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martedì 26 maggio 2020

LA STRATEGIA DEL CAPRICCIO.
Quando la Marghe fa i capricci davanti al piatto di minestra, io alzo la voce e lei mangia. Quando la Vichi fa i capricci davanti al piatto di minestra, io lo sostituisco con un succulento secondo. Il motivo del doppio standard è abbastanza semplice: se alzo la voce con la Marghe lei esegue, se lo faccio con la Vichi, lei aumenta l'intensità del capriccio, se poi la minaccio di mandarla a letto senza cena, la serata è rovinata e se eseguo sul serio la minaccia i giorni successivi si trasformerebbero per tutti in una dolorosa Via Crucis. I capricci dei bambini non sono cosa da poco, bensì una raffinata strategia per accaparrarsi le risorse dei genitori, dietro ci sono milioni di anni di evoluzione. Alla Vichi va bene, finché... Finché non incontra un genitore che fa quello che minaccia costi quel costi. Un genitore più capriccioso di lei, diciamo.
Ci sono bulli che pestano chiunque li contraddica, basta guardare di straforo la loro ragazza per entrare nel mirino. A questi bulli va bene, finché... Finché non incontrano un bullo come loro e allora scatta la rissa da discoteca, e magari ci rimettono anche le penne.
Ci sono mariti che desiderano una moglie obbediente e fedele, altrimenti fanno i capricci. Con la maggior parte di loro basta dire "non fare lo scemo" per dissolvere la sceneggiata, sono un po' come la Marghe davanti alla minestra. Altri invece i capricci li fanno veramente, non per scherzo, e bastonano la moglie se non mantiene gli occhi bassi. A questi mariti va bene, finché... Finché non incontrano una moglie temeraria e si vedono costretti a farla fuori passando il resto della loro vita in galera.
Nel post che linko qua sotto sostenevo che è inutile punire in modo esemplare i "crimini passionali", la pena non fa deterrenza. Ma che c'entra tutto questo con il mio commentino? Ora, le vie crucis che ci fa passare la Vichi, le risse in discoteca e i femminicidi sono atti irrazionali che peggiorano la condizione di tutti, su questo non ci piove. Nel caso delle risse e del femminicidio si parla appunto di "crimini passionali". Tuttavia, per quanto irrazionali, dietro c'è una strategia razionale. Se è davvero così alzare le pene per risse e femminicidi potrebbe diminuire le risse e i femminicidi, la strategia del capriccio potrebbe non pagare più.

giovedì 9 gennaio 2020

RIGORE O MISERICORDIA?

Sono un fan della lotta contro la cultura dello spreco, e oggi il mio obbiettivo è la giustizia penale.
Non esiste giustizia senza pene eque, e non esistono pene eque che non siano anche efficienti. Non per tutti è così: economisti, filosofi morali e giuristi hanno sguardi diversi, ma solo i primi sono ossessionati dalla lotta agli sprechi, quindi è a loro che devo chiedere consiglio.
Ma come usare la teoria economica per costruire una serie efficiente di sanzioni penali?
Cominciamo col dire che l'economista è disturbato dal crimine in quanto atto inefficiente. Esempio: la volontà di acquistare un televisore dimostra che il compratore lo valuta più del venditore, e dunque è giusto che finisca nelle sue mani: la scambio è efficiente! Il ladro, al contrario, lo valuta meno del proprietario, altrimenti lo avrebbe comprato: il furto è inefficiente. Ne consegue che dobbiamo consentire gli scambi e impedire i furti.
Ma anche la pena deve avere un limite, altrimenti si rischiano di colpire anche i crimini efficienti. In prima approssimazione la pena dovrebbe equivalere al danno causato. In questo modo non è altro che una tassa chiamata a combattere i crimini inefficienti.
Non ha senso punire un crimine efficiente, poiché solo i crimini inefficienti generano spreco. Esempio: se porto al pronto soccorso un infartuato, parcheggio a cuor leggero in divieto di sosta, conto sul fatto che la multa sia fissata in modo da impedire solo le infrazioni inefficienti; nel mio caso si tratta di una questione di vita e di morte, pagherò la multa, non c'è problema. Ecco, le multe "eccessive" generano sprechi proprio perché ostacolano le infrazioni efficienti.
Chi non vede lo spreco potrebbe spaventarsi, ma questa logica resta intatta anche se parliamo di omicidi e stupri. Un economista si chiede: ci saranno troppi omicidi o troppo pochi? Ci saranno troppi stupri o troppo pochi? Ci saranno troppi fallimenti o troppo pochi? Ora capiamo meglio perché.
Ma questo modo di fissare le pene resta naif, ignora altri costi. Esiste infatti un costo anche per catturare e punire un colpevole, non dobbiamo dimenticarcelo. Cosa succede, per esempio, se il criminale non puo' risarcire la vittima? Di solito lo si sbatte in galera ma questo peggiora le cose: dobbiamo mantenere il criminale! Non solo non c'è risarcimento ma addirittura c'è un costo supplementare. Certo, sbattere in galera un criminale costituisce un risarcimento morale verso la vittima e non solo, il nostro senso di giustizia è appagato, tuttavia dobbiamo ammettere che un sistema legale privo di sprechi, in queste condizioni, non perseguirà - oltre ai reati efficienti - anche una quota di reati inefficienti. Non ne vale la pena.
Ma non è finita qui, c'è un importante "costo negativo" da considerare: la punizione, per quanto costosa per la società, potrebbe generare un effetto collaterale di deterrenza che previene altri reati. Mentre il costo per infrazione aumenta con l'aumentare della punizione prevista, il numero di infrazioni complessivo diminuisce dal momento che la punizione attesa più alta scoraggia nuovi reati. Il caso del costo negativo è molto semplice: una punizione, anche più costosa dei danni procurati, potrebbe diminuire i crimini totali da punire generando un risparmio.
Per alcuni reati in cui la deterrenza è efficace puo' essere addirittura conveniente punire anche alcuni reati efficienti! Provate a immaginare una società in cui la pena per il taccheggio sia la morte, con il risultato che non ci sarebbero taccheggiatori da punire: problema risolto a costo zero. Purtroppo, una deterrenza così efficace non esiste ma spero che la logica sia chiara.
Ricapitolando, il livello della pena che minimizza gli sprechi dovrebbe essere pari al danno arrecato da un reato (modello naif) solo se il costo marginale di scoraggiare un altro reato è pari a zero. Se la deterrenza è scarsa si potrebbero tollerare anche reati inefficienti, se la deterrenza è notevole si potrebbero punire anche reati efficienti. Il caso classico è quello dei reati poco sensibili alla differenza, per esempio i crimini passionali (tipo il femminicidio). In casi del genere gli sprechi si minimizzano tollerando una quota di reati inefficienti. In altri termini: inutile investire molte risorse in questo ambito. Conclusione: le punizioni ottimali combinano elementi di due diverse intuizioni: una punizione deve essere commisurata al danno procurato e una punizione dovrebbe servire anche a prevenire il reato. La pena genera dei costi: 1) il costo inflitto al colpevole e 2) il costo di catturare e punire. Ma genera anche dei benefici: 1) risarcimento e 2) prevenzione (costi risparmiati per catturare e punire). Minimizzare gli sprechi significa fissare pene solo se c'è un beneficio sociale e in modo che lo massimizzino.
C'è anche chi ha sostenuto che la tendenza del nostro sistema legale a generare una probabilità di condanna inferiore per gli imputati benestanti (colletti bianchi) è prova della sua efficienza. Un mese in prigione o una settimana in tribunale rappresentano un costo immaggiore per chi ha redditi più elevati: il tempo di chi è più produttivo è più prezioso. Equiparare la lunghezza delle pene, a questo punto, vorrebbe dire far pagare di più i colletti bianchi.
Questo è vero se assumiamo il modello ingenuo della pena efficiente, ma come cambiano le cose con il modello più sofisticato che tiene conto della deterrenza? Le conclusioni sono diverse a seconda del reato. Rubare 100 euro beneficia il ladro ricco quanto quello povero, quindi è giusto infliggere una pena più lunga al povero. Alla stessa conclusione giungiamo se il crimine è impegnativo e richiede tempo di progettazione ed esecuzione: in questi casi produrre deterrenza verso i più ricchi è più semplice e bastano pene inferiori. Ma quando anziché denaro si ruba "tempo", come nel caso della violazione dei limiti di velocità? In questo caso, dal momento che il tempo dell'uomo ricco vale più di quello del povero, al fine di produrre la medesima deterrenza dovremmo dare multe più elevate ai redditi più alti. Altra differenza: il ricco puo' sempre risarcire. Questa è un'ottima notizia perché le pene detentive sono costose e sarebbe così più efficiente riservarle solo ai redditi bassi. Una sanzione è una pena più efficace di una pena detentiva e i trasgressori più ricchi possono pagare multe più elevate.
Finora ho considerato pene diverse in base alle condizioni soggettive dell'imputato. Che dire delle condizioni soggettive della vittima?
Prendiamo un caso estremo: la pena di morte: una decisione corretta, secondo il modello "naif", richiederebbe al giudice di bilanciare il valore della vita della vittima con il valore della vita dell'imputato. Certo, l'esecuzione di un determinato assassino non salverà la vita della sua vittima ma la volontà del giudice di condannare un determinato assassino per aver ucciso un particolare tipo di persona può, tuttavia, influire su quanti omicidi simili si verificheranno in futuro, magari non necessariamente nel rapporto uno a uno. Ricordo alcuni casi in cui la pena di morte è stata comminata solo perché la vittima era una mamma, in questo modo si aumentava la protezione verso le madri con bambini piccoli e alle altre vittime la cui morte imporrà grandi costi ai loro sopravvissuti. In casi del genere è razionale punire più severamente chi uccide una donna con figli rispetto a chi uccide una donna senza figli. Certo che se l'assassino non è nelle condizioni di conoscere in anticipo il valore della vita della sua vittima, la deterrenza non avrà corso: la punizione selettiva è logica solo nei casi dove sia possibile una dissuasione selettiva.
fine
Purtroppo nella somministrazione della giustizia si presenta l'imputato come un essere umano vivente che respira e che ha parenti in apprensione e la vittima della mancata deterrenza come un'ombra oscura in un futuro statistico indeterminato; questo amplifica gli sprechi. E le cose vanno ancora peggio quando un simile bias da difetto diventa virtù misericordiosa.

sabato 4 maggio 2019

MULTE-ASSICURAZIONI-TAGLIE

MULTE-ASSICURAZIONI-TAGLIE

Considera un sistema giuridico in cui: 1) le sanzioni sono multe, 2) l'applicazione delle norme è fondata sulle taglie e 3) esiste un' assicurazione penale obbligatoria.

Inconvenienti?

sabato 17 febbraio 2018

Il potere della monetina applicato al crimine

A quanto pare la lunghezza della pena non incide sul comportamento dei criminali allorchè usciranno di prigione.
I duri si consolano: tenere al fresco i criminali rende tutti più sicuri e non produce danni alla persona.
I miti si consolano: l'argomento della deterrenza è quantomeno pompato.
Ma i più entusiasti sono i "secchioni", orgogliosi per come si è giunti ad una simile conclusione.
È bastato assegnare ai giudici i processi a casaccio.
In questo modo è possibile stabilire quali sono i giudici più severi e quelli più miti. L'assegnazione casuale equivale Infatti all'assegnazione dello stesso caso a tutti. È come se esistesse un solo condannato (il caso elide le differenze) che vive contemporaneamente in una moltitudine di universi paralleli del tutto identici tra loro tranne che per la pena inflittagli.
Magia dei grandi numeri, potere della monetina!
Basta quindi raggruppare i condannati a seconda del giudice che li ha processati per verificare e raffrontare poi il loro comportamento una volta usciti di galera. Fine.
Ma c'è un ulteriore motivo di orgoglio per i "secchioni". I ricercatori non hanno nemmeno dovuto progettare l'esperimento fatto, hanno sfruttato un provvedimento preso dalle autorità per ben altri motivi, ovvero il sospetto che alcuni processi venissero indirizzati verso certi giudici ben precisi.
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Riccardo Mariani I dati però non confermano, le recidive di chi accede ai permessi di lavoro non calano. Forse, semmai, giovano talune terapie cognitive che insegnano a "contare fino a 10"https://fahreunblog.wordpress.com/.../la-rieducazione.../Gestire
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Antonio Lodola Il criminale rieducato una volta uscito dovrebbe essere trasferito in un luogo diverso da quello che lo ha visto crescere come criminale e non dovrebbe avere piu' alcun contatto con la gente che frequentava prima. Inoltre una volta trasferito nessuno dovrebbe sapere che si tratta di un ex criminale altrimenti sarebbe presto e facilmente discriminato
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Antonio Lodola Io ho lavorato con ex criminali e francamente niente da dire . Il problema piu' duro per loro era il fatto d'esser diventati tossicodipendenti in carcere ed una volta usciti , pur reinseriti, non riuscivano a contenere la loro dipendenza che cercavano di nascondere con tutti i mezzi. Erano dei poveracci molto soli e faticavano a ricrearsi una vita sociale normale .
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Antonio Lodola Devo dire che ho avuto l'impressione che il reinserimento risulti piu' facile ad un assassino che ad un criminale sessuale
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mercoledì 6 settembre 2017

Apologia della frusta

Apologia della frusta

Meglio un anno in prigione o tre brutali frustate?
Da parte mia nessun dubbio: opto senza esitare per le frustate… e poi a casa di corsa a dormire nel mio letto.
Un mesetto di cure e medicazioni, l’attesa che si riformi la nuova cute, un paio di notti insonni col culo come una bistecca violacea non mi farebbero certo desistere.
E, se permettete, non mi fermo alla mia personale preferenza, ho la presunzione di affermare che la maggior parte degli interpellati mi seguirebbe sulla medesima strada.
E’ davvero una “pazza idea”? Non credo. Sta di fatto che un’ introspezione di tal fatta è alla base di ogni difesa accettabile della pena corporale.
Chi nel 2017 tenta un’apologia delle frustate lo fa solo perché desidera solo un sistema punitivo meno crudele.
Cosa c’è che non va’ in questo anelito?
Andateci voi in galera a convivere con criminali  irredimibili, a ricevere le loro proposte “indeclinabili”, a subire violenze sessuali ripetute.
Sottoponetevi voi a questo distacco fatale dalla vita lavorativa. Anzi, dalla vita normale in genere.
In posti del genere se entrate malandrini, uscirete criminali. Se entrate criminali, uscirete criminali incalliti.
E chi una volta fuori da quel girone infernale si ritrova barbone di strada, deve accendere un cero alla Madonna e baciarsi i gomiti.
La soluzione carceraria è un fallimento: voluta in luogo delle punizioni dai fautori della deterrenza e della rieducazione, non rieduca e non produce deterrenza, è solo una costosissima tortura prolungata che ha effetti benefici sul crimine solo quando sequestra in massa la popolazione a rischio, che è quasi 1/3 della popolazione tutta (vedi USA).
Possiamo considerarla una soluzione eugenetica più che sociale.
I riformatori, con le loro proposte di “mitigazione” vengono sbeffeggiati dal fiero conservatore. Chi puo’ dargli torto?: lo spettacolo di chi s’indigna per un condono e poi plaude un’amnistia è rivoltante. Mancano le basi per uno scambio fruttuoso.
Scommetto però che anche il conservatore più crudele sarebbe solleticato all’idea di una “mitigazione” fondata sulla frustata. La frustata, in altri termini, getta un solido ponte tra posizioni distanti. La frustata è portatrice di dialogo.
Se la frustata è un sensato atto di pietà, chi delinque dovrebbe perlomeno avere il diritto di sceglierla come pena alternativa.
Allo stesso tempo la frustata non lede il nostro senso di giustizia. Anzi, anche il più accanito colpevolista che assiste all’esecuzione di una pena corporale se ne torna a casa appagato nello spirito.
Prendiamo un caso spinoso della contemporaneità: l’immigrazione clandestina. Come difendere in modo efficace la causa a me cara del clandestino? Solo garantendo punizioni immediate e ben visibili a chi sgarra, sappiamo bene che i clandestini hanno un’ inclinazione a delinquere spropositata. Ecco, in casi del genere le frustate sono come il cacio sui maccheroni: carceri decongestionate e senso di giustizia appagato, compreso quello leghista.
Meglio frustati che in carcere. Ma nel caso dei clandestini c’è di più: meglio frustati che in carcere,  annegati o rinchiusi in un campo libico.
***
Qui non scendo in particolari burocratici ma ciascuno vede fin da subito che occorre un filtro all’accesso: alcuni criminali non possono essere rilasciati poiché rappresenterebbero un pericolo, penso ai malati mentali.
Ecco allora un altro effetto collaterale positivo: basta con tutte quelle ipocrite e fastidiose richieste d’ “incapacità”  per l’imputato, la tendenza s’invertirebbe nel segno di una responsabilizzazione dei singoli.
C’è forse chi pensa che una frustata sia troppo poco? Bene, discutiamone. Ma discutiamo però del numero, non del metodo.
A chi resta orripilato s’insista invece nel dire che trattasi di trattamento opzionale: la libera scelta si pone a fondamento del sistema riformato.
Lo si faccia presente soprattutto a quei “sensibiloni” che in nome della libera scelta accettano di tutto, anche l’eutanasia.
Immediatezza, proporzionalità, trasparenza, convenienza economica… le frustate sembrano avere tutte le carte in regola per proporsi come alternativa alla prigione, cosa impedisce un loro ritorno?
Tre cose.
1. Il fatto che le carceri siano un cospicuo business per molti insider che non mollano facilmente il posto alla mangiatoia.
2. Poi:  l’uomo secolarizzato e prosciugato da ogni  spiritualità, fa dell’ incolumità fisica il suo ultimo dio  (e quindi del dolore fisico il suo ultimo demonio). Sentire anche solo evocato il suo personale Satana lo disturba e lo atterrisce. Tremebondo smette di ragionare nel merito e cerca con tutte le sue forze di esorcizzare ogni azione riformatrice  ripristinando il tabù. Una diffusa cultura effeminata si oppone a prescindere alla frustata.
3. Ultima ragione: la mentalità progressista non puo’ ammettere che un miglioramento possa venire dal ripristino di “barbarie” passate opportunamente rivedute e corrette. Andare avanti per migliorare l’esistente è sentito come un dogma senza alternative, e questo a prescindere dal vicolo cieco in cui ci si è infilati.
Purtroppo, contro interessi consolidati, tabù e dogmi la lotta è impari.
frust

giovedì 28 luglio 2016

La rieducazione del criminale

Una società ideale rieduca i condannati? Deve farlo? Perché? Come? Funziona? Per abbozzare una risposta meglio partire dall’inizio.
I cattivi vanno scovati e puniti. In questo modo avremo meno cattivi in circolazione: a nessuno piace essere castigato. Si chiama “effetto deterrenza”, costituisce da sempre la funzione cardine della pena della pena.
Purtroppo, non sempre riusciamo a trovarli. Fortunatamente c’è una soluzione: possiamo inasprire le punizioni in modo da compensare la possibilità di farla franca.
Ma non è tutto: scovare i criminali è costoso. La soluzione ottima è non gettare molte risorse in attività costose: licenziamo la polizia e aumentiamo le pene, l’ “effetto deterrenza” resta garantito e le risorse risparmiate possono essere investite in nobili cause.
Nella società ideale “effetto deterrenza” e “rieducazione” coincidono: il criminale, dopo aver fatto i suoi conti, non pecca più.
Il ragionamento in sé non fa una piega. E certo, non è mio, è di Gary Becker, c’ha preso pure il Nobel.
crime
Purtroppo, nella realtà le cose non sembrano funzionare in questo modo, i criminali sono un po’ come i bambini: poco interessati al futuro, specie se lontano. E le eventuali pene sono collocate nel futuro, a volte molto lontano.
Chi ha problemi a gestire le emozioni e a frenare gli impulsi calcola male le conseguenze delle sue azioni.
Oltre una certa soglia esacerbare le pene riempie le prigioni piuttosto che creare deterrenza, e le prigioni sono l’ Università del crimine.
I criminali sono come bambini e nessuno di noi adotterebbe la soluzione economicamente ottimale per i bambini: meno controllo (con relativi risparmi) e punizioni più dure. E’ il modo migliore per crescere un criminale!
Di solito l’approccio coi bambini è diverso: regole chiare e coerenti con punizioni immediate a chi sgarra.
L’immediatezza serve a far cogliere l’associazione tra marachella e castigo.
La chiarezza serve a far sapere con certezza cos’è una marachella.
La coerenza serve a massimizzare la conoscenza con il minimo di esperienza (se so perché vengo punito quando rubo i biscotti so anche che verrò punito se rubo la torta, non c’è bisogno di sperimentarlo in prima persona).
I criminali sono bambinoni, per loro contare fino a dieci è decisivo: quando lo fanno i delitti si dimezzano. Ma se sono dei bambinoni forse con loro funziona la soluzione idonea per l’infanzia: punizioni lievi e regole chiare, coerenti e con applicazione immediata.
Ma come si traducono in concreto le considerazioni fatte finora? Per esempio così: leggi ben scritte favoriscono la chiarezza. Più polizia favorisce la coerenza. Migliori tribunali favoriscono l’immediatezza. Contare fino a dieci (terapia comportamentale) contrasta la recidiva.
Potremmo chiamare tutto cio’ “rieducazione” del criminale nella società ideale.
Quando uno pensa alla funzione rieducativa della pena pensa di solito a lezioncine civiche e reinserimenti. In realtà i criminali non sono proprio dei bambini, non trasciniamo troppo oltre la similitudine, sono in realtà dei “bambinoni”: e come si rieduca un “bambinone”? Ripeto:
1) Con leggi più chiare.
2) Con più polizia nelle strade.
3) Con tribunali più celeri.
4) Insegnando a contare fino a dieci.