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mercoledì 19 febbraio 2020

PERCHE' SONO DIVENTATO RAZZISTA, SESSISTA E FASCISTA.

PERCHE' SONO DIVENTATO RAZZISTA, SESSISTA E FASCISTA.

L'accusa di razzismo/sessismo/fascismo è "la bomba atomica degli armamenti verbali".

Non esiste peggiore infamia che essere considerati tali, lo sanno tutti, quindi c'è un evidente incentivo ad estenderne il significato per abbinare quell'etichetta ad una serie crescente di pensieri e comportamenti.

Osservando come vengono usate queste parole mi sembra chiaro che abbiano perso un significato unico e coerente.

Gli psicologi parlano di "concetti viscidi", si tratta di concetti che si legano a forti negatività dell'esperienza umana e che dilatano il loro senso in modo da ricomprendere fenomeni più ampi. C'è un estensione orizzontale che serve ad includere fenomeni diversi ma contigui e un'estensione verticale per catturare fenomeni quantitativamente meno estremi.

Ecco, è per denunciare i "viscidi" che mi dichiaro apertamente razzista, sessista e fascista.

martedì 26 novembre 2019

DISCRIMINARE E' BELLO

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DISCRIMINARE E' BELLO
Il mondo moderno si basa molto sulla divisione del lavoro, per questo viviamo in luoghi diversi, abbiamo stili di vita diversi e frequentiamo persone diverse. Ma anche nel mondo antico c'era una divisione dei compiti, cosicché le persone si formavano delle aspettative sulle altre persone assegnando loro dei "ruoli sociali" sulla base di talune caratteristiche esteriori immediatamente visibili.
Ad esempio, in una società con "ruoli di genere", ci sono aspettative ampiamente condivise riguardo ai tipi di compiti che le donne svolgono rispetto agli uomini. A volte queste aspettative erano così forti che alle donne era impedito fare altro. Ma più comunemente le aspettative potevano essere violate pagando un prezzo. C'erano ruoli sociali ovunque, legati alla famiglia, all'etnia, alla classe, all'età, al corpo, alla personalità e al luogo di nascita.
Quando esiste un modello sperimentato con successo è naturale e conveniente conservarlo per massimizzare l'informazione e rendere più prevedibile la società. Possiamo così sapere in anticipo le persone più adatte per certi compiti. Inoltre, si riducono i costi per programmare la formazione e le affiliazioni delle persone già nella prima fase della loro vita. Un bel guadagno.
E' la competizione tra gruppi a garantirci poi che certi equilibri nella distribuzione dei ruoli sono più efficienti di altri, per alimentare la competizione dovremmo favorire la diversità e il pluralismo.
Lo stereotipo che si forma puo' essere troppo forte o troppo debole. Nel primo caso facciamo eccessivo affidamento sulle aspettative iniziali e sperimentiamo troppo poco con le alternative. Ma con ruoli sociali troppo deboli, non sfruttiamo al meglio informazioni facilmente accessibili.
Ad esempio, consideriamo la variabile clima atmosferico. Se cresci in un clima particolare, la probabilità di vivere in un clima simile quando sarai adulto è elevata, quindi per te ha senso fin dall'inizio adattare le tue abitudini a quel contesto. Quando in seguito si cercherà una persona che viva e lavori al meglio in quel clima, ha senso optare per dei candidati che lo hanno già sperimentato, magari da secoli o millenni in modo tale che abbiano sviluppato un vantaggio sia culturale che genetico. Spesso costoro avranno sviluppato delle caratteristiche esteriori collaterali che faciliteranno la loro individuazione.
Capita che la società possa talvolta restare bloccata in equilibri inefficienti dove l'assegnazione tradizionale dei ruoli ha perso di senso visti i cambiamenti del contesto. Qui - al fine di sbloccare la situazione - le regole "antidiscriminatorie" possono giocare un ruolo al fine di allentare gli stereotipi. Purché si tenga conto che:
1) la libertà di sperimentare gioca un ruolo importante quando si tratta di scoprire nuovi equilibri, di conseguenza è giusto usare con parsimonia la coercizione.
2) Dovremmo attenderci un ruolo limitato nel tempo per qualsiasi regola anti-discriminatoria ricordandoci che noi dobbiamo "scoprire" il nuovo equilibrio efficiente, non cercare di raggiungerne uno di natura ideologica che abbiamo già in testa.
3) Anche quando i ruoli sociali possono cambiare, ci sarà un costo per tali cambiamenti, e quindi sarà spesso più conveniente insistere con la tradizione se il gioco non vale la candela.

mercoledì 17 luglio 2019

IL GIORNO CHE DIVENTAI SESSISTA (ma anche razzista)

IL GIORNO CHE DIVENTAI SESSISTA (ma anche razzista)

Fu quando rimbalzando di link in link finii in una discussione Facebook nella quale una Tizia confessava candidamente di aver abusato del proprio fidanzato, non solo, descriveva anche l’evento specifico. Insomma, quel giorno aveva bisogno che lui le facesse un favore, ma lui si mostrava poco disponibile (forse giocava l’Inter), cosicché lei di punto in bianco scoppia a piangere. Si badi bene che non aveva pianto ad arte per manipolarlo, solo perché era triste (lei stessa lo precisava). Tuttavia, questa ragazza che si mostrava alfabetizzata e consapevole, era convinta di aver compiuto un “abuso”, perché la sua definizione di "abuso" era: "fare qualcosa che fa stare male il tuo partner evitando di rispettare certi confini della rispettiva autonomia”. Ecco, piangendo, avrebbe fatto sentire in colpa il suo fidanzato e invaso brutalmente i “confini” della sua autonomia.

Chi esce fregandosi le mani da una storia del genere? Ovvio, chi abusa (realmente) del proprio partner: non esiste più un termine per designarlo ed isolarlo! Voglio dire, un tempo il mondo era diviso in due categorie di persone: che abusava del prossimo e chi no. I primi erano persone da evitare. Oggi, a quanto pare, non è più così. La parola “abusare” ha perduto ogni valore informativo.

Ma sono tante le parole che più o meno recentemente hanno perso ogni valore informativo, penso a: “sessista”, “razzista”, “fascista”, “molestatore”, “omofobico”, “xenofobo”, ma anche “povero”, “svantaggiato”, “autistico”... Provate solo a leggervi certi saggi sui dieci comandamenti riveduti e corretti da “cardinaloni” alla moda, come minimo scoprirete di essere dei ladri omicidi.

Ad ogni modo, così come il povero in canna sfrutta l’iper-inflazione per vedere da vicino come è fatto un bigliettone da 500 euro, io sfrutto l’inflazione parolaia per provare l’ebbrezza di definirmi pubblicamente sessista, razzista, fascista e molestatore di donne inermi. In attesa di diventare pedofilo.

lunedì 10 settembre 2018

QUANDO NON SIAMO SESSISTI?

QUANDO NON SIAMO SESSISTI?  https://feedly.com/i/entry/pCjzw1s9uw4o7o2a6k88mWl61VH8mv6Frk5BTARJuI0=_165badb9872:ce2cee:6f86c10b
Lo siamo quando ipotizziamo che il divario tra donne e uomini nelle materie scientifiche possa essere dovuto ad abilità differenti (vedi caso Larry Summers 2005).
Lo siamo se ipotizziamo che il divario tra donne e uomini nelle materie scientifiche possa essere dovuto a preferenze diverse (vedi caso Damore 2016).
Lo siamo se ipotizziamo che il divario tra uomini e donne nelle materie scientifiche sia destinato a durare nel tempo (vedi caso Hanson 2017).
Adesso lo siamo anche se ipotizziamo che il divario tra uomini e donne nelle materie scientifiche possa essere dovuto al fatto che ci sono più uomini agli estremi, ovvero sia tra i ritardati che tra i geni (vedi link).
QUILLETTE.COM
In the highly controversial area of human intelligence, the ‘Greater Male Variability Hypothesis’ (GMVH) asserts that there are more idiots and more geniuses among men than among women. Darwin’s research on evolution in the nineteenth century found that, although there are many exceptions for ...
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lunedì 19 marzo 2018

Il sessista

I Am Sexist

I am sexist, because I knowingly say something sexist: I believe women are naturally inferior to men in a certain way.  Time magazine:
For humans, there has always been something about a health message coming from a woman that gives it special authority. … Traditionally … it was the mother who saw to it that the kids got vaccinated, Grandma made it to her heart specialist and Dad stayed on his blood-pressure meds. …
Women make the primary health care decisions in two-thirds of American households. They account for 80 cents out of every dollar spent in drugstores and are likelier than men to choose the family’s health insurance. …  “Global development agencies [know] … when you give resources or money to women, more winds up in children’s health. When you give it to men, it’s likelier to wind up going for things like tobacco.” …
As with so many things, it begins with evolution, but it doesn’t stop there. Females of nearly all species expend far more time and energy producing young than males do and are thus far more motivated to protect that investment. … [Researchers] asked men and women in doctor’s offices why they were there and if anyone had encouraged them to come. Men were 2.7 times as likely as women were to say they were prodded by a member of the opposite sex.
Time describes a way that women are naturally different from men.  Is this “sexist“?  Technically yes, as it expresses a “belief or attitude that one gender or sex is inferior to, less competent, or less valuable than the other.”  But no, not according to common serious usage* of the term, since here Time says it is women who are superior.  Folks who say that are almost never seriously labeled “sexist.”
Now I believe we consume too much med, especially in the US.  We’d be better off to crudely cut med, via higher prices or less geographic practice variation.  So I think whomever is responsible for pushing for more med at the margin does a bad thing.  Therefore if I agree with Time that women naturally push med more, I must conclude that in this way women are naturally less valuable or competent than men.
Thus, I am “sexist.” So must you all now shun and condemn me for my knowing serious “sexism,” or can we agree either that it isn’t such a bad thing to be “sexist,” or that we should move to a narrower usage of the term?
Our social norms on serious sexism are now bendable; the way we’ve defined “sexist” gives media elites the flexibility to tar most anyone who speaks honestly with the label. After all, if honest, most should admit women are different from men in many ways, and worse in some of those ways.
By opposing such flexibility, I signal I am more likely that most to be so tarred, and hence less connected, influential, or savvy.  So be it.  Will anyone else join me, and publicly admit they are “sexist” as the term is used today?   Will anyone else oppose the term’s bendability?
*(Many agree “all men are rapists” is sexist, but few ever say that.  I can’t find an actual claim of female superiority widely accepted as seriously “sexist.”)
Added:  Two more “sexism” definitions:

INTRO Padre, quindi sessista -




Padre, quindi sessista

Un tempo avevo la mia dignità… poi divenni padre.
figli ti tolgono tutto, e la dignità è la prima ad andarsene: devi fare il palo mentre al parketto giocano con i giochi altrui, devi fingere di uscire di casa in piena note con guanti cappello e sciarpa per motivi che neanche tu capisci bene. Devi ingaggiare dei corpo a corpo con un nano sotto lo sguardo sprezzante di altri adulti… devi fare un mucchio di cose che puoi raccontare solo ad altri genitori!
Avere dei figli è un po’ come trasformarsi in un cane che invecchia, ogni anno ne vale sette. I figli ti tolgono tutto: oltre alla dignità ti tolgono cose, ti tolgono tempo, ti tolgono i tuoi hobby, ti tolgono la salute, ti tolgono soldi (tanti), ti tolgono serenità.
Alla fine resti solo. Solo con la tua anima, nudo con l’anima in mano. I cristiani chiamano un simile percorso Via Crucis, un consulente McKinsey lo chiamerebbe: “evoluzione per sottrazione”.
In teoria il padre dovrebbe portare in famiglia una risorsa scarsa come la virilità. Ma oggi la virilità non è benvista, in molti la giudicano obsoleta e poco necessaria. Meglio per i papi trasformarsi da orsi in orsettiPer capire cio’ che intendo leggetevi Hanna Rosin (The End of Man) o alcuni libri di Claudio Risé.
La virilità non ha molto spazio in un mondo effemminato come quello contemporaneo. In teoria la virilità sarebbe la capacità di prendere le redini quando la routine va a ramengo, quando si entra nella terra di nessuno dove non c’è legge a cui riferirsi, quando il controllo della modernità e le sicurezze della scienza diventano un pallido mito sullo sfondo, quando ogni altro piano fallisce. La virilità è l’ultima spiaggia, quella che precede la preghiera e la rassegnazione. Ma la virilità è anche fonte di guai, ha un suo lato oscuro, quello che produce tanti palloni gonfiati dall’ orgoglio ridicolo, individui fastidiosi sempre pronti ad attaccar briga con chiunque.
Tesi: i padri  si possono salvare solo salvando la virilità.
C’è una via? Forse sì, forse si puo’ puntare sulla “cavalleria”. Certo femminismo la odia e ne ha ben donde: è l’aspetto ancora “presentabile” della virilità. Se apro la porta dell’auto a mia moglie sono un maledetto sessista ma chi mi condannerebbe? Senza condanne sarei un sessista orgoglioso di esserlo, e questo è imbarazzante per chi vuol trasformare l’epiteto in un sinonimo di “psicopatico serial killer”. La “cavalleria” esiste da sempre e ovunque: paladini, crociati, samurai, soldati… è un concetto che possediamo e difficile da annientare, tutti plaudiamo ai “cavalieri”, non farlo appare ridicolo. Perché io dovrei essere disprezzato e bollato come “sessista” solo perché mi comporto da cavaliere? I cavalieri fanno sbiadire il significato alla parola sessista, ne indeboliscono il concetto stesso.
Il cavaliere sacrifica tutto per un interesse altrui, nel nostro caso: il padre virile intraprende un’ “evoluzione per sottrazione”, una via crucis per la sua famiglia. Il famigerato San Paolo chiedeva alla moglie di sottomettersi a lui e nel rigo successivo al marito di morire per lei. Inaccettabile. Ma forse anche reinterpretabile, quel “morire” oggi potrebbe essere inteso come  una richiesta di virilità: un po’ di onore/vergogna al posto del solito denaro/calcolo. Ma giusto un po’, consci del “lato oscuro” di questa roba. Un onore da ricercare nella difesa gratuita del debole e dell’innocente, ovvero “donne&bambini”. La paternità, a questo punto, diventa il lato buono della virilità. Se la cavalleria ha diritto di cittadinanza ancora oggi, allora la via crucis di cui sopra non è più un assurdo: un padre consuma la sua vita affinché un’altra possa fiorire, in senso biologico ma anche trascendentale.
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