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giovedì 28 novembre 2024

alto e basso

 Cultura alta e Cultura bassa.

Vedo la seconda come un fertilizzante della prima, almeno nelle epoche più vicine a noi (nelle altre sono quasi indiscernibili). Guardate dove si producono le grandi opere e constaterete che ai loro piedi esiste una discarica di "monnezza commerciale" in piena fermentazione. Più monnezza in basso, più cresce alta la pianta della cultura colta. Ipotesi: le strutture che sorgono grazie alla ricchezza generata dalla cultura commerciale sorreggono anche, forse per darsi una patina di rispettabilità, anche la cultura alta, non di rado con un travaso di audience. Farei un'eccezione per la cultura alta di stampo museale; quella, per questioni di tradizione consolidata, è riconosciuta a priori e non deve emergere, cosicché puo' vivere nell'isolamento della sua teca a prescindere dal contesto, ricevendo un adeguato finanziamento statale. Lo stato, tutto sommato, non fa troppi disastri quando agisce senza dover scoprire nulla di nuovo.

lunedì 9 settembre 2019

HL + LA CULTURA AI TEMPI DELLA RETE

Riccardo Mariani
1 min

Molto più di diversificata e a buon mercato.
Ma si è perso il senso della magnificenza.
Tradotto: puoi vedere qualsiasi film spendendo poco, ma probabilmente lo farai in solitudine, tablet o smartphone e senza arrivare alla fine (sicuramente se hai meno di vent'anni).
Puoi ascoltare di tutto gratis, da Zorn a Korngold fino alla musica pigmea, ma probabilmente lo farai su Youtube o Spotify tagliando a metà l'ascolto (sicuramente se hai meno di vent'anni).
IMO: tutto sommato un miglioramento, per noi curiosi, poco meticolosi e nemici del "completismo"...
#Amazon
AAThe New Generational Divide: Screen Size
Tyler Cowen
Citation (APA): Cowen, T. (2019). The New Generational Divide: Screen Size [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 2
The New Generational Divide: Screen Size By Tyler Cowen
Evidenzia (giallo) - Posizione 10
In a nutshell, younger people today are very comfortable with a small screen
Nota - Posizione 11
UNA DFFERENZA
Nota - Posizione 11
UNA DFFERENZA
Evidenzia (giallo) - Posizione 13
the median age of an American television viewer is about 56,
Nota - Posizione 13
UN DATO
Nota - Posizione 13
UN DATO
Evidenzia (giallo) - Posizione 14
many of my older friends and acquaintances do not appreciate the reach and power of YouTube.
Nota - Posizione 15
SOTTOVALUT
Nota - Posizione 15
SOTTOVALUT
Evidenzia (giallo) - Posizione 21
When I was in Lalibela, Ethiopia, last year, my guide was an expert on early Armenian church history, which he learned about by watching YouTube on his mobile device.
Nota - Posizione 22
ESEMPIO
Nota - Posizione 22
ESEMPIO
Evidenzia (giallo) - Posizione 30
If you have only seen “The Godfather” or “2001: A Space Odyssey” or “Barry Lyndon” on TV (or, worse yet, on an airplane or mobile phone), I would say you don’t know those movies at all.
Nota - Posizione 32
DA 57ENNE
Nota - Posizione 32
DA 57ENNE
Evidenzia (giallo) - Posizione 32
Just as many older people don’t grasp the import of YouTube, most younger people have a weak sense of the power of cinema on a large screen.
Nota - Posizione 33
MAGNIFICENZA
Nota - Posizione 33
MAGNIFICENZA
Evidenzia (giallo) - Posizione 35
the world is rapidly becoming a place where cinematic history, as it was created for larger screens, no longer exists.
Nota - Posizione 36
APOCALISSE
Nota - Posizione 36
APOCALISSE
Evidenzia (giallo) - Posizione 42
technology is enabling great gains in convenience and diversity. What is being lost is a sense of magnificence.
Nota - Posizione 42
BOTTOM LINE
Nota - Posizione 42
BOTTOM LINE
Evidenzia (giallo) - Posizione 43
It is possible we will look back on the present day as a special time when both patterns of cultural consumption could be enjoyed in tandem and enriched each other.
Nota - Posizione 44
IPOTESI
Nota - Posizione 44
IPOTESI

domenica 26 maggio 2019

CULTURA CONSUMISTICA

CULTURA CONSUMISTICA

Breve e crudele, MM poggia le dita sulla tastiera come Glenn Gould: dal basso. Dal film esige la resa narrativa e commerciale.

martedì 3 luglio 2018

L’ARTE COMMERCIALE NEL RINASCIMENTO

L’ARTE COMMERCIALE NEL RINASCIMENTO
Siamo abituati a distinguere la qualità artistica dal valore commerciale di un’opera, a volte vediamo addirittura le due cose come antitetiche. Il Rinascimento ci racconta un’altra storia: laddove la competizione tra artisti era più forte la portata innovativa dell’opera risultava maggiore. Se “quantifichiamo la qualità” dei vari artisti con la lunghezza dei capitolo che dedica loro il Vasari nelle sue “Vite”, allora qualità e resa commerciale vengono a coincidere, i più “bravi” erano anche i più pagati.
CAMBRIDGE.ORG
The Economics of Renaissance Art - Volume 78 Issue 2 - Federico Etro
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martedì 9 gennaio 2018

Gambe da museo


Gambe da museo


mariti che – carichi di borse – accompagnano le mogli al centro commerciale conoscono bene quel formicolio che sale dalle gambe, ottunde il cervello e ci mette in caccia di una sedia. Ebbene, al museo il fastidioso disturbo non fa distinzione tra i sessi.
Che pena osservare la gente trascinarsi per i musei con quelle facce di cemento!
Esiste un rimedio? Provo con qualche consiglio.
1. EFFETTO-IO. Ammettete innanzitutto a voi stessi che il vostro interesse per l’arte è sopravvalutato. Quel che vi interessa veramente siete voi, voi che visitate un museo (e che avete poco temo per farlo). Se non partite da questa franca ammissione la noia repressa sarà il vostro destino.
2. EFFETTO-FALSA COSCIENZA. Saltate subito di netto le prime 3 sale, quelle in cui la gente si accalca poiché ancora non si è accorta che non gli frega un cazzo (ovvero ha trascurato il punto 1). Le sale oltre la terza sono molto più vivibili, la gente ha smesso di sgomitare, si sparpaglia, si stravacca, consulta il telefonino…
3. EFFETTO-DIABOLIK. Ricorrete alla fantasia: siete un ladro che questa notte entrerà nel museo rubando un quadro per sala, cosa scegliete? Perché? Ma potreste anche simulare di dover arredare casa vostra. Oppure di dover acquistare con un budget limitato. Insomma, ricordate il fattore-Io: i protagonisti dovete essere voi, voi che guardate i quadri. Non i quadri. I quadri sono al vostro servizio.
4. EFFETTO-POTEMKIN. Se non capite le opere d’arte che vi stanno di fronte liquidatele in modo sprezzante: l’arte è fatta per il vostro godimento estetico, se non godete ha fallito lei, non voi. Pensare di aver di fronte “cagate pazzesche” è liberante e vi riporta al centro della scena. Liquidare l’arte venerata è un antidoto infallibile contro le “gambe da museo”. E’ incredibile come la spazzatura ci vivifichi e il sacro ci ammorbi!
5. EFFETTO-FALLACIA INTENZIONALE. Ricordate che l’autore non vanta alcun privilegio sull’interpretazione della sua opera. Tutti i diritti spettano a chi guarda, ovvero a voi. Scatenatevi nel fare dispetti all’autore: fategli dire cio’ che non avrebbe mai voluto dire.
6. EFFETTO-REGRESSIVO. Se visitate in compagnia di bambini prendete a pretesto un paio di quadri per inventarvi una storia di sana pianta e raccontarla ai piccoli (che a quel punto faranno finalmente silenzio). Inventare storie dal nulla è faticoso, ma dà soddisfazioni (salva il fattore-io). E poi, se siete capitati in un museo con dei bambini, la fatica ve la siete andata proprio a cercare.
7. EFFETTO-CLASSICI. Evitate i classici, solo roba contemporanea, mi raccomando. I classici vanno “tradotti” per essere capiti, una fatica supplementare. Se proprio volete averci a che fare accostateli sempre attraverso fonti secondarie, mai direttamente. I colori degli impressionisti francesi non ci appaiono affatto dissonanti e sbalorditivi come dovrebbero essere, piuttosto moderati e graziosi. Tanto per dire.
8. EFFETTO-VIA COL VENTO. I musei si visitano di buon passo: “circolare, circolare”. I miei figli mi danno l’esempio: “guarda qui, guarda lì”, e dopo cinque minuti di corsa sfrenata tra le bellezze sono all’uscita (o pronti per il secondo giro). L’alternativa è scegliere due opere e fissarle in modo prolungato ed esclusivo. Evitare le paludose vie di mezzo, conducono senza scampo  alle gambe da museo.
P.S. Già che ci sono regalo qualche consiglio sucome leggere i libri nel XI secolo, l’assunto di partenza è sempre quello: avete poco tempo, l’abbondanza vi sommerge e il vostro interesse per i libri è sopravvalutato: 1) leggete un paio dicapitoli centrali per sollecitare la curiosità; 2) leggete meticolosamente le prime 50 pagine e poi decidete se è il caso di continuare; 3) procuratevi una buona sintesi del libro (consiglio “Ad Alta Voce” di Radio Tre) e poi leggete aprendo a caso; 4) mollate i libri dopo tre pagine prolisse, è un comportamento razionale in presenza di tanta abbondanza (l’opera omnia di Shakespeare è reperibile a 10 euro su eBay), liberatevi dallasindrome da buffet: ho pagato e devo consumare. Liberatevi dall’ “effetto dotazione”: è mio e deve essere bello; 5) l’alternativa all’abbandono è il “salto”: saltate senza pietà, tornerete più tardi se è il caso; 6) leggete solo le parti che riguardano unpersonaggio da voi scelto (vale soprattutto dove ci sono molte storie parallele); 7) scegliete libri nuovi, usciti da massimo 5 anni, la novità gratifica; 8) leggete lo stesso libro insieme ad altri (con l’e-book è possibile, cerco sempre di leggere quello che legge mia moglie): ci si aiuta a vicenda colmando le rispettive lacune, si salta a cuore più leggero e si litiga in modo divertente.
L'immagine può contenere: una o più persone

martedì 30 maggio 2017

Hit Parade

C’è qualcosa di impudico nel tentativo di osservare la fruizione di un prodotto estetico, si entra un po’ troppo nell’intimo delle persone. Un approccio alternativo considera solo i fattori più esteriori. E’ l’approccio prediletto da Gabriel Rossman nel suo Climbing the Charts: What Radio Airplay Tells Us about the Diffusion of Innovation. L’oggetto dell’indagine è la musica commerciale.
Nella musica commerciale la diffusione conta più della produzione, lo si vede ad occhio nudo limitandosi ad un’analisi dei costi:
… Rihanna's label assembled a dream team of songwriters, producers, vocal coaches, and song mixers at a cost of about $78,000 per song. However, this considerable figure was dwarfed by the million dollars it cost to promote a song, about a third of which went to radio promotion….
In questo senso le radio FM sono ancora centrali, questo ancora oggi in presenza dei nuovi media.
… record labels feel it is worth spending in excess of $300,000 to get a song played on the radio. Or perhaps it is better to note that radio airplay is still this valuable…
Il libro tenta di districare il complesso rapporto tra canzoni e radio. La prospettiva è interessante:
… study popular culture not from the perspective of what it means, but how it was made
Come si diffonde una musica commerciale presso il pubblico?
… This book's substantive concern of how songs become hits on the radio is part of a more general class of problems in social science known as the diffusion of innovation
La curva di diffusione è lo strumento principale impiegato:
… At the most basic level, one can study diffusion simply by drawing a graph and looking at its shape to see whether it is more concave or more s-shaped
FIGURA 1
FIGURA 2
Da cosa dipende la diffusione? Se è del tipo illustrato nella figura 1 da elementi esterni, se è del tipo illustrato nella figura 2 da un contagio interno:
… Contagious diffusion can only occur when someone who has experienced the innovation encounters someone who has not. Diffusion is slow early on because there are too few adopters who can promote the innovation… So you may be more likely to buy a book when it becomes a best seller because the book's popularity gives it more conspicuous placement in bookstores, even if you don't personally know a single individual who has read the book or have even observed strangers reading the book in public… the proportion of holdouts who adopt in each period is determined by how many actors are already using the innovation…
Se il motore della diffusione è esogeno (figura 1) il fatto che altri consumino il prodotto non incide sulla voglia di consumarlo.
… In contrast, in the first style a constant proportion of holdouts adopt in every period… For instance, the diffusion of tetracycline was mostly exogenous, the diffusion of hybrid corn almost perfectly endogenous, and the diffusion of postwar consumer appliances a compromise between the two patterns.
Un primo effetto della globalizzazione è quello di produrre sempre meno star di successo sempre maggiore, è l’”effetto rete”:
… through the wonders of electronic reproduction the total volume of fame does not diminish, but grows. That is, at each stage there are fewer successful artists, but those who are successful are so famous that the aggregate of fame increases as one moves downstream… massive inequality nicknamed the “superstar effect” which is made possible by the introduction of electronic reproduction…
Canzonette, mode, “effetto rete”… tutto sembra preludere ad una diffusione virale… e invece, sorpresa! La normale diffusione della musica commerciale è di tipo esogeno, quello illustrato dalla figure 1.
Rossman procede con dei “case study”:
… The central empirical concern of this book is how songs become popular on the radio, so a good place to start is by case study of a particularly successful song. In figure 2.1, I have graphed the diffusion curve for “Umbrella” by Rihanna… this concave growth pattern is consistent with an exogenous process and is entirely inconsistent with the s-shaped curves produced by an endogenous process. It is completely implausible to argue that radio stations decided to play this song because they were imitating each other, as its popularity simply happened too fast for stations to be attentive to each other… That we do not see an s-curve but rather a concave curve implies that this song did not spread across radio as an endogenous process of the kind so beloved by sociologists, popular science writers, and “viral marketing” consultants…  in general, pop songs have concave curves with the same shape that we see for “Umbrella… To explain how so many radio stations came to play “Umbrella,” we cannot resort to arguments about contagion or cascades… may be a trait of the song itself or it may be some actor who is influencing all of the radio stations…
La gente non vuole ascoltare la canzone famosa perché è famosa. Ma qual è allora la molla che fa scattare questa voglia? Vengono sondate due spiegazioni:
… explore two plausible explanations… The first is that stations have unsated demand for new music from pop stars and play songs as soon as they are available… The second is that the large companies who have dominated radio since deregulation coordinate the airplay of their properties…
Vediamo il caso della “voglia di Madonna…”. Ci sono problemi: la curva concava vale anche per i nuovi autori e poi ci sono i successi multipli, ovvero le canzoni tratte dallo stesso album che diventano successi in tempi diversi.
… We might imagine that when a beloved artist releases new music, radio stations would immediately jump at the chance to play it… There are two problems with this interpretation. First, unsated demand sounds plausible for explaining the diffusion of songs by established stars, but we would not imagine that radio stations were eagerly awaiting releases by hitherto unknown performers… contrary to the predictions of the unsated demand hypothesis, songs by unknown artists tend to diffuse by an exogenous pattern, though not as steeply or as widely as those by stars… A more severe problem for the unsated demand explanation is that it cannot explain why multiple songs from the same album become popular at different times… With few exceptions, radio stations began playing “Umbrella” in March, “Shut Up and Drive” in June, “Hate That I Love You” in late summer, and “Don't Stop the Music” within a few weeks of Christmas… If the reason that radio stations tend to start playing a song all at once was that they all gained access to it at the same time, this supposition fails to explain why most radio stations sat on “Hate That I Love You” and “Don't Stop the Music” for weeks or months after the songs became available and then suddenly began playing them during a very short time window…
C’è forse un “grande burattinaio” che governa dall’alto la diffusione presso le radio di certe canzoni?
… Since the simple fact of songs being made available to radio stations is not enough to explain the tremendous conformity of radio stations, we must look for an actor who coordinates radio. Who is it who decides which song is going to spread?…
Negli USA molti hanno fatto l’ipotesi della CCC.
… many people have a strong idea as to exactly who is the central actor who coordinates radio: Clear Channel Communications… The San Antonio-based company owns about one in ten of all commercial American radio stations…
Ma anche dividendo le radio in base alla proprietà, non si osserva alcun effetto virale, non esiste una correlazione particolarmente accentuata tra radio con-sorelle:
… To test this hypothesis, I plotted “Umbrella” again… but this time with a separate curve for each company with an appreciable number of Top 40 stations. As can be seen, the companies each show the same smooth exogenous diffusion curve. This result contrasts strikingly with what we would expect were decisions made at the chain level… no chain shows a step function… each chain shows a smooth diffusion… curves are essentially identical with only trivial and probably random discrepancies between the adoption times of stations in different chains… we can rule out the possibility of strong coordination at the chain
Riassuntino:
… we have seen that pop songs usually spread among radio stations in a way that is inconsistent with the stations imitating one another but is consistent with some central force influencing all of the stations. Because the same pattern applies to later singles on an album, the pattern cannot be explained by album release dates. Likewise, popular speculation attributes conformity among radio stations to corporate ownership, but we have strong evidence that corporate radio chains do not centrally coordinate the decision to add songs to radio playlists…
Ma forse il burattinaio risiede più in alto, non a livello delle radio ma a livello delle case discografiche.
… think of the long-running (but now defunct) trade journal Radio and Records and see the radio industry as part of a broader music industry that includes such actors as instrument manufacturers, live performance promoters and venues, and most important of all, the recorded music industry…
Il comportamento delle radio è decisiva per le case discografiche, controllarle in qualche modo è importantissimo:
… Consider that it is rare for a person to walk into WalMart or Best Buy or to log onto Amazon or iTunes and purchase music that they have never heard before… most of the time we buy music based on having been exposed to it through broadcast media, especially pop music radio… In short, airplay is a major determinant of sales… “There is no better guarantor of a band's success than a hit single on the radio luring listeners into record stores to buy the album.”… supposed impartiality of gatekeepers like radio stations makes their endorsements more valuable than advertising…
E’ chiaro che a questa stregua la casa discografica tenterà in tuttii modi di “ungere le ruote” presso le radio al fine di promuovere la sua hit. E’ il fenomeno che va sotto il nome di payola:
… The most basic practice is that record labels deluge radio programmers and other workers in the music industry with promotional copies of CDs in the hopes that they will be impressed by the music and give it airplay and other exposure… Ultimately though, the most direct way to get airplay is to bribe a radio station (or its employees) to play your music… The most direct form of payola is simply a quid pro quo where a station (or the station's staff) agrees to play a particular song in exchange for cashintellectual property rights, drugs, or sex
Molto spesso il fenomeno payola si risolve in un mero spreco di risorse: quando tutti lo attuano, nessuno ne beneficia. Per essere chiari: se tutte le case discografiche inviano campioni gratuiti dei dischi al DJ, quest’ultimo non si sentirà in dovere di favorire nessuno vanificando i doni.
Questo spiega anche il ciclo payola: parte la corruzione che via via diventa un puro spreco di risorse, a questo punto il sistema discografico fa scoppiare lo scandalo e comincia la pulizia, dopo qualche tempo a corruzione zero si ricomincia.
… The most fundamental question is why the payola market continually reestablishes itself and who benefits from the system… It makes sense for stations to accept this payola if they expect that the value of the bribe is greater than the loss of advertising… However, when payola is an accepted business practice it can be an implicit part of compensation which is fungible with direct station expenditures, and may even be preferable for management as it evades taxes… In any case, it's unlikely that a radio station would be asked to take a bribe to play a really unappealing record, since a reasonable record label wouldn't want to waste money promoting music that they know to be terrible… A bidding war for airplay breaks out and this eventually leads to rent dissipation, with the cost of payola equaling the marginal benefit of airplay and this cost being so high that nearly all profits from the recording industry are captured by broadcasting. At this point the volume of the illicit payola market attracts the interest of the state and/or the recording industry grows frustrated and attempts collective action. Whether by state or by trade group, such a response temporarily suppresses payola and brings the system full circle
Payola inizia come corruzione delle case discografiche e termina come ricatto delle radio: stare nel sistema non ti dà vantaggi ma stare fuori è la morte certa. Se tutti partecipano gli unici beneficiati sono i DJ: liberi di scegliere secondo il loro gusto e di incassare esentasse:
… Thus, payola is something that begins as a bribe paid by labels and artists, but can quickly end up as extortion demanded by broadcasters. A particular record company can benefit tremendously if it provides payola and its rivals do not… However, once payola becomes universal all the record companies pay a high price and have no net promotion advantage for doing so. This incentive structure is the familiar prisoner's dilemma, where an actor's best outcome is to cheat while its partner behaves, followed by them both behaving, followed by them both cheating, and worst of all is for the actor to behave while its partner cheats… The only solution to the prisoner's dilemma is collective action over repeated interaction, but even this is tenuous…
Le case discografiche potrebbero fare cartello e non pagare. Ma…
… Unfortunately for musicians and the record industry, cartels are extremely vulnerable to cheating
COMMENTO PERSONALE
A questo punto sappiamo che il modello di diffusione “esogeno” in alcuni momenti puo’ essere spiegato da payola ma in altri momenti no: per esempio quando payola non c’è, oppure quando è talmente diffusa da neutralizzare di fatto l’azione corruttrice delle case discografiche. Eppure la curva esogena è un fatto costante, a cosa attribuirla? Se escludiamo il contagio e la corruzione dall’alto non ci resta che dare un peso alla bellezza oggettiva del prodotto commerciale. I DJ e il pubblico la percepisce e la desidera, da qui popolarità e successo.

lunedì 8 maggio 2017

Il pessimista culturale

Chi è il pessimista culturale? E’ un tipo triste, demoralizzato per lo stato di degrado in cui versano la cultura e l’arte contemporanea e rimpiange continuamente un mitico passato.
Si occupa di lui Tyler Cowen nel saggio “Why Cultural Pessimism?”.
Se c’è una tesi che il pessimista culturale avversa è questa. La modernità per lui è una maledizione.
Ma da dove viene questo pessimismo? Magari dal semplice fatto che vede lungo e vede bene
… è possibile che il declino sia incipiente… è difficile dare giudizi in questa materia… il loro contenuto soggettivo è irriducibile… si va a sensazioni…
Ma qui non interessano ragioni e torti quanto le motivazioni possibili del pessimismo culturale.
Ci sono alcune illusioni cognitive a cui il pessimista culturale è particolarmente prono…
… ogni cambiamento sottende una perdita… molti pessimisti culturali identificano la “grande cultura” con la cultura che conoscono e hanno imparato ad amare… il cambiamento vanifica questa conoscenza e al pessimista non resta che cullarsi nell’illusione che “prima era meglio”… che il meglio è ciò che lui domina e non ciò che richiede uno sforzo supplementare di conoscenza…
Ma perché tanti pessimisti culturali in circolazione? In realtà sono sempre esistiti…
… i picchi della cultura sono brevi, i declini lunghi… vale per la tragedia greca, per il lied tedesco o per l’era dello swing… se le cose stanno in questi termini il tempo favorevole al lamento è più dilatato di quello favorevole all’entusiasmo…
Altra illusione cognitiva:
… noi confrontiamo il presente con il passato ma il presente è un istante mentre il passato un tempo infinito… di solito confrontiamo il meglio del passato scelto su periodi secolari con quanto ci rende disponibile il presente nel qui ed ota… un confronto necessariamente impari che porta a giudizi distorti…
Altra illusione cognitiva…
… siamo tutti molto più ignoranti sul presente che sul passato… questa ignoranza spesso fa il gioco del pessimista culturale… non conosciamo le eccellenze del presente…
Molti artisti che il pessimista culturale venera hanno al loro tempi incontrato ostacoli molto simili a quelli frapposti dal pessimismo culturale…
… i contemporanei di Chopin descrivevano la sua musica come una disturbante cacofonia…
A volte il pessimista culturale è genitore
… in casi del genere si manifesta un istinto di protezione e controllo verso la prole…
Baldassarre Castiglione (un ottimista culturale) forniva un argomento originale per metterci in guardia dal pessimismo culturale…
… secondo lui il pessimismo culturale derivava dall’indole della   vecchiaia... la malinconia e la nostalgia procurano rimpianto per una mitica età dell’oro… o anche solo della giovinezza…
Altro elemento da considerare…
… molti individui raggiungono il loro picco culturale in giovane età…  dai 15 ai 25 anni siamo molto più ricettivi… dopo abbiamo un calo d’interesse per le novità… in alcuni casi sviluppiamo una vera avversione… Aristotele nella Retorica parla dei vecchi come di cinici, sfiduciati e mentalmente chiusi alla cultura… Richard Posner distingue tra conoscenza esperienziale e abilità cognitiva fluida… le persone anziane posseggono solo la prima…
Ma spesso sono gli stessi artisti a criticare il loro tempo, in loro tutto questo è una forma di ribellismo…
… l’artista è frequentemente critico con il capitalismo… che poi è la modernità… e trasmette questo sentimento ostile  nella sua opera… la sua vicinanza ai critici simpatetici genera poi un contagio che trasforma il ribellismo in malinconia…
Ma perché l’artista è critico verso il capitalismo?…
… la cosa spesso deriva da precedenti amare esperienze… gli agenti non amano le novità, vorrebbero andare sempre sul sicuro… e le frustrazioni per i novellini sono molte… bisogna scendere continuamente  a compromessi… il mercato vincola necessariamente la libertà artistica poiché impone all’artista di tener conto anche degli altri (i fruitori)…  anche per questo molti artisti lo sentono come un nemico…
Thomas Hobbes ha una teoria alternativa…
… i pessimisti sono creatori modesti che invidiano e temono la concorrenza dei nuovi arrivati… quando Paul McCartney critica il rock contemporaneo… forse teme che i nuovi dischi  seppelliscano i suoi…
In merito Schonberg parlò chiaro…
…” chi considera la cultura dei nostri tempi come degradata… Spengler, Schenkers… lo fa solo perché cosciente della propria aridità creativa”…
C’è anche la versione straussiana del pessimismo culturale…
… la condanna della contemporaneità in questi casi è formulata per proteggere le masse da innovazioni radicali che non sono per tutti… la pratica del pessimismo è funzionale alla seleziona di un’ élite alla quale riservare i nuovi prodotti…
Alcuni critici deprecano l’eccessivo materialismo dell’arte moderna. Sensualità e depravazione hanno preso il sopravvento. Allan Bloom è il campione di questo approccio.
Altri invece vedono il declino nella desacralizzazione e nell’immoralità dell’arte commerciale…
… Irving Kristol, Daniel Bell… intendono promuovere l’agenda protestante con al centro l’etica del lavoro duro, del sacrificio e dell’astinenza… ma non è possibile realizzare il progetto senza l’aiuto dell’arte… e un’arte desacralizzata non è idonea alla funzione… il femminismo puritano di Catharine MacKinnon giunge agli stessi esiti… nel mondo blindato del politically correct l’arte commerciale è un’interferenza continua… ma anche la libertaria Ayn Rand  arriva da quelle parti ritenendo che l’arte debba rappresentare il mondo non com’è ma come dovrebbe essere…
A sinistra il pessimismo culturale si è incarnato nella scuola di Francoforte.
Ci si chiedeva increduli: perché la gente non si ribella all’opprimente capitalismo?
Unica risposta possibile: perché la cultura commerciale ti fa il lavaggio del cervello. Il “cattivo” di questa narrazione è la cultura commerciale, da qui il pessimismo culturale…
Nietzsche è forse l’anello di collegamento tra neoconservatori e francofortesi…
… per lui la massa è debole, da guidare… e distruttrice di ogni eccellenza…
Oggi la sinistra vede come rivoluzionaria l’arte innovativa e radicale… purché non sia supportata dal mercato. Un bel paradosso.
Alcuni considerano la cultura capitalista come omologante: le diversità ne uscirebbero schiacciate.
… anche costoro implicitamente venerano la staticità…
In realtà il mercato diffonde diversità anche se, questo è vero, rompe l’isolamento e l’incontaminato di alcune culture. Ma questo è un male?
Dietro molto pessimismo culturale c’è una forma mentis élitista
… William Gass… Neil Postman… Paul Fussell…
L’elitismo è anche l’assunto implicito degli statalisti: la cultura va sussidiata e noi stabiliamo chi deve ricevere.
Élitisti, puritani, neoconservatori, marxisti… Tutta gente che mette la politica sopra l’arte.
Alcuni pessimisti culturali lo sono di carattere…
… non si dovrebbe parlare di pessimismo culturale ma di semplice pessimismo…
Una domanda per i pessimisti…
… se la cultura è tanto regredita, come mai la cultura criticona rappresentata dai pessimisti culturali è così fiorente?…
Altro elemento: ognuno di noi ha bisogno di un nemico
… Gauguin aveva l’arte dei salons, i Clash Margaret Thatcher e i pessimisti culturali… con un nemico chiaro ci esprimiamo al meglio e ci sentiamo anche meglio…
In fondo il pessimista culturale ha una sua funzione
… George Bernard Shaw: per fare un Santo devi sentire l’avvocato del Diavolo…
Detto questo, il pessimismo è tutt’altro che innocuo…
… il pessimista culturale fornisce benzina alla censura… e all’esecrazione per intellettuali e artisti…
regimi totalitari hanno molto da dirci sull’ essenza dell’arte commerciale…
… la bandirono rimpiazzandola con cospicui sussidi statali a ciò che pochi eletti consideravano sublime e in grado di sostenere la religione della politica… un atteggiamento tipico da pessimismo culturale…
In genere, il pessimista culturale ha una concezione eccessivamente elevata dell’arte… nulla visto da vicino (e oggi la tecnologia ci consente di vedere tutto da vicino) può in realtà reggere i suoi standard: il suo vero orgoglio consiste nel professarli in pubblico…
… difficile incontrare pessimisti culturali per i quali l’arte non debba dirci la verità … ma piuttosto renderci più piacevole e istruttiva la giornata…