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giovedì 27 febbraio 2020

LE VIRTU' DEL DIALOGO

LE VIRTU' DEL DIALOGO
Il dialogo giova?
Domanda difficile, occorre procedere in modo empirico per estrarre una risposta.
Purtroppo, l'unica cavia che ho a disposizione per la sperimentazione del caso sono io stesso, e l'esito che ne ricavo è questo: solo il dialogo superficiale rende il mondo un posto migliore.
Partiamo dai tre tipi di dialogo:
1) COSTRUTTIVO: prima di interagire le parti riflettono a lungo sull'argomento e approfondiscono la loro posizione.
2) ASIMMETRICO: una parte è molto preparata, l'altra improvvisa sul momento.
3) SUPERFICIALE: le parti si incontrano e improvvisano uno scambio impressionistico.
Ho partecipato e partecipo ripetutamente a tutti e tre, ecco le mie conclusioni.
Il dialogo costruttivo è irrimediabilmente viziato dall' "effetto dotazione": chi ha investito molto su una certa idea, non ci rinuncerà mai. Venderebbe anche la mamma pur di difendere il suo investimento pluriennale. Se ascolto da anni con approvazione Chopin e ho sviluppato una notevole conoscenza della sua opera, difficilmente un suo dotto detrattore riuscirà mai a farmi cambiare idea. Siamo entrambi preparati, discuteremo fino all'esaurimento sull'argomento, spenderemo una quantità impressionante di energie ma ciascuna delle parti terrà il punto, nessuno cambierà idea. Anzi, è più probabile radicalizzarsi sulle proprie posizioni fino a raggiungere prima l'ironia e poi l'esplicita contumelia. Il processo messo in piedi ci renderà tutti perdenti. Vorremmo essere altrove ma non possiamo schiodarci dalla nostra trincea al fine di guadagnare la tanto agognata "ultima parola", l'unica in grado di rassicurarci sul fatto che non abbiamo sprecato anni nell'ascolto del polacco. Dopo questo dialogo il mondo sarà peggiorato di brutto.
Nel dialogo asimmetrico c'è uno che sa e l'altro che palesemente arranca. Il primo, accorgendosi delle disparità e del fatto che l'altro non "cede" come dovrebbe, ben presto assumerà atteggiamenti da "professorino" e ad alludere pesantemente al famoso quanto impronunciabile "lei non sa chi sono io". La cosa ovviamente non andrà giù al secondo che si diventerà a punzecchiarlo e a scandalizzarlo, finché si arriverà ai ferri corti e il primo, ormai esausto e senza sprezzo del ridicolo, dopo aver fatto ricorso ad insulti particolarmente dotti e creativi, pronuncerà l'impronunciabile di cui sopra e senza vergogna aggiungerà l'inverecondo (almeno sui social) sfoggio di titoli e credenziali per poi andarsene sbattendo la porta, e da dietro la porta potrai sentire attutito lo stridulo grido "io non discuto con chi non ha nemmeno una laurea in...". L'esperienza del dialogo renderà il primo un misantropo rancoroso e il secondo un troll populista. Inutile aggiungere che anche dopo questo scambio il mondo sarà peggiorato di brutto.
Il dialogo superficiale è l'unico che, almeno da un punto di vista umano, funziona: ben presto si tocca con mano la rispettiva pochezza, si converge su un buon senso di maniera, si fraternizza e soprattutto si riesce a chiudere la discussione al momento giusto, che nei dialoghi social è forse l'elemento principale. Il momento giusto è quando ci si annoia o quando si è giunti ad un punto morto. Poi si va insieme a prendersi una birra. Il mondo ora è un posto più bello in cui vivere.

martedì 9 ottobre 2018

Chi dialoga si polarizza

effetti perversi del dialogo

http://www.pnas.org/content/early/2018/08/27/1804840115