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lunedì 17 luglio 2017

La catechesi di Giacomo Biffi. Parte quarta: l’enigma del male

La catechesi di Giacomo Biffi. Parte quarta: l’enigma del male

Un tema ostico. Obbiettivo: mettere ordine in pensieri già maturati in noi. Nessuno può diventare adulto senza aver pensato il male.
Male: ciò che ci suscita disgusto e sofferenza.
Euripide a Zeus: o sei stupido o sei ingiusto. Ecco il problema del male in estrema sintesi.
Leopardi: tutto è male. Il male esiste ma non si spiega.
Genesi: il Dio di Abramo è anche un Dio creatore. Ecco allora che già si profila il nostro problema: un Dio buono che crea il male.
Possibile giustificazione: nel male il carattere si tempra. Geremia.
In Genesi il male vince. Il male è più ingegnoso e intraprendente rispetto al bene. Il male dà prosperità.
La contraddizione del Dio buono che introduce il male è in parte risolta con la disubbidienza di Adamo: il male è frutto della libertà umana.
Il male è così sovrabbondante sulla terra che Dio si pente della creazione e manda il diluvio. Poi capisce che “punire” è inutile. Proverà a modificare le cose con l’amore.
Dio sfrutta la malvagità umana per adempiere ai suoi progetti. E questa è un altra funzione del male.
Il Dio biblico è collettivo: punisce nei figli le colpe dei padri. Il male è allora una punizione agli uomini intesi in senso lato e non in senso specifico.
Contro questa mentalità i primi a ribellarsi saranno Geremia e Ezechiele. Quest’ultimo introdusse in nuce il principio della responsabilità personale.
Giobbe ed Ecclesiaste introducono il male senza colpa diretta come ingiustizia a cui si chiede ragione a Dio.
Gli amici di Giobbe: o l’uomo non soffre, o ha peccato, o Dio è ingiusto. Ma Giobbe sente false queste alternative.
A Giobbe che si lamenta Dio non risponde e chiedesottomissione.
La scoraggiante vicenda di Giobbe ci fa capire che l’unica via d’uscita sta nell’ introdurre quella dimensione ultraterrenache manca agli ebrei e che comincerà a fare capolino in Daniele e nei Maccabei
Nel deutero Isaia viene presentato il concetto per cui il dolore del giusto riscatta il peccatore.
Conclusione: per vincere l’assurdità del male bisogna introdurre una dimensione ultraterrena.

lunedì 10 luglio 2017

La catechesi di Giacomo Biffi. Parte terza: l’enigma di Cristo

La catechesi di Giacomo Biffi. Parte terza: l’enigma di Cristo

Rendiamo omaggio alla verità cercando di capirla.
Il disegno di Dio è Cristocentrico, unitario e ontologicamente limitato.
Ontologicamente limitato: la creatura non può essere totalmente perfetta, altrimenti avrebbe natura divina.
Il nostro limite vanifica certe domande: perché questo e non quello.
Per comprendere meglio il disegno guardiamo alla sua fine. E alla fine c’è il Cristo Redentore crocifisso e risorto. Cristo è modello per l’uomo, per questo lo consideriamo “fine”. Cristo è modello per l’uomo indipendentemente dalla sua venuta, che si è realizzata per facilitare la salvezza di ogni singolo uomo.
Perché questo ordine tra gli infiniti possibili? Per evidenziare la misericordia (amore). Il nostro Dio ha un gran gusto a perdonare.
L’ordine prevede creature che liberamente peccassero (da qui la necessità di redenzione).
Dio non permette il peccato, Dio permette la libertà. Dio desidera solo il bene che porta con sé la possibilità di male.
Gesù: ci sarà più gioia per un peccatore pentito che per 99 giusti. Ma che significa? I 99 giusti non ci sono, l’ordine divino prevede per tutti peccato e pentimento.
A questa idea era già arrivato il Mersch: nel Cristo si riassume la creazione, da sempre Dio ha voluto per l’uomo un immenso perdono. L’uomo è il vertice dell’evoluzione e il Cristo il vertice dell’umano.
Esempi di centralità della misericordia. Il Manzoni sui Santi peccatori e la loro “caduta in grembo a un’immensa pietà”.
Il finale dell’ Esamerone di Sant’Ambrogio: Dio crea l’uomo per perdonare i suoi peccati in un atto di amore.
Il peccato non è al centro, come in Agostino, ma è la redenzione al centro.
Quali sono i rapporti tra il Cristocentrismo e il  Dio di Israele? Gesù è il Figlio.
Notiamo la formula di fede di Paolo nella Lettera ai Corinti: noi veniamo dal  Padre nostro Dio e siamo destinati a nostro Signore Gesù Cristo. Israele (creazione) e la Pasqua (Pasqua) sono unite. Dio e Signore vengono distribuiti al Padre e al Figlio. A Dio spetta la preposizione “da”, l’origine. Al Figlio spetta la preposizione “di”, nel senso di “per mezzo di“.
L’altro testo è l’Inno ai Colossesi: Egli è l’immagine, in lui sono create tutte le cose, tutte sussistono in lui… egli è il principio (modello), il primeggiante e per mezzo di lui tutte le cose saranno rappacificate in Cielo.
Cristo è il Primo. Lo stampo originale. La totalità entra in relazione con lui al fine della sua salvezza.
Tutto ciò cosa vuol dire? Come si traduce l’esegesi in teologia? L’esegesi d’altronde è strumentale alla teologia! Non siamo Giansenio che esauriva la teologia con la memoria e la contemplazione: il ragionamento, pdr lui, annacquava il vino della fede. Contro: San Tommaso: il ragionamento trasforma l’acqua in vino di fede, come nelle nozze di Cana.
Molta teologia di fine XX secolo cerca di de-ellenizzare il cristianesimo: impresa impossibile. Il cristianesimo nasce in ambiente irrimediabilmente ellenico.
La teologia si è avvalso largamente del concetto di causa, un concetto dominato bene anche dal profano.
Causa finale. Cristo è il fine dell’uomo. In che senso. Nel senso che l’uomo perfetto si comporta come Cristo. Cristo è inviato da Dio per aiutare l’uomo a riconoscere questo modello. L’ invio del Cristo è un interferenza di Dio nella storia allorché ci si rende conto delle debolezze dell’uomo e s’impone la necessità di un aiuto.
La condizione mondana dell’uomo è un mix di tentazioni e di aiuti. Ma qual è il giusto mix? Il Mondo con Cristo si rivela un giusto mix.
A cosa siamo destinati? A Cristo. La gloria di Cristo è la causa secondaria finale (la prima è sempre Dio).
Ma la creazione che fine ha? Cristo esiste per il mondo o viceversa?
All’apparenza  Cristo è inviato a redimere ed è quindi  funzionale alla redenzione (e quindi al mondo). Ma Scotocompie una rivoluzione copernicana: è il mondo ad essere in funzione di Cristo. Il perché è evidente da quanto dicevamo prima: l’uomo buono è fatto per la santità, per uniformarsi al “Cristo eventuale”. La redenzione è un intervento successivo voluto una volta costatata la debolezza umana.
  Il Cristo è il modello, viene dunque prima (primato di Cristo). Il Figlio, ricordiamolo, nasce per necessità dal Padre, quindi nello stesso istante. L’uomo è creato per adeguarsi al Cristo che è suo modello.
Causalità esemplare: Cristo è il modello dell’uomo. Ci insegna la perfezione. Se esiste un uomo/Dio possiamo aspettarci una sua perfezione con i limiti della natura umana.
Cristo è modellato su Adamo o viceversa? Il modello è sempre il più perfetto.
COMMENTO PERSONALE
Perché l’uomo? Qualcuno dice che siamo creati per amore. In realtà questo bisogno del Dio d’amore è soddisfatto con la generazione del Figlio che consente l’atto d’amore pieno, ovvero quello tra pari. L’uomo per Dio non è un “pari”, è piuttosto un bambino, un cucciolo che va aiutato. L’uomo è creato per la misericordia, ovvero per quell’amore speciale fatto di aiuto e affiancamento. Ecco allora a cosa puo’ serivire avere in famiglia un cucciolo: a far crescere un amore asimmetrico fatto di misericordia e impegno quotidiano.

mercoledì 28 giugno 2017

La catechesi di Giacomo Biffi. Parte seconda: l’enigma della storia

Riassuntino delle puntate precedenti: a questo mondo non si capisce nulla. Nulla di ciò che conta, almeno. Ma nessuno si rassegna a questa triste realtà. Ecco allora che Dio ci viene incontro, soprattutto viene incontro ai "piccoli". Ma non ci soccorre “spigando” bensì facendo accadere dei fatti.
All'enigma dell'esistenza, per esempio, viene incontro con l’evento della resurrezione di Cristo. All'enigma della storia viene incontro con l'evento della Chiesa.
La storia ha un senso o no? Se è maestra di vita come può mancare di senso? Ma dov'è? Nella storia c'è molto genio ma non sembra sia dominata da un'intelligenza complessiva. Leopardi e l’ Ecclesiaste si fanno eco su questo punto: la vicenda umana è un inseguire il vento. A ciò si aggiunge la presenza del Male. Come possiamo convivere col Male senza un senso. John Newman nota che i progressi sono casuali. Noi stessi siamo nati per caso: se mio padre perdeva il tram… Pascal in proposito racconta la storiella del naso di Cleopatra, ma anche quella sul minuscolo calcolo nell' uretere di Cromwell.
Ma l'uomo non può rassegnarsi all'insensatezza. Tutto per lui deve essere intellegibile: l'essere e l'essere capito sono la stessa cosa, dicevano i medievali. La storia non può essere un'accozzaglia di eventi, tutto precipiterebbe nell'assurdo. L'uomo ricerca allora una parvenza di razionalità, è nella sua natura.
L'uomo si difende con la falsa luce del mito in modo da tranquillizzarsi. Il mito è una giustificazione irrazionale accolta nonostante tutto. Esempi: il mito dell' eterno ritorno, il mito del progresso, il mito dell'annientamento.
Eterno ritorno: la storia procede per cicli. Ispirano questa concezione la traiettoria del sole e il susseguirsi delle stagioni. Si estrapola da fenomeni ridotti una legge generale. Ma il mito sembra irragionevole: perché tornare sempre daccapo? Tanto vale restare fermi. Perché percorrere tanta strada senza avanzare di un passo?
Mito del progresso. Il primo ad enunciarlo fu Leibniz ma è con l'illuminismo che questa fede si consolida. Fin da subito, con Leopardi, si ironizza sulle magnifiche sorti progressive. Tuttavia, i successi scientifici e tecnici nel XIX e XX secolo rinforzano il mito. La lunga pace della Belle Epoque illude. Il ballo Excelsior celebra il continuo avanzamento dell’uomo. Carducci fa lo stesso nell'Inno a Satana. Mito del treno e mito del progresso si fondono. Oggi siamo meno persuasi dal progresso. Le guerre del Novecento ci hanno disilluso. Anche dal punto di visto logico l'idea fa acqua: come posso dire se avanzo quando non conosco una meta? Il marxismo evita la critica assegnando una meta: l' approdo trionfale ad una società di eguali. Nasce il mito del "sol dell'avvenire", una variante più completa del mito del progresso.  Sappiamo tutti come andò a finire: totalitarismo, regimi autocratici, disumanità, oppressione... Oggi le paure e i timori non sembrano affatto dissipati, basti pensare all'ambiente: siamo più sicuri ma anche più impauriti. Il progresso ha creato una società fuori dal nostro controllo, il che ci fa sentire deboli, insicuri e dipendenti (dall’esperto di turno). Il mito va così sgretolandosi e lastrica la strada al mito successivo.
Mito dell'annientamento. Tipico della mentalità postmoderna: il traguardo verso cui corriamo è l'annientamento e sarà il progresso stesso e la sua adorata tecnica a condurci nel baratro. Anche qui Leopardi è precursore. La conclusione non manca di plausibilità: la violenza sociale cala, è vero, ma i rischi di una catastrofe futura aumentano con l'aumentare delle potenzialità tecniche. Certo che se si vive per finire nel niente, si vive già nel niente.

sabato 17 giugno 2017

La catechesi di Giacomo Biffi. Prima parte: l'enigma del senso

Ha un senso la vita umana? Sì o no? E’ la domanda che inaugura "L'action" di Blondel, in libro di fine XIX secolo che fece epoca..
In contemporanea, nel 1894, da un'altra parte del mondo, Soloviev si poneva la stessa identica domanda e la poneva come incipit del suo nuovo libro.
Erano entrambi spiriti originali e soliti cantare fuori dal coro.
Il tema del senso implica quello del destino. Quello dello scopo. Quello della motivazione.
I temi variano ma l'enigma di fondo è sempre lo stesso.
Inutile ingannarsi, ammettiamolo: non sappiamo rispondere. Eppure una risposta va data. Sentiamo che deve essere data per vivere bene.
Quando conosci il "perché" sopporti tutto. Anche il dolore più acuto.
Esempio: il dolore del parto. Non è affatto uno scherzo, eppure le donne lo affrontano mediamente molto bene.
Senza "senso" diventa intollerante anche il piacere. Guarda a chi si suicida: di solito se l’è goduta, prima che subentrasse un’ opprimente noia calata su quei divertimenti insensati.
La questione del senso non è forse tra le classiche questioni eterne (“da dove veniamo?”, “dove andiamo?”...). anche se le presuppone tutte. Ha il pregio di essere ben compresa anche dal profano. E’ giusto che ogni buona catechesi cominci con la questione del senso.
Per l'impavido il senso non esiste. Leopardi è tra questi. L'unico senso è il morire. Sconsolante e leale questa posizione. L'uomo per Leopardi è un “confuso viatore”.
Il senso non è alla nostra portata. Ma nemmeno è alla nostra portata rassegnarsi: come vivere senza una ragione?
La religione cristiana azzarda allora una risposta: Dio è il senso della nostra vita e ce lo rileva attraverso un avvenimento, non attraverso  una spiegazione. Non una dottrina ma un incontro.
Il cristianesimo è molte cose ma cosa costituisce il suo specifico? Molti hanno risposto… fallendo.
Il Vangelo è stato visto come un appello alla giustizia sociale, come un appello all' amore reciproco, come una strada di perfezione personale, come un manifesto di liberazione politica. Qualcuno lo vede come un' assicurazione contro i rischi di un eventuale al di là.
Tutte le risposte offrono un bagliore di verità ma sono nel complesso deludenti, in genere rispecchiano l'ideologia di chi le avanza.
Occorre un' esplorazione oggettiva dei dati a nostra disposizione. Occorre uno studio degli inizi del cristianesimo. Dobbiamo guardare alla sua storia per capire cosa sia il cristianesimo.
Congettura plausibile: nel cristianesimo è primario ciò che viene proposto fin da subito. Lì sta il nocciolo. La nascita rivela la natura. Cosa c'è all'origine del cristianesimo?
Quali sono gli enunciati caratteristici con cui il cristianesimo si è presentato al mondo? Andiamo allora a scovare le formule primitive.
Saranno le testimonianze a condurci. Ci parleranno di un fatto, di una una persona e di un disegno che risponde alla nostra richiesta di senso.
Il cristianesimo prende inizio da un fatto accaduto nei primi anni trenta intorno ad Aprile. Un fatto, la resurrezione,  inatteso da tutti. I discepoli stessi hanno faticato ad accettarlo.
Quando gli apostoli si arrendono all'evidenza, comincia l'avventura cristiana.
La prima formula cristiana consiste in una frase piccolissima: "è risorto". Qui sta il seme cristiano. Da qui nascerà a colossale pianta cristiana. Lì c'è già tutto: Agostino, Tommaso, Dante, le Cattedrali...
I primi cristiani annunciano il loro messaggio dicendo "è risorto". Si noti la formulazione oggettiva dell'annuncio. Non si parla di esperienza personale ma di un fatto accaduto.
Il cristianesimo non può essere accettato con beneficio d'inventario: o la si accetta o lo si rifiuta. Questo perché annuncia un fatto, non una dottrina. Un fatto o è accaduto o non è accaduto.
Il cristianesimo non è solo per gli eruditi, proprio perché ci parla di un fatto e non di una teoria risulta comprensibile a tutti.
***fine prima parte***