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martedì 28 maggio 2019

LE FINTE DISCIPLINE AVALUTATIVE

LE FINTE DISCIPLINE AVALUTATIVE

Congettura: l'economia moderna è formalmente avalutativa, ma in pratica incoraggia l’uguaglianza e il cosmopolitismo. Se nei tuoi modelli teorici tratti tutti gli individui come fondamentalmente simili, sarebbe strano insistere poi sul fatto che la legge debba improvvisamente trattarli in modo diverso.

Verifica: come hanno votato nel corso della storia gli economisti in Parlamento? Leggetevi l’articolo.

https://www.nytimes.com/2013/03/17/business/the-egalitarian-tradition-of-economics.html

venerdì 24 agosto 2018

L’ECCESSIVO RISPETTO PER LA SCIENZA

L’ECCESSIVO RISPETTO PER LA SCIENZA
La scienza ha un problema con la filosofia che meglio la sostiene: il positivismo.
Da un lato il positivismo sopravvaluta la scienza: la logica induttiva, ovvero la logica della scienza, non è affatto una logica affidabile, inoltre le ipotesi scientifiche non sono mai verificabili (disgiuntamente).
Dall’altro sottovaluta gli altri saperi: i sensi fisici non sono certo le uniche fonti di conoscenza non arbitraria. Negare ostinatamente che molta della nostra conoscenza si fondi su giudizi sintetici a priori sembra pretenzioso.

L’arbitrario primato dei sensi SAGGIO

L’arbitrario primato dei sensi

Philosophical Preliminaries. Appunti nel corso della lettura del capitolo 7 di “Approaching Infinity” di Michael Huemer.
  • Il positivista non pensa possa esserci una reale conoscenza del mondo se non in base a Tutte le realtà non osservabili sono per lui letteralmente senza senso, il che comporta la liquidazione di interi settori del sapere tradizionale come teologia, metafisica e etica.
  • Il positivismo è una filosofia contradditoria poiché la veridicità dell’assunto fondamentale di cui sopra non è osservabile quindi, per la stessa filosofia che lo professa, falso o senza senso.
  • Peter Van Inwagen definisce in soldoni il positivismo come un eccessivo rispetto per la scienza: solo la scienza conosce. Per Hume (capostipite dell’empirismo) tutti i libri che non contengono matematica e scienza possono essere bruciati senza danno per l’uomo. Il positivismo oggi barcolla tuttavia resta influente, magari in modo inconscio,. E’, per esempio, alla base di teorie come la meccanica quantistica (interpretata come fisica indeterminata), la teoria della relatività (interpretata come reversibilità del tempo) o il formalismo matematico (una filosofia antirealista della matematica). Molti, che respingerebbero il positivismo se posti esplicitamente di fronte a questa opzione, poi adottano interpretazioni positiviste di queste teorie, da qui l’opinione per cui l’empirismo detti ancora l’agenda occulta dei lavori, specie nel mondo anglosassone.
  • Conservatorismo fenomenico (CF): l’apparenza fino a prova contraria giustifica razionalmente una credenza. Ecco un primo concetto per sottrarsi all’imperio positivista. Ci sono apparenze sensoriali (guardo dalla finestra e vedo uno scoiattolo), mnemoniche (ieri sono caduto dalla bicicletta) e razionali (il numero tre esiste). Ebbene, non esiste alcuna base razionale per dare il primato ai sensi (come vorrebbe fare il positivista).
  • Chi accetta il conservatorismo fenomenico accetta l’esistenza dei giudizi sintetici a priori (GSA) (una realtà rigettata dai positivisti e di cui si discute da tre secoli). Un tale giudizio è vero a priori ma la sua negazione – contrariamente ai giudizi analitici – non comporta una contraddizione. Esiste il numero 3? Noi diciamo di sì senza bisogno di ricorrere all’osservazione, ma qualora qualcuno lo negasse probabilmente sbaglierebbe ma non incorrerebbe in contraddizioni di sorta.
  • Esempi di giudizi sintetici a priori: un oggetto non puo’ essere tutto rosso e tutto blu; meglio essere felici che tristi; è immorale uccidere o tormentare l’innocente; il presente precede il futuro; non esiste uno spazio a 8 dimensioni; ogni evento è causato da un altro evento; se A è dentro B che è dentro C allora anche A è dentro C; il bianco è più simile al rosa pallido che al blu; il numero tre esiste; sono in libero, almeno in parte; una cosa o è vera o non lo è; Dio esiste (o non esiste). Numeri, spazio, colori, etica, causalità, probabilità, teologia, psicologia… i GSA coinvolgono molte aree del sapere, liquidarli come insensati è quantomeno azzardato.
  • Perché questi giudizi sono sintetici? Perché negarli non comporta contraddizione, esempio: non esiste un definizione di rosso e verde, i due colori vengono “definiti” solo indicandoli (per ostensione), in questo senso se qualcuno mi indicasse un oggetto contemporaneamente rosso o verde la mia intuizione sarebbe smentita senza per questo che si realizzi una contraddizione. Ma perché sono a priori? Qui la cosa migliore è ricorrere ad un noto esperimento mentale: dalla nascita qualcuno vi tiene addormentati inducendo in voi dei sogni; quando vi svegliate vi viene rivelato che tutta la vostra esperienza sino ad oggi non è reale ma indotta e manipolata. Ecco, ciononostante, anche sapendo che la vostra esperienza non è reale, continuerete a credere che un oggetto completamente rosso non potrà mai essere completamente verde, il che testimonia come l’esperienza stessa abbia un ruolo del tutto secondario secondario in questa credenza. Detto in altri termini: si tratta di un giudizio a priori.
  • Il positivismo vince o perde sulla questione dei GSA. La fonte dei GSA è l’intuizione razionale giustificata dal conservatorismo fenomenico. Si puo’ dire che la miglior alternativa al positivismo sia la filosofia del buon senso (padre putativo Thomas Reid): i sensi non hanno il monopolio della giustificazione, anche memoria e intuizione razionale, per esempio, hanno pari valore epistemologico.
  • Un altro vulnus del positivismo logico sono i paradossi logici a cui soggiace. Attraverso i GSA, in particolare grazie al concetto di “impossibilità metafisica” (IM) sarebbe possibile superarli, ma questi sono concetti tabù per il positivista. Una proposizione è “logicamente impossibile” se contraddittoria mentre è “metafisicamente impossibile” se inconcepibile. Il positivista si adatta obtorto collo alla prima impossibilità ma non alla seconda, per lui sarebbe concedere troppo all’apriorismo. Si noti l’ IM non è legata alla violazione di leggi della natura, noi, infatti, potremmo anche “concepire” un universo con leggi newtoniane.
  • La fantascienza ci aiuta meglio a capire il concetto di IM: quando diciamo che un film di fantascienza è brutto? Quando è inverosimile, ovvero difficile da concepire. Un film in cui il tempo è reversibile, per molti è brutto. Un film di fantascienza in cui non esiste legge di gravità invece non crea obiezioni. Nessuno capisce la meccanica quantistica MQ perché nella sua interpretazione attuale è “inconcepibile”, cosicché un film di fantascienza governato da leggi quantistiche risulterebbe ai più brutto. Un film in cui si vive in uno spazio ad 8 dimensioni è brutto perché noi non riusciamo a concepire uno spazio a 8 dimensioni.
  • Tra GSA e IM il legame è evidente: ritenere che un oggetto non possa essere completamente bianco e allo stesso tempo completamente rosso significa esprimere sia un GSA che una IM. Negare questa verità, del resto, non significa cadere in contraddizione: potremmo farci sopra un film di fantascienza ma sarebbe un brutto film. Concetti come GSA e IM sono tabù per l’empirista.
  • Tesi del libro: molti paradossi legati al concetto di infinito possono essere risolti adottando il concetto di IM (e quindi sdoganando i GSA). Questa via, ovviamente, comporta il rigetto del positivismo come filosofia della scienza, che in effetti è impotente contro simili paradossi. Il positivista si appiattisce sulla mera logica snobbando cio’ che è inconcepibile: tutto è concepibile se non dimostrato falso dall’osservazione, ma la mancanza di una simile dimostrazione è irrilevante per il buon senso del CF che accetta le apparenze fino a prova contraria. Per il positivista l’apparenza puo’ essere chiara finché si vuole, tutto va dimostrato per essere giustificato e in assenza di una dimostrazione ogni apparenza – che non sia quella dei sensi – va rifiutata.
  • Da quanto detto capiamo che esperienza e testabilità fattuale sono concetti ben diversi: le nostre esperienze sono zeppe di semplici “apparenze” che vanno poi testate. Tra i fatti (che appaiono) e il positivismo c’è quindi un continuo conflitto. Il positivismo non è affatto la filosofia che mette al centro i fatti ma la filosofia che mette al centro i sensi.
  • Cos’è la matematica? Per la filosofia del buon senso è cio’ che appare: un corpo di conoscenze a priori – in parte sintetiche in parte analitiche. Per il positivista invece è una manipolazione convenzionale di simboli. Il fatto è che per tutti noi la matematica appare così com’è in modo del tutto naturale e non c’è bisogno di aderire ad alcuna convinzione per capirla. Per tutti noi la matematica non è un’invenzione arbitraria dell’uomo: è quella che è, ed è così per tutti. La chiarezza e l’accordo universale che si realizza nel mondo matematico non deriva da una mega convenzione stipulata tra gli studiosi ma molto più probabilmente dal fatto che la matematica è quella roba lì e “appare” a tutti nella stessa maniera, anche a chi non intende stipulare convenzioni di sorta.  Come esce da questo imbarazzo il positivista? Sempre alla stessa maniera: si tratta di apparenze indimostrabili, quindi siamo liberi di credere quel che più ci fa comodo e in questo caso l’approccio formalista ci fa comodo perché non ricorre ai GSA e alle apparenze.

HL Fallacies physicists fall for Edward Feser

Fallacies physicists fall for
Edward Feser
Citation (APA): Feser, E. (2018). Fallacies physicists fall for [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia ( giallo) - Posizione 2
Fallacies physicists fall for By Edward Feser
Evidenzia ( giallo) - Posizione 8
Hilary Putnam notes that “mathematically presented quantum-mechanical theories do not wear their ontologies on their sleeve… the mathematics does not transparently tell us what the theory is about.
Nota - Posizione 9
SCIENZA E ONTOLOGIA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 11
“Why bother imposing an ‘ontology’ on quantum mechanics at all?...
Nota - Posizione 11
LA REAZIONE DI MOLTI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 11
uantum mechanics has a precise mathematical language
Nota - Posizione 11
SUFFICIENTE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 12
we know how to use that language to make predictions
Nota - Posizione 13
Cccccccc
Evidenzia ( giallo) - Posizione 15
return to the instrumentalism of the 1920s.
Nota - Posizione 15
DI FATTO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 17
in other contexts they are, I have observed, quite happy to talk about the same theories as descriptions of reality
Nota - Posizione 18
CHI PARLA COME SOPRA SI CONTRADDICE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 19
The metaphysical implications of relativity theory, or indeed of any theory in physics,
Nota - Posizione 20
NN LIMITATO A QM
Evidenzia ( giallo) - Posizione 27
the same people will usually insist on a realist understanding of scientific theories
Nota - Posizione 28
POSITIVISMO STRUMENTALISMO E ALTRI ANTI REALISMI....CONTRADDIZIONE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 30
If you insist that nothing worthwhile can be said about any matter that is not susceptible of experimental testing, then you have indeed ruled out of bounds philosophical questions like the ones just referred to. But you have also thereby ruled out a realist interpretation of theoretical entities, because realism is not susceptible of experimental testing.
Nota - Posizione 31
SINTESI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 37
even instrumentalism itself is a philosophical thesis
Nota - Posizione 37
ALTRO PROBLEMA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 38
views like instrumentalism cannot be settled experimentally
Nota - Posizione 38
E POI....
Evidenzia ( giallo) - Posizione 39
Scientism is simply not a coherent position.
Nota - Posizione 39
CONCLUSIONE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 41
if you think that these commitments are rationally justifiable ones– and of course, anyone beholden to scientism thinks his view is paradigmatically rational– then you are implicitly admitting that there can be such a thing as a rationally justifiable thesis which is not a scientific thesis. Which is, of course, what scientism denies.
Nota - Posizione 43
LA CONTRADDIZIINE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 44
So why is it so common?
Nota - Posizione 44
PERPLESSITÀ
Evidenzia ( giallo) - Posizione 46
because it is so common and so simple.
Nota - Posizione 46
PRIMA SPIEGA...CONTAGIO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 50
Paradoxically, the very obviousness and prevalence of the fallacy keeps them from seeing it.
Nota - Posizione 51
IL PARADOSSO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 52
Then there is the element of pride. You have to be smart to do natural science.
Nota - Posizione 52
SECONDO ELEMENTO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 55
You are convinced that philosophers and other non-scientists have nothing of interest to say.
Nota - Posizione 56
QUINDI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 58
“Some religious nut is going to catch me out on a blatant fallacy? No way in hell! I refuse to believe it!”
Nota - Posizione 59
TIPICA REAZIONE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 60
third factor is that, though the fallacy is pretty simple, you have to have at least a rudimentary understanding of certain philosophical concepts– realism, instrumentalism, self-contradiction,
Nota - Posizione 61
TERZO ELEMENTO...L'ELEMENTO INCOMPEYTENZA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 68
defenders of scientism will, in response to the claim that extra-scientific philosophical commitments are unavoidable,
Nota - Posizione 69
UN ESEMPIO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 76
there is a special kind of bias to which those who detect bias in others are prone.
Nota - Posizione 76
IL BIAS BIAS DI PINKER
Evidenzia ( giallo) - Posizione 77
when you are keen to ferret out biases in others, you are often blind to the biases that influence you as you do so.
Nota - Posizione 78
DEF
Evidenzia ( giallo) - Posizione 80
paradox of rationality is that expertise, brainpower, and conscious reasoning do not, by themselves, guarantee that thinkers will approach the truth. On the contrary, they can be weapons for ever-more-ingenious rationalization.
Nota - Posizione 81
PARADOSSO DELLA RAZIONALITÀ
Evidenzia ( giallo) - Posizione 82
“the major enemy of reason in the public sphere today… is not ignorance, innumeracy, or cognitive biases, but politicization”
Nota - Posizione 83
EFFETTO COLLATERALE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 85
These factors account for why defenders of scientism are often so dogmatic
Nota - Posizione 86
LA POLITICIZZAZIONE SPIEGA MOLTO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 88
Scientism has become a political cause,
Nota - Posizione 88
PURTROPPO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 93
it cannot be correct to say that we can have no rationally justifiable belief in what cannot be experimentally tested. This is most obvious in the case of mathematics.
Nota - Posizione 94
ALTRA CONTRADDIZIONE DEL POSITIVISMO...IL PROBLEMA CON LA MATEMATICA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 97
defenders of scientism are often willing to expand their conception of what counts as “science” to include mathematics.
Nota - Posizione 98
AL PUNTO CHE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 100
there are rational forms of discourse that don’t involve empirical testability.
Nota - Posizione 100
GLI STESSI POSITIVISTI AMMETTONO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 101
the thesis that empirical science and mathematics exhaust the genuine forms of knowledge is not itself a proposition of either empirical science or mathematics.
Nota - Posizione 102
DOPODICHÈ RIPARTE LA SECONDA PROP.
Evidenzia ( giallo) - Posizione 109
consider the proposition that change occurs. We know this is true from experience. But that does not mean that it is empirically testable
Nota - Posizione 110
CI SONO POI GLIJ A PRIORI SINTETCI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 113
The thesis that change occurs is, accordingly, not falsifiable or empirically testable. And yet we know it from experience,
Nota - Posizione 114
Cccccccc
Evidenzia ( giallo) - Posizione 116
Which is precisely what scientism denies.
Nota - Posizione 116
Cccccccc
Evidenzia ( giallo) - Posizione 117
they conflate empirical with experimentally testable.
Nota - Posizione 117
POSITIVISMO...NOZIONE RISTRETTA DI ESPERIENZA...LIMITATA AI SENSI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 118
the proposition that change occurs is empirical in the sense that we know it via experience, but it is not experimentally testable or falsifiable.
Nota - Posizione 119
ESEMPIO

martedì 6 febbraio 2018

Evviva il positivismo nelle scienze sociali

Non che io straveda per il positivismo nelle scienze sociali, o che creda nel mito della neutralità assoluta in materie del genere, ma se l'alternativa sono i "critical studies", ovvero l'impiego militante della ragione in favore delle minoranze oppresse, allora evviva il positivismo e il terzismo neutrale!
The problem with “critical” studies Posted by Joseph Heath on January 26, 2018 | education, politics When I was an undergraduate, I believed that the prevalence of positivism in the social sciences – the idea of studying…
INDUECOURSE.CA

mercoledì 31 luglio 2013

La ragione che non dimostra

Alvin Plantinga – Dio esiste. Perché affermarlo anche senza prove.
***
La tesi dell’ autore:
… colui che afferma l’ esistenza di Dio è nel pieno dei propri diritti dal punto di vista epistemologico, anche se non risulta capace di argomentare efficacemente a favore della propria tesi…
AP è autore stimato che ha speso un’ intera vita accademica per conferire dignità intellettuale alla credenza in Dio. “Credere”, per lui, non è un atto razionalmente azzoppato.
… “credenza” è qualsiasi contenuto cognitivo che la mente accoglie in modo “pigro e passivo” e che non risulta confutato…
La “credenza” è un po’ il mobilio della mente. Agostino, nel De utilitate credendi, è il primo a constatarne la natura inevitabile:
… non c’ è assolutamente nulla dell’ umana società che non  risulterebbe gravemente lesionato, qualora avessimo deciso di non credere a niente…
***
Ma colui che si ritiene inserito nella comunità dei credenti in Cristo è chiamato a difendere razionalmente la propria fede. E’ questo un mandato evangelico esemplarmente enunciato, per esempio, nella Prima Lettera di Pietro:
… non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi…
La necessità di “intellegere” la propria fede è proclamata anche da Agostino:
… se non credete non capirete… ottemperando i precetti del Signore, cerchiamo con insistenza…
***
Eppure c’ è una tradizione teologica riformata che oppone fede e ragione, basterà citare due eminenti figure come Kirkegaard e Sestov; è difficile per gli epigoni di quella tradizione dare concretamente corso al mandato evangelico di cui sopra. AP ci prova cercando di navigare tra la Scilla del fideismo e la Cariddi della teologia naturale.
***
AP si inserisce in una prospettiva anti-evidenzialista. L’ evidenzialismo è una posizione molto diffusa nel pensiero occidentale:
… secondo gli evidenzialisti, un contenuto cognitivo, per essere asserito e sostenuto con fermezza, va mostrato o come evidente o come fondato su evidenze per il tramite di un processo anch’ esso evidente…
Secondo la visione “evidenzialista”…
… la fede cristiana sarebbe epistemicamente infondata… ovvero razionalmente identificata…
Una conclusione del genere è quanto mai gradita ai vari Sestov e Kirkegaard, i quali prendono fieramente le distanze dalla ragione facendo trionfare la fede.
Oltretutto la conclusione evidenzialista è in buona parte condivisa anche da chi non appartiene in via esclusiva al mondo ateo:
… se ne rinvengono tracce in Aristotele e Tommaso… secondo i quali il fedele rischia di venir meno a obblighi intellettuali qualora manchi di dimostrare la fondatezza della sua fede…
Per un bayesiano come AP le cose stanno in modo diverso:
… non si abbandonano le proprie convinzioni in assenza di adeguate motivazioni…
Agostino:
… ritengo che credere prima di ricorrere ai procedimenti razionali… sia cosa non solo assai salutare ma anche indispensabile…
***
AP simpatizza con la teologia negativa ma non nei modi radicali tipici per esempio di un Karl Barth. Arriva a negare il fideismo anche quando si presenta nelle sue forme più moderate.
AP, diversamente da Barth, riabilita la teologia naturale, anche se affida ad essa un ruolo che differisce da quello preteso da Tommaso.
… l’ uso della teologia naturale in difesa della fede attaccata è più che legittimo quando non doveroso… fede e ragione sono compatibili e la seconda si presenta come un prolungamento della prima…
Una volta mutate le circostanze, una volta cioè che la fede venga attaccata, è lecito difenderla con argomenti razionali:
… non solo, è anche lecito porsi dei dubbi e rispondersi padroneggiando l’ arsenale della teologia naturale… La fede è un atto iniziale epistemicamente legittimo ma poi, assalita dai dubbi, deve cedere se non è in grado di farvi fronte con l’ uso della ragione…
Secondo Barth le cose stanno diversamente:
… chi armeggia con la teologia naturale o finge di partire da zero… o  parte realmente da zero… nel primo caso predomina l’ insincerità, nel secondo l’ incredulità…
E’ chiaro che Karl Barth va dritto dritto verso il fideismo, AP vuole evitare proprio quella deriva.
***
“Credere” senza l’ appoggio di argomenti è un’ esperienza comune:
… credere nell’ esistenza del mondo… nell’ esistenza degli altri… nell’ esistenza del passato… è un’ esperienza comune… generalmente accettata senza problemi… ovvero senza la necessità di addurre argomenti… e nemmeno l’ atteggiamento fondazionalista esclude verità “basilari” da accogliere anche in assenza di dimostrazioni…
***
Ora, la verità di Dio è vissuta dal credente come una verità “basilare”.
E qui cominciano i problemi perché, in genere, gli “evidenzialsti” moderni ritengono “evidenze” solo i principi logici e i dati dei sensi:
… ma questa posizione è facilmente confutabile poiché l’ affermazione: “le uniche evidenze sono costituite dai principi logici e dai dati dei sensi” è un asserto che non ricade né tra i principi logici né tra i dati sensibili…
Ergo, la “basilarità” della credenza non si esaurisce nella lista fornita dagli “evidenzialisti”:
… le verità di fede possono tranquillamente rientrare nel novero delle verità basilari coltivate dalla mente del credente e in quanto tali è razionalmente legittimo accettarle fino a prova contraria…
***
L’ ateismo del ventesimo secolo ha negato razionalità ai credenti con molti argomenti.
Innanzitutto, da Wittgenstein ai neopositivisti,  la proposizione “Dio esiste” è stata bollata come un nonsenso. Si parla esplicitamente di “asserti cognitivamente privi di contenuto” e, quando va bene, di “problemi di cui si deve solo tacere”:
… oggi questa obiezione è passata nel dimenticatoio perché ci siamo accorti che risulta più semplice accettare come sensate quelle proposizioni che appaiono chiaramente come sensate… inoltre si è costatato che proposizioni analoghe sono accettate senza problemi da tutti e non possono certo essere considerate dei nonsense… quando parlo di “causa”, di “intenzione”, di “realtà”, di “libertà”, di “passato”… non sto utilizzando dei nonsense e nemmeno dei concetti cervellotici… al contrario, mi riferisco a concetti facilmente comprensibili a tutti… eppure il loro contenuto cognitivo è per sua natura analogo a quello a cui ci si riferisce la parola “Dio”…
Altri hanno sostenuto che la credenza in Dio è intrinsecamente incoerente:
… per quanto ne so il concetto di Dio, magari è problematico, ma è perfettamente coerente…
Altri hanno ritenuto che la credenza in Dio è incompatibile con la credenza, che nessuno puo’ rigettare, nell’ esistenza del Male:
… una contraddizione che oggi sembra sanata grazie a buone teorie… tanto che, finanche tra chi avanza l’ argomento del male, c’ è consenso sul fatto che una simile obiezione non possa risultare vittoriosa…
Ma l’ obiezione più corposa è quella “evidenzialista”:
… l’ idea per cui la solidità di una credenza debba sempre risultare proporzionata alla solidità dell’ evidenza che l’ accompagna… chi accetta di credere in Dio lo farebbe sulla base di evidenze insufficienti…
Da John Locke a David Hume, da WK Clifford a Bertrand Russell, il Phanteon degli atei che si concentrano su questo punto è ben nutrito. Anthony Flew (oggi convertito) è stato forse il più eloquente di questa schiera:
… il dibattito intorno all’ esistenza di Dio dovrebbe iniziare con una presunzione di ateismo…
Ma da che cosa iniziano i dibattiti? Cosa significa che un dibattito dovrebbe iniziare così piuttosto che così?
… il dibattito non puo’ iniziare dal presupposto che dio esiste… ma nemmeno dal presupposto che dio non esiste…
Anthony Flew giustifica la presunzione dell’ ateismo nell’ esigenza di motivazioni:
… se si afferma che esiste dio, dobbiamo avere adeguate motivazioni per pensare che sia davvero così…
Flew sta sostenendo che è irrazionale professare una credenza religiosa in assenza di giustificazioni.
Michel Scriven va oltre:
… secondo questo autore se gli argomenti a favore dell’ esistenza di dio falliscono l’ unica posizione razionale non consiste nel non credere in dio ma nel farsi atei, ovvero nel credere che dio non esiste… per essere atei non occorre alcuna prova che dio non esista… l’ ateismo è razionalmente obbligatorio anche se non si puo’ provare l’ inesistenza di dio…
In sintesi potremmo dire che l’ ateismo contemporaneo più consapevole orbita intorno a due tesi di fondo:
… la prima afferma che in assenza di argomenti a favore dell’ esistenza di dio la posizione dell’ ateo è la più ragionevole… la seconda afferma che non possediamo nessuna evidenza e comunque nessuna evidenza sufficiente per affermare l’ esistenza di Dio…
La seconda tesi è a dir poco ingenerosa… che dire allora dei vari argomenti proposti a favore dell’ esistenza di dio? Sia la tradizione che molti filosofi contemporanei (penso a Taylor, Adams, Mascall, Mitchell, Swinburne…) hanno prodotto una mole di lavoro che non puo’ essere liquidata tanto in fretta.
… e si noti che il problema non è quello di stabilire se questi argomenti presi singolarmente o in combinazione costituiscano una prova dell’ esistenza di dio, perché non v’ è dubbio che prove non ne forniscono… il punto invece è credere se qualcuno possa essere razionalmente giustificato nel credere all’ esistenza di dio sulla base delle evidenze da essi offerte, il che è tutt’ altra questione…
Tuttavia in questa sede dobbiamo lasciar cadere un simile discorso visto che AP è uno studioso completamente concentrato sulla confutazione della prima tesi.
***
Cominciamo con l’ osservare che  nell’ ateismo contemporaneo il “razionalismo” si presenta come un’ “etica dell’ intelletto”:
… per l’ ateo razionalista esiste qualcosa come un’ etica generale dell’ intelletto che ci deve spingere ad adeguare l’ assenso al livello dell’ evidenza… Il credente violerebbe ripetutamente questi obblighi intellettuali…
A prima vista la richiesta dell’ ateismo è plausibile, senonché il parallelo tra razionalità ed etica presenta qualche problema:
… che cosa dire di un teista di 14 anni educato a credere in Dio in una comunità in cui tutti credono?… la sua fede viola forse violando un dovere intellettuale?… E che cosa dire di un teista maturo – Tommaso d’ Aquino, ad esempio – il quale ritenga, dopo aver riflettuto a lungo e coscienziosamente, di essere davvero di possedere adeguata evidenza…
Il problema è che a volte la credenza non dipende dal credente:
… se mi ordini di cessare di credere che la terra è molto antica, non c’ è modo per me di attenermi al tuo ordine… allo stesso modo non è possibile per me cessare di credere in Dio…
E siccome non possono esistere “doveri impossibili”...
Eppure questa risposta data all’ ateo è altamente insoddisfacente, il motivo è intuibile:
… noi tutti consideriamo “colpevole” chi nutre certe credenze… pensiamo solo a chi crede nell’ inferiorità della razza ebraica… persino San Paolo in Rm 1 ritiene che “non riuscire a credere” nel vero Dio è colpevole… e allora?…
Inoltre è pur vero che possiamo porre in essere diverse strategie che allentino la nostra credenza fino ad infiacchirla. Forse dovrei cominciare a leggere Voltaire, Bertrand Russell o Thomas Paine evitando come il fuoco Agostino, C.S. Lewis o, vade retro, la Bibbia.
***
Per rispondere all’ ateo dobbiamo allora imboccare una via differente.
… probabilmente l’ ateo non intende spingersi al punto di sostenere che nessuna credenza puo’ essere adottata in assenza di evidenze chiare… sarebbe davvero troppo poiché noi tutti, per mancanza di tempo e modo, finiamo per farlo tutti i giorni più volte al giorno… e allora perché non ritenere che la credenza in Dio non rientri in un caso del genere?…
Domanda imbarazzante a cui l’ ateo tuttavia risponde, ma secondo AP:
… le risposte date non sono per nulla stringenti… e le ragioni fornite per nulla chiare…
***
La domanda chiave suona dunque così: perché la credenza in Dio non puo’ essere annoverata tra le credenze di base? Le credenze di base sono quelle credenze che noi tutti troviamo ragionevole adottare anche in assenza di una dimostrazione compiuta.
… gli atei rispondono dicendo che l’ interdetto è giustificato dal fatto che la credenza in Dio non è auto-evidente né alla ragione né ai sensi… l’ esistenza di Dio non deriva né da un teorema né da una osservazione…
L’ ateo elabora quindi un criterio oggettivo per scremare le credenze accettabili da quelle inaccettabili. Ma è un criterio corretto?
Ma il criterio dell’ ateo presenta dei problemi. Ancora una volta:
… dobbiamo notare che se questo criterio fosse corretto… allora gran parte di cio’ a cui crediamo risulterebbe irrazionale…
Il più delle credenze che ci servono a vivere sarebbe da bollare come infondato:
… si pensi alla credenza per cui esistono delle cose… oppure a cio’ che ci fa credere che esistano anche persone diverse da noi… o che esista il mondo da più di cinque minuti… o che esista il passato… Nessuna di queste credenze puo’ essere dimostrata adeguatamente stando al criterio dell’ ateo…
Poiché molte delle credenze di cui sopra sono “basilari” per chiunque, anche per l’ ateo, se ne deduce che il criterio oggettivo elaborato è fallato.
Ma c’ è un altro vulnus non da poco:
il criterio dell’ ateo non si auto-sostiene… come se non bastasse, infatti, l’ ateo crede a un criterio che non ha affatto le caratteristiche di basilarità enunciate dal criterio stesso…
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L’ ateo potrebbe emendare il suo criterio tenendo conto del fatto che le eccezioni avanzate sono comunque verità accettate da tutti mentre la credenza in Dio no.
Vediamo se le cose stanno veramente così:
… se affermo che oggi ho pranzato questa è una verità basilare per me ma non per tutti… la gran parte delle persone nemmeno pensa ad un evento del genere…
Inoltre:
… non “quasi tutti” ritengono che sia vero solo cio’ che sostengono “quasi tutti”… io per esempio non lo credo…
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Ma se la credenza in Dio è propriamente basilare, perché non potrebbe essere tale qualsiasi credenza?
Chi rigetta l’ evidenzialismo con gli argomenti di cui sopra deve accettare come razionale anche la credenza nella Grande Zucca?
… e perché mai?… facendo un’ analogia eloquente potremmo dire che chi in passato ha rifiutato il criterio neopositivista considerando sensate espressioni chiaramente sensate anche se non verificabili, non era per questo solo fatto costretto ad accettare come sensate anche espressioni quali: “… al prepario i svacchi marchi tortellavan per il daino…”…
Per qualcuno è un problema constatare che il credente respinga il criterio evidenzialista mostrando di non avere alcuna fretta di sostituirlo con un altro criterio oggettivo.
… penso proprio che tutto cio’ non rappresenti un problema… anche perché non penso proprio che nemmeno esista un criterio deduttivo per distinguere credenze basilari da credenze irrazionali… l’ unico criterio è di tipo induttivo… bisogna derivarlo empiricamente partendo dal basso… partendo da esempi concreti… partendo dai contesti… dai soggetti implicati… dalla loro storia… La credenza in Dio ha una sua storia ben diversa dalla credenza nella Grande Zucca… anche per questo è sensato pensare che la credenza in Dio “probabilmente” è basilare mentre quella nella Grande Zucca “molto probabilmente” è irrazionale…
Il criterio evidenzialista avanzato dagli atei è dunque fallace e va rimpiazzato con qualcosa di meglio, ecco la proposta che emerge dall’ analisi di AP:
… ogni soggetto sincero parte da credenze basilari che sono sue proprie e che si sono mostrate in qualche modo “adatte” alla sua condizione e al suo contesto… entrando in relazione con il prossimo attraverso l’ uso del linguaggio e della ragione, le fa evolvere in funzione degli argomenti che avanzano i terzi e che lui stesso è in grado di produrre… in questo modo si realizzano degli equilibri rilevanti anche se mai completamente stabili… in questi equilibri convivono credenze magari diverse ma tutte razionalmente giustificate…
Vogliamo chiamarla razionalità bayesiana?
Oggi questa concezione della razionalità sembra prevalere anche in molti atei.
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Il criterio bayesiano ci illumina sul legame tra fede e ragione. Chi accetta la sua credenza in Dio come basilare ha messo al sicuro la sua fede? Non ci saranno d’ ora in poi argomenti in grado di scalfirla?
… senz’ altro no. Un buon argomento che faccia leva su altre credenze che il credente reputa vere potrebbero “convertirlo” all’ ateismo… naturalmente vale anche il discorso inverso… la credenza cristiana ha un contenuto dove spesso ricorrono dei dogmi ma la credenza nell’ esistenza di Dio non è un dogma… se riteniamo che esistano buoni argomenti per non credervi è nei nostri diritti epistemici cessare di credere… l’ atto di credere deve essere libero in caso contrario la credenza non potrebbe essere basilare… in assenza di evidenza e in assenza di basilarità sarebbe una credenza irrazionale…
La razionalità della credenza è qualcosa che riguarda la legittimità dei punti di partenza. Una volta che parte la discussione l’ esito è imprevedibile, anzi, sarebbe auspicabile che gli interlocutori s’ impegnino a mutare le proprie posizioni di partenza.
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I Protestanti sono particolarmente propensi ad assumere la credenza in Dio come basilare.
Perché i fratelli Protestanti si sono sempre opposti alla teologia naturale (e alle prove dell’ esistenza di Dio)?
Primo motivo:
… la fede non ha bisogno di dimostrazioni per essere piena…
Secondo motivo:
… l’ intelletto del credente non ha bisogno di dimostrazioni per autorizzare la credenza in Dio… la credenza puo’ essere perfettamente razionale anche in mancanza di argomenti…
Secondo Giovanni Calvino, poi, la disposizione a credere in Dio è radicata in ogni essere umano.
Karl Barth è stato particolarmente duro nel disapprovare la teologia naturale
… secondo Barth trastullarsi con gli argomenti della ragione svaluta la fede autentica allontanandoci da essa…
Ora, AP si pone nel solco dei pensatori riformati, anch’ egli ritiene che l’ atto di fede possa essere razionale anche se compiuto in assenza di prove. Tuttavia si allontana dalle asprezze di Barth per riabilitare la teologia naturale riconsegnandole un ruolo importante:
… pensare troppo a Dio puo’ allontanarci dalla fede autentica… ma se la nostra fede è insidiata dal dubbio… magari da un dubbio instillato dall nostro fratello ateo… allora pensare a Dio facendo fronte a questi dubbi prendendoli sul serio non indebolisce la fede ma la salva e pone le premesse per rafforzarla…
Mi viene da chiosare che poiché oggi il credente vive sprofondato in una società atea, la sua fede è continuamente assediata da dubbi e mai come oggi la necessità di dominare gli argomenti a difesa della fede è una necessità impellente.