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venerdì 30 giugno 2017

Charlie Gard

Charlie Gard

Charlie Gard, un bambino britannico di 10 mesi gravemente malato, sarà ucciso oggi per volontà di un giudice a cui un piccolo ridotto così fa pena. I suoi genitori si oppongono ma in casi del genere, a quanto pare, la loro volontà viene dopo.
Il dibattito sul caso è stato aspro e difficile. Sulla vicenda si sono alternate almeno tre posizioni: i pro, i contro… e i tartufi.
A me, qui, interessa la terza, mi piacerebbe guardarla più da vicino. Da cosa è caratterizzata?
Dall’usare “la scienza” come paravento. Al tartufo piace giocare allo scienziato.
Si prende posizione, o comunque ci si va vicini, avendo ben cura di apparire come meri descrittori di fatti. E allora giù con i dettagli circa – in casi come questi – le cure possibili da praticare al piccolo Charlie.
Insomma, la parte valoriale che è al centro della faccenda viene sapientemente omessa quando invece la vera expertisedi chi tratta questo caso dovrebbe insistere proprio su quel punto.
Vuoi essere descrittivo? E allora descrivi come si articola la battaglia culturale sul caso, dove si situano gli snodi cruciali, dove si pongono le scelte reali e quali valori vengono tirati in ballo.
Inutile dilungarsi nel riferire in dettaglio le possibile terapie. Quello conta ma è un aspetto marginale che si liquida in pochi secondi. Basta un numeretto, una probabilità, una frequenza.
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Ecco un classico esempio di articolo omissivo, per quanto dia molte più info della media, manca però di enfatizzare un fattore che è decisivo, forse lo si dà per scontato, non voglio certo insinuare una malafede. Sta di fatto che non ricostruisce in modo efficace la vicenda di cui si parla.
Mi spiego meglio.
Parto con una domanda retorica: se dovessi tutelare i miei interessi sceglierei come custode un mio genitore o un estraneo? Un mio genitore, ovvio.
Penso che per chiunque sia così. E poco cambia qualora l’ “estraneo” di mestiere faccia il programmatore di computer o il giudice. Ancora: poco cambia se l’estraneo è “in gambissima” o “competentissimo”.
Ma se le cose stanno davvero in questi termini, perché mai secondo voi si chiede ad un giudice di “verificare la questione assumendo il punto di vista del bambino”? Ha poco senso perché chi adempie in genere al meglio a questa funzione c’è già: il genitore. E’ lui la figura che possiede più empatia con il paziente, oltre ad avere con lui interessi perfettamente allineati. Non è abbastanza informato? Si informa, chiede consiglio ai luminari. Ripeto: è lui che ha i migliori incentivi a farlo.
Faccio un esempio: io credo nei miracoli, penso che una forza soprannaturale possa venirmi in aiuto (lo crede chiunque prega, d’altronde) e quindi per me anche un tentativo con poche probabilità di salvataggio ha senso nonostante l’alto costo che comporta. Consideriamo ora “il punto di vista del bambino”: come escludere che anche lui possa condividere i miei valori e quindi la mia scelta? Immaginiamocelo adulto e libero di decidere: potrebbe avere un’opinione simile a quella dei suoi genitori, anzi, la cosa è altamente probabile visto che i valori si trasmettono in famiglia molto più che il morbillo tra non vaccinati.
Cos’è chiamato a giudicare allora il giudice? Abbiamo implicitamente escluso che possa giudicare “la scelta più idonea assumendo il punto di vista del bambino”, come dice IPOCRITAMENTE la legge. In realtà ha molto più senso che giudichi altro: ovvero se sono ben spesi quei soldi con cui si mantiene in vita Charlie e che sono di tutti (anche di chi non crede nei miracoli e ha valori ben diversi dai miei).
Ammettiamo ora che i genitori AMOREVOLI mantengano a loro spese il bambino in una struttura privata avvalendosi di donazioni elargite da chi condivide i loro valori. A questo punto il giudice potrebbe intervenire ancora per staccare la spina? Sì, ma non potrebbe più farlo giudicando che siano ben spesi i soldi di tutti. Occorre ora assumere una posizione ben più radicale per giustificare l’intervento del giudice, bisogna infatti sostenere che: i VALORI dei genitori sono in ogni caso SBAGLIATI e vanno corretti con la forza. Oppure che i valori dei genitori non sarebbero in ogni caso condivisi dal figlio. Tuttavia, si capisce che una posizione del genere è molto più problematica poiché, come ciascuno vede, sono il preludio ideale ad un regime etico.
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Tento una piccola considerazione finale di carattere generico. La Scienza è per molti un sostituto della religione, questi adoratori acritici hanno il vizietto di interpretare i problemi più comuni che coinvolgono l’uomo come se la questione in campo avesse per il 90% una componente oggettiva e per il 10% una componente soggettiva. Per loro è naturale che sia così: dispongono solo dello strumento scientifico e la scienza tratta solo questioni oggettive. In realtà le percentuali sono quasi sempre invertite: la soggettività – e quindi la diverità di vedute – domina ovunque. Si tratta quasi sempre di una questione di valori, di una battaglia culturale. Lo scienziato autentico (non l’adoratore acritico) lo sa e sa che deve spiegare quel 10% di sua competenza e sparire dalla scena. In genere deve dare un numeretto, una probabilità (peraltro anch’essa con un contenuto soggettivo), lasciando poi la parola ai veri esperti che faranno, si spera, buon uso di questa piccola info da lui fornita. Il dogmatico al contrario vuole restare sulla scena, vuole occuparla nella sua totalità. La scienza probabilmente lo annoia (in effetti è materia arida) e cerca così un brivido nella militanza politica e nelle “battaglie” per una società migliore (che lui chiama battaglie contro l’ignoranza). Poiché deve ridurre tutto ad oggettività, finisce per ridurre ad oggetto anche l’uomo. Cio’ che non accetta è che noi siamo fondamentalmente diversi, irriducibili, che lui non potrà mai mettersi al mio posto e giudicare in mia vece. Insomma, che la soggettività è ovunque e prevale.