sabato 30 aprile 2011

Canzoni illustrate

Prendetevi tre minuti di pausa per “guardare” una canzone super classica di Louis Armstrong: “What a Wonderful World”.

What a wonderful world The Painting from Dan Berglund on Vimeo.

L’ artista è Dan Berglund e lavora con inchiostri su vetro.

Qualcuno poi penserà che siccome Matteo Negrin non scrive canzoni ma solo musica, non ci sia niente da illustrare, ma si sbaglia di grosso.

venerdì 29 aprile 2011

La Marghe si "suda" la giornata (alle terme)

... se vuoi rilassarti e sul posto trovi solo tedeschi decrepiti che non si reggono in piedi barcollando tra la sauna, il bagno turco e il golf, allora, forse, è il posto giusto...

 

... anche se ad un tratto, da un divano in fondo alla sala, si alza un urlo verso la reception: "... ammariöööö ... mi prenoti li scrovegni che domani... 'riva mi fija..."

p.s. come da prammatica, le immagini riguardano gli ultimi dieci minuti della vacanza, quando ti dài una botta in testa e dici: "cavolo, non abbiamo fatto neanche una foto!!".

Elogio di invidia e vendetta

Falkenstein riabilita la vendetta:

… Il sentimento della vendetta è una motivazione che bene o male  tocca tutti noi… tuttavia è considerato dai più qualcosa di stupido e di anacronistico… un virus malefico che appesta la razza umana… I leoni, per esempio, non ce l’ hanno… ma questo consente al leone maschio sopravvenuto di uccidere tutti i cuccioli del branco al fine di accoppiarsi con le femmine… se queste ultime, dopo l’ ecatombe, covassero sentimenti di vendetta, la tattica “stragista” non funzionerebbe così bene… sono grato di appartenere ad una specie che coltiva i sentimenti di vendetta… cio’ mi consente di vivere in società relativamente poco violente…

E poi anche l’ invidia:

… anche il sentimento dell’ invidia non và sprezzato, pensate solo a come si combina con un sentimento nobile come quello dell’ empatia: un carattere empatico è molto sensibile alla condizione di povertà e di bisogno del proprio vicino, eppure un povero degli Stati Uniti è infinitamente più ricco e meno bisognoso rispetto ad un povero di altre parti del mondo… evidentemente cio’ che compatiamo non è tanto la povertà o il bisogno ma l’ invidia che origina nel vicino da una condizione di povertà relativa che è costretto a soffrire, se trascurassimo l’ invidia, magari disprezzando questo sentimento, saremmo autorizzati a disinteressarci di lui…l’ invidia è un sentimento necessario affinchè ci sia compassione nei paesi economicamente sviluppati… la nostra “empatia” per l’ invidia altrui fa di noi dei “vicini” più pronti all’ aiuto reciproco…

Eric Falkenstein – Finding Alpha - Wiley

martedì 26 aprile 2011

Austriaci e neoclassici

Ecco un buon modo per riconciliarsi: i “neo” si occupano di “statica”, gli “aus di “dinamica”.

I “neo” si occupano d’ individuare i punti di arrivo, fli “aus” del modo tramite cui arrivarci.

L’ esempio preclaro riguarda l’ economia del benessere e l’ equilibrio generale: Walras e poi Arrow Debreu stabiliscono con metodi neoclassici che in in un sistema di mercato a libera concorrenza esiste un equilibrio efficiente. Hayek si occupa di dimostrare come un libero mercato vi giunge spontaneamente.

E’ chiaro che Hayek deve adottere una razionalità differente, diciamo bayesiana.

I modelli dinamici sono poi molto complessi, al punto da non poter essere risolti analiticamente. Tutto cio’ ha penalizzato gli “aus” nel dibattito. Ma oggi si puo’ ricorrere alle simulazioni del pc, e questo cambia le cose.

L’ equilibrio di Gintis (2011), con confutazione di scarf, raggiunto con razionalità bayesiana:  http://www.umass.edu/preferen/gintis/markovexchange.pdf

sabato 23 aprile 2011

Libertarianism A-Z: aiuti esteri

I meriti dell’ aiuto ai paesi poveri sono davvero pochi.

Non c’ è da stupirsene, i paesi avanzati faticano a governare le loro economie, figuriamoci cosa combinano in paesi che hanno una cultura a loro estranea.

Ci sono paesi che ricevono aiuti da decenni senza apparenti progressi. Anzi, il più delle volte hanno sviluppato una sorta di dipendenza. o comunque una loro economia (magari criminosa e corrotta) tutta intrecciata agli aiuti che ricevono con regolarità da sempre.

Eppure un aiuto davvero fruttuoso esiste: aprire all’ immigrazione delle genti che vengono dai paesi più poveri.

Libertarianism A-Z: tassa successione

Molti caldeggiano una tassa di successione, il loro motto è: partire tutti alla pari.

Ma la tassa di successione non è una buona idea: ci si dimentica che colpisce anche le volontà del cuius che probabilmente non ha goduto si nessun vantaggio “partendo alla pari”.

Colpisce una ricchezza già tassata, magari progressivamente.

Disincentiva il risparmio a tutto vantaggio del consumo, magari dello sperpero.

E’ facile da eludere, specie da parte delle grandi ricchezze. Non sarà un caso se dalle tasse di successione si raccoglie sempre poco.

Ci sono paesi come la Svezia che tengono in gran conto l’ eguaglianza ma non hanno mai avuto una tassa di successione. E’ solo un caso?

La scelta giusta

Mi assento qualche giorno, ci vediamo verso la fine di settimana prossima… Buona Pasqua, e… nel giorno delle uova… l’ artista delle uova (Franc Gromm):


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P.S. Nel frattempo, i commenti a questo post mi fanno riflettere sull’ influsso pervasivo dell’ ideologia proibizionista.


Non ci limitiamo a simpatizzare con la risposta proibizionista (divieti, controlli…) ma non riusciamo nemmeno a concepire il problema al di fuori di quello schema. E’ proprio la seconda incapacità che detta la prima risposta.


Chissà perchè ma sembra che il concetto di “dipendenza” non possa andare scompagnato a quello di “denuncia”.


Eppure, se una persona è “dipendente” da certi consumi, fino a prova contraria, è solo un drogato, mica un truffato nè tantomeno un “debole”. Non c’ è nessuno da “denunciare”.


La “dipendenza” non è di per sè disdicevole, ma bisogna uscire dal paradigma proibizionista per capirlo.


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“Drogarsi” puo’ essere la scelta giusta, non una debolezza: solo l’ “onnisciente” che legge come un libro aperto la mente altrui, non si rassegna a questa conclusione.


Una persona puo’ scegliere razionalmente di divenire “dipendente”; perchè no? Basta che il piacere di oggi sia maggiore degli inconvenienti di domani (opportunamente scontati). E per molti probabilmente è proprio così.


Un modello coerente e alternativo a quello canonico del proibizionismo esiste, bisogna solo vedere in un confronto quale dei due spieghi meglio i fatti.


Il confronto è in parte stato fatto e il primo modello, oltre che più semplice, sembra vincente anche sul piano dell’ evidenza.


Ci si è ingegnati a disegnare esperimenti vari, giungendo a sapere che: il drogato reagisce ora a cambi di prezzo annunciati e che si verificheranno in futuro, per un consumatore normale cio’ sarebbe assurdo ma per un consumatore in “dipendenza” la tattica è corretta; il drogato, per smettere, sceglie la crisi di astinenza, il che è razionale: quando il prezzo dell’ alcol cresce molto, è soprattutto la domanda degli alcolizzati a crollare, per loro non ha senso diminuire, ha senso solo smettere e lo sanno; la diffusione di pubblicità che promettono rimedi per smettere è sempre legata ad aumenti nei consumi. Eccetera.


E allora, perchè anche la persona ben intenzionata non riesce nemmeno a concepire un simile paradigma?


Forse si è impressionati dalla reale sofferenza del soggetto in “assuefatto” giunto a fine corsa. La psicologia ci fa sragionare.


Sì perchè, non solo la sofferenza, anche la rendita che deriva dalla sua ostentazione rientra nel calcolo iniziale. Presentarsi come “vittima” fa parte di un piano coerente. D’ altronde, il potenziale soccorritore non se la sente di infierire preferendo vedere di fronte a sè un ”debole”: il piano funziona e incentiva ulteriori consumi della sostanza.


Altro punto: dichiararsi “insoddisfatti” della propria vita o del proprio lavoro, non smentisce certo il carattere razionale delle scelte fatte. Ho in mente Diana quando dice: … non ho problemi con le porno-attrici che si dichiarano soddisfatte…. E se una si dichiara insoddisfatta?


Se una scelta è vincente lo si giudica dopo (“dopo”, tutti sono professori), ma se una scelta è giusta lo si giudica prima.


Si badi bene, non sto parlando di un “calcoli a tavolino” fatti con la penna in bocca; sì perchè magari qualcuno non vedendo il “tavolino” pensa ingenuamente di provare l’ infondatezza dell’ ipotesi “rational addiction”. Sto parlando invece di come gira il fumo nel mondo dell’ uomo “animale razionale”, o comunque non stupido. Se la “ragionevolezza” ci favorisce nell’ evoluzione, allora tutti noi l’ ereditiamo nei cromosomi.


Chiudo sottolineando quanto contino le “alternative”. Facciamo il caso delle ragazze che cadono nella “trappola” del porno. Chissà come mai è ben difficile incontrare ragazze che hanno superato l’ esame da notaio, o che hanno rinunciato ad una brillante carriera di agente di borsa o che siano punte di diamante nell’ equipe del prof. Rubbia. Di solito, per loro, l’ alternativa è fare la cassiera all’ Esselunga. Altro indizio che ci rassicura sulla possibile razionalità della scelta. La droga non è una “debolezza” ma una scelta calcolata dei caratteri deboli.




Chiudo rivolgendo la mia attenzione a chi pensa di lavarsi la coscienza invocando “più controlli” (si parlava del “porno”) Puo’ essere un’ opzione, ma, visto che abbiamo a che fare con soggetti razionali, valutiamo bene le conseguenze. Ammettendo che i controlli a tutela degli attori, oggi pari a 2, vengano portati a 5 grazie ad un’ imposizione. Cosa succederebbe? Più giovani spinti ad entrare nel mondo del porno e più set con controlli pari a 0.


 


 


Libertarianism A-Z: gioco

Il vizietto del gioco è diffuso in ogni epoca e il governo non puo’ rimanere indifferente.

Lo è tanto poco che le sue politiche a volte sembrano schizofreniche: si va dal bando alla promozione in prima persona.

Il bando consegna l’ affare nelle mani della criminalità facendola prosperare.

La promozione di un vizio sembra invece contrario ai più elementari principi etici.

Perché non lasciarlo libero tassandolo?

In fondo chi gioca non è pazzo e la tassa potrebbe incentivarlo a smettere o a rallentare.

Già, chi gioca in genere non è né pazzo né malato, ha solo delle “preferenze estreme”. Ma chi siamo noi per cambiare le preferenze altrui? La vita non è poi così meravigliosa come si crede, e per molti abitanti della "valle di lacrime" anche un gratta e vinci puo' consolare. Sarà triste ma è comunque più realistico e meno pericoloso che credere di aver a che fare con una massa di malati mentali da accudire.

venerdì 22 aprile 2011

Nel giorno dei chiodi…

Nel giorno dei chiodi… l’ artista dei chiodi (Marcus Levine)…

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p.s. leggenda per seguire il ‘Cristé varesotto: i “cavalee” sono i bachi, i “galeett” sono i bozzoli, i “marciunn” sono i bachi malati.

Bromuro

Nessuno guarda male chi si lancia in intemerate contro l’ università italica. Sparare a palle incatenate contro un nemico astratto e vago è uno sfogatoio che raccoglie sempre consensi.

Girando per la rete, poi, noto che si tratta di un leitmotiv suonato un po’ in tutti i maggiori paesi.

Che bello, dopo la lettura degli ultimi dati OCSE, potersene uscire trionfanti con l’ annuncio che “stiamo peggiorando” La gioia di suonare questo allarme ci pervade come un brivido. E se “stiamo migliorando” possiamo sempre omettere di dar conto del rassicurante segnale per concentrarci sulla poco dignitosa posizione in classifica. Qualcosa di “vergognoso” si troverà, anche se magari saremo costretti a rovistare tra le appendici.

Più difficile osare l’ inosabile. Per esempio dire che c’ è “troppa istruzione superiore”. Al punto che chi lo fa deve in qualche modo dissimulare l’ argomento per trasfigurarlo, che ne so, nell’ elogio del lavoro manuale.

Possiamo dire tra gli applausi che siamo “male educati” ma non possiamo dire che siamo “iper-educati”.

Alla fine, anche per chi ammette le due verità, il paradigma più rassicurante è offerto da quelle storielle in grado di rendere interdipendenti i due capi d’ accusa: la democratizzazione del sapere universitario ha abbassato il livello rendendo la frequenza delle nostre università scarsamente produttiva, sia per chi ambisce ad una qualità più elevata, sia per chi si ritrova a passeggiare nei lunghi corridoi degli atenei solo perché soggetto a “pressioni sociali” che arrivano da tutte le parti.

Una simile visione è gradita ai fans della “meritocrazia”: basterebbe in qualche modo alzare la qualità dell’ istruzione selezionando i frequentanti. Non è facile, ma per lo meno avremmo un lavoro da fare e dei fondi da allocare.

Cosicché tutti ripiegano su questa storiella pur di non considerare un paradigma ben più inquietante, eccolo: quand’ anche si ponesse rimedio alla “mala-educazione”, non è detto scompaia la “iper-educazione”. Facciamo un esempio: il paese delle “università da sogno” – USA - ha scoperto quanto poco i suoi atenei formino chi intende sbarcare preparato nel mondo del lavoro. In altre parole, il capitale umano che si accumula in quei santuari del sapere è minimo: un semestre potrebbe comodamente sostituire i quattro anni canonici. Conclusione: lì – dove qualità docet - più che altrove la bestia grama della “overeducation” fa sentire il suo morso.

Come darsene ragione? Secondo Arnold Kling andare all’ università è un modo per far capire al datore di lavoro da cui saremo esaminati quanto si è in grado di rispettare la “gerarchia”, per questo bisogna restarci tanto: solo un tempo prolungato offre un test attendibile delle proprie capacità di ossequio:

in hierarchy, signaling respect for the hierarchy is very important…That is, part of the process of getting ahead in academia is showing respect for the academic hierarchy.

I think this offers a potential insight into the signaling role of education. It does not just signal intelligence or conscientiousness, which could be signaled more cheaply in other ways. It signals respect for hierarchy. Thus, large organizations will tend to value educational credentials, while small organizations may not need to do so.

There is no cheap alternative to educational credentials if you want to signal respect for hierarchy. … Any attempt to evade the educational credential system inherently signals a lack of respect for hierarchy!

Gli studi accademici sarebbero dunque una specie di bromuro.

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Strano, perché noi di solito siamo portati a vederli come un fattore “liberante”, una spinta al criticismo più irrequieto; pensiamo, ad esempio, che sia fatale per un paese autoritario ed arretrato garantire un livello educativo elevato alla gioventù locale.

Davvero? Eppure:

Counter to modernization theory, increased human capital [from education] did not produce more pro-democratic or secular attitudes and, if anything, it strengthened ethnic identification.

A quanto pare, anche su questo fronte, la versione accademia/bromuro esce indenne. E’ il caso di approfondire.

 

 

giovedì 21 aprile 2011

Libertarianism A-Z: Grande depressione del 1929

Le prediche anti-capitalistiche hanno tutte un punto in comune: la Grande Depressione.
L’ “instabilità del sistema” sembra provata dalla crisi americana del 1929.
Ma se la crisi fu tanto dura dobbiamo ringraziare soprattutto le cattive politiche messe in campo innanzitutto dal presidente Roosvelt.
L’ attivismo fiscale del governo è già di per sé una fonte d’ incertezza pericolosa, se poi andiamo a vedere le aree d’ intervento, peggio mi sento.
Politiche protezionistiche, politiche pro sindacato, politiche di alti salari, politiche inclini alla regolamentazione. Tutta roba che incapretta l’ economia di un paese fino al collasso.
Buona ultima, ma decisiva, la politica restrittiva decisa dalla FED proprio in un momento cruciale.
Se questo fosse vero anche solo al 10%, allora, altro che fallimento di mercato!

Meditazioni libertarie su “L’ amaca” dell’ 8.4.2011

Il clima è così mefitico che uno, pur di migliorarlo, sarebbe anche disposto ad ascoltare le ragioni altrui. Per esempio si legge sul giornale che un deputato della Lega, Buonanno, vorrebbe imporre una tassa dell'uno per cento sulle rimesse degli immigrati. «Si tratta di otto miliardi di euro all'anno - spiega Buonanno - che frutterebbero ottanta milioni da destinare al volontariato». L'obiezione sarebbe che se l'immigrato (e il suo datore di lavoro italiano) sono in regola, quei soldi sono già tassati. Ma la proposta, messa così (soldi al volontariato) potrebbe anche essere discussa.

Solo che, due righe sotto, lo stesso Buonanno definisce gli immigrati «furbi che piangono miseria qui e poi magari si fanno la casa nel loro paese».E subito si chiude lo stretto varco dell'ascolto, perché anche la migliore proposta del mondo, se servita in una salsa così guasta, condita dalla solita dose di razzismo, ha un sapore ripugnante.

Nessun dialogo, nessuna collaborazione è possibile con chi fonda la sua prassi sul disprezzo sociale e sul pregiudizio etnico. Imparino a parlare la lingua della civiltà e della res publica, questi signori, e vedranno che improvvisamente le loro parole assumeranno un altro peso politico. Sono sotto esame tanto quanto gli immigrati. Ci facciano capire se hanno capito che abbiamo regole, qui in Italia, che non consentono deroghe per nessuna tribù: neanche la loro.- MICHELE SERRA

Ecco una vivida illustrazione di un atteggiamento comune: c’ è una cosa che possiamo fare insieme con reciproco vantaggio? Mi rifiuto poiché mi ripugni.

Pur di danneggiarti mi infliggo un male.

La defezione e il boicottaggio sono l’ abituale modo di procedere del moralista. Il suo sguardo non si degna di incrociare quello altrui e se capita è comunque presto sopraffatto dallo sdegno.

Elinor Carucci  boom sguardi

Ora, l’ ossessione per la purezza sembra ormai aver fatto stabile breccia nel pensiero progressista, e questo lo sapevamo, ma c’ è qualcosa in più che trapela: la sfiducia nel proprio progetto. Infatti, se entrambi ci avviciniamo alle rispettive mete ed io sono convinto che la mia visione sia vincente, allora la collaborazione, il “percorrere un tratto di strada insieme” diventa una strategia razionale.

Chiudo accennando ad un modo opposto di procedere, e mi rifaccio ad un’ intervista concessa da Harold Bloom a Repubblica:

Lei afferma di dover molto, culturalmente, a Robert Penn Warren, ma scrive che molti dei “suoi amici erano miei nemici”.
«Robert Penn Warren era un eccellente poeta a scrittore, ed un uomo meraviglioso. La battuta che cito è relativa all´ostilità dell´ambiente anglosassone che io, ebreo, ho trovato nel mondo accademico negli anni Sessanta. Era fortissima l´influenza di Eliot, che era certamente un grande poeta, ma un antisemita».
Riesce ad apprezzare sinceramente un autore in casi del genere?
«Certo, e ho fatto di questo principio un cardine del mio insegnamento»

Ok, Eliot e Buonanno non sono la stessa persona, eppure…

Libertarianism A-Z: pubblicità

Lo Stato ci protegge dalle frodi, comprese quelle pubblicitarie, e fin qui va tutto bene. Ma lo Stato s’ intesta spesso anche una missione paternalistica: il cittadino, secondo lui, non è in grado di decriptaretare certi messaggi pubblicitari e va quindi protetto.

Ma il consumatore ha accesso a mille fonti di controinformazione che provengono sia dalle associazioni dei consumatori che dai competitori.

Ma lo Stato non demorde e finisce per far danni: quando va bene, infonde false sicurezze e incuria nei consumatori che regrediscono a bambini. Quando va male s’ imbarca in vere e proprie campagne contro la libertà d’ espressione.

Per risolvere problemi del genere basta il buon senso, risorsa che scarseggia solo laddove lo Stato, magari a fin di bene, si comporta da padre-padrone con i propri cittadini.

Libertarianism A-Z: stimolo fiscale

Ogni volta che il ciclo economico ci butta in recessione, ecco che resuscita il grande economista J. M. Keynes e le sue politiche dello stimolo fiscale.

Attraverso il mitico “moltiplicatore” tali politiche dovrebbero far “ripartire” l’ economia stimolando anche la spesa privata.

Purtroppo le evidenze empiriche che qualcosa del genere sia all’ opera sono scarse per non dire nulle.

In più la teoria trascura l’ analisi costi-benefici. Dove investire? Sembrerebbe che scavar buchi e ricoprirli possa bastare. Un arbitrio del genere, inutile dirlo, spiazza l’ investimento privato.

Il politico sprecone non vede l’ ora di spendere, niente di meglio per lui che una giustificazione teorica col pedegree.

Meglio “stimolare” abbassando le tasse: per lo meno gli investimenti non saranno arbitrari.

Si dice: è la trappola della liquidita?

Di quella, al limite, si occupi la banca centrale creando l’ inflazione necessaria.

Buone notizie: il sud cresce quanto il nord (grazie all’ evasione)

Inutile enumerare le numerose zavorre che appesantiscono da sempre il meridione d’ Italia, tuttavia ora veniamo a sapere che negli anni tra il 1996 e il 2007 la sua crescita economica non ha proprio nulla da invidiare a quella del ricco Nord.

Come si spiega un simile exploit? Semplice, si sono autoridotti le tasse (evasione) traendone un beneficio collettivo notevole, specialmente in anni di pressione fiscale crescente.

A questo punto, come fare ancora meglio ognuno lo capisce da sè, ma lo dico ugualmente: un bel taglio alle tasse darebbe più slancio alla già buona performance comprimendo i notevoli costi che l’ evasore è costretto comunque a sobbarcarsi; pleonastico aggiungere che un simile taglio non intaccherebbe in alcun modo la spesa sociale esistente.

Randall Rosenthal denaro di legno

Per chi vuole approfondire la cosa leggendo: qui.

Per chi vuole approfondire la cosa ascoltando: qui.

Per chi invece è interessato solo ai dollaroni scolpiti nel legno da Randall Rosenthal: qui.

mercoledì 20 aprile 2011

Libertarianism A-Z

La flat tax vanta di sicuro alcuni vantaggi.

1. Semplicità: sai subito quanto paghi; vengono eliminate poi alla radice le distorsioni che riguardano i redditi famigliari.

2. Incentivo: diminuendo l’ aliquota marginale per tutti opera un incentivo al lavoro e alla produzione.

3. Responsabilità: in presenza di aliquote progressive si creano gruppi sociali che spingono per spese finanziate da terzi; l’ aliquota unica fa si che chi propone una spesa sia sempre coinvolto anche nel suo finanziamento.

4. Equità: la legge è uguale per tutti senza distinzione tra bianchi, neri, ricchi o poveri.

Pornoeffettistica

La pornografia della rete ha tre caratteristiche: è tanta, è gratuita ed è discreta. Cosa puo’ pretendere di più l’ erotomane del 2000?

Le combinatoria orgiastica di quel logoteta che fu il “divin marchese” impallidisce di fronte alle combinazioni della pulsantiera di un pc connesso ad internet. Ad ogni posizione delle dita corrisponde una pletora di posizioni corporali.

Rabbit Heart not

Prendiamo adesso due tipi umani differenti e chiamiamoli Proibizionista Istintuale (PI) e Libertario Istintuale (LI); mettiamoli di fronte alla novità. Come reagiranno?

Un’ offerta tanto generosa sprigionerà due effetti:

1. viene fornito un bene per soddisfare un bisogno masturbatorio (effetto principale EP). Il mondo migliora.

2. viene fornito un modello per soddisfare un bisogno identitario (effetto collaterale EC). Il mondo peggiora.

LI vede prevalere EP, ci sarà un motivo se si chiama così! PI non si lascia scappare l’ occasione per apostrofarci sulla decadenza del mondo moderno e si fisserà su EC, per lui non esiste altro.

Ma forse esiste un modo con cui LI e PI possono per un attimo liberarsi dai loro istinti. Forse esiste una verifica pratica delle loro opinioni.

Vediamo. Se prevale EP i bollori del segaiolo saranno moderati più facilmente impedendogli di combinar danni in giro. Tradotto: meno stupri (mondo migliore anche per gli altri).

Se prevale EC gireranno tra noi parecchi vitelloni con le occhiaie ansiosi di volgere la loro identità virtuale in un’ identità reale, con le buone o con le cattive. Tradotto: più stupri (mondo peggiore anche per gli altri).

Lo dico con cautela ma sembrerebbe che LI abbia vinto il primo round.

Eppure LI non ha requie, sente già alzarsi una lamentosa richiesta di sovvenzioni “XXX” per stalloni doc, sente già aprirsi un altro fronte. Viviamo o no in piena “cultura del piagnisteo”? Se non è il piagnisteo proibizionista sarà quello assistenzialista, ma sempre con il falso bordone di un pianto dirotto ci tocca intonare la breve nota liberale.

martedì 19 aprile 2011

Capitomboli rilassati

Scorrono senza una gerarchia nelle molecole, migrano verso il finale in quiete folate prive di punti di riferimento, ondeggiano in un rassicurante liquido amniotico … ascoltare queste canzoni è come camminare sui pavimenti di Heike Weber. Si perde l’ equilibrio senza perdere la rilassatezza.

Heike Weber

Composte secondo le tecniche della musica concreta, non sono concepibili indipendentemente dalla loro esecuzione, in esse dialogano felicemente pop e impro radicale.

Che bello scoprire che anche la sperimentazione più ardita non deve necessariamente restare appesa come un caciocavallo ma può sfociare in esiti artistici compiuti e di prim’ ordine.

Elio Martusciello – Concrete Songs – Ticonzero

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lunedì 18 aprile 2011

Kafka o Ionesco?

Perchè in Italia il sistema giuridico è un groviglio inestricabile di leggi, leggine e decretini che sembrano stratificarsi uno sull’ altro con l' unico scopo di renderne difficile l' ossequio? Lavorando nel settore, so bene quel che dico; ma del resto la cosa è risaputa e mi basta richiamarla senza impegnarmi a convincere nessuno.

Alcuni ritengono che un simile mostro sia funzionale a chi trae una rendita dalla sua proliferazione (burocrati, amministrazioni, faccendieri, caste professionali...). Ipotesi plausibile: un commercialista, per esempio, fa salti di gioia quando i moduli si moltiplicano complicandosi. I loro sindacati invocano una sempre maggiore giustizia fiscale: conoscono bene la natura chimerica di questa pretesa ma sanno anche che nel tentativo di perseguirla un sistema semplice verrà “migliorato” con il miraggio di renderlo certosino e l’ effetto pratico di renderlo caotico, dopodiché il caos sarà l’ ideale “via libera” per l’ agognata caccia a rendite e truffe.

Altri lo ritengono un maligno portato del nostro cattolicesimo; se dài un comando ineseguibile avrai un doppio potere: quello di comandare e quello di perdonare (ieri nel confessionale, oggi negli uffici dell' Agenzia delle Entrate).

Ma l' ipotesi che io sento più nelle corde è ancora diversa e concerne il guasto influsso della dottrina giuspositivista importata con entusiasmo dai nostri più valenti filosofi della politica e del diritto.

Tale dottrina di contrappone a quella giusnaturalista per il modo in cui liquida bellamente la domanda “perché obbedire?”. Un sistema giuridico, ci viene detto, si fonda sulla forza, inutile speculare oltre. Inutile cioè discorrere di "giustizia" e quant’ altro se poi si fa quello che decide il più muscoloso; e per fortuna che esistono i muscoli: meglio un ordine qualsiasi che il marasma.

Una simile impostazione non è certo fatta per chiedersi "a chi obbedire"? Il concetto di "compliance" le è estraneo. Il giurista, in quest’ ottica, puo' fare un buon lavoro anche trascurando i problemi di lana caprina posti dalla “giustizia”, ma soprattutto puo’ giocare al gioco che più spopola nelle accademie: quello dello “scienziato avalutativo”.

[… piccolo intermezzo di bassa polemica da cui vanno doverosamente esclusi i padri nobili del giuspositivismo: quando un semplice “esperto” assurge alla carica di “scienziato avalutativo” significa che puo’ tenere un corso universitario a cui è diritto/dovere che la cittadinanza partecipi composta. Diritto perchè un diritto in più non guasta mai, dovere perchè l’ oggettività di quel sapere lo rende valevole per tutti. In altri termini: esiste il diritto/dovere di stipendiare lo “scienziato” di cui sopra…]

Si sarà capito che quando al giuspositivista chiedi l' ingrediente base per realizzare un sistema giuridico (e quindi uno Stato), lui risponde: procurati la "Forza", dopo ripassa e ti mostro la mercanzia.

La risposta del negletto giusnaturalista è un po’ più articolata: affinché le cose funzionino, alla forza del governante deve affiancarsi un sentimento di legittimità nel governato. Il diritto prodotto dal primo, in altre parole, deve ricalcare le consuetudini (diritto naturale dei popoli) professate dal secondo, affinché non sia sentito come un corpo estraneo quando viene calato nel corpo sociale. In caso contrario avremo leggi criminogene.

Al primo giurista basta una parola: legalità; il secondo è costretto ad aggiungere un’ altra: legittimità.

Concludo subito: la democrazia italiana, per quanto sgangherata, è abbastanza solida ormai, la Forza è saldamente concentrata nelle mani dello Stato. Il legislatore non si sente limitato nella sua azione, e forte dei dettami giuspositivisti con cui è stato imboccato fin dalle prime pappe, non ha remore nell' impapocchiare un sistema giuridico purchessia, che, quando va bene, rivaleggia con le sconclusionate commedie dell' assurdo, quando va male con gli incubi kafkiani.

Chiudo con una curiosità.

Vivendo in Italia abbiamo il privilegio di osservare come reagisce il giuspositivista allorché si ritrova tra le mani un paese costruito seguendo i suoi dettami,  in cui - non a caso - ognuno va per conto suo. Ovvero, come tenta il “luminare” di mettere una pezza sul buco che ha contribuito a trivellare?

Bè, vale tutto, a partire dall’ indottrinamento a suon di “lezioni di legalità” da tenersi nelle classi italiche. Ma devo dire che i predicozzi moralistici sono particolarmente graditi.

E qui si rinserra il paradossale cerchio: come nella miglior tradizione delle stalle chiuse a buoi fuggiti, chi dapprima aveva schifato il concetto di “giustizia” ritenendo sdegnato che inquinasse il “puro diritto”, ora si ritrova a fare ricorso crescente a dosi massicce di moralismo indigesto che sembra fatto apposta per convincere fino alle lacrime i già convinti e schifare (o divertire) i restanti.

E tra poco, dopo le “lezioni di legalità” in classe, verremo a sapere che chi non paga le tasse sarà scomunicato, i giuspositivisti alla frutta hanno già fattivamente attivato i loro gruppi di pressione in Vaticano. 

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p.s. le considerazioni tra il serio e il faceto di cui sopra mi sono state ispirate da una rilettura degli scritti di uno dei pochi giusnaturalisti italici: Alessandro Passerin d' Entrèves

sabato 16 aprile 2011

Meditazione libertaria sul Vangelo del 27.3.2011

Vangelo secondo Giovanni 8, 31-59

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Una lunga sequela di equivoci impedisce a Gesù di entrare in contatto con i suoi interlocutori; se ci avvaliamo del medesimo “telefono senza fili” questa triste sorte toccherà anche a noi, vediamo di evitarlo.

Prendo in considerazione solo il primo corto circuito, tanto per chiarire cosa intendo con un esempio.

La “verità vi farà liberi”, dice Gesù.

Ora, giova in questi casi fermare l’ attenzione su un fatto: se non posso rendermi invisibile, non per questo non sono libero; se non posso volare sbattendo le braccia, non per questo non sono libero; se i miei desideri non si realizzano immediatamente al solo pensarli, non per questo non sono libero.

Eppure, se potessi divenire invisibile all’ occorrenza, se potessi volare, se potessi realizzare all’ istante i miei desideri, sarei più… “libero”.

Ecco, la verità di Gesù mi consentirà tutto questo, seguendolo potrò liberarmi da ogni condizionamento a cui il mondo mi “condanna”.

La libertà rossa è la libertà sociale, la libertà azzurra è esistenziale.

La risposta che riceve Gesù - “il popolo ebraico non è mai stato schiavo” – è del tutto incongrua perchè confonde le due libertà.

Ancora oggi molti ritengono che subire un condizionamento diminuisca la nostra libertà. Ma costoro sono afflitti dalla medesima daltonia che il Vangelo documenta così bene.

venerdì 15 aprile 2011

Il giorno che Darwin ritirò la sua teoria

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Crisi d’ abbondanza

La “crisi d’ abbondanza” cinge d’ assedio l’ intellettuale italiano che ora si sente fagocitato da cio’ che avrebbe dovuto stare sulla sua scrivania: le carte. Ora le “carte” assumono la becera neutralità della plastica, prendono vita autonoma, si moltiplicano in continue esplosioni demografiche fino a soffocare chi è designato a curvarsi su di loro. 

Giulio Ferroni è un caso paradigmatico, osserviamolo mentre come un ectoplasma passeggia tra i banchi di un festival del libro qualsiasi:

… mi metto a vagare per gli stand… gli incontri sono molteplici, spezzati, ripetuti, tra agnizioni e ricognizioni… solidarietà e ostilità… e libri dappertutto, proliferanti ammonticchiati, sparpagliati, in ordine geometrico o rizomatico, con tute le possibilità di conoscenza, di esperienza, di contemplazione, di curiosità, di esaltazione, di esibizione, di vitalità… cerco editori noti e meno noti, mi oriento e mi disoriento, perdo la strada e la ritrovo… scopro editori e attività che ignoravo ma che inevitabilmente dimenticherò… e vago, continuo a vagare… la costipazione e l’ eccesso di libri mi rende allucinato, per i colori, per i rumori… esco da questo luogo fisicamente stordito… con qualcosa che mi ottunde la visione, la capacità di controllo dello spazio…di fuori, sul piazzale d’ ingresso del Lingotto… ora si accalcano i taxi… tanti libri, tante automobili, tanto di tutto…

Giulio Ferroni – Scritture a perdere - Laterza

Sembra di vederle quelle suole consumate dall’ augusto professore in disarmo mentre orbitano intorno alla poltiglia della microerudizione festivaliera. Assomigliano un po’ a quelle che Umberto D si trascinava in giro per Roma.

Poverino, fa quasi tenerezza: sopra, gli occhi da leprottone abbagliato; sotto, bronzee borse che denunciano la vetustà di chi non puo’ più raddrizzare un legno storto.

Ovunque si rechi, il malcapitato s’ imbatte in “brusii crescenti”, in “scorrevoli nulla che avvelenano il paese”, in “paradisi imbecilli”, in “eccessi di produzione”, in “zapping nevrastenici”, in “modalità dilapidatorie”, in “gare d’ apparenza”, in “violenze disgreganti”, nel “piacere di unirsi al degrado”, nell’ “incanaglirsi del reale”  e altre insulsaggini di vario tipo al traino di “tortuosi e occulti poteri economici”.

Nella requisitoria contro l’ Italia “berlusconizzata”, in pochi scampano l’ autorevole frusta: giusto Zanzotto e il padre di Eluana, con quel loro riserbo fuori dal tempo in cui avvolgono pudici un sentimento da preservare contro l’ offesa di una realtà che vorrebbe ingurgitare e rigurgitare anche loro.

Non ne parliamo poi quando accende la TV e sbatte contro la voce da camionista di Maria De Filippi. Quella gara a prendere la parola senza esclusione di colpi, gli riporta in casa quel mondo sguaiato che credeva di aver chiuso fuori, un mondo che ci offende, un mondo…  dove anche l’ assuefatto operaio vuole il figlio dottore.

Inutile dirlo, il problema c’ è. Davanti al lato anti-estetico che ci rovescia addosso ogni giorno la cornucopia della modernità, possiamo reagire in due modi:

1. cowenianamente. Ovvero, mettendosi di buzzo buono, imparando a navigare sulla monnezza traendone le gioie di un zio Paperone in panciolle nel deposito. Affinare l’ arte della selezione, mettere a punto il pescaggio fior da fiore, specializzarsi nella costruzione di bussole… e ripassare di continuo il teorema Alchian Allen.

2. pasolinianamente. Ovvero, cercando il brividino dell’ apocalisse, maledicendo con alata invettiva l’ arricchito, fare l’ elogio ditirambico della deflazione invocando un salvifico depauperamento con annessa decrescita felice.

La prima soluzione è una gran iattura, c’ impone di lasciare le luci della ribalta per “lavorare duramente su noi stessi”, c’ impone di ri-formarci, di ri-educarci, di re-integraci.

Meno male che c’ è la seconda via. Grazie a lei possiamo concentrarci sugli altri, esigenza essenziale per incanalare al meglio quell’ impulso autoritario che cova sempre dentro un depresso. La decrescita è essenzialmente la decrescita altrui: ovviamente, la nostra non farebbe la differenza. Eppure “lui” non lo capisce, si ostina, non “rinuncia”, non “decresce” mai come vorremmo. 

Poco male, con l’ “altro” nelle nostre mani – come fosse plastilina - possiamo cambiare il mondo tra la digestione e la pennica stando qualche minuto in più a tavola dopo pranzo, bastano quattro pensierucci sulla “bellezza”. Rassicuro subito i perbenisti che hanno qualche problema di coscienza: non c’ è niente di più facile che imbellettare queste interferenze nella carne altrui, basta nobilitarle formulandole in termini di “cura ecologica” o di “scatto critico” o di…

Con l’ “altro” nel mirino potremo finalmente perorare una “causa persa”, quelle più confacenti all’ esibizionismo avvocatesco; potremo espettorare la nostra condanna quasi fosse un “do” che piove da una scena sapientemente illuminata. E noi saremo lì, su quella scena, condannati dalla lucidità, spettinati da un vento che ci piega senza sradicarci, sofferenti di un dolore consapevole, flebili come il lume dell’ ultima lucciola sul pianeta.

mercoledì 13 aprile 2011

Sociobiologia

Edward Wilson sugli omosessuali:

… c’ è chi noterà come il soggetto “altruista” sia destinato ad estinguersi… senonchè il suo ruolo puo’ essere concepito come protettivo nei confronti dei famigliari più stretti… costoro…infatti, trasmetteranno geni che in gran parte appartengono anche a lui… Allo stesso modo potrebbe essere giustificata la presenza degli omosessuali nella società umana… non è inconcepibile che in origine… gli omosessuali abbiano funto da casta sterile dedita al servizio della vita e del successo riproduttivo dei loro parenti… la coerenza interna di questa tesi dovrebbe indurci a riflettere un attimo prima di etichettare l’ omosessualità come una malattia… se l’ ipotesi è corretta, l’ omosessualità è comunque destinata a declinare fino alla sua estinzione…

Ancora lui sulle donne:

… alcune caratteristiche sono così inequivocabilmente umane da poter essere classificate come genetiche… per esempio la forte tendenza alla divisione del lavoro… Nelle società cacciatori-raccoglitori, gli uomini vanno a caccia e le donne restano in casa… tale predisposizione persiste nella maggior parte delle società agricole e industriali apparendo come di origine genetica… non disponiamo di documentazione sufficiente per stabilire quanto essa possa resistere ai cambiamenti del contesto… la mia opinione personale è che la tendenza genetica sia abbastanza potente da determinare una divisione dei compiti sostanziale anche nelle più libere ed egualitarie società del futuro… pertanto, anche a parità di diritti e di istruzione, i maschi continuerebbero ad avere un ruolo sproporzionato nella vita politica, negli affari e nell’ attività scientifica…

Edward O. Wilson – In cerca della natura - Ecomosaico

L’ insigne sociobiologo spiega con dovizia come i geni siano da vedere alla stregua di un programma software in grado di determinare i nostri comportamenti, se non fosse che in esso compaiono alcune variabili random fissate di volta in volta dal contesto specifico.

Io, riflettendo su questa essenziale opera di “fissaggio”, non penso solo all’ “ambiente”, ma aggiungo un altro ingrediente: la libertà. Considerato che abitiamo in un mondo dove il battito d’ ala di una farfalla scatena uragani, ne basta veramente poca per fare la diffeenza.

In caso contrario, incontreremo presto un tipo perspicace pronto a farci notare lo spreco di risorse che comporta il dare pari diritti a omosessuali e donne visto che è ragionevole incoraggiare i primi nel loro ruolo “naturale” di fuchi servizievoli e le seconde alle gioie domestiche.

A chi pensa invece che l’ attribuzione di pari diritti sia un dovere, non resta che depotenziare l’ arsenale sociobiologico cercando riparo sotto l’ ombrello un po’ bucherellato ma sempre atto alla bisogna della “Libertà”.

Quanto lavoro che ci dà questo De Mattei

Stralcio di un intervento...

Occultare la logica modale in cui sta a bagno maria la teoria del male è impresa sciagurata. Se un giornalista un po' sciagurato lo fa per giustificare gli sghignazzamenti pre-intervista, un po' la colpa è anche sua.

Non ho approfondito il pensiero di De Mattei sulla Genesi, butto lì solo due caveat che evitano perdite di tempo:

1. il cattolico crede che nel corso dell' eucarestia il pane e il vino si trasformino per consustanziazione nel corpo e nel sangue di Cristo. Qualcuno, dimentico che la scienza non si occupa delle sostanze, potrebbe voler verificare la cosa al microspio. Ecco, evitare questo genere di ignoranza sarebbe decisivo.

2. Per il cattolico la sostanza dell' uomo è la sua anima, qualcosa che non possiamo "disegnare" visto che possiamo disegnare solo corpi. Per il cattolico moderno scientificamente acculturato il racconto della Genesi è metafora, ma non nel senso di "espediente retorico per impartire una qualche morale". Non nel senso di "parabola", non è insomma una favola di Esopo. E' metafora per raccontare il reale, per raccontare una "storia reale delle sostanze". Cio' significa, e questo sì che ce lo dice la scienza, che noi non possiamo "disegnare" Adamo così come lo descrive Genesi, ma cio' non toglie, per il cattolico, la realtà sostanziale di quel racconto e dei suoi personaggi.

Puo' sottoscrivere i due caveat anche l' evoluzionista spinto che progetta per sè l' ibernazione secolare con successivo upload delle facoltà cognitive su un computer. Per esempio io.

Cosa poi pensi esattamente De Mattei non è ben desumibile dall' intervista e come tutte le cose andrebbe approfondito (cosa che non ho voglia di fare).

Voglio solo aggiungerne una terza avvertenza che spesso sfugge: una mentalità scientifica non è affatto tenuta a credere a teorie che la scienza considera come le più plausibili. Basta e avanza che sia una mente bayesiana, in quanto tale le sue credenze saranno condizionate da a-priori che sono differenti per ciascuno di noi. Se non fosse così la scienza cesserebbe di essere maestra di libertà.

lunedì 11 aprile 2011

L' insospettabile fabbrica del precariato

Dice David Friedman:



    "... Richard Posner, nel difendere l' efficienza della Common Law, sopravvaluta le capacità della magistratura di comprendere a sufficienza la teoria economica... di fatto molti suoi rappresentanti, con la loro opera, hanno intenti "redistributivi" magari nobili ma del tutto utopici visti gli strumenti di cui dispongono... mi spiego... se i tribunali interpretano costantemente i contratti in una maniera favorevole ad alcune categorie - come ad esempio i conduttori nelle dispute con i proprietari immobiliari, o i dipendenti nelle dispute con i datori di lavoro -... le altre clausole del contratto verranno spontaneamente modificate di conseguanza... i canoni saliranno e gli stipendi scenderanno... I magistrati non possono far uso diprincipi generali per beneficiare una categoria specifica... lo dice econ 101... eppure assistiamo spesso ad incongruenze del genere... Come puo' testimoniare ogni docente di economia, la maggior parte dei suoi studenti e dei suoi conoscenti ritiene che le norme pro-conduttore beneficino il conduttore, e che le norme pro-dipendenti beneficino i dipendenti... se questo è vero, su che basi possiamo dirci certi che i magistrati siano meglio preparati?..."



David Friedman - L' ordine del diritto - Il Mulino

Che l' economia non entri in testa al cittadino medio, già lo sapevamo.

Stando alla teoria, ed essendo i magistrati un sottoinsieme della popolazione mediamente più colto, con loro le cose dovrebbero andare ancora peggio.

Volendo fare una breve verifica, i solerti fatti di casa nostra s' incaricano di fornire conferme alla congettura.

Silvio Berlusconi ha molti torti, ma su una cosa ha ragione: le toghe rosse esistono. Non so se parliamo delle stesse persone, comunque esistono ed hanno un nome (Magistratura...) ed un cognome (Democratica...). Non solo, gridano ai quattro venti chi sono e cosa vogliono, non c' è neppure bisogno di piazzare le microspie.

Se mai le invettive berlusconiane debbano essere intese come "accuse", leggere lo Statuto di MD equivale a leggere una confessione-fiume di colpevolezza.

Non ho tempo di fare un' analisi, scelgo per forza di cose un paio di fiori da un mazzo ben fornito.

Che concezione hanno del magistrato, quale scopo assegnare alla loro funzione? Un passaggio tanto per farsi un' idea:



    ... la protezione delle differenze tra gli esseri umani e dei diritti delle minoranze, specialmente i diritti degli immigrati e dei meno abbienti, in una prospettiva di emancipazione sociale dei più deboli...


Ma non solo:



    ... il sostegno all'integrazione comunitaria europea, in vista della creazione di una unione politica europea preoccupata della giustizia sociale...


Idee discutibili, se fossero la piattaforma politica... la piattaforma di un partito politico d' inspirazione radicaleggiante.

Corre un brivido se si pensa che, al contrario, è solo un modo d' intendere la propria "missione" di "magistrato equidistante".

Berlusconi è preoccupato per le intenzioni palesi di una magistratura siffatta. Io, che non sono nel loro mirino e ho assimilato per quanto posso la lezioncina friedmaniana, mi preoccupo per gli effetti non intenzionali di simili proponimenti. Come non riscontrare in essi l' ignoranza economica di cui si parlava?

Pensiamo per un attimo alle cause del lavoro che giungono sulla scrivania del fervido militante di MD, un' incorruttibile che ci crede... e non vado avanti.

Mi chiedo solo chi, a questo punto, non sospetti che la demenziale giurisprudenza in tema di diritto del lavoro abbia contribuito non poco al trattamento semi-vessatorio che oggi subiscono i giovani lavoratori condannati al precariato?
Non riesco davvero ad accettare le critiche ricevute:

@ Libberini: dicendo a chiare lettere che tendo prima facie a concedere fiducia all' altro, mi sa che sono tra i pochi a salvarsi dall' eventuale critica di "snobismo".

@ Don Cave: come deduci da quanto dico che l' umanità è stata sempre in errore? La perfezione non esiste, ma quando la possibilità di competere (concorrenza) e la libertà di scelta (autonomia contratuale) hanno trovato accoglienza, le cose sono andate abbastanza bene? Guarda caso sono strumenti che giovano anche alla battaglia femminile. Secondo me molto più che censure e proibizionismi vari (quote ecc).

@ Valeria: "... l’ epiteto ‘moralista’ lanciato contro qualcuno..."? Essendo cattolico mi guardo bene dal considerare offensivo un epiteto del genere. Forse sei stata ingannata dagli sforzi fatti per scansarlo. Quanto alla Ballestra, presentata così la sua critica non ha contenuto.

venerdì 8 aprile 2011

Come trattare i problemi insolubili

Sometimes we find it easy to identify a problem and impossible to think of a solution. Obesity is a good example.

    School posters, virally marketed videos, healthy-eating classes, mandatory swimming lessons, minimum school-recess times, celebrity chefs in charge of school-meal recipes, bicycle lanes, junk-food ad bans, calorie-content labels, hectoring physicians, birthday-cake bans, monetary rewards for weight loss—they've all been tried, and they've all largely failed.


Se il problema è troppo complesso non resta che mettere in campo una moltitudine di intelligenze. In altri termini: non resta che la libertà.

    Drawing a direct analogy with the effect of vouchers in the education system... Messrs. Seeman and Luciani suggest "healthy-living vouchers" that could be redeemed from different (certified) places—gyms, diet classes, vegetable sellers and more. Education vouchers, they point out, are generally disliked by rich whites as being bad for poor blacks—and generally liked by poor blacks. A bottom-up solution empowers people better than top-down government fiat...


Neil Seeman/Patrick Luciani - XXL: Obesity and the limits of Shame -

Voi siete qua





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giovedì 7 aprile 2011

Spazzatura

Avete presente quelle foto e quei filmini senza capo nè coda che restano per mesi nel cellulare e non sai più che fartene?

Se un comportamento non viola le regole di convivenza civile posso combatterlo perchè lo ritengo irrazionale, oppure per il fatto di reputarlo ingiusto (immorale). Nel primo caso sono un paternalista, nel secondo un moralista; e poco conta la morale che professo, poco conta, cioè, se la mia condanna si focalizza sui centimetri di pelle scoperta piuttosto che su un immaginario che mi ripugna.

Chiudo citando un terzo motivo per cercare di interferire nelle scelte altrui: l' interesse di bottega. Se un collega mi ruba il cliente, difficilmente sresterò passivo, e a muovermi non sarà nè il paternalismo, nè il senso morale.

Lo scacchista beota

... "Brain Age" della Nintendo è un software creato per migliorare le "prestazioni del vostro cervello" e preservarlo dall' inevitabile "indebolimento" dovuto all' età anagrafica... L' industria del "brain training" fiorisce anno dopo anno... forse perchè è credenza diffusa che le prestazioni del cervello umano possano essere migliorate in modo importante... e in effetti, dopo parecchie partite di Sudoku, faccio un esempio, constaterete che la vostra capacità di risolvere l' ennesimo Sudoku che vi sarà sottoposto, risulterà drammaticamente innalzata... ma la meta del "brain training" è molto più ambiziosa: così come non vi esercitate con i pesi della palestra solo per alzare pesi sempre maggiori, non vi dedicherete ai rompicapo solo per saper risolvere rompicapo sempre più difficili... vorrete piuttosto migliorare la vostra capacità di "pensare" e di "ricordare" in generale... due facoltà che trovano poi largo impiego nella vita di tutti i giorni... purtroppo la sperimentazione scientifica non è in grado di confortare ambizioni del genere: i miglioramenti riscontrati dopo un duro allenamento condotto su taluni rompicapo sono limitati alla risoluzione di quel compito specifico o di altri poco dissimili (narrow transfer)... è quasi impossibile trasferire queste abilità altrove... la facoltà di "pensare" e "memorizzare" non ne esce affatto "migliorata in generale"... Sudoku, video games, scacchi, musica, latino, cruciverba, matematica... sono attività che richiedono un grande impegno cognitivo e mnemonico, sono attività in cui con l' esercizio costante è possibile migliorare molto... fino a perseguire... risultati talvolta sorprendenti in termini di padronanza della materia... tuttavia, qualora il soggetto divenuto "maestro" nel suo campo si ritrovi ad operare in un dominio diverso, sarà nelle condizioni di dover cominciare praticamente tutto daccapo senza particolari vantaggi rispetto al neofita... essere un esperto scacchista non fa di te un ragionatore particolarmente abile in altri campi... cio' non toglie che agli scacchi, probabilmente, si dedicheranno persone con abilità cognitive superiori alla media... ma questo è un altro discorso: sfatata l' "illusione della potenza" cognitiva e del "transfer learning", vediamo di non ricadere nella più comune "illusione della causa" che confonde queste ultime con le semplici correlazioni... eppure, qualche suggerimento a chi vuole migliorare le prestazioni si puo' sempre dare... Se oggi so che domani sarà una giornata impegnativa in cui dovrò affrontare problemi che metteranno alla prova le mie facoltà cognitive, come posso prepararmi al meglio?... qualora non sappia a priori il tipo di sforzo specifico che mi verrà richiesto, il miglior modo per "allenare" il cervello consiste nell' allenarlo fisicamente (corsa, nuoto, marcia...)... mens sana in corpore sano... in fondo lo slogan della Nintento, "Il vostro cervello è un muscolo e va tenuto in allenamento", non è poi così fuorviante, ma, se si vuole perseguire la meta più ambiziosa, va preso alla lettera, essendo un muscolo va allenato come gli altri muscoli: in palestra!...

Chabris/Simons - The Invisible Gorilla - Crown

Il libro dei due psicologi è carino e accessibile a chiunque. Ogni capitolo si concentra su un gruppo di "illusioni" riguardanti l' attenzione, la memoria, la fiducia, la conoscenza, la causa e le potenzialità del cervello. Poca teoria e tanti esempi, la bibliografia scientifica è poi disponibile per chi volesse approfondire. In rete ci sono dei video che introducono al primo capitolo.

L' avvertenza di Chabris e Simons è importante: attenzione alle intuizioni. Ma quella di Caplan è decisiva: attenzione a dimenticare che a nostra disposizione abbiamo solo intuizioni.

Illusione di potenza

... la falsa credenza più diffusa che passiamo in rassegna è quella per cui la presenza di messaggi nascosti nella pubblicità possa indurre all' acquisto di prodotti o comunque a comportamenti non altrimenti voluti... ben il 76% del nostro campione di adulti crede in questo misterioso potere di influenzare le coscienze... i pregiudizi legati al concetto di "persuasione occulta" si basano sulla credenza per cui la gente sia straordinariamente sensibile a segnali anche deboli... e quindi manipolabile attraverso il sapiente uso di quei segnali... c' è chi crede per esempio che incorporare nel commercial un nudo femminile accresca il desiderio per il prodotto reclamizzato... gli scienziati hanno dibattuto a lungo sulla capacità del cervello di processare messaggi verbali o iconici non acquisiti consciamente... arrivando alla conclusione che se anche potessimo in parte farlo, l' interferenza non arriverebbe mai al punto da spingerci a comportamenti altrimenti non desiderati... tuttavia, nonostante la sperimentazione sul campo e l' evidenza scientifica neghi validità al concetto di "persuasione occulta", la gente continua a professare in merito un robusto pregiudizio... il fatto di credere nell' esistenza di segnali recepiti inconsciamente da cui sarebbe difficile difendersi, è un effetto collaterale della "illusione di potenza": noi tendiamo ad attribuire ai nostri cervelli una potenzialità (e quindi anche una sensibilità) ben superiore a quella effettiva... un' illusione che talora genera speranze, talora genera paure... comunque, sempre ingiustificate...

Chabris/Simons - The Invisible Gorilla - Crown

Quando leggo certe analisi semiotiche che scorgono in tutte le pubblicità il contrassegno della pedofilia, mi viene in mente il capitoletto di Chabris/Simons. Chissà se il mio è solo un collegamento gratuito.

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martedì 5 aprile 2011

Lo spirito che aleggia sulle università

Un approccio spirituale agli studi favorisce il rendimento:

Growth in Equanimity enhances students’ grade point average, Leadership skills, Psychological Well-being, self-rated ability to get along with other races and cultures, and Satisfaction with college.

Growth in Ethic of Caring and Ecumenical Worldview enhances students’ interest in postgraduate study, self-rated ability to get along with other races and cultures, and commitment to promoting racial understanding.

Educational experiences and practices that promote spiritual development – especially service learning, interdisciplinary courses, study abroad, self-reflection, and meditation – have uniformly positive effects on traditional college outcomes.


http://www.spirituality.ucla.edu/findings/
ciao bello

Seinfield: la morte come problema secondario

... a quanto pare le distorsioni della memoria non sono confinabili a problemi secondari... lo psicologo australiano Stefanie Sharman condusse un esperimento ispirato all' episodio di Seinfield (*) in cui Kramer deve stilare il suo testamento biologico... venne chiesto ad un campione di popolazione adulta di decidere quale trattamento fine vita ricevere in caso di gravi malattie... per esempio, volevano sottoporsi CPR' Oppure anche ad alimentazione artificiale pluriannuale? e via con domande di questo tenore... l' intervista si ripetè 12 mesi dopo... il 23% degli intervistati mutò opinione riguardo alle procedure a cui sottoporsi e ai limiti da osservare... fin qui nulla di eclatante, cambiare opinione è lecito e spiegabile... sorprende però che il 75% di coloro che mutarono la propria scelta non fosse affatto consapevole di averlo fatto...

Chabris/Simons - The invisible gorilla - Crown

Non fatico a crederci, cio' a cui invece non credo molto è la premessa. Ho come l' impressione che la nostra futura morte (magari tra mezzo secolo) sia un prblema secondario.

(*)

Elaine: ok, va bene se interrompiamo quando si rende necessario l' inserimento del catetere nell' uretra in condizioni di cecità semi-totale?

Kramer: Naaaa... non è nel mio stile...

Elaine: ... che palle...

Hanson a caccia di ipocrisie

E' sempre uno spettacolo. Qui su bambini, lavoro e sindacati:


... Kids work hard at school, housework, sports, practicing music, supporting clubs, etc. and none of this cruelty is prevented by "child labor" laws. Such laws only prevent getting paid to work; they don't even stop kids interning for free. If child labor laws come from our revulsion at miserable kids, why are there no laws preventing tiger moms from making their kids practice music for hours straight without a bathroom break, or against parents who make their older kids work full time taking care of younger kids?... The history of child labor law is closely associated with unions seeking less competition for adult labor... And today self-righteous indication about foreign child labor supports protectionism, to keep out foreign products that compete with local firms... keeping poor kids from working for money not only unfairly biases the work vs. school competition, it needlessly impoverishes poor kids and their families... While we claim to care so so much about kids forced to do hard and tedious tasks, we only actually prevent doing such tasks for money


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Empirical evidence on the weak effect of medicine on health

http://www.cato-unbound.org/2007/09/10/robin-hanson/cut-medicine-in-half/

lunedì 4 aprile 2011

Gli amari frutti del mito Deweyano

... nell' affrontare il mondo contemporaneo la scuola si dimostra disorientata e inadeguata: sta fallendo in molti paesi europei sul piano didattico, sul piano della mobilità sociale, sul piano della crescita produttiva... la modestia dei risultati a fronte delle cospicue risorse investite salta agli occhi... così pure le carenze nella formazione di atteggiamenti socialmente utili e criticamente etici... il rischio è quello di porre la scuola al centro di tutto quando da sola non puo' molto... un rischio a cui è particolarmente esposto chi, dopo il crollo delle ideologie e la scarsa tenuta della famiglia, guarda alla scuola come ultimo presidio capace di promuovere valori comuni... Lo stesso concetto di valore ha per le nuove generazioni, cresciute nella prospettiva di un "pensiero debole", un sapore formale, retorico ed è percepito come privo di fondamenta... è difficile per un ragazzo ricondurre a senso unitario un sapere sempre più frammentato, tanto più quando questo sapere è inservibile professionalmente... un malinteso senso di tolleranza, un limitato concetto di laicità, conducono inevitabilmente ad una "società senza", senza quei fondamenti ideali, culturali, religiosi e pedagogici sui quali i valori della convivenza possono poggiare... questo sterile sbocco lo si deve innanzitutto alla diffusione del mito deweyano della neutralità educativa... che corrisponde ad una visione indiscriminatamente negativa verso cio' che è esterno ... una "scuola contro" il mondo e "contro" la persona intesa come individuo destinato ad entrare nel mondo...

Giacomo Zagardo - La punta di diamante - ISFOL

Illuminante e dettagliata analisi della scuola europea da parte di uno studioso che mette al centro il ruolo chiave delle "motivazioni".

Per "motivare" è necessario affiancare l' "educazione" all' "istruzione". L' educazione rende meno arido l' insegnamento e gli conferisce un senso unitario (Big Ideas).

Ma la scuola di Stato non puo' divenire realmente "educatrice" senza farsi sempre più dottrinaria. Ecco allora la necessità di rompere il pernicioso monopolio.

A "motivare", è facile capirlo, sono innanzitutto "libertà" e "responsabilità"; chiunque constata che se scelgo la mia via sono motivato a percorrerla in modo onesto e senza sotterfugi, il mio fallimento non avrebbe scusanti.

Morale: favoriamo un sistema in cui i genitori possano scegliere la scuola per i figli, un sistema in cui il ventaglio dell' offerta sia variegato, un sistema in cui l' insegnante possa scegliere il piano educativo da privilegiare lavorando a fianco e con coloro che lo condividono.

I migliori hanno già iniziato a muoversi in questo senso, non perdiamo altro tempo.

***

Don Giussani parla spesso di "rischio educativo" riferendosi alla necessità che l' insegnante metta tutto se stesso nello sforzo di trasmissione del sapere. Ma questa esigenza è frustrata da John Dewey che richiama di continuo ad unsegnamento asettico e imparziale.

Sebbene la moderna scienza dell' apprendimento sia più vicina all' impostazione di Giussani, in molti difendono ancora Dewey, non tanto perchè credano nella sua visione, quanto perchè le vedono, e a ragione, come l' unica compatibile con la scuola di stato, come l' unica in gradi di evitare processi di de-scolarizzazione.

Meditazione libertaria su "L' Amaca" del 3.4.2011

Elogio di un truffato. Il truffato è il mio vecchio, caro amico David Riondino, ottimo poeta satirico (suggerisco “Rombi e milonghe”, Feltrinelli), attore, conduttore radiofonico, dicitore di vaglia come i fiorentini migliori. È di quelli che hanno perso il loro gruzzolo affidandolo al Gatto e alla Volpe dei Parioli. Ha rilasciato un´intervista (a Capponi del Corriere) che mi ha fatto inumidire gli occhi per quanto era serena, intelligente e pulita. Dice, in sostanza: sì, mi hanno turlupinato. Sono stato grullo. Ma siccome non ho mai creduto di valere per quello che ho, me ne sono fatto una ragione. Rido di me stesso e guardo avanti. Ho denunciato i miei truffatori, ma li ringrazio perché per una decina d´anni mi hanno fatto credere di essere un benestante. In un Paese che invidia i furbi, e deride gli ingenui, faccio un applauso solitario a David. No, non è un merito perdere quattrini, specie se se ne hanno pochi. Ma è un merito inestimabile sorridere alla sfortuna, allargare le braccia e dire: scusate tanto, ma tra le mie poche virtù la furbizia manca. Poi mi ricordo mio padre: «Guarda che gli onesti, alla lunga, vincono sempre». Purtroppo non è vero. Ma è vero che, anche quando perdono, perdono meglio.

Anch' io, leggendola al bar, mi ero compiaciuto della bella intervista, specie se raffrontata con quella della moglie.

Ma la cosa meraviglia fino ad un certo punto, riesco ancora a distinguere tra una Guzzanti e un Riondino.

Non sorprende neanche il buon Serra che di riffa o di raffa riesce sempre a tirar dentro un vieto stereotipo assunto per lui a categoria ontologica di riferimento: l' "Italia dei furbi". Un concetto sviante almeno quanto il tristemente noto familismo amorale.

Chissà con che piacere il Savonarola di Repubblica avrà letto la prima del Corriere di domenica. Peccato che la versione on line non renda lo spettacolo dell' impaginazione originale: "Fisco: evasione al 38%!... il contribuente italiano, in media, evade 17 euro e 87 centesimi per ogni 100 euro di imposte versate al Fisco...". 38, 17... e vai con i numeri...

Questo modo di scrivere (e titolare) con i piedi, è tollerato perchè molti lettori, essendo coniati con lo stampo del moralista, sorvolano (allegramente). E sorvolano anche quando si parla con faciloneria di "furbi" senza minimamente sospettare che un fenomeno (in contrazione) come quello dell' evasione fiscale, sia da noi storico e non certo dovuto a furbizia ma piuttosto alla tortuosità e alla discrezionalità del sistema, oltre che all' elevata pressione fiscale in abbinata con una spesa quantomeno discutibile. Ma per saperlo bisognerebbe dare la parola a chi studia in modo scientifico (e barboso) queste questioni anzichè ai furbacchioni con secondi fini dell' Agenzia delle Entrate, ovvero a una delle parti in campo.

Da notare poi il fine ragionamento dell' Agenzia: "... le regioni del Nord sono le più virtuose ma poichè sono anche le più ricche è lì che dobbiamo affondare gli artigli...".

Non pensa Serra che anche un soggetto che viene trattato a questa stregua meriti "L' elogio del truffato"? Ma a qualcuno basterebbe meno, basterebbe il diritto a far cessare la truffa ora che è palese.

sabato 2 aprile 2011

Abbiamo imparato più da un disco di tre minuti che da quello che ci hanno insegnato a scuola

Un apparato scolastico gicantesco e centralizzato: ecco la paura di don Sturzo.

E' anche la paura di Obama, che ha rilanciato le charter school.

E' anche la paura di Cameron (e Blair), che vorrebbe i fondi seguano lo studente.

E' la paura di destra e sinistra in Svezia, unite nel sostenere l' esperienza delle Friskolan.

Persino la Francia, "gigantesca e centralizzate" quanto noi, a fronte del tracollo nei ranking, si è decisa ad intervenire.

Giacomo Zagardo in questo libro passa in rassegna i sistemi scolastici europei e conclude che la libertà conta eccome: conta quella dei genitori di scegliere la scuola per i figli e conta quella degli insegnanti di lavorare fianco a fianco con chi condivide il loro progetto educativo.

Giacomo Zagardo - La punta di diamante - ISFOL

P.S. scusate se il titolo del post cita l' inno ufficiale della mia generazione:

Libertarianism A-Z: sport ed eventi

C’ è chi dice che l’ organizzazione pubblica di eventi (fiere, stadi…) sia dovuta: la città (o la Nazione) ci guadagna.

La mole di studi prodotta in merito non ha mai dimostrato questa tesi, nemmeno per eventi di risonanza mondiale come le Olimpiadi.

Si tratta spesso di passerelle che consentono al politico di pavoneggiarsi, non per niente l’ azione di lobbing praticata per ottenerle è molto forte.

L’ esito alla fine è sempre la solita lotta di classe: chiedere a chi non ama certi hobby di finanziare il divertimento di una élite potente.

Il ruzzolone ammortizzato

Johnatan Safran Foer - Molto forte, incredibilmente vicino - Guanda

"Osservate"!

Così il filosofo Bacone nel '600 incitava alla conoscenza attraverso il metodo sperimentale.

"Sì, ma cosa?".

Rispondeva tre secoli dopo il filosofo austriaco Popper.

Popper aveva capito che la scienza richiede un' eredità, una pianta su cui innestarsi, un bagaglio di conoscenze da completare-rettificare-confutare. La scienza, così come ogni conoscenza, richiede una relazione di paternità.

Ma il padre di Oskar Shell non c' è più, si è liquefatto nelle Torri Gemelle in seguito al tristemente noto attentato, cosicchè al figlio non è rimasto altro che l' assurdo comando baconiano.

Oskar Schell ha nove anni e un buco al centro di se stesso. Una volta era ateo, adesso non è che creda in Dio, crede che le cose siano "estremamente complesse". [La cosa più complessa di tutte è sua mamma].

Oskar ha sete di conoscenza - e questo è bene. Ma vuole e deve conoscere tutto - e questo è sommamente male.

il fatto è che la conoscenza di TUTTO è l' unica garanzia per capire i messaggi nella segreteria telefonica lasciati dal papà quando chiamava dal grattacielo in fiamme. Inoltre, sarebbe tanto bello riavvolgere la pellicola e tornare alla sera prima, quella in cui Lui si chinò sul lettino e gli disse "Buonanotte pulce, ti voglio bene". Bello ma difficile, la conoscenza di TUTTO gioverebbe.

Il problema di chi indaga per sapere tutto è che in questi casi tutto costituisce un indizio, il che è scoraggiante perchè più cose trovi meno capisci. Ma Oskar non sembra scoraggiato e inizia con diligenza la sua infinita investigazione: comincia con lo scavare dei buchetti al Central Park, da qualche parte bisogna pur incominciare, chissà che non scopra qualcosa, qualche cosa che lo aiuti a ricostruire il TUTTO. E' venuto alla luce un cucchiaino mezzo arrugginito: mmmmm... come collegarlo ai messaggi della segreteria?

Il cervello di Oskar è sempre in movimento, come uno squalo che se non nuota muore. Lui gli va dietro, lo rincorre, cerca di non perdere mai il passo.

Pensa continuamente, pensa a tante cose, pensa che Stan "non sarà mai il suo papà", pensa di chiedere alle persone (a tutti) se sanno qualcosa che lui dovrebbe sapere, pensa anche alle favole che precedevano il sonno, quando si faceva sotto, fin dentro l' ascella: "quello prima che cominciasse a raccontare era il mio momento preferito"; poi pensa alla carne alla piastra: "non voglio mangiare roba che ha dei genitori"; poi pensa al suo libro preferito - Dal Big bang ai buchi neri - anche se non l' ha mai finito perchè ci mette un' eternità a capire certi concetti matematici e la mamma non è d' aiuto. Pensa alla nonna, che prima di dare un parere deve sempre insultarsi un po' ("... io sono una zuccona, però..."). Pensa che c' è qualcosa d' insicuro nel modo in cui la mamma dice "sicuro!". Pensa se è il caso di farsi un altro livido in attesa che passino i 7 minuti di media necessari per addormentarsi. Nel ricordare il papà a caccia di errori sul giornale, pensa che "era bellissimo avere un papà più intelligente del New York Times"; poi pensa: "non devo comportarmi come il bambino che sono". Pensa di esseri innamorato talmente tante volte che forse quello non è amore. Pensa spesso ai castori: "la gente li ritiene grandi costruttori di dighe ma in realtà devono continuamente rodere alberi solo per limare i denti che crescono in continuazione... altrimenti crescerebbero nel muso e lo trapasserebbero uccidendoli", pensa che anche il suo cervello è un po' come i denti dei castori. Pensa a Stan, pensa se "si monta la mamma". Pensa a quelle parti dell' universo di cui non è sicuro nemmeno Stephen Hawking. Pensa se la mamma pensa ai suoi lividi: "non me li faccio per lei ma sarebbe bello se si ponesse domande allarmate". Pensa a quella casa in cui i pavimenti erano come scacchiere di marmo e i soffitti come torte. Pensa che se non fosse stata la sua vita non c' avrebbe creduto. Pensa a cosa ci sia di così orrendo nell' essere morti. Dopo aver fatto qualcosa senza pensare, pensa: "non c' è niente di male a non capire se stessi". Pensa che nel caffè freddo potrebbe mettere cubetti di caffè ghiacciato in modo che non si allunghi quando si sciolgono. Pensa ai tempi in cui a scuola il prendere da parte uno sfigato e intimargli: "dì che tua mamma è una puttana" costituiva un gran divertimento, pensa a quei tempi con una certa nostalgia (anche se lo sfigato era quasi sempre lui). Guardando la maglietta di un Tizio pensa "ma ami veramente New York?". Pensa: "i gatti che cadono dal ventesimo piano hanno più probabilità di sopravvivere rispetto ai gatti che cadono dall' ottavo piano: devono accorgersi di quel che sta succedendo per prendere la loro caratteristica forma a paracadute". Pensa che quella donna "ha una faccia tipo il contrario di quella della mamma". Pensa all' "investita" dal taxi e alla gente che guardava dai marciapiedi senza intervenire perchè avevano paura di non saper fare bene la respirazione cardiopolmonare. Nell' attesa, dopo aver suonato il campanello, pensa: "ma perchè la nonna non mi aspetta dietro la porta visto che per lei sono l' unica cosa che conta?". Dopo aver trattenuto la nonna al citofono con continue domande, pensa: "ora avrà il dito stanco".

E se proprio vuole smettere di pensare, ripassa le coniugazioni.

Anzichè rompersi le caviglie cercando di fare qualche trucchetto con lo skate, Oskar pensa a tutte queste cose e ad altre ancora. In genere pensa quando cammina per Manhattan, quindi ha molto tempo visto che non prende mai i mezzi ritenendosi un "bersaglio potenziale".

Inventare-ragionare-considerare-elaborare-argomentare-archiviare... ecco lo sterile rosario con cui elabora il suo lutto.

Concepisce invenzioni a raffica, se gli viene in mente qualcosa la dice, se ha davanti a sè qualcosa la guarda, la guarda nei particolari: nessun filtro lo preserva, nessuna selezione lo protegge e lo indirizza. Un' erudizione smisurata e disarticolata s' impossessa di lui e lui la cerca avidamente, non per un desiderio di conoscenza ma per "tirar su la lampo del sacco a pelo di se stesso". In fondo cerca un mondo in cui nessuno incontri nessuno, un mondo fatto di oggetti, ma anche gli oggetti non lo mettono al sicuro: sente addirittura di aver già nostalgia di quel che possiede.

Oskar ha da dire tutto ma non il modo per dirlo, ci passa di fronte lasciandosi dietro una scia di sintomi che sono la gioia del lettore ermeneuta.

venerdì 1 aprile 2011

Precari, precari, precari...

La sindacalizzazione e il problema del dualismo nel mercato del lavoro italiano, hanno dei precedenti?

Certo, e anche di tutto rilievo: il Sudafrica dell' Apartheid.

William Hutt è lo studioso che più è andato a fondo sul tema:




    ... apartheid originated as a labor-union mechanism for artificially restricting the supply of labor and thereby driving up wages for the privileged... nearly all the ensuing legal disabilities for blacks in South Africa stemmed from the problem of labor union political influence...

La crepa nel muro





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