Visualizzazione post con etichetta james buchanan calcolo del consenso. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta james buchanan calcolo del consenso. Mostra tutti i post

mercoledì 23 ottobre 2019

I TIPICI GUAI DEL LIBERTARIO

https://feedly.com/i/entry//cnXVr/5HNe2pDqTI3udBeVx4AbJSW9TNhacAl8h6Dc=_16deef800c4:1e43acf:760dbdcf

I TIPICI GUAI DEL LIBERTARIO
Il libertario è un tipo pericoloso, innanzitutto per se stesso. Quando apre bocca si caccia sempre nei guai. Per esempio, può arrivare persino a sostenere il tuo diritto di sceglierti gli amici. In altre parole: puoi discriminare! Non solo, da questo viene da sè che puoi anche sceglierti i vicini di casa, nella misura in cui puoi permettertelo (per esempio andando a vivere nei quartieri alti). Ma lui non pago va oltre - è un maledetto "conseguenzialista" - puoi anche sceglierti la scuola da frequentare, e quindi anche i tuoi compagni di scuola. Insomma, puoi discriminare fin che desideri. Se queste sono le premesse non stupisce che a volte si trovi fianco a fianco con il razzista quando combatte le sue battaglie. In fondo, battendosi per il sacro santo diritto a discriminare è inevitabile che facciano un tratto di strada insieme. Non stupisce nemmeno che il nemico politico numero 1 del libertario, ovvero il liberal progressista, de sinistra, socialista, radical chic (o come diavolo si chiama) ogni volta che questo capita lo accusi niente popò di meno che di "razzismo". E nel momento in cui l' accusa cade per manifesta inconsistenza c'è sempre quella di "sembrare razzista", o comunque di "farsela con i razzisti". Per certa gente in fondo non cambia molto.
Un recente caso del genere è stato il libro uscito nel 2017 a cura della Nancy MacLean, "Democracy in Chains", nel quale la studiosa ha studiato bene di trattare in questo modo approssimativo un mostro sacro come James Buchanan. Nel post la sgradevole vicenda è ben ricostruita da un protagonista dello strascico polemico. E mi permetto di aggiungere un inutile: che sia di lezione.

giovedì 23 novembre 2017

Interesse particolare

Interesse particolare

Le lobby sono lo spettro di ogni democrazia.
Con la loro azione inquinano la ricerca del bene comunedeviandola su odiosi interessi particolari.
Come neutralizzarle?
La maggior parte dei tentativi è naufragata nello sforzo didefinire il concetto di “interesse pubblico”. In effetti, se non ne abbiamo una chiara nozione diventa difficile determinare, anche solo in via teorica, il grado in cui l’attività dei gruppi di pressione interferisce nei processi democratici.
La cosa più pratica è pensare all’interesse pubblico come a ciò che la comunità sceglie in modo unanime. Tuttavia, è altrettanto chiaro che il criterio di unanimità nelle scelte pubbliche risulta impraticabile.
Per questo motivo si ricorre al criterio di maggioranza, dove i gruppi di pressione si ritrovano come topi nel formaggio.
I gruppi di pressione diventano un pericolo quando sono in tanti e possono agire di concerto attraverso il cosiddetto “voto di scambio” (logrolling): io faccio un favore a te e tu lo fai a me. Tanto paga la comunità.
In termini più concreti: io voto la leggina che tutela i tuoi interessi particolari e tu voti la mia.
La conseguenza di tutto ciò sarà l’espansione del settore pubblico, della regolamentazione discriminatoria  e della spesa pubblica. Le leggine di cui parliamo, infatti, non sono altro che provvedimenti volti ad indirizzare la spesa pubblica e le regole a favore di individui particolari.
I vantaggi particolaristici possono essere assicurati in due modi. In primo luogo, possono essere approvate decisioni che producono benefici concentrati a vantaggio di individui e gruppi particolari mentre impongono costi generali a tutti i membri della collettività. In secondo luogo, possono essere approvate decisioni che procurano benefici a tutti i membri della collettività, ma impongono costi su particolari individui e gruppi.
Un mezzo per tenere la barra dritta potrebbe consistere nel richiedere che quegli individui e gruppi che conseguono vantaggi particolari siano anche chiamati a sostenere i costi.
Ma un rimedio del genere è chiaramente limitato.
Supponiamo ad esempio che il problema in discussione sia l’erogazione di fondi statali a sostegno del turismo siciliano, imporre una speciale tasse ai cittadini siciliani per finanziare questo provvedimento sarebbe ovviamente contraddittorio. Nonostante questo, è relativamente facile osservare che, se questo aiuto dovesse essere finanziato mediante tasse generali si può arrivare al punto di scoperchiare un vero e proprio vaso di Pandora. Si inaugurerebbe il cosiddetto “assalto alla diligenza“.
Un modo per eliminare questo tipo di distorsione sarebbe quello di richiedere che progetti del genere siano votati, e magari anche finanziati mediante tasse imposte a gruppi specifici di popolazione diversi dai destinatari dei benefici.
Per esempio, se i fondi designati per gli aiuti al turismo siciliano fossero prelevati mediante speciali tasse imposte (“normalizzate”) soltanto ai cittadini lombardi, allora potremmo essere sicuri che il potere di influenza dei gruppi di pressione sarà scalfito.
È chiaro che se i lombardi votano per sostenere il turismo siciliano abbiamo la garanzia che il bene finanziato è un bene pubblico e non particolare.
Può darsi che i cittadini lombardi non votino per il sostegno del turismo siciliano  per ignoranza, ovvero perché non sanno qual è il reale interesse pubblico. Ma questo è un altro problema rispetto a quello dei gruppi di pressione.
In ogni caso, un comportamento del genere avrebbe come inconveniente un’insufficiente spesa pubblica anziché una sua esplosione. Tutto sommato il minore dei mali in democrazia.
E chi deciderà sui fondi da stanziare per l’Expo milanese? I contribuenti siciliani?
No, poiché in un caso del genere il voto di scambio sarebbe dietro l’angolo: io ti do il sostegno all’Expo e tu mi dai il sostegno al turismo.
Saranno invece i cittadini umbri, per esempio. Quanto più gli incroci saranno complessi e casuali, tanto più il voto di scambio sarà scongiurato.
Nessun testo alternativo automatico disponibile.

lunedì 17 ottobre 2016

Il calcolo del consenso di James Buchanan e Gordon Tullock

  • Approccio razionale alla politica.
  • Individualismo metodologico
  • Contro Arrow: approccio illuminista. Soluzione ideale. Buchanan: approccio realista. Realismo contrattualista.
  • Contro Hayek: società nn come contratto ma come esito nn intenzionale
  • Patto sociale regola unanimità. Costituzione come patto sociale.
  • Teoria dei comitati. Due costi:  1 costo decisionale (rischio ingovernabilità) 2 costo esterno (rischio tirannia)
  • Scambio dei voti: auspicabile in paesi ad alta governabilità.
  • Scambio dei voti: auspicabile nelle democrazie rappresentative dove la maggioranza nn è mai a maggioranza dei cittadini.
  • Il voto coi piedi soluzione sempre valida. Tiebaud A Survey of empirical literature Dowding Binge.
  • Tenere a bada il mostro. Divisione dei poteri entro un forte federalismo. Una camera federale e una nazionale. Potere di veto del Presidente. Sistema proporionale. No ai colpi di maggioranza.
  • Il diritto di secessione. Da normare senza escluderlo.
  • Per la riforma meglio un assemblea costituzionale. Piú incline al piano razionale disinteressato.
  • Il postulato individualistico. Il punto di partenza del contrattualismo di BeT
  • Il nesso tra economia e politica. Signori non ho nessuna fiducia in voi Gunning Bedford Delaawere. Un governo libero si basa sul sospetto nn sulla fiducia. Thomas Jefferson.
  • L assunto x il quale il cittadino cambia d abito quando passa dalla sfera privata a quella pubblica. Poco credibile. Knight: l uomo a due facce. Qui l economia con l i dividualismo metodologico colma le lacune della sociologia che hanno aperto la strada alla crescita dei governi nel XX secolo.
  • Il disprezzo x l economia. Gli scolastici disprezzavano il commerciante come noi facciamo con il lobbista. Una parte di qs disprezzo si è esteso al metodo economico nelle scienze sociali.
  • La scienza politica assume che l operatore accresca il proprio potare anzichè la propria utilità. Vedi robert dahl. La differenza è fondamentale. Nel primo caso i conflitti sono sempre a somma zero. Gli americani -i Padri fondatori - mutarono l approccio in senso economicista.
  • Equivoco di Beard: la mancata disginzione di due approcci economicisgici alla politica. Il primo è l individualismo metodologico come lo abbiamo descritto(homo economicus anzichè uomo a due facce). Il secondo è il determinismo marxista che assume l uomo come uomo di classe che sponsorizza gli interessi della sua classe. Beard dà un interpretazione marxista della costituzione americana. L utilità dipende dal gusto. L appartenenza ad una classe è solo un fattore, peraltro marginale, nella formazione del gusto...
  • L economicista ha una visione scettica della natura umana. Le sue giustificazioni saranno prevalentemenge empiriche. La capacità previsionale prevarrà sul realismo delle ipotesi.
  • Razionalità individuale e scelga collettiva. È difficile parlare di efficienza sociale poichè la società nn ha obbiettivi da perseguire.
  • Le restrizioni poste alle prefefenzd per poter parlare di razionalità: preferenze ordinabili per composizione di beni. Preferenze durature (coerenti). Preferenze certe.
  • Il logrolling come propulsore democratico. Con lo scambio di voto la spesa pubblica esplode. La regola della maggioranza semplice più il logrolling creano una spesa pubblica eccessiva rispetto agli standard di efficienza paretiana

venerdì 7 ottobre 2016

Un tentativo di pensare alla riforma costituzionale

Sulla riforma costituzionale per la quale si voterà in dicembre non mi viene in mente niente… Penso di astenermi, sono troppo ignorante e francamente trovo faticoso informarmi su un tema tanto poco stimolante.
L’unico sussulto mi viene dal ricordo periferico della “teoria dei comitati” illustrata da James Buchanan e Gordon Tullock in un libro a suo tempo pubblicato da “Il Mulino” dal titolo significativo: “Il calcolo del consenso. Fondamenti logici della democrazia costituzionale”. Era un’ introduzione al tema, intendiamoci, giusto l’ A-B-C. Mica una roba che ti consente di votare a ragion veduta in occasione del prossimo referendum.
Comunque, forse vale la pena di spendere due parole. In soldoni, secondo gli studiosi la “soluzione democratica” per talune scelte collettive ha i suoi pro e i suoi contro, senonché i primi prevalgono ma, in costituzione, bisogna poi decidere che tipo di democrazia adottare, e si tratta di una scelta cruciale. In quella sede è necessario rispolverare i “contro” per mettere una toppa laddove sia possibile farlo.
Tuttavia, ci si accorge presto con sconcerto che i difetti del sistema democratico sono in trade-off tra loro: se metti una toppa qua apri una falla di là.  Si tratta allora di scegliere secondo la propria sensibilità.
Detto esplicitamente, i costi democratici sono di due tipi: costi decisionali e costi esterni.
I costi decisionali affliggono le democrazie farraginose, quelle per cui per prendere una decisione ci si impiega mesi se non anni. La macchinosità di queste democrazie minaccia la governabilità di un paese.
I costi esterni affliggono le democrazie decisioniste: trovarsi in minoranza sotto tali regimi potrebbe essere un guaio poiché la maggioranza in quattro e quattr’otto puo’ prendersi tutto e dettare l’agenda. Se il capo del Governo si alza col piede sbagliato… Questi costi erano già ben chiari agli osservatori delle prime democrazie, penso a Tocqueville e al suo monito sulla “tirannia della maggioranza”.
Ora, è chiaro che quanto più salgono i costi decisionali, tanto più scendono quelle esterni e viceversa. E’ questo che s’intende per trade-off. Nel caso concreto ognuno scelga il punto d’equilibrio più consono.
L’Italia post bellica, per esempio, scelse di minimizzare i costi esterni. Usciva da una dittatura e certe paure sono comprensibili.
Ma veniamo al secondo punto. Se questi sono i due veleni che intossicano le democrazie, esistono pur sempre anche due controveleni. Qualora si scelga di ingerirne uno è buona pratica assumere anche il relativo antidoto.
Mi spiego meglio: chi sceglie di tollerare costi decisionali elevati dovrebbe fare in modo che sia più facile decidere per gli operatori del sistema, ovvero i governati.
Chi invece sceglie di tollerare i costi esterni dovrebbe fare in modo che sia più facile “comprarsi la libertà” dal potenziale tiranno.
Ma forse è meglio rendere l’idea facendo dei casi storici concreti.
Il primo antidoto trova una buona illustrazione nella storia italiana. Ricordiamoci sempre che i nostri padri costituenti scelsero una soluzione ad alti costi decisionali. Ebbene, negli anni 50/60 la regolamentazione nei vari settori sociali era rarefatta o inesistente cosicché le lentezze della politica erano compensate da un grande fermento degli operatori economici liberi di agire. Col tempo (anni 80/90/00/10) le pastoie e la regolamentazione prodotta dalla politica andò stratificandosi cosicché alla lentezza della politica corrispose un blocco anche nella società. Ogni schock esogeno diventò difficile da gestire: c’era il veleno ma non c’era più il controveleno.
Il secondo antidoto è ben illustrato dalle democrazie anglosassoni. Sono sistemi che potenzialmente producono corposi costi esterni ma tollerano un imponente sistema lobbistico. La lobby è un modo per “comprare voti”, ovvero per pesarli anziché contarli. Forse giova chiarire il problema di fondo per comprendere meglio la soluzione adottata: su certe questioni il voto di chi è interessato (e informato) equivale al voto di chi è disinteressato 8e disinformato), il che crea  distorsioni non trascurabili specie laddove chi viene eletto ha poi forti poteri d’intervento. Un modo per porvi rimedio è quello di consentire al primo gruppo (gli interessati) di agire per altra via. Insomma, il sistema di lobby è l’antidoto storico ai costi esterni; James Buchanan e Gordon Tullock propongono il metodo più esplicito della negoziabilità del voto elettorale. L’importante è rendersi conto che se non è zuppa è pan bagnato.
E veniamo ora al dibattito sulla riforma costituzionale che voteremo (voterete) a dicembre, nessuno dubita che sposti l’asse del classico trade-off: più costi esterni, meno costi decisionali. Basta aver assistito al dibattito Renzi/Zagrebelsky per averne contezza. Ora mi chiedo: il veleno da ingerire è chiaro, ci viene servito per caso anche qualche antidoto? Boh.
o-ZAGREBELSKY-RENZI-facebook