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mercoledì 28 dicembre 2022

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lunedì 24 febbraio 2020

SULL'OBBLIGAZIONE POLITICA


Puoi studiare per anni la filosofia politica ma alla fine la domanda a cui devi rispondere è sempre la stessa:

supponiamo che una ex gelosa minacci di uccidersi (o di uccidere qualcuno) se sposerai la tua nuova fidanzata. Cosa è giusto che tu faccia? Restare single a vita o sposarsi ugualmente?

***

Hai risposto di "no"? Nota il parallelo:

1) Una società di giusti non ha bisogno dello stato. Ok?
2) Da 1) segue che lo stato non puo' avere pretese morali su un giusto. Ok?
3) Ma lo stato puo' dire: se non ti assoggetti alle mie coercizioni, Tizio compierà un crimine.
4) Nota il parallelo con la situazione di cui sopra: non puoi fare qualcosa di legittimo perché un terzo potrebbe compiere un crimine.
5) Anche in questo caso si ripropone la domanda: è giusto cedere al ricatto morale?
6) Non so cosa rispondere, anche se molto dipende dai livelli: se Thantos minaccia di distruggere l'universo se non smetti di ascoltare la musica punk, probabilmente è giusto cedere.

martedì 17 dicembre 2019

IL MIO PROBLEMA CON IL SOVRANISMO

IL MIO PROBLEMA CON IL SOVRANISMO
Il mio principale problema con il "sovranismo" è che non credo nemmeno alla "sovranità". Non credo cioè che esista un' "obbligazione politica".

Si sarà già capito che questo è un post filosofico e non politico, anche perché di politica non ci capisco nulla. Non parla né di sardine né di finanziaria. Non parla neanche di "sovranismo", poiché è un termine il cui significato si sta formando in questi tempi e non mi è quindi ben chiaro. Il titolo, insomma, era solo un patetico tentativo di attirare l'attenzione.
Torniamo dunque a quel fantasma che cammina che è l' "obbligazione politica". Noto con un certo sgomento che, contrariamente a me, la maggioranza ci crede. Anzi, la dà per scontata. Gli argomenti più semplici per giustificarla sono quelli cosiddetti "consequenzialisti": se ubbidiamo al governo staremo meglio tutti. Il giudizio etico del "conseguenzialista" dipende dalle conseguenze. Il suo argomento ha due step: in primo luogo, si sostiene che il governo fa del bene a tutti noi. In secondo luogo, si sostiene che questo solo fatto ci impone dei doveri morali, in particolar modo quello di ubbidire.
Facciamo qualche esempio. Un primo effetto benefico attribuito al governo è quello della protezione dai crimini commessi da terzi. Chi è pessimista sulla natura umana - magari ispirato dal filosofo Thomas Hobbes - teme che la società priva di un governo si riduca a uno stato barbaro in preda ad una guerra perenne del tutti contro tutti. Il secondo effetto è la fornitura della legge, un insieme dettagliato, preciso e pubblico di regole di condotta sociale che si applicano uniformemente a tutti. Grazie alla legge siamo in grado di coordinarci. Il terzo vantaggio saliente è quello di avere una difesa militare contro gli attacchi esterni. Qui di seguito - nel chiedermi se esiste un obbligo di ubbidire ai politici - darò per scontato che questi benefici esistano.
Per fare un'analogia, prendiamo allora il caso in cui vedi un bambino affogare in uno stagno poco profondo: potresti facilmente salvarlo, anche se ciò comporterebbe sporcarsi i vestiti e perdere un po' del tuo prezioso tempo. Mi sembra ovvio che sia tuo dovere intervenire. Se il bambino affogasse nell'oceano e tu dovessi correre un rischio significativo per salvarlo, non saresti obbligato allo stesso modo. Ma qui siamo in un caso differente. Fuor di metafora potremmo dire che i fautori dell'argomento consequenzialista sostengono che l'obbedienza alla legge è necessaria affinché lo stato funzioni. Se troppi cittadini disubbediscono, infatti, lo stato crollerà e i suoi enormi benefici scompariranno.
Problema: molte leggi vengono regolarmente infrante ogni giorno senza che il governo crolli. Non è vero quindi che la tua obbedienza è richiesta per evitare il collasso sociale. Certo, ci sono alcune leggi alle quali dovresti obbedire per ragioni morali indipendenti. Ad esempio, non dovresti derubare altre persone. Ma questo è un dovere etico, non politico. Per difendere l'obbligo politico, si deve sostenere che esiste un obbligo di obbedienza che prescinde dal contenuto della legge.
Ritorniamo al caso del bambino che sta annegando nello stagno poco profondo ma questa volta, supponiamo che ci siano altre tre persone nelle vicinanze pronte a salvare il bambino. Sono abili nuotatori, non hanno bisogno di alcun aiuto; non vi è alcun pericolo che il bambino anneghi o soffra. L'analogia così riformulata sembrerebbe più in consonanza con l'obbligo politico: ci sono già sufficienti persone che obbediscono evitando il collasso sociale. La tua obbedianza è ridondante, non serve. Detto questo, sembreresti esonerato da ogni vincolo etico.
Ma se tutti ragionassero come te? Nel test kantiano la bontà di una regola si misura calcolando le conseguenze ipotizzando che tutti la osservino o che tutti la disattendano. Oggi parliamo di "utilitarismo della regola". Il conseguenzialismo semplice giudica i semplici atti, il conseguenzialismo delle regole giudica invece le regole generali. Prendi il caso di un prato appena seminato nel campus universitario. Studenti e professori sono tentati di prendere scorciatoie tagliando per il prato. Una persona che taglia non avrà alcun effetto evidente ma se lo fanno tutti, il prato sarà rovinato.
Ma il test kantiano non sembra uno strumento affidabile, in molti casi sembra assurdo. Supponiamo che decida di diventare ragioniere. La mia scelta sembra legittima ma cosa accadrebbe se tutti diventassero ragionieri? La società collasserebbe. La mia innocua scelta non passa il test kantiano. Certo, potrei formulare la regola in "scegli di diventare ragioniere a condizione che non ci siano troppi ragionieri" ma allo stesso modo le persone che disobbediscono alla legge potrebbero dichiarare che la loro regola è: "viola la legge se la cosa non non la violano già in molti".
A questo punto il cultore della sovranità dice: disobbedire è ingiusto nei confronti di altri membri della società, che generalmente obbediscono. Ma qui abbandoniamo le teorie "coseguenzialiste" per rivolgerci alle teorie dell' "equità".
Ragioniamo sul seguente scenario. Sei su una scialuppa di salvataggio con molte altre persone. Vi sorprende una tempesta e cominciate ad imbarcare acqua. Gli altri passeggeri si danno da fare per svuotare la barca tramite dei recipienti. I loro sforzi sono chiaramente sufficienti per stare a galla; pertanto, se rifiuti di dare una mano non ci saranno gravi conseguenze. Tuttavia, sembra ovvio che dovresti aiutare. Intuitivamente, sarebbe ingiusto lasciare che facciano tutto gli altri. Ecco, i sostenitori dell'equità dicono che disobbedire alle leggi di stato è una mancanza di rispetto verso chi adempie, esattamente come non dare una mano a svuotare la barca dall'acqua è una mancanza di rispetto verso chi lo fa alacremente.
Ma torniamo sulla barca e supponiamo che chi coordina le operazioni di salvataggio ti dica di andare a fargli un panino. Anche questo rientra nell'obbedienza dovuta? Fino a che punto devi spingerti nell'obbedire? Che relazione c'è tra equità e obblighi politici? Il fatto che esista un'obbedienza legittima non significa che tutto sia dovuto. Mi spiego meglio proseguendo con l'analogia: la scialuppa di salvataggio sta imbarcando acqua. I passeggeri si riuniscono e discutono su cosa fare. Una maggioranza (da cui ti dissoci) delega a Bob la soluzione. Bob ci pensa e decide che tutti devono smettere di scaricare l'acqua dalla barca e mettersi a pregare Poseidone, flagellarsi con il frustino e versare 20 euro a Giovanna. Domanda: se rifiuti di pregare, di auto-flagellarti o di pagare Giovanna, agisci in modo scorretto? Tratti ingiustamente i tuoi compagni di viaggio? A questo punto mi sembra logico che per capire quali sono i tuoi reali doveri, il contenuto dell'obbligazione sia imprescindibile. Non esiste un dovere di obbedienza al buio. Inoltre, se le persone sono obbligate a contribuire a mantenere l'ordine sociale, lo stato è altrettanto obbligato a formulare leggi da cui scaturisca questo obbligo. Nel deliberare leggi non necessarie per mantenere l'ordine sociale, e quindi legittimando la disobbedienza, lo stato si rende responsabile del collasso sociale, esattamente come fa lo sciagurato Bob.
A questo problema si aggancia il "problema dell'eremita".
Gli eremiti desiderano vivere in una condizione selvaggia, di certo non hanno bisogno di un governo. Quali obblighi hanno nei confronti della legge? Le popolazioni indigene preferirebbero addirittura che i coloni europei non fossero mai arrivati ​​nel loro continente. Che obblighi morali hanno? Gli anarchici rifiutano per principio ogni forma di governo. Che senso ha chiedere loro obbedienza? Difficile che esista alcun dovere in questo senso. Ci sono anche coloro che si oppongono a specifici programmi governativi, ad esempio i pacifisti. Supponiamo che gli i passeggeri sulla scialuppa di salvataggio credano che pregare Geova li aiuterà. Ma Giovanna crede che pregare Geova sarà dannoso, perché offenderà Cthulhu. Si oppone quindi al piano degli altri passeggeri. In questa situazione, sarebbe ingiusto che Giovanna si rifiuti di pregare Geova? Questo è il caso di coloro che si oppongono, per esempio, all'invasione dell'Iraq, al proibizionismo sulle droghe, alle restrizioni sull'immigrazione e a molte altre leggi controverse. Le controversie ragionevoli abbondano. Qui non c'è opportunismo e quindi non sorge nessun obbligo morale ad obbedire.
Altro problema: sembrerebbe sbagliato evadere le tasse per spendere i soldi in una nuova televisione. Tuttavia, sarebbe lecito farlo per usare quel denaro in un modo socialmente più utile rispetto al modo in cui verrà impiegato dal governo. Non sembrerebbe sorgere nessun obbligo di obbedienza se ci sono alternative preferibili.
Il conseguenzialismo non sembra fornire ragioni che legittimino l'uso della forza da parte dell'autorità politica. Supponiamo di essere a una riunione del consiglio in cui tu e gli altri membri state discutendo su come migliorare le vendite della vostra azienda. Sai per certo che il modo migliore per farlo è assumere l'agenzia pubblicitaria PIP. Il tuo piano è altamente vantaggioso per l'azienda, questo è un fatto. Tuttavia, gli altri membri non ne sono convinti. A questo punto estrai la pistola e imponi di votare la tua mozione. Un comportamento simile può essere giustificato ma solo in circostanze di emergenza. Altro esempio, se Maria ha un infarto e deve essere portata immediatamente all'ospedale potrei anche rubare una macchina per salvarle la vita e condurla al Pronto Soccorso. Quindi, forse, lo stato è giustificato nel coartare le persone violando i loro diritti se l'alternativa è il collasso sociale. Fin qui si puo' anche concordare. Quello che non è ragionevole fare è spingersi oltre. Ma la politica consiste essenzialmente proprio in questo "spingersi oltre".
Ricapitolando, nell'analogia della scialuppa hai il diritto di usare la forza per salvare l'equipaggio, ma questo diritto non è né completo né indipendente dal suo contenuto. E' un diritto altamente specifico: dipende dal fatto che il tuo piano per salvare la barca sia corretto (o almeno ben giustificato). Non puoi costringere gli altri a comportamenti dannosi o inutili. Non puoi usare le armi per costringere gli altri a pregare Poseidone, tanto per dire.
Detto questo, quante attività governative potrebbero essere considerate legittime su questa base? Dividiamole in nove categorie.
1) Leggi progettate per proteggere i diritti dei cittadini. Tipo quelle contro l'omicidio, il furto e le truffe.
2) Politiche progettate per fornire beni pubblici. Tipo la difesa militare.
3) Leggi paternalistiche. Tipo cintura di sicurezza e seggiolini per bambini.
4) Leggi morali. Tipo contro la prostituzione o il gioco d'azzardo.
5) Leggi per aiutare i poveri. Tipo salario minimo o di inclusione.
6) Leggi concesse alle lobby potenti. Tipo sussidi all'impresa.
7) Leggi progettate per garantire il monopolio dello stato. Tipo tribunali e polizia.
8) Leggi progettate per promuovere cose che sono considerate buone. Tipo pensioni, sanità e scuola.
9) Leggi per tutelare la tradizione. Tipo quelle contro i matrimonio gay.
Direi che, sulla base di quanto detto, legittime possono essere 1 e 2. Forse 7. Delle altre è concesso dubitare. Ma le altre sono il 90/80% delle attività di uno stato moderno!
Ultima questione: la sovranità puo' essere assoluta?
Torniamo sulla scialuppa e supponiamo che ci siano due passeggeri armati, Giovanni e Giuseppe, ognuno dei quali riconosce che la barca deve essere tratta in salvo e ha un progetto ragionevole per agire. Non si capisce perché uno dovrebbe avere più autorità dell'altro. Sembra, quindi, che la sovranità statale non possa essere assoluta, almeno se ci affidiamo alle giustificazioni conseguenzialiste. Altri agenti non sono meno legittimati dallo stato nel farsi obbedire tramite la forza allorché perseguano obbiettivi apprezzabili. Esempio, se lo stato non fornisce un'adeguata protezione dal crimine (1), ad esempio, non vi è alcuna ragione ovvia per cui gli agenti privati ​​non possano fornire il medesimo servizio. Concluderei dicendo che se la sovranità ha basi morali evanescenti, la sovranità assoluta è del tutto ingiustificata.

giovedì 12 dicembre 2019

PERCHE' LA COSTITUZIONE NON LEGITTIMA NESSUNO.

PERCHE' LA COSTITUZIONE NON LEGITTIMA NESSUNO.
La Costituzione italiana è forse il "contratto" che tiene assieme gli italiani?
Contratto de che? Io non ho firmato nulla!
Fa niente, dicono con sussiego i teorici del contratto sociale, è il "contratto" che gli individui avrebbero firmato in certe condizioni ipotetiche. Per quello sono state usate le virgolette, cosa ti credevi? Solo così, infatti, possiamo immaginare una società giusta.
Bè, in questo caso le cose cambiano. Anche se una resta ferma: i "teorici del contratto sociale" sono dei gran paraculi: il loro approccio li esenta dalla ricerca di prove empiriche a sostegno. A loro basta e avanza essere persuasivi sostenendo che "le persone avrebbero accettato se...". E' facile prevedere che chi dissente da loro difficilmente "avrebbe accettato". Ma loro hanno la risposta pronta. Leggete e la scoprirete.
Tanto per cominciare osserverei che si tratta comunque di un approccio lontano dal senso comune: in genere sono le promesse che uno fa a vincolarlo, non quelle che "avrebbe fatto se...". La violenza è legittimata solo dai fatti, non dalle ipotesi.
Ma un contrattualista potrebbe invitarti a lasciar perdere le promesse e considerare piuttosto questa analogia: supponiamo che un paziente incosciente sia stato portato in ospedale bisognoso di un intervento chirurgico. In circostanze normali, i medici devono ottenere da lui il consenso informato. Ma nel nostro caso non puo' darlo. Che fare? E' giusto presumere che acconsentirebbe alla procedura di salvataggio se fosse in grado di farlo. E' il nostro caso! Dobbiamo immaginare "cosa avrebbe risposto se...".
Non proprio, l'analogia zoppica: I cittadini di un determinato paese non sono né tramortiti né mentalmente incompetenti. Nel caso trattato, invece, l'ottenimento del consenso era impossibile. Inoltre, anche ricorrendo al consenso ipotetico del malato, questo deve essere comunque informato ai valori e alle credenze filosofiche che la persona professava nella sua vita. Per esempio, il medico curante, a causa della sua familiarità con il paziente, potrebbe essere consapevole che il paziente ha forti obiezioni religiose a subire certi trattamenti.
A questo punto interverrebbe con foga Thomas Nagel: ma quando un sistema rigorosamente volontario è irrealizzabile, un'approssimazione diventa accettabile. Ad esempio, proseguirebbe Nagel, potremmo presumere che le parti dell'accordo ipotetico siano più informate, più eque e più razionali delle persone reali. Persone del genere troverebbero un accordo che noi possiamo inferire facendo appello appunto alla ragione, un po' come inferiamo le risposte che ci avrebbe dato il paziente in coma facendo appello alla sua vita vissuta.
Avete notato che le parti del contratto "nageliano" sembrano tutte fatte con lo stampino? Ma se perdiamo per strada le differenze perdiamo le persone stesse. Le persone ragionevoli possano avere persistenti differenze religiose/filosofiche. Perché no? Troppo facile pensare ad un accordo chiuso tra gemelli identici. Lo stampino di Nagel è qualcosa di più di un'approssimazione. L'identità abolisce la diversità. La ragione è sempre incarnata in una vita concreta.
Ma i contrattualisti sono degli inguaribili ottimisti: per loro, non solo l'accordo verrà chiuso, ma sarà anche di un certo tipo. Devo ammettere che anch'io mi mostrerei fiducioso quando sono esentato dal fornire ogni prova a riguardo. D'altronde, i contrattualisti non fanno alcun serio sforzo per dimostrare che i sistemi politici reali si avvicinano in qualche modo al loro modello. L'omissione si spiega con il fatto che, in realtà, nessun governo soddisfa le loro condizioni di legittimità. Oppure, guardando le cose in altro modo, tutti le soddisfano! Il che è ancora peggio come vedremo.
Quando, per esempio, Nagel si chiede come sarebbero ripartite le risorse in una società ideale fa i due casi estremi: egalitarismo completo e zero ridistribuzione. Il modello contrattualista, a quanto pare, ricadrebbe in questo ampissimo intervallo. Non ha null'altro da aggiungere. Grazie al cazzo. Il contrattualismo, in sintesi, "dimostra troppo", dimostra tutto! Tutto potrebbe essere coerente con il contrattualismo, anche la dittatura di Bokassa. D'altronde il contrattualismo nasce proprio per giustificare razionalmente la tirannia: senza il tiranno la nostra vita sarebbe breve e crudele. Ricordate?
John Rawls, di gran lunga il contrattualista più famoso del nostro tempo, è ancora più ottimista e vago del contrattualista medio. Descrive a lungo come anche persone con differenti concezioni religiose arriverebbero ad aderire al suo modello specifico (che vedremo dopo). Persino gli utilitaristi, secondo lui, dovrebbero unirsi entusiasti alla sua proposta. Purtroppo, non fornisce ragioni sul perché questo dovrebbe succedere. Spiega, spiega, spiega... e non argomenta mai.
Ma faccio una concessione a Nagel e Rawls: si sono concentrati sui principi di giustizia distributiva, un'area, lo ammetto, altamente controversa. Forse avrebbero avuto più successo se si fossero limitati a confutare, che ne so, l'anarchismo. Tuttavia, è difficile che la legittimità di un governo prescinda dal contenuto delle sue politiche.
Analogia: immagina che un individuo desideri imbiancare la sua casa di bianco, ma l'imbianchino gliela dipinge di verde. Che senso ha affermare che l'imbianchino ha sbagliato colore - capita - ma era comunque legittimato nella sua opera? Nessuno. Sarebbe stato meglio che l'imbianchino non avesse mai messo mano ai pennelli.
Anche nella confutazione dell'anarchia il contrattualista porta un contributo trascurabile.
Ma il contrattualista è messo male anche rispetto al razionalista puro e semplice il quale, almeno, potrebbe dire che gli uomini in disaccordo con la sua società ideale si sbagliano. Sarebbe comunque un modo coerente di presentare la sua proposta. Il contrattualista no, non puo' nemmeno fare questo! Il suo modello, infatti, si fonda sul consenso generale, a prescindere dagli errori di valutazione dei singoli. Sono loro stessi ad aver stabilito come condizione di legittimità che tutte le persone ragionevoli concordino su un determinato contratto sociale.
Propongo adesso alcune analogie per pensare meglio l' idea di contratto ipotetico.
Analogia (1). Immagina che un datore di lavoro si avvicini a un potenziale dipendente con un'offerta di lavoro del tutto equa, ragionevole e attraente, magari anche generosa. Se il lavoratore fosse pienamente informato, razionale e ragionevole, accetterebbe l'offerta di lavoro. Tuttavia, il datore di lavoro non ha il diritto etico di costringere il potenziale dipendente ad accettare!
Altra analogia (2): non è consentito al medico di imporre con la violenza un certo trattamento, anche qualora sia irragionevole rifiutarlo.
Intuizioni contrastanti possono essere tratte da un' analogia (3) più problematica. Un naufragio ha bloccato un certo numero di persone su un'isola finora disabitata. L'isola ha una scorta limitata di selvaggina che deve essere preservata dall'estinzione. I naufraghi devono razionare attentamente il diritto alla caccia. Tuttavia, un passeggero rifiuta di accettare tale limite. Sembra plausibile che gli altri possano intervenire con la forza nei suoi confronti.
Differenze tra le varie analogie. Nel caso del contratto di lavoro assistiamo al sequestro di una risorsa vitale - il lavoro del dipendente assunto con la forza. Nel caso dell'isola, invece, sulla risorsa contesa è plausibile attribuire un diritto collettivo. Qual è l'analogia più pertinente? L'ipotetico contratto sociale è chiaramente più simile al caso del contratto di lavoro. Lo stato, infatti, rivendica per se una parte dei guadagni di tutte le persone, qualcosa che fino a tale rivendicazione è chiaramente di pertinenza dei singoli. Ciò che l'ipotetica teoria del contratto fornisce, quindi, è una morale doppia in cui il governo gode di privilegi da cui le persone sono escluse. Esattamente come nel caso fatto il datore di lavoro godrebbe di privilegi ingiustificati nei confronti del lavoratore.
Discuterò ora un contratto ben preciso, quello ideato da John Rawls. Lo studioso escogita uno scenario ipotetico, quello della "posizione originale", in cui gli individui chiudono un accordo sui principi di base per governare la loro società. Si presume che questi individui siano motivati ​​esclusivamente dall'interesse personale, ma siano anche "disincarnati", ovvero privi ​​di ogni conoscenza circa la loro condizione nel mondo reale. Questa situazione è nota come il "velo dell'ignoranza".
Secondo Rawls le persone in questa posizione originale selezionerebbero due principi da mettere alla base di ogni società: 1) massimizzazione della libertà individuale + 2) massimizzazione della condizione materiale di chi sta peggio.
Sempre secondo Rawls, l'accordo chiuso sarà equo perché, nella posizione originale, nessuno è in grado di tramare per favorire la sua condizione particolare. Ogni aspetto arbitrario verrà tralasciato per far emergere una specie di "ragione disincarnata". Sarà insomma un modo per "equalizzare" la fortuna e neutralizzare così la lotteria dei talenti.
Ma un simile accordo verrebbe davvero chiuso? Dubitare è lecito. Rawls presume che, una volta che tutte le inclinazioni particolari e tutte le caratteristiche individuali siano eliminate, le persone razionali si lasceranno convincere dagli stessi argomenti. Il disaccordo, per Rawls, è dovuto interamente a fattori come l'ignoranza, l'irrazionalità e i pregiudizi creati dalla propria condizione specifica.
Purtroppo, nella storia delle idee c'è una larga evidenza fattuale che contrasta con questo assunto. Anche al di fuori della filosofia politica, i filosofi svolgono dibattiti interminabili in epistemologia, etica e metafisica, alcuni dei quali sono millenari. Pensare ad un accordo finale sembra irrealistico. Una diagnosi più plausibile di disaccordi filosofici così diffusi e persistenti è che gli esseri umani sperimentino intuizioni soggettive differenti, e che sia inconcepibile una "ragione disincarnata". In ogni ragionamento i partecipanti hanno sempre un irriducibile "a priori" che riflette la loro vicenda personale.
Considera, per esempio, un disaccordo di particolare interesse, quello tra anarchici e sostenitori della legittimità di un governo. Non c'è motivo di pensare che questo disaccordo evapori una volta che i contendenti siano posti dietro il velo dell'ignoranza. Gli anarchici non sono in disaccordo con i non-anarchici per un qualche interesse particolare, non è che qualcuno stia manomettendo a proprio vantaggio i principi morali. Le due fazioni sono semplicemente separate da un'intuizione etica diversa.
Per validare il suo contratto ipotetico Rawls non fa altro che definirlo "equo". Ma perché un contratto equo dovrebbe essere valido?
Esempio: immagina che Susanna faccia un'offerta per comprare l'auto di Giovanni. Data la condizione dell'auto l'offerta è del tutto corretta. Tuttavia, Giovanni si rifiuta di vendere. Ha forse agito in modo immorale perché non ha chiuso un contratto equo? Non direi. Altro esempio: immagina che Giovanni vinca alla lotteria, sarebbe equo che dia anche a Susanna. Ma è moralmente obbligato a chiudere un simile accordo con lei? Non direi.
Come mostrano questi esempi, il fatto che un accordo ipotetico sia equo non crea un obbligo ad agire, né crea un diritto etico alla coercizione. Ma Rawls replica che i suoi principi di giustizia si applicano solo ai problemi di autorità politica. Una risposta assai debole. Le dimensioni dei soggetti non mutano la natura dell'accordo. Se il datore di lavoro è una SNC o una multinazionale non muta le conclusioni sopra raggiunte.
Siamo alle solite, Rawls non fa un passo fuori dalla gabbia dove si è infilato se non dice chiaramente che gli uomini con la pettorina "stato" posseggono uno status morale superiore. Cosa che, evidentemente, non potrà mai dire.
Torniamo all'assunto centrale di Rawls: i ragionamenti morali sono validi se non vengono influenzati dall'interesse personale e dalle inclinazioni particolari del soggetto. Ma se si tolgono interessi ed inclinazioni cosa resta? La ragion pura? Io non riesco a concepirla tutta sola in una dimensione platonica. Se a un masochista piace soffrire applicherà la sua ragione a questa sua preferenza. Nel ragionamento etico rientrano sempre delle informazioni almeno in parte soggettive. Ma Rawls ha fatto sparire il soggetto! La sua posizione originale incarna solo alcune condizioni necessarie per l'affidabilità del ragionamento normativo, non condizioni sufficienti poiché la ragione pura non è mai sufficiente nemmeno a muovere un dito.
Detto questo, occorre aggiungere che dalle premesse poste da Rawls non discendono necessariamente le sue conclusioni, ovvero il contratto che ho descritto sopra. La contro evidenza è corposa: ci sono una marea di filosofi che hanno raggiunto conclusioni alternative eliminando dal loro ragionamento passioni, inclinazioni e interessi. Questi filosofi abbracciano convinti utilitarismo, egalitarismo, libertarismo o anarchismo senza violare i vincoli tanto cari a Rawls.
Passo e chiudo.

martedì 30 luglio 2019

HL CHAPTER 3 The Government Authority Argument for Special Immunity

CHAPTER 3 The Government Authority Argument for Special Immunity
Note:3@@@@@@@@

Yellow highlight | Page: 60
There is a widespread view that governments, or at least democratic governments, have a special moral status.
Note:LA PIÙ OVVIA OBIEZIONE

Yellow highlight | Page: 61
Therefore, while it is permissible to attack an evil-doing terrorist, it is not permissible to attack an evil-doing president,
Note:PRESIDENTE TERRORISTA

Yellow highlight | Page: 61
THE CONCEPTS OF AUTHORITY AND LEGITIMACY
Note:Tttttttt

Yellow highlight | Page: 61
1. Virtuous Vani believes Americans are becoming too fat. She arrives at a 7-Eleven store brandishing a gun and declares, “From now one, no one may purchase Big Gulps.
Note:PRIMO CASO IL SALUTOSTA

Yellow highlight | Page: 61
2. Principled Peter believes Americans should not live high while other people die. He believes that we are all in this together.
Note:SECONDO CASO IL REDISTRIBZIONISTA

Yellow highlight | Page: 61
3. Decent Dani believes Americans should support one another and prioritize each others’ welfare over that of foreigners.
Note:PRIMA GLI ITALIANI

Yellow highlight | Page: 62
4. Enterprising Elon believes space exploration is a vital project. Accordingly, he builds elaborate and expensive satellites, probes, telescopes, and shuttles, and then sends each American a small bill,
Note:IL CASO DELLE COMPAGNIE DI BANDIERA

Yellow highlight | Page: 62
If Vani, Peter, Dani, or Elon were to do these things, we would probably call the police and demand that they be arrested.
Note:TUTTI E QUATTRO AL MANICOMIO

Yellow highlight | Page: 62
While we think Vani’s, Peter’s, Dani’s, and Elon’s actions are criminal, our own governments do these same things.
Note:PUZZLE

Yellow highlight | Page: 63
permission to create and enforce rules
Note:LEGITTIMITÀ

Yellow highlight | Page: 63
ability to create in others a moral obligation
Note:AUTORITÀ

Yellow highlight | Page: 63
Authority is the power that could make it impermissible for you to refuse to pay your taxes.
Note:TANTO X INTENDERSI

Yellow highlight | Page: 64
In contrast, most people who believe in government authority believe it can create additional grounds of obligation when it issues commands, edicts, laws, and so on.
Note:SE DALLA PIAZZA GRIDO...NN UCCIDETEVI L UN L ALTRO...NN ISTITUISCO UN DOVERE....X IL FORMALISTA SI CREA UN DOVERE AGGIUNTIVO

Yellow highlight | Page: 65
For instance, suppose there is no independent moral obligation to avoid drinking absinthe. But now suppose the government authoritatively forbids me from drinking it.
Note:CREARE UN DOVERE DAL NULLA

Yellow highlight | Page: 65
DISPUTED QUESTIONS ABOUT LEGITIMACY AND AUTHORITY
Note:Ttttttt

Yellow highlight | Page: 66
1. What determines whether a government has legitimacy or not?
Note:DOMANDONA

Yellow highlight | Page: 67
1. What determines whether a government has authority or not?
Note:ALTRA DOMANDONA

Yellow highlight | Page: 67
LEGITIMACY AND AUTHORITY ARE INDEPENDENT PROPERTIES
Note:Tttttttt

Yellow highlight | Page: 68
a government (or any other rule-making entity) could have one without the other.
Note:LEGITTIMITÀ AUTORITÀ

Yellow highlight | Page: 68
imagine a theory of authority called “pacifist monarchism.” This hypothetical political theory holds that we are each duty bound to obey our queen. This theory forbids all violence and coercion, though. The queen may not coerce people into following her commands. She may not employ a military or police force. She may not use violence even to stop others from acting violently. This hypothetical political theory holds that the queen is authoritative but not legitimate.
Note:ESEMPIO...MONARCHI PACIFISYA

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it’s coherent to hold that a government might have moral permission to stand and create laws, even if no citizens have the duty to obey or defer to that government.
Note:ESEMPIO ROVESCIATO

Yellow highlight | Page: 68
governments may permissibly tax citizens, but still hold that citizens have no duty to comply and could feel free to engage in tax evasion if they can get away with it. A view like this might be mistaken, but it’s not incoherent.4
Note:ESEMPIO

Yellow highlight | Page: 69
THE IRRELEVANCE OF GOVERNMENT LEGITIMACY For
Note:Ttttttttttt

Yellow highlight | Page: 69
The Super-Duper Democratic Legitimacy Thesis
Note:Tttttttttttt

Yellow highlight | Page: 69
A democratic electorate may legitimately do whatever it damn well pleases. It may even implement horrifically unjust policies.
Note:DEMOCRATICISMO

Yellow highlight | Page: 69
The reason I can grant that democratic governments may legitimately do as they please, without thereby undermining the moral parity thesis, is that once we distinguish correctly between authority and legitimacy, it turns out legitimacy has little bearing on whether it’s permissible to resist government.
Note:IL TRUCCO DI SEPARARES LEGITTIMITÀ DA AUTORITÀ

Yellow highlight | Page: 70
Legitimacy and authority are independent properties, and a government could conceivably have one but lack the other.
Note:LA LEVA X AVERE UN GOVERNO E ANCHE UNO STANDARD MORALE

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One way to illustrate this is to think of a boxing match. In a boxing match, both boxers have permission to punch each other.
Note:BOXING MATCH

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GOVERNMENTS PROBABLY DON’T HAVE ANY AUTHORITY, PERIOD
Note:Ttttttttttttt

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Democratic legitimacy does not do the work that the defender of special immunity needs it to do. Instead, what may be of use in defending the special immunity thesis is that moral power I call authority.
Note:L ILLUSIONE CHE BASTI LA LEGITTIMITÀ

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John Simmons’s
Note:AUTORE

Yellow highlight | Page: 71
certain governments have legitimacy (as I’ve defined it) but not authority.
Note:LA VISION DOMINANTE OGGI

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Michael Huemer similarly concludes, “Skepticism about political obligation [i.e., authority] is probably the dominant view” in philosophy now.
Note:MH

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Leslie Green says in his Stanford Encyclopedia
Note:ALTRO AUTORE

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Ned Dobos
Note:ALTRO AUTORE

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To review this literature would take an entire book.
Note:ORMAI LA LETTERATURA NEGAZIONISTA È STERMINATA

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ACTUAL CONSENT THEORY
Note:Tttttttt

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governments have authority over us because we consent to their rule.
Note:UNA TEORIA POPOLARE

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The problem with this theory, though, is that our relationship to government does not appear to have any features that signify consent.
Note:PROBLEMA

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I performed an act that signified my consent.
Note:RFEQUISITI DEL CONTRATTO

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I was not forced to buy
Note:SECONDO REQUISITO

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Active dissent would have stopped the deal.
Note:TERZO

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HYPOTHETICAL CONSENT THEORY
Note:Ttttttttt

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many philosophers, such as Thomas Hobbes, have proposed “hypothetical consent theories,”
Note:HOBBES

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we generally only think hypothetical consent matters in cases when we cannot check to see whether a person actually consents.
Note:PRIMO PROBLEMA

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hypothetical consent theories at best usually seem to show only that it would be unreasonable or irrational for you not to agree; they do not demonstrate that it is obligatory.
Note:SECONDO PROBLEMA

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they seem to misunderstand what promises, real or hypothetical, can do.
Note:TERZ PROBLEMA....NN POSSO COMMETTERE IL MALE IN VIRTÙ DI UNA PROMESSA...CONTRATTO IMMORALE

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Suppose I declare, “In exchange for my parents having provided me with benefits, I promise to obey them in all things.” Now suppose my parents order me to murder some foreigners or throw their pot-smoking neighbors in the basement. Even though I did in fact promise to obey my parents, it’s clear I don’t acquire the duty to murder the foreigners or imprison the neighbors.
Note:ESEMPIO DI PROMESSA CHE SI HA IL DOVERE DI NN MANTENERE

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FAIR PLAY THEORY
Note:TtttttttttDILEMMA DEL PRIGIOIERO....FORMA DI UTILITARISMO

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Another major theory of authority, devised by H. L. A. Hart, holds that authority arises out of a duty of fair play:
Note:ALTRA TEORIA

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The idea here is that when some people incur a sacrifice to public goods that benefit all, the other people who benefit have a duty to contribute
Note:DOVERE DI CONTRIBUIRE

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Robert Nozick illustrates one with his “public address system” thought experiment. He asks you to imagine that your neighbors create a public entertainment system, with loudspeakers throughout your neighborhood. Each neighbor takes turns playing songs, reciting poetry, conducting interviews, or whatnot. You enjoy the system. One day, let’s say day 138, they come to you and say that it’s your turn
Note:PRIMO PROBLEMA DEI CONTRATTI ROVESCIATI....FARE E PRETENDERE ANZICHÈ CONTRATTARE....IL DONO X OBBLIGARE DI FATTO PRIVILEGIA IL TUO CONTRATTO PRFERITO SUL MIO...È UNA VESSAZIONE

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the reason for this judgment seems to be that you had no good way of avoiding receiving the benefits—you couldn’t opt out without great expense
Note:RISPONDERAI CHE NN INTENDI CONTRACCAMBIARE

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SUMMARY
Note:ttttttttt

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The belief that governments enjoy authority is widespread; even people living under illiberal and highly corrupt regimes tend to think their governments are legitimate and authoritative.
Note:NONOSTANTE I FALLIMENTI TEORICI

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over the past twenty-five hundred years, a large number of highly qualified people have spent a large amount of effort trying but failing to identify that property.
Note:COSA RENDE AUTOREVOLE UN GOVERNO?

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Empirical work generally finds we have a psychological bias to ascribe authority to others, even in cases where there clearly isn’t any.
Note:VOGLIA DI UBBIDIRE

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AUTHORITY ISN’T ALL OR NOTHING
Note:Tttttttttt

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A government can have authority over some issues without having complete authority over everything.
Note:QUELLO CHE SFUGGE

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Authority in one does not imply authority in another.
Note:LIMTI

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Anyone who wants to defend the special immunity thesis on the basis of government authority has a serious burden. It won’t be enough to justify a general kind of government authority.
Note:IL COMPITO DEL DOPIO STANDRD

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THE COMPETENCE PRINCIPLE AS AN OBJECTION TO AUTHORITY
Note:Ttttttttttt

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one of the arguments for the special immunity thesis holds that governments enjoy special immunity because they have legitimacy and authority.16 So far we’ve seen that legitimacy is irrelevant. What matters is whether governments have authority. Yet we’ve seen that even with this clarification, the assertion faces some big challenges. First, it’s unclear that any governments have any authority, period.
Note:RIASSUNTO

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Second, even if governments have some general authority—for example, the authority to make you pay taxes—a person who tries to ground the special immunity thesis on authority would need to show that governments specifically have the authority to commit severe injustices or impose serious harms.
Note:Ccccccccc

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Suppose six criminal defendants are about to stand trial for first-degree murder. If they are found guilty, they will face many years or even life in prison,
Note:ESEMPIO

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The first jury is ignorant.
Note:Ccccccccc

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The second jury is irrational.
Note:Cccccccc

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The third jury is impaired.
Note:Cccccccccc

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The fourth jury is reckless.
Note:Ccccccccc

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The fifth jury is prejudiced.
Note:Ccccccccc

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The sixth jury is corrupt.
Note:Cccccccccc

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Ask yourself: If we knew that the juries made their decisions that way, would we be obligated to obey them? (Would
Note:Cccccccc

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juries have strong duties toward defendants or to the rest of us on whose behalf they act, and also that the jury’s legitimacy and authority depends on its discharging these duties.
Note:IPOTESI

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The four features above are grounds for accepting what I call the competence principle:
Note:IL NOSTRO DIRITTO ALLA COMPETENZA DI CHI CI GOVERNA

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The competence principle appears to have a broad scope of application. There is little reason to think it applies only to juries. If a police officer, judge, politician, bureaucracy, or legislative body makes capricious, reckless, irrational, or malicious decisions, other people generally are stuck bearing high costs.
Note:IL PRINCIPIO CHE DÀ AUTORITÀ

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The competence principle is, in itself, not a full theory of authority or legitimacy. Rather, as I’m arguing, it’s a principle that should be part of a full theory, whatever the best theory of authority or legitimacy may be.
Note:EPISTEMOCRAZIA

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The competence principle is a disqualifier. It does not justify imbuing anyone with power. It does not justify holding that any governments (or their agents) are authoritative or legitimate. Rather, it maintains that certain people, bodies, actions, or decisions lack authority and
Note:DISQUALIFER

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In each of these cases, it’s reasonable for Ann to believe not merely that what the wrongdoers are doing is unjust but that they are also acting incompetently or in bad faith.
Note:TORNIAMO A CASI DELL ANN DEL CAPITOLO PRECEDENTE

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DOES THIS TRIVIALIZE THE MORAL PARITY THESIS?
Note:Tttttttttt

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First, even if we grant that governments may legitimately do whatever they please, strictly speaking this leaves open what we may do in response.
Note:PRIMO PROB DELLA LEGITTIMITÀ

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Second, if we take seriously the past twenty-five hundred years of work on government authority, it’s reasonable to think that no governments have authority in general.
Note:L AUTORITÀ È PIÙ DIFFOCILE DA RICONOSCERE

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Third, even if we ignore that and presume charitably that governments have some general kind of authority, in order to defend the special Immunity thesis, one would need to show specifically that governments have the authority to commit severe injustices
Note:AUTORITÀ LIMITATA

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Fourth, the competence principle gives us reason to think many government injustices lack authority. At most, governments could be authoritative in committing a severe injustice only if they somehow decided to commit that injustice competently and in good faith.
IL LIMITE DELLA COMPEYENZA

giovedì 11 aprile 2019

Lo spiritello di Rawls SAGGIO sul contrattualismo



Lo spiritello di Rawls

La nostra intuizione morale è abbastanza chiara: se tu mi metti le mani in tasca sottraendomi il portafoglio sei un ladro. Tuttavia, c’è qualcuno che potrebbe invece parlare di “ridistribuzione delle risorse”. Ma come giustifica questa apparentemente bizzarra affermazione? Una teoria a cui spesso si ricorre è il contrattualismo: all’origine della nostra società ci sarebbe un contratto sociale che fissa delle regole di equa convivenza, tra queste potrebbero entrare anche degli obblighi legati alla redistribuzione delle risorse. Poiché di questo contratto non c’è traccia, occorre postularlo come ipotetico per poi portare argomenti a suo sostegno. Ora, se l’esistenza del contratto è per sua natura solo un’ipotesi, se una simile ipotesi ha conseguenze che confliggono in modo stridente con le nostre intuizioni etiche primarie, è chiaro che l’ipotesi di cui sopra deve essere avvalorata da argomenti molto forti per poter essere ritenuta credibile. Il contrattualista deve concludere che è inevitabile per gli uomini raggiungere un certo accordo di un certo tipo. Noi dobbiamo giudicare se ci è riuscito.
Attenzione a non confondere il contrattualismo con l’utilitarismo: quest’ultimo si limita a sostenere che certe procedure fanno prosperare la società e non che derivino da un accordo originario. Il contrattualista deve portare una montagna di prove a sostegno dell’ipotesi di un contratto iniziale a prescindere dalla sua utilità. Per lui l’equità deriva dall’esistenza di un accordo, non dal fatto che “funzioni bene”. 
Ma partiamo dall’inizio. I teorici del contratto sociale danno credito all’affermazione secondo cui gli individui acconsentirebbero ad avere uno stato – e magari di un certo tipo – in determinate condizioni.
Il contratto sociale è solo ipotetico: è bello (e comodo) sentirsi sollevati dalla necessità di dover provare qualcosa sulla base dei fatti. La semplice ipotesi che avremmo accettato un determinato accordo sociale in un particolare scenario legittimerebbe tale accordo e gli obblighi che da esso derivano. Questo approccio ha il vantaggio dialettico di non dipendere dai fatti empirici del mondo reale.
Ma qual è il dovere del buon contrattualista? In primo luogo deve mostrare in modo convincente che le persone accetterebbero il contratto sociale che lui ha pensato a tavolino; secondo, deve dimostrare che questo ipotetico consenso è moralmente vincolante.
Ecco un’analogia illuminante. Supponiamo che un paziente privo di sensi sia stato portato in un ospedale, si riscontra la necessità di un rischioso intervento chirurgico per salvargli la vita. In circostanze normali, i medici dovrebbero ottenere il consenso informato del paziente. Qualcuno potrebbe fare appello alla ragionevole convinzione che il paziente acconsentirebbe alla procedura di salvataggio se solo fosse in grado di farlo. Tuttavia, quando facciamo appello al consenso ipotetico, ci riferiamo a qualcosa che deve essere coerente con i valori effettivi e le credenze filosofiche espresse in vita dall’interessato. Esempio, in qualche caso il medico curante, a causa della sua familiarità con un certo paziente, è consapevole che il paziente ha forti obiezioni religiose alla pratica della chirurgia, anche quando è questione di vita o di morte.
L’analogia ha comunque dei limiti: i cittadini non sono né inconsci, né inconsapevoli.
Una strada alternativa al “consenso ipotetico”, almeno secondo il filosofo Nagel, è quella che punta sulla “ragionevolezza”: quando un sistema strettamente volontario è irrealizzabile, un’approssimazione accettabile può essere un accordo sul quale nessuna persona ragionevole avrebbe da ridire.
L’ assunzione della “ragionevolezza” non è da poco poiché le persone reali non sembrano molto ragionevoli. Ad esempio, dobbiamo assumere che le parti ideali dell’accordo siano meglio informate e più razionali della maggior parte delle persone reali. Dietro questo assunto spesso sta quello più imbarazzante per cui è l’autore della teoria a proporsi come più razionale e informato.
In generale, sarebbe meglio non immaginare che le parti dell’ipotetico accordo siano troppo diverse dall’essere umano medio reale, per timore che l’accordo ipotetico perda la sua forza giustificativa. Ad esempio, non dovremmo interessarci a un accordo ipotetico che potrebbe essere raggiunto tra persone che professano una religione particolare.
Purtroppo, i contrattualisti non hanno offerto prove concrete o ragionamenti per dimostrare che un particolare sistema politico sarebbe stato concordato da tutte le persone ragionevoli. Esiste l’ipotesi ma nessuno sforzo di verifica Il loro, in molti casi, è un mero formalismo per esprimere delle intuizioni etiche. Più che pensare a un contratto ipotetico, dovremmo vederlo come una metafora di equità.
Uno come Nagel, o anche come Rawls, non fa alcun serio sforzo per dimostrare che un sistema politico reale possa soddisfare le condizioni da loro poste. Una possibile spiegazione di questa omissione è che, in effetti, nessun governo soddisfa le condizioni di legittimità. La realtà è molto distante dall’ipotesi fatta, che quindi non puo’ dirisi nemmeno “ipotesi”.
C’è poi la questione della vaghezza. Nagel, per esempio, si pone un solo problema: quanto i ricchi debbano dare ai poveri. Poco o tanto? Tutto o niente? Non si sa bene come collocarsi lungo questo spettro vastissimo. Le sue conclusioni sono vaghissime. Talmente vaghe da far sembrare il contrattualismo un approccio inservibile.
D’altronde, il contrattualismo è il paradigma prescelto sia da un propugnatore della tirannide come Hobbes, che dal libertario come James Buchanan. Dentro ci sta tutto.
Rawls è però ottimista. Tuttavia, l’ottimismo di Rawls, sembra poco giustificato. Sembra davvero impossibile che la sua teoria della giustizia possa essere al centro di un consenso tra individui con differenti opinioni religiose, morali e filosofiche.
A Rawls serve un argomento per poter dimostrare che tutte le persone ragionevoli sarebbero d’accordo sui principi da lui individuati a prescindere dalle loro credenze religiose, morali e filosofiche. Un accordo, quindi, indipendente dai contenuti delle credenze. Un mero formalismo che colleghi il contrattualismo all’utilitarismo.
Nagel e Rawls si sono entrambi concentrati sui principi della giustizia distributiva, un settore molto controverso. Il loro fallimento non sorprende considerato il territorio insidioso in cui si sono inoltrati. Forse avrebbero avuto più successo nel difendere un consenso ipotetico sul fatto di avere un governo piuttosto che nessun governo.
Tuttavia, in questo caso, è probabile che la legittimità non prescinda dal contenuto. Se un individuo accetta che ci dovrebbe essere un governo ma crede che dovrebbe essere di un tipo fondamentalmente diverso dal governo che si ritrova di fatto, è dubbio che riesca a giustificarlo adeguatamente. Un caso analogo è quello in cui un individuo desidera che la sua casa sia dipinta di bianco, e l’imbianchino, senza il suo consenso, gliela dipinge di verde. E’ difficile pensare che la volontà di dipingere la casa possa giustificare anche solo parzialmente l’azione dell’imbianchino.
L’accordo sul governo dipende sempre dal contenuto, non puo’ essere un mero formalismo. Non c’è ragione di pensare che le persone ragionevoli raggiungano un accordo sui principi di base del governo senza avere nessun accordo su quale governo o sulla teoria morale di base da adottare. Non esistono principi disincarnati, ovvero una Ragione disincarnata e puramente astratta.
Si potrebbe pensare che io stia imponendo standard eccessivamente rigidi per giustificare l’assetto sociale. Sicuramente il semplice fatto che qualcuno, anche una persona ragionevole, non sia d’accordo con una particolare pratica o un’ istituzione, non è sufficiente a dimostrare che la pratica o l’istituzione non sia giustificata. Il dissidente può semplicemente sbagliarsi (o essere un pazzo che ha senso escludere).
L’obiezione è sensata ma non puo’ porla il contrattualista. Ciò a cui ricorro è un vincolo, non sulla giustificazione delle teorie sociali in generale, ma sulla giustificazione delle teorie sociali attraverso un appello al consenso ipotetico, e questo vincolo non deriva dalle mie opinioni filosofiche ma da quelle dei contrattualisti. Sono questi teorici (Rawls, Nagel, Scanlon…) che hanno stabilito come condizione di legittimità che tutte le persone ragionevoli concordino su un determinato assetto sociale.
Entro più nel merito valutando quando un accordo ipotetico risulta credibile.
Cominciamo con un’analogia. Immagina che un datore di lavoro contatti un potenziale dipendente con un’offerta di lavoro del tutto onesta, ragionevole e attraente, tra cui retribuzione generosa, orari ragionevoli, condizioni di lavoro piacevoli e così via. Se il lavoratore fosse pienamente informato, razionale e ragionevole, accetterebbe l’offerta di lavoro. Tuttavia, tutti noi siamo d’accordo che il datore di lavoro non abbia alcun diritto a costringere il dipendente ad accettare.
Altro caso: non è permesso a un medico imporre coercitivamente una procedura medica a un paziente.
Altra analogia (più problematica): un naufragio ha costretto un certo numero di persone su un‘isola disabitata. L’isola ha una riserva limitata di selvaggina, che può essere cacciata per il cibo ma deve essere conservata per evitare l’estinzione. Supponiamo che l’unico piano ragionevole sia che i naufraghi limitino con attenzione il numero di animali uccisi ogni settimana. Nonostante questo, un passeggero si rifiuta di accettare tale limite. Sembra plausibile ritenere che gli altri passeggeri possano agire contro di lui con la forza.
Le analogie proposte non sono tutte uguali. La differenza più importante è che nel caso del contratto di lavoro c’è  il sequestro di una risorsa, il lavoro del dipendente, su cui  la vittima di coercizione vanta un chiaro diritto; mentre nel caso dell’isola c’è la protezione di una risorsa, la selvaggina, sulla quale è plausibile attribuire un diritto collettivo.
Il nostro caso sembrerebbe più affine a quello del lavoro poiché siamo di fronte ad un sequestro di risorse: lo stato rivendica una parte dei guadagni di tutte le persone, qualunque sia la fonte.
Il contrattualismo implica quindi un doppio standard, ovvero un atteggiamento morale lassista applicato al governo a fronte di atteggiamenti duri per qualsiasi altro soggetto.
Entriamo ora nel merito di un caso concreto. Rawls escogita uno scenario ipotetico, la “posizione originaria“, in cui gli individui raggiungono un accordo sui principi di base per governare la loro società. Questi individui sono ritenuti motivati ​​unicamente dall’interesse personale, ma sono stati temporaneamente privati ​​di ogni conoscenza circa le loro caratteristiche reali. Sono, diciamo così, disincarnati. Sono avvolti, questa è l’espressione scelta, da un “velo d’ignoranza”. Rawls prosegue sostenendo che le persone in questa posizione originaria avrebbero scelto due particolari principi di giustizia per governare la loro società: 1) MINMAX (la società migliore è quella in cui chi sta peggio sta meglio) 2) MAXLIB(la società migliore è quella che massimizza la libertà dei suoi componenti).
Ma come può l’ipotetico contratto  giustificare i principi di giustizia? Rawls offre la seguente osservazione: dal momento che tutti sono collocati in modo simile [nella posizione originale] e nessuno è in grado di progettare azioni per favorire la sua particolare condizione, i principi di giustizia sono il risultato di un accordo equo. I principi di giustizia dovrebbero trattare tutti i membri da pari e dovrebbero neutralizzare e compensare la fortuna.
Ma perché mai un simile accordo dovrebbe chiudersi? Perché Rawls crede che le parti nella posizione originaria potrebbero raggiungere un accordo piuttosto che continuare a dissentire, come fanno le persone nel mondo reale?
Il mondo di Rawls non è quello reale, lo abbiamo capito. Rawls presume che, una volta eliminate tutte le inclinazioni particolari e tutte le caratteristiche individuali (o la loro conoscenza), le persone ragionevoli e razionali saranno convinte dagli stessi argomenti. Nel mondo di Rawls, in fondo, siamo tutti uguali. il disaccordo, per lui, è dovuto interamente a fattori quali l’ignoranza, l’irrazionalità e i pregiudizi creati dalla conoscenza delle proprie caratteristiche individuali.
Ma quanto è plausibile la diagnosi del disaccordo operata da Rawls? Al di fuori della filosofia politica, i filosofi portano avanti dibattiti senza fine in epistemologia, etica e metafisica, alcuni dei quali hanno millenni.
Una diagnosi più plausibile di disaccordi filosofici diffusi e persistenti è che gli esseri umani sperimentino differenti intuizioni morali. Non quindi la condizione personale ma l’intuizione sottostante. Individui con differenti intuizioni filosofiche e giudizi di plausibilità raggiungeranno, comprensibilmente e razionalmente, posizioni filosofiche differenti. C’è da chiedersi se un’intuizione possa essere smaterializzata.
Consideriamo un caso concreto: il disaccordo tra anarchici e statalisti. Non c’è motivo di pensare che questo disaccordo svanirebbe dietro il velo dell’ignoranza. Non si tratta di neutralizzare dei fantomatici interessi personali. Gli anarchici non sono in disaccordo con gli statalisti hanno una peculiare posizione sociale. Qualunque cosa spieghi questo particolare disaccordo, non c’è nessuno che personalizzi i propri principi morali in base agli interessi. Qui l’ideologia è tutto.
Passiamo ora a trattare l’argomento dell’equità – un argomento spesso avanzato dai contrattualisti come Rawls – introducendolo con un’analogia: immagina che Susanna faccia un’offerta per comprare l’auto di Giovanni. Date le condizione dell’auto, le rispettive posizioni di Susanna e Giovanni, e così via, l’offerta di Susanna appare assolutamente equa. Nonostante questo Giovanni la declina. E’ possibile che Giovanni stia commettendo un torto etico?
Altra analogia: immagina che per puro caso  Giovanni scopra un diamante nel suo cortile che gli conferisce un vantaggio materiale rispetto a Susanna. Senza nessuna sua colpa, Susanna si ritrova relativamente più povera di Giovanni. Domanda: Giovanni ha l’obbligo morale di consegnare metà del suo diamante a Susanna?
Come mostrano questi esempi, il fatto che possano esistere accordi ipotetici equi, non crea in generale un obbligo di agire secondo l’accordo ipotetico.
Perché mai dunque dovremmo accettare che in certi casi si applica l’accordo ipotetico?  Rawls risponderebbe osservando che i suoi principi di giustizia erano intesi ad applicarsi SOLOalla struttura di base della società. Strana eccezione. Si tratta di una difesa molto debole. Il numero dei contraenti non puo’ mutare i principi etici di base: quel che vale per due, vale anche per tre.
Un’altra distinzione che qualcuno introduce è di natura politica: i miei esempi riguardano attori privati, mentre i principi di Rawls prescrivono l’azione dello stato. Ma in questo modo si ammette che lo status morale di alcuni soggetti è superiore a quello di altri (doppio standard).
Torniamo ora all’assunto cardine di Rawls: la difesa della sua teoria fa appello ai limiti del ragionamento sui principi morali: nel ragionamento morale, bisogna evitare di essere influenzati dall’interesse personale, dalle inclinazioni particolari o da qualsiasi altra caratteristica individuale eticamente irrilevante. Ma le conclusioni di Rawls sono immuni dal vizietto che vorrebbe aggirare? Chi ce lo garantisce? Sembrerebbe che qualsiasi teoria possa soddisfare i requisiti indicati da Rawls, e che quindi una simile teoria non aggiunga nulla alle intuizioni etiche di ciascuno di noi.
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