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domenica 21 dicembre 2025

APOCALISSI

APOCALISSI

Una decina di anni fa — forse anche di più — mi consideravo un “apocalittico” e oggi, dopo una lunga migrazione intellettuale, mi ritrovo nuovamente al punto di partenza. Il quadro di riferimento prende le mosse dal paradosso di Fermi: “Come mai non c’è nessuno là fuori?”. La risposta che trovo più convincente è la seguente: le civiltà che si sviluppano oltre una certa soglia collassano, si estinguono o restano comunque paralizzate in cicli periodoci. Nessuna, dunque, riesce a raggiungere il livello tecnologico necessario per viaggiare e conquistare l’universo. Chiamo questa soglia GRANDE FILTRO, e non escludo del tutto che qualcuno possa superarla.

Seconda domanda: il GRANDE FILTRO è già alle nostre spalle, o lo abbiamo ancora davanti? Per qualcuno il GF è la nascita della vita, per altri il passaggio dai batteri agli eucarioti, questa sarebbe per noi una buona notizia. Seguendo però un ragionamento di tipo antropico, poiché le civiltà cosmiche che hanno superato il grande filtro sono rare, mentre quelle che ancora devono affrontarlo sono numerose, un semplice calcolo probabilistico ci colloca fra queste ultime. Ciò implica che stiamo andando incontro all’apocalisse, ovvero all'implacabile selezione imposta dal GRANDE FILTRO.

Terza domanda: in che modo ci estingueremo? Le ipotesi sono numerose, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Personalmente, mi trovo in sintonia con quelle formulate da Peter Turchin, forse perché ravviso già in atto, in Occidente — la civiltà più avanzata del pianeta — alcuni meccanismi di marcescenza. Lo schema è il seguente: in una civiltà fiorente nasce un diffuso ottimismo, e questo sentimento genera in ciascuno la sensazione di possedere una ricetta per il successo sociale. Tuttavia, per sua natura, tale ricetta non è scalabile, poiché il successo sociale è un gioco a somma zero: se io ambisco al vertice della gerarchia, devo inevitabilmente scalzare chi già lo occupa.

Questo difetto strutturale genera delusione e frustrazione nei soggetti più ambiziosi, i quali, per come funziona la mente umana, difficilmente attribuiranno a se stessi la responsabilità dell’insuccesso. Preferiranno, piuttosto, individuare dei capri espiatori — che, in una società estremamente ricca, non mancheranno mai: disuguaglianze, clientele, ingiustizie sistemiche. Un simile malcontento nella fascia degli ambiziosi — quella che Turchin definisce “élite in eccesso” — alimenta conflitti intestini le cui conseguenze possono variare: dalla paralisi alla distruzione della civiltà.

Per rendere lo schema più concreto con esempi piuttosto puerili: nella nostra epoca si crede che la via al successo passi per lo studio e l’istruzione. Tuttavia, dopo aver attraversato il sistema universitario di massa, ci si ritrova spesso nella condizione di neo-proletari, anziché di dirigenti, e ciò avviene all’interno di una società impoverita anche per aver investito pesantemente in istituzioni — le università — che, invece di emettere “segnali onesti”, producono soltanto “rumore” inutilizzabile. Trattandosi di una tipica dinamica di “corsa agli armamenti”, ciò che ieri valeva per il diploma, oggi vale per la laurea, e domani varrà per i master e le scuole di specializzazione. Non c'è fine, almeno finché ci sono risorse pubbliche per finanziare un inutile "passo oltre".

Questa è soltanto una teoria del collasso — nota come “sovrapproduzione delle élite” — ma esistono numerosi riscontri storici che delineano, se non un’estinzione, una traiettoria ciclica paralizzante in attesa di estinzione: al collasso segue una ripresa, e poi un nuovo collasso. Vi sono però molte altre teorie non meno ragionevoli: ad esempio, quella secondo cui la crescente avversione al rischio e la femminilizzazione delle istituzioni finisce, in assenza di armi adeguate, per condannarci alla resa non appena i cavalieri dell'apocalisse si profileranno all'orizzonte. Mi fermo qui ma ognuno è libero di scegliere la sua via del declino preferita.

martedì 7 gennaio 2025

la morale regredisce

 https://www.facebook.com/riccardo.mariani.585/posts/pfbid02Z5mrrFQ7DTdjrPtMPzk7AiNgRYyCxS3nPQ8bRr4BmPcA6v24zPk1NPNn42L4aU8ol?__cft__[0]=AZUYYEXw3rhx3Jn3FMA64L4vQcaa3I0_NNJGghqpXPXzE6qUaXncSTmEgY5AQFOh6Je6rDWr7ufUi4ug47rmJml8EWYFocg-0_Xj1PJWo9dWNa5UF59EyVDrDvcDBbqslnTvez1NMQPXKAqteecGuodNh5AaenzeXpNQApmk8ZpyaQ&__tn__=%2CO%2CP-R

venerdì 5 luglio 2024

meglio a rischio che stagnanti

È potenzialmente positivo che gli stravaganti, i bizzarri e gli eccentrici abbiano una parte crescente nella nostra politica, accanto ai moderati con la testa a posto. È potenzialmente positivo che l'estrema destra e l'estrema sinistra siano entrambe alla ricerca di reimmaginazioni della narrazione nazionale, per quanto incompatibili possano sembrare.Da più punti di vista, l'esperimento americano appare a rischio - ma è meglio essere a rischio piuttosto che essere sistemati, torpidi, stagnanti.

Forse queste sono solo le cose che si dicono a se stessi quando si è appena avuto il quinto figlio.

https://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2024/07/words-from-ross-douthat.html?utm_source=feedly&utm_medium=rss&utm_campaign=words-from-ross-douthat

sabato 22 febbraio 2020

12 SEGNI DEI TEMPI

12 SEGNI DEI TEMPI

- Entra in un ufficio, togli tutti gli schermi e ti ritrovi proiettato nel 1973.
- In quasi tutto l'OCSE i tassi di fertilità sono ben al di sotto di quelli necessari per la sostituzione della popolazione. Stiamo sparendo.
- Vai al cinema e ti becchi solo remake. Gli anni 2000 sono il decennio con più remake in assoluto. Il record nel 2005: 33 rifacimenti. Per il resto film tratti da libri e serie che rimasticano all'infinito gli stessi spunti.
- L' effetto Flynn s'inverte. Studi in Danimarca, Norvegia e Regno Unito hanno dimostrato che l'effetto Flynn non solo è terminato, ma che in realtà le nuove generazioni presentano una una diminuzione dei punteggi medi nei test IQ.
- La produttività si è fermata quasi ovunque. Quella che era una nostra prerogativa sta diventando comune. E' l'Italia che contagia il mondo, non il contrario. Lo stesso dicasi per la crescita.
- In politica il populismo è la regola.
- Sempre meno nuove iniziative imprenditoriali. Chi esce dalle scuole d' eccellenza, anziché intraprendere, cerca di infrattarsi nelle banche di investimento o nella consulenza manageriale.
- Le case costano troppo, specie nelle grandi città. Una pletora di regolamentazioni tiene lontana la gente dai posti dove ci sono i lavori meglio pagati.
- Malessere letterario. Gli scrittori insigniti delle massime onorificenze tendono ad immatricolarsi nelle stesse università, a laurearsi e specializzarsi nelle stesse università e infine ad insegnare nelle stesse università.
- Chiara tendenza per oggetti retrò e datati. Mobili degli anni '70, musica degli anni '80, abiti degli anni '90. Siamo necrofili che amano il contatto con le sigle dei vecchi cartoni, quando non di carosello.
- Le imprese mantengono presso di loro liquidità spaventose!
- Proliferazione sul web di gente che ridacchia in continuazione. Passa la vita a ridacchiare ma non sembra divertirsi granché.
eccetera eccetera eccetera
Sono 12 segni di decadenza. Poi dice "arriva il fascismo". Dove c'è decadenza, il fascismo in qualche modo si fa vivo.
Ma forse gran parte di ciò è facilmente spiegabile: c'è così tanto da godersi semplicemente sedendosi davanti al proprio schermo ed esplorando le nicchie culturali di YouTube o imparando la teoria dei giochi online o semplicemente giocando ai videogiochi, che le realizzazioni nel mondo reale non ci appassionano più. La realtà virtuale ci offre il paradiso, e poiché siamo tutti diversi ognuno lavora per fabbricarsi il suo isolandosi dagli altri e contribuendo alla frammentazione generalizzata. Forse il paradosso di Fermi si spiega anche così: le società avanzate diventano introspettive e cessano di esplorare l'universo, ecco perché gli alieni non hanno ancora bussato alla nostra porta. L'uomo del futuro non è un Jetson a bordo di macchine volanti ma una specie di stilita immobile sulla sua stele che divora informazioni. Avere un piccolo appartamento, una connessione veloce ad internet ci soddisfa quanto realizzare un programma spaziale che sbarca sulla luna. E che ce ne importa se crolla un ponte? Mica dobbiamo usciere di casa noi, noi facciamo tutto da qui. Forse dovremmo misurare la crescita economica diversamente per scoprire che non andiamo poi così male.

LA SCOMPARSA DEI BAMBINI BIANCHI

LA SCOMPARSA DEI BAMBINI BIANCHI
Nei rari casi in cui se ne parla nei dibattiti pubblici, la sterilità è trattata come una preferenza, al più come causa del rallentamento economico e pretesto per nuova immigrazione.
Tuttavia, la scomparsa dei bambini ha un altro effetto: indebolisce il nostro legame con la società del futuro. L'immigrazione garantisce il ricambio dei lavoratori ma aggrava l'alienazione intergenerazionale perché accentua le ansie riguardo all'eredità. Ci sono nazioni - tipo Danimarca - dove ormai 1/5 della popolazione vive e pensa da sola.
Non ignoriamo il razzismo ma non sottovalutiamo un fenomeno non meno rilevante: la scomparsa dei bambini bianchi, che è poi la nostra scomparsa prossima ventura.
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mercoledì 12 febbraio 2020

LA GRANDE FIACCA

Mai ho visto la critica conservatrice cattolica sposarsi tanto bene con il problema dei problemi: la stagnazione e la decadenza della nostra società bambocciona. L'inverno demografico sembra il termometro più affidabile per misurare questa febbre che ci gela e ci paralizza.


COSA SPINGE IL PROGRESSO?

È un paradosso del nostro tempo che il percorso verso un progresso radicale richieda innanzitutto... moderazione.
L'ottimismo tutto rosa e fiori e il pessimismo fatalista possono sembrare opposti, ma entrambi sfociano nell'apatia.
Se le cose fossero destinate al miglioramento certo o al collasso, allora le nostre azioni, in un modo o nell'altro, non sarebbero rilevanti. Stare fermi non cambia le cose.
Se non troviamo il modo per imboccare il sentiero stretto dei moderati, sarà inevitabile scoprire che la stagnazione e il declino sono la nostra sorte.
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From the New York Times columnist and bestselling author of Bad Religion, a powerful portrait of how our turbulent age is defined by dark forces seemingly beyond our control Today the Western world seems to be in crisis. But beneath our social media frenzy and reality television politics, the dee...


LA GRANDE FIACCA
Anche Ross ha detto la sua sull'argomento del momento: l'occidente bamboccione. Ma lui è uno che va ascoltato.
Nel 1958, la Boeing introduceva il suo aereo di linea 707, una bestia capace di raggiungere la velocità di crociera di 977 chilometri l'ora. Faceva qualcosa di più che consentire voli commerciali transcontinentali ad alta velocità. Alimentava un ottimismo diffuso in tutta una società orgogliosa di entrare nell'era dei jet.
Più di sessant'anni dopo, non ci siamo mossi molto da lì.
L'ultimo aereo della Boeing, il 737 MAX, ha una velocità di crociera di soli 839 chilometri all'ora, per non parlare dei limiti strutturali saltati fuori con il tempo. Il 707 ormai in pensione si confronta con lui alla pari. E che dire del 747 jumbo jet che stiamo ancora utilizzando oggi a 50 anni di distanza? Questa situazione rappresenta bene il segno di decadenza della nostra società. E con la Boeing siamo nella giovane e dinamica America, figuriamoci se ci spostiamo nella stanca e anchilosata Europa.
La "decadenza" di cui al titolo, non si riferisce a quella deliziosa sensualità ritratta nei romanzi di Joris-Karl Huysmans o D'annunzio, ma piuttosto a quella stagnazione, a quella compiacenza paludosa, a quella dissipazione di energia creativa, a quella volontà fiacca e confusa che caratterizza le società occidentali.
Come è potuto accadere tutto questo?
Douthat delinea quattro aspetti della decadenza: la stagnazione (mediocrità tecnologica ed economica), sterilità (calo dei tassi di natalità), sclerosi (fallimento istituzionale) e stasi (esaurimento culturale).
STAGNAZIONE. Nelle ultime due generazioni l'unico cambiamento veramente radicale è avvenuto nei dispositivi che utilizziamo per la comunicazione e l'intrattenimento. Le grandi innovazioni del diciannovesimo e del ventesimo secolo sono ancora quelle che oggi influiscono di più sulle nostre vite.
STERILITA'. Nei dibattiti pubblici, i bassi tassi di natalità sono trattati come una questione di preferenza personale. Al massimo ci si preoccupa che pongano un freno all'economia, quindi come argomento per l'immigrazione. Ma i bambini scomparsi indeboliscono la coesione sociale del futuro. L'immigrazione sostituisce alcuni dei lavoratori scomparsi ma aggrava l'alienazione intergenerazionale e l'attrito nativo-immigrato perché accentua le ansie riguardo all'eredità.
SCLEROSI. Si riferisce alle istituzioni malate, in particolare l'incapacità del governo di fare vere riforme guidate da veri esperti. Tutto è bloccato da veti e contro-veti.
STASI. Indica la condizione della nostra cultura impegnata in rifacimenti infiniti di rifacimenti. Mentre gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta e Ottanta erano contrassegnati da stipi loro propri nel design, nell'abbigliamento, nella musica e nell'arte, dagli anni Novanta ad oggi sembra tutto un grande remix. Siamo bloccati in un ciclo culturale, dal rifacimento di Star Wars di George Lucas a JJ Abrams al rifacimento di Martin Scorsese, al rifacimento infinito dei Cohen. Da allora i giovani non hanno nemmeno più una Tradizione con/contro cui confrontarsi, che ne so, le vecchie norme borghesi, un cristianesimo ancora riconoscibile come tale, una narrazione patriottica della storia, una cultura del canone, una famiglia come luogo degli affetti e anche della tirannia degli affetti. Questi punti di riferimento sono sbiaditi.
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