta nella mancanza di risorse o nella cattiva gestione delle entrate…
… Diventa dunque lecito ripetere che se tutti pagassero quanto dovuto sarebbe una cosa bellissima, anche perché c’è chi di tasse ne paga troppe e potrebbe sperare di vedere finalmente ridotta la pressione fiscale a suo carico. Tuttavia temo, come ho già spiegato, che la storia ci insegni che lo Stato, anziché avere più soldi da gestire, avrebbe più soldi da sprecare, e lo dimostra il fatto che il recupero dell’evasione lo troviamo ogni anno in finanziaria già puntualmente impegnato…
… Tali regole dovrebbero essere l’ultima delle preoccupazioni: nessun paese le rispetta e, a parte qualche richiamo, non c’è praticamente niente di sostanziale che l’Europa possa farci se non le rispettiamo…
… Supponiamo che l’Italia abbia due abitanti, Carlo e Paolo; anche la Germania ne ha due, Karl e Paul. Carlo produce due mele, Paolo nessuna perché non lavora: il Pil italiano è dunque di due mele. Lo stato italiano vuole dare una pensione di una mela a Paolo. Può prendere a prestito una mela da Karl, e girarla a Paolo come pensione. In questo caso l’Italia nel suo complesso consuma tre mele (due Carlo e una Paolo), quindi vive al di sopra delle proprie possibilità, nel senso che consuma una mela in più di quante ne produce; per questo si è indebitata per una mela con Paul. Se lo stato italiano promette di restituire la mela a Paul (assumendo un tasso di interesse pari a zero per semplicità) fra cinquant’anni, quando sia Carlo sia Paolo saranno morti, sta effettivamente ipotecando il futuro dei figli di Carlo e Paolo, perché saranno loro che dovranno rinunciare a una mela per restituirla a Paul o ai suoi eredi. Ma se lo stato non prende a prestito la mela da Karl o Paul, cosa può fare per dare una pensione di una mela a Paolo? Può prenderla solo da Carlo. Può farlo tassando Carlo di una mela; oppure prendendo a prestito una mela da Carlo, cioè emettendo debito pubblico che Carlo acquista pagando con una mela. In entrambi i casi, Carlo oggi consuma una mela invece di due; Paolo una mela invece di zero. L’Italia nel suo complesso continua a consumare due mele, esattamente quante ne produce: la generazione di Carlo e Paolo nel suo complesso non sta vivendo al di sopra delle proprie possibilità. C’è sempre il debito pubblico emesso dallo stato, del valore di una mela, acquistato da Carlo. Prima o poi lo stato dovrà restituirlo. Supponiamo che la scadenza sia tra tantissimi anni, quando sia Carlo sia Paolo saranno morti. Adesso ci sono i figli, Carletto e Paolino, che producono ciascuno tre mele (il progresso tecnico…). Carlo ha lasciato in eredità il titolo di debito pubblico a Carletto; alla scadenza del titolo, lo stato deve procurarsi una mela per rimborsare Carletto. Lo può fare tassando Carletto stesso di una mela, o Paolino di una mela, o entrambi di mezza mela. In tutti questi casi, quante mele consumeranno complessivamente Paolino e Carletto? Sei, esattamente quante ne producono: non stanno vivendo al di sotto delle proprie possibilità. Dunque, se non diventa debito verso l’estero, il debito pubblico non è un prestito dalle generazioni future a quelle attuali…
… Sapendo che uno o entrambi dovranno essere tassati per ripagare il debito pubblico, Paolino e Carletto potrebbero pensare: “Chi me lo fa fare di lavorare così tanto, per poi dover dare gran parte delle mele che produco allo stato?”…
… Si potrebbe rispondere: se i mercati sono così sciocchi da pensare che l’Italia non sia in grado di restituire il debito o pagare gli interessi, affari loro. Non proprio. Una crisi del debito si riflette sulle banche, sulle imprese e sulle famiglie stesse. Le banche italiane sono piene di titoli del debito pubblico italiano: se questi ultimi perdono di valore, le banche vedono il loro capitale assottigliarsi, fanno meno prestiti, le imprese producono e assumono di meno, e le famiglie stesse, anch’esse detentrici di titoli del debito pubblico, consumano di meno…
… Si fa notare spesso che durante la crisi finanziaria il rapporto debito pubblico/Pil italiano è aumentato molto meno di quello di tanti altri paesi, come Regno Unito, Irlanda, Usa, che l’hanno usato prevalentemente per finanziare il salvataggio delle banche… Che cosa è successo? Questi paesi partivano da un debito pubblico molto basso, e hanno potuto permettersi di aumentare il disavanzo di bilancio (in Irlanda è arrivato a toccare il 35 per cento!) per combattere la recessione più grave del dopoguerra…
… l’ avanzo primario positivo è … una condizione necessaria per ridurre il debito. Ma non è una condizione sufficiente: perché il debito si riduca, l’avanzo primario deve poter pagare tutti gli interessi…
… Sul sito del ministero dell’Economia si può trovare la seguente affermazione, nel contesto di un’analisi della politica di bilancio italiana: “Per apprezzare appieno lo sforzo prodotto dal paese bisognerebbe guardare al saldo primario. […] Ebbene l’Italia risulta il paese che ha mantenuto l’avanzo primario in media più elevato (1,1 per cento), tra i pochi ad aver prodotto un saldo positivo”.5 Questa affermazione è un po’ birichina…
… Nel 1996 Giovanni ha comprato una casa che costa il triplo di quella che ha comprato John, e ha fatto un mutuo triplo. Negli anni successivi Giovanni è quindi costretto a risparmiare molto più di John, per ripagare il mutuo; infatti, Giovanni risparmia il doppio di John. Una persona che li abbia conosciuti nel 2015 e che non abbia visitato le loro case osserverebbe che Giovanni è molto più virtuoso di John. Ma le loro banche non hanno la stessa percezione: Giovanni ha scialacquato all’inizio per una casa stravagante, il fatto che risparmi il doppio di John non fa nessuna impressione sulle banche; anzi, dovrebbe risparmiare più del triplo di John per ripagare il mutuo nello stesso arco di tempo. Nonostante risparmi molto di più, per le banche Giovanni è quindi ancora molto più rischioso di John…
… Per lo più questo argomento si basa sulla maggiore propensione delle famiglie italiane a possedere case: in Italia il tasso di proprietà delle abitazioni è del 77 per cento, contro il 45 per cento in Germania. Ma a chi appartengono le case se non alle famiglie? Per esempio, a società di assicurazioni e immobiliari, che sono a loro volta possedute da famiglie. Quindi anche in Germania tutte le case sono, in ultima analisi, possedute da famiglie…
… Non è assolutamente chiaro perché questa ricchezza totale dovrebbe essere più alta in Italia. Anche se è molto difficile misurarla, ci si può fare un’idea guardando a quanto hanno investito (nel senso della contabilità nazionale, cioè produzione di nuovi beni capitali) in passato l’Italia e altri paesi europei: la ricchezza totale di oggi, infatti, non è altro che la ricchezza totale di ieri più la somma degli investimenti intercorsi nel frattempo (meno il deprezzamento del capitale). Nel periodo 1991-2015, il tasso di investimento (cioè, il rapporto tra investimenti e Pil) italiano è stato del 20 per cento, il più basso tra i maggiori paesi dell’Eurozona, che in media ha investito il 22 per cento del Pil ogni anno. È difficile immaginare che, nonostante un tasso di investimento così basso, l’Italia abbia la ricchezza più alta di tutti…
… Dal punto di vista degli investitori, ciò che importa è la capacità di ripagare il debito, quindi il gettito fiscale totale. In questo senso, l’Italia non è messa particolarmente bene, per tre ragioni: ha una pressione fiscale già elevatissima, quindi non ulteriormente aumentabile; ha una grossa componente di economia sommersa, che, per definizione, non può contribuire al gettito fiscale; è notoriamente incapace di tassare la ricchezza. In molti altri paesi le tasse sulla ricchezza, principalmente sulla casa, sono una fonte importante di introiti, soprattutto per le amministrazioni locali; in Italia, sappiamo bene che la tassa sulla casa è la più impopolare. Se un paese ha una ricchezza privata elevata, ma non la può tassare, dal punto di vista della capacità di ripagare il debito pubblico questa diventa irrilevante…
… “La polemica antitasse è irresponsabile. […] Le tasse sono una cosa bellissima.” Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell’Economia dell’ultimo governo Prodi, non c’è più e non può difendersi, e questa sua famosa frase dell’ottobre 2007 è estrapolata da un contesto più articolato e meno odioso. Ma resta il fatto che è difficile immaginare una frase più insensibile e altezzosamente distaccata dalla realtà di decine di milioni di italiani…
… L’occupazione principale dei ministri era estendere una detrazione dello 0,01 per cento alle persone nate nella seconda metà di giugno degli anni bisestili residenti in comuni il cui nome iniziava con la “f” o la “m”, compensarla con un aumento dell’Iva dello 0,02 per cento sulle macchine fotografiche di un certo peso e di un certo colore, e inventarsi qualche motivo per cui una tale manovra avrebbe dovuto stimolare l’economia…
… che per primo pose la questione, allora apparentemente rivoluzionaria, della riduzione delle tasse, e mostrò ai guru allibiti che si possono addirittura guadagnare voti con questa bandiera. Nella realtà combinò poco, perché si affidò soprattutto ad annunci a effetto e si scontrò con la dura realtà dei mercati nella tempesta perfetta del 2011…
… È stato un enorme merito di Renzi avere fatto piazza pulita di un atteggiamento perverso della sinistra e centro-sinistra italiani (almeno la maggioranza di essi, perché molti continuano a nutrirsi della vecchia retorica e dei vecchi slogan), e aver riconosciuto apertamente che in Italia le tasse sono troppo alte, la gente le detesta, e qualcosa va fatto…
… Molti di coloro che non vogliono o non sanno tagliare la spesa pubblica sostengono invece che ridurre la spesa non è desiderabile, e nemmeno necessario per diminuire le tasse. Addirittura, per alcuni il metodo migliore per ridurre le tasse è aumentare la spesa pubblica…
… Le diverse versioni si differenziano nel modo di attuare una politica di bilancio espansiva: per alcune aumentando la spesa pubblica, per altre riducendo le tasse. Ma per tutte, ridurre la spesa non è nell’agenda…
… Supponiamo inizialmente che il moltiplicatore della spesa pubblica sia positivo e pari a 1, ciò significa che, se aumento la spesa pubblica di 10 euro, il Pil aumenta di 10 euro. Con un’aliquota media del 50 per cento, le entrate dello stato aumentano di 5 euro, meno della spesa. Il disavanzo e il debito pubblico quindi aumentano. L’aumento della spesa pubblica porta dunque a un aumento del Pil, al prezzo di un lieve deterioramento dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil. Questa è la posizione che possiamo chiamare “keynesiana della spesa”. Supponiamo ora che il moltiplicatore della spesa sia molto più alto, pari a 3. Il Pil aumenta quindi di 30 euro, e le entrate dello stato di 15 euro, più della spesa; il disavanzo dunque scende. L’aumento della spesa pubblica porta quindi a un aumento del Pil, ma anche a una riduzione dei rapporti disavanzo/Pil e debito/Pil, e persino a una riduzione del disavanzo in termini assoluti. Questa è la posizione che possiamo chiamare “sudamericana”, perché alla base, fra gli altri, degli esperimenti populisti degli anni ottanta e novanta in Sud America…
… Non è sorprendente che questo argomento sia stato utilizzato centinaia di volte negli anni settanta e ottanta per far passare aumenti di spesa in Parlamento. Quando si voleva costruire un’autostrada inutile che finiva nella città di origine di qualche politico al governo, il Parlamento fingeva di credere che le coperture sarebbero venute dalle maggiori entrate generate dal maggiore reddito creato dall’autostrada in questione. Sappiamo tutti cosa è successo al disavanzo e al debito pubblico in quegli anni…
… Graziano Delrio, una persona sensata ed equilibrata, nel discutere un piano di investimenti pubblici di 20 miliardi dichiarava nell’estate del 2015: “Far ripartire i cantieri significa proprio aumentare il gettito fiscale, dare nuove risorse per consentire l’abbassamento delle tasse. Fare manutenzione del territorio, far ripartire grandi e piccole opere consente quindi di diminuire le tasse”.9 Se fosse veramente così, perché limitarsi a 20 miliardi?…
… La maggior parte dei politici, degli economisti e dei commentatori probabilmente non sottoscriverebbe le posizioni estreme, “sudamericana” o “lafferiana”. Moltissimi però sostengono una posizione “keynesiana della spesa” o “keynesiana delle tasse”. L’idea è di dare “una scossa” all’economia attraverso una manovra di bilancio espansiva: accettare un lieve aumento dei rapporti debito/Pil e disavanzo/Pil in cambio di un miglioramento della crescita, e poi eventualmente ridurre il disavanzo e il debito tra qualche anno mediante tagli di spesa, quando la ripresa si sarà consolidata…
… Inevitabilmente, quando si parla di ridurre la spesa tra qualche anno, si tende a essere vaghi… con indicazioni generiche, quali “si razionalizzerà la spesa per acquisti di beni e servizi”…
… Ogni anno, alla fine di maggio, si compie uno dei riti più inutili e pomposi della vita istituzionale italiana: le Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia. Via Nazionale si riempie delle auto blu di industriali, banchieri, politici, economisti, venuti da ogni parte del paese ad ascoltare una serie di banalità sull’economia italiana che potrebbero benissimo leggere in quindici minuti sul sito web della Banca d’Italia: ma essere lì quel giorno è uno status symbol irrinunciabile per chi vuole contare. Nell’ultima edizione di questo rito, il 31 maggio 2016, il governatore Ignazio Visco ha invocato per l’ennesima volta una riduzione del cuneo fiscale (cioè di tasse e contributi sul lavoro) e un aumento degli investimenti pubblici, il tutto ovviamente senza far salire il debito pubblico. Su come ottenere questo ambizioso risultato, però, anche in questo caso nessun suggerimento concreto…
… Un programma … ambizioso propone il mio amico e collega Francesco Giavazzi… Per rassicurare i mercati, Giavazzi suggerisce di ridurre la spesa pubblica in futuro, e avanza due proposte concrete: l’attuazione di un piano di diminuzione del numero delle partecipate pubbliche, e un aumento delle rette universitarie per gli studenti benestanti. Ma anche qui bisogna fare i conti con i numeri. Come vedremo, la riforma delle partecipate, per quanto anch’essa molto auspicabile, può portare al più risparmi minimi, di poche centinaia di milioni, e probabilmente neanche quelli. Far pagare una parte del costo dell’università alle famiglie che possono permetterselo, per finanziare borse di studio o prestiti d’onore per gli studenti meno abbienti, è un’ottima idea, che avanzai anch’io nel mio libro L’università truccata. Ma bisogna essere realisti: non succederà. In Italia, come in tutti gli altri paesi, le famiglie, gli studenti (anche quelli meno abbienti, che avrebbero tutto da guadagnare da questa proposta), i media si sono fatti abbindolare dalla retorica del “diritto allo studio”…
… Ma cosa succede se il moltiplicatore della spesa è negativo? In questo caso, per aumentare il Pil bisogna ridurre la spesa pubblica. Questo è esattamente ciò che sostiene la teoria dell’“austerità espansiva”….
… Primo, non tutta la spesa pubblica fa parte del Pil, ma solo la componente “consumi e investimenti pubblici”. Questa componente vale 330 miliardi, il 40 per cento della spesa pubblica totale. Il resto sono pensioni, sussidi alle imprese, assegni di disoccupazione, interessi sul debito ecc., tutti trasferimenti (intermediati dallo stato) da certi cittadini ad altri. Come tali, non fanno parte del Pil. Il secondo errore è che anche ridurre consumi e investimenti pubblici non riduce necessariamente il Pil. È vero che se lo stato riduce la spesa per auto della polizia di un milione, la componente consumi pubblici del Pil scende di un milione, ma in conseguenza di questa decisione si crea lo spazio per ridurre anche le tasse di un milione senza aumentare disavanzo e debito; la riduzione delle tasse, a sua volta, stimola i consumi o gli investimenti privati. È questo il nocciolo della teoria dell’“austerità espansiva”…
… 1) È condizione necessaria per smantellare il sottobosco in cui si nutre la commistione tra politica ed economia che ammorba e soffoca la nostra società. Le partecipazioni statali e locali, le posizioni dirigenziali inutili o iperpagate, i sussidi alle imprese, una larga parte dei fondi europei sono per lo più inutili e alimentano appetiti, scambi di favori, affarismi, e pura e semplice corruzione. 2) Molti programmi di spesa sono lievitati in modo casuale, disordinato, per accrescimento legislativo progressivo, senza una ratio, senza un approccio organico. Ci sono, per esempio, tantissimi programmi per gli indigenti che si sovrappongono e non riescono a raggiungere le persone veramente bisognose, mentre spesso vengono erogati a famiglie che non ne hanno necessità. 3) Avrebbe un alto valore simbolico. I compensi scandalosi di politici, ex politici e alcuni dirigenti pubblici, per quanto nel loro complesso non enormi da un punto di vista macroeconomico (ma neanche piccoli, come vedremo), generano cinismo, distacco e risentimento tra i cittadini. 4) Anche se non si vuole applicare una politica di rigore adesso, è importante segnalare ai mercati, agli altri paesi e ai cittadini che il processo è partito. Altrimenti, siamo alle solite: “Ora non è il momento, lo faremo tra due anni”. Ma tra due anni saremo di nuovo allo stesso punto. 5) Infine, bisogna creare spazio per ridurre le tasse il più possibile, ora.
… “Abbiamo fatto 25 miliardi di tagli,” dichiarava il presidente del Consiglio Matteo Renzi nel febbraio 2016… Pier Carlo Padoan: “La spesa pubblica è stata tagliata di 25 miliardi, abbiamo tagliato molto, tanto che è difficile andare oltre”…
… apprendiamo che venticinque miliardi è la riduzione di spesa lorda per il 2016, cioè il totale dei capitoli di spesa che sono diminuiti. Ma ovviamente ciò che permette di creare spazio per tagli di tasse è la riduzione della spesa netta, non di quella lorda. Dalla riga 3, il totale dei capitoli di spesa che sono aumentati è di 20 miliardi. Il netto è appunto 4,5 miliardi. Se faccio una dieta in cui abolisco i dolci ma in compenso mangio solo hamburger e patatine, il mio peso aumenterà, anche se posso sempre vantarmi con gli amici di seguire una dieta ferrea senza dolci…
… inoltre, i risparmi di spesa, sia lordi sia netti, restano comunque sovrastimati, perché ben 5 miliardi sono dovuti a minori trasferimenti dallo stato agli enti locali (regioni, province, comuni). Non c’è alcuna garanzia che questo si traduca in tagli di spesa effettivi: sappiamo già che in alcuni casi sono aumentate le addizionali Irpef comunali e regionali…