L'origine delle terrorismo nostrano? Rossana Rossanda sul «Manifesto» sostenne che la cultura d’origine del brigatismo fosse comunista e che le Br condividessero «lo stesso album di famiglia» del Pci. Ma ci fu anche chi, come Giorgio Bocca, si domandò se le Br non avessero invece una matrice religiosa, da lui individuata nel «cattocomunismo». Tra i casi più clamorosi, Renato Curcio e Margherita Cagol, provenienti entrambi da un’educazione cristiana.
Visualizzazione post con etichetta italia terrorismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta italia terrorismo. Mostra tutti i post
mercoledì 21 febbraio 2018
giovedì 13 luglio 2017
Vogliamo i colonnelli
Vogliamo i colonnelli
Conati golpisti e nuove bombe: il piano Solo – I nemici della Repubblica: Storia degli anni di piombo (Italian Edition) di Vladimiro Satta
Golpismo e stragismo: due fenomeni da distinguere
lo stragismo, specie se indiscriminato, può essere funzionale a un pronunciamento militare successivo, però può anche servire a minare l’odiato e altrimenti invincibile potere in carica prima ancora di avere un piano preciso per sostituirlo, come si evince dall’opera di Freda.
Note:STRAGISMO SCOLLEGATO DAL GOLPISMO
I fascisti presidiavano alcune zone delle città rendendole infrequentabili da parte di chi era di sinistra o, semplicemente, poteva sembrarlo a causa del suo abbigliamento. L’ambiente di piazza San Babila a Milano, che era famigerato per episodi di questo genere, per ammissione di chi lo frequentava fu anche l’incubatrice delle Squadre di azione Mussolini (Sam), autrici dal 1971 al gennaio 1974 di numerosi piccoli attentati dinamitardi – rivendicati con volantini – contro sedi di partiti e associazioni di sinistra.
Note:ZONA FASCISTA
A destra, l’eversione era concepita in maniera più verticistica che a sinistra. I golpisti speravano nei militari, non nelle masse operaie e studentesche; i Freda e i Ventura, pur vagheggiando una destra di popolo, nel 1969 avevano inteso accelerare la distruzione del vecchio ordine più che iniziare a costruire il nuovo e, come sappiamo, non credevano nel metodo della lunga successione di attacchi adottato invece dai gruppi armati di sinistra.
Note:GOLPISTI DISINTERESSATI AI MICROCONFLITTI
Un controverso precedente degli anni Sessanta
La primogenitura spetterebbe, secondo alcuni, al piano di emergenza per l’ordine pubblico passato alla storia sotto il nome di «Piano Solo» che fu approntato nel 1964 dal comandante generale dei carabinieri Giovanni de Lorenzo.
Note:PRIMOGENITURA DEL GOLPISMO… SECONDO MOLTI
Si può prendere a campione di tale indirizzo storiografico l’opera di Guido Crainz, il quale individua nel Piano Solo la prima espressione eversiva dell’anticomunismo, ravvisa l’esistenza già da allora di un intrico comprendente sia militari che neofascisti in abito borghese e traccia una linea di continuità tra il tentativo autoritario del 1964 e gli attentati degli anni 1969 e seguenti, la quale a suo avviso passa anche attraverso il convegno presso l’Istituto Pollio del 1965. Lo schema di Crainz, quindi, tende a unificare golpismo e stragismo…. Negli anni 1969 e seguenti, i registi della strategia della tensione sarebbero stati costretti a defilarsi e a delegare le fasi esecutive alla manovalanza neofascista esterna a causa delle scoperte sul Piano Solo fatte dalla stampa di sinistra
Note:VULGATA: STRAGISMO E GOLPISMO UNITI NELLA STRATEGIA DELLA TENSIONE
Non tutti, però, condividono la suddetta lettura del progetto di de Lorenzo. Coloro che la criticano considerano il Piano Solo una risposta alle apprensioni del presidente della Repubblica Antonio Segni circa la capacità delle forze di polizia di tenere sotto controllo la piazza in caso di uscita del Psi dal governo, ancorché «smodata e indubbiamente fuori della legalità» (Giovanni Sabbatucci)3 in quanto non spettava al Quirinale disporre dei carabinieri per la gestione dell’ordine pubblico (Mimmo Franzinelli).
Note:UNA VERSIONE ALTERNATIVA
non fu «un vero progetto di colpo di Stato – intendendo con questo termine un piano volto alla conquista del potere per vie illegali – ma piuttosto una minaccia, uno spauracchio» agitato nel corso di una crisi di governo (Sabbatucci). In questo senso il Piano Solo funzionò, poiché Pietro Nenni, udito «rumore di sciabole», decise di proseguire con la formula di centro-sinistra invece di troncare la collaborazione con la Dc come avrebbero voluto altri esponenti del suo partito, e Aldo Moro poté formare un nuovo governo
Note:NON FU UN PROGETTO DI GOLPE E RAFFORZÒ IL CENTROSINISTRA
Non è detto, poi, che la crisi dell’estate 1964 fosse destinata a chiudersi diversamente se il Piano Solo non fosse mai esistito. È vero che la Dc non era pronta a formare un nuovo governo senza i socialisti, ma neppure questi ultimi erano pronti a isolarsi o tanto meno a tornare al frontismo con il Pci.
Note:E COMUNQUE LE COSE NON SAREBBERO CAMBIATE
Fino alle inchieste sulla crisi del 1964 nessuno aveva mai tacciato de Lorenzo di simpatie fasciste. Nel 1978, cinque anni dopo la morte del generale, Moro anzi rivelerà nel proprio memoriale che de Lorenzo aveva collaborato con lui nel 1960 «per fare rientrare nei binari della legalità la situazione incandescente creatasi con la costituzione del governo Tambroni», il che rappresentava semmai un intervento di dubbia correttezza ai danni della destra.6 È stato scritto di recente (Franzinelli) che qualora de Lorenzo avesse concluso la propria carriera per limiti di età a fine 1966, «gli storici lo ricorderebbero oggi come il “militare di sinistra”, protagonista della Resistenza, schedato nel dopoguerra per filocomunismo, paladino dell’apoliticità dell’esercito e modernizzatore dell’Arma dei carabinieri».
Note:DE LORENZO FASCISTA?
de Lorenzo, dopo la caduta, si sentì osteggiato dalle sinistre e abbandonato dal centro. Si schierò a destra perché quest’ultima invece lo difese e lo candidò in Parlamento.
Note:A DESTRA SOLO DOPO L’EMARGINAZIONE
In ogni caso, il Piano Solo si differenzia nettamente dai conati golpisti degli anni Settanta i quali, come vedremo, puntavano direttamente ed esclusivamente all’instaurazione di un regime autoritario al posto delle istituzioni democratiche
Note:DIFFERENZA CON I GOLPE ANNI 70
si rileva una contraddizione latente in quelle interpretazioni secondo cui stragismo e golpismo, considerati strumenti per fermare la contestazione studentesca e operaia, sarebbero stati forgiati nella prima metà degli anni Sessanta, vale a dire quando i fenomeni da combattere non erano ancora neanche spuntati all’orizzonte.
Note:CONTRADDIZIONI TEMPORALI NELLE TESI DI CRAINZ
Gli intellettuali, golpe e stragi. Un caso tipico: la presunzione di Pasolini
Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato «golpe» (e che in realtà è una serie di «golpe» istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna111 dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del «vertice» che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di «golpe», sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli «ignoti» autori materiali delle stragi più recenti.
Note:L’INIZIO DELL’ARTICOLO DI PASOLINI
Di regola, chi formula accuse senza avere prove né indizi non sa: presume.
Note:PRECISAZIONE
“Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.”
Note:LA FONTE DELLA CONOSCENZA PASOLINIANA
Le obiezioni da muovere alle asserzioni di Pasolini sarebbero tante. In particolare, definire anticomunista la strage di Piazza Fontana è improprio; chiamare antifasciste le bombe di Brescia e di San Benedetto Val di Sambro è addirittura aberrante, o forse semplicemente il risultato paradossale di un ragionamento talmente confuso e forzato in chiave polemica contro il potere da scambiare la repressione statale nei confronti degli eversori neofascisti con gli attentati mortali compiuti da questi ultimi.
LE OBIEZIONI A PASOLINI
L’articolo del 14 novembre 1974, invero, costituisce il peggio dell’opera di Pasolini, non un’espressione del grande talento artistico di cui egli era dotato e che gli va riconosciuto nonostante l’infelice pagina qui in oggetto.
Note:IL PEGGIO DI PASOLINI
Il suo intervento, oggi, è importante non per i suoi contenuti di bassissima qualità, bensì perché la versione e l’impostazione pasoliniana godono tuttora di una certa popolarità. Dopo di lui, sono fioccati gli «Io so, ma non ho le prove»
Note:MA PASOLINI VIVE
I seguaci e gli emuli dell’«Io so» di Pasolini sono, malgrado il valore dell’autore cui si richiamano, non dei coraggiosi eretici ma i continuatori di un intreccio tra il sospetto eretto a metodo, la presunzione e il dogmatismo che, casomai, ha qualcosa di inquisitorio…
IL TRISTE CORTEO DEI SEGUACI
Il golpe Borghese
In Italia, le premesse per una strategia golpista erano nettamente più sfavorevoli che nel 1967 in Grecia.
Note:ITALIA E GRECIA
massiccia resistenza che partiti di sinistra, sindacati e classe operaia avrebbero potuto opporre ai golpisti nostrani, all’assenza in Italia di una monarchia intrigante come quella che regnava in Grecia, al minor peso e prestigio di cui godeva il ceto militare da noi, alla prevedibile grave irritazione sovietica in caso di repressione del maggiore partito comunista dell’Occidente, gravida di complicazioni internazionali.
Note:DIFFERENZE
Tra Piazza Fontana e il golpe Borghese vi è una relativa prossimità cronologica, sufficiente per domandarsi se e quale nesso ci fosse tra i due episodi. Il giudice istruttore Guido Salvini risponde all’interrogativo affermativamente. Egli concede che non tutti i capi o i militanti del Fronte nazionale, «coinvolti nel progetto golpista, fossero anche complici o conniventi in una strategia stragista ma certo, a determinati livelli, i due progetti correvano su binari strategicamente paralleli».
Note:NESSO CON PIAZZA FONTANA
La nota del Sid rintracciata da Salvini, risalente al 16 giugno 1969, informa che un esponente (non nominato) del Fronte nazionale avrebbe rivelato ai dirigenti di una società metallurgica che il movimento aveva deciso di fare un colpo di Stato tra giugno e settembre dello stesso anno. Il pentito Sergio Calore dichiarò di avere appreso – a posteriori, da un membro di Ordine nuovo di cui non seppe fare il nome – che il golpe Borghese doveva originariamente avvenire un anno prima del dicembre 1970 e che le bombe del 12 dicembre 1969
Note:LA NOTA DEL SID
Il golpe Borghese non fu altro che la prosecuzione del disegno golpistico abortito nel dicembre del 1969 e portato avanti dal Delle Chiaie».
Note:GIUDICE SALVINI
Le dichiarazioni de relato di Calore hanno una logica, ma non spiegano né per quale ragione il golpe non sia scattato subito allorché le condizioni necessarie si erano verificate, né tanto meno perché il tentativo sia stato invece fatto a distanza di un anno, quando l’impatto emotivo del massacro e quello politico dell’incriminazione di Valpreda si erano attenuati di parecchio. Le parole di Bonazzi – mai confermate da Giannettini – metterebbero addirittura i golpisti e gli stragisti in opposizione fra loro.
Note:FALLE
Ulteriori perplessità sull’abbinamento tra Piazza Fontana e golpe Borghese derivano dal fatto che i soggetti imputati dell’attentato non coincidono con quelli imputati del tentativo di colpo di Stato, benché gli uni e gli altri fossero tutti fascisti.
Note:ALTRA FALLA… I SOGGETTI COINVOLTI
Resta dunque aperto il problema della predetta distanza tra i protagonisti dell’attentato di Piazza Fontana e quelli del conato golpista di un anno dopo. Salvini ritiene di colmarla sostenendo che «in molte situazioni geografiche i militanti di Ordine nuovo, e soprattutto di Avanguardia nazionale, costituivano la più importante ossatura operativa civile di cui i golpisti del Fronte nazionale disponessero»,19 ma – come si è detto – Delle Chiaie e i suoi, a differenza degli ordinovisti padovani, non sono stati giudicati responsabili di Piazza Fontana, cui risultano estranei pure Junio Valerio Borghese e il suo Fronte nazionale.
Note:DISTANZA TRA I PROTAGONISTI
i dirigenti nazionali di Ordine nuovo, stando alla versione di Pino Rauti, scelsero meditatamente di mantenersi estranei al progetto golpista: In un certo periodo si diffuse la voce che Borghese, […] popolarissimo in tutta la destra, si stava dando da fare perché aveva in mente qualcosa. Io conoscevo Borghese. Ci andai a parlare e gli dissi che volevo saperne di più sul suo progetto. Per questo inviai da lui una delegazione di tre elementi guidata da Clemente Graziani. La nostra delegazione frequentò il Fronte nazionale e i suoi dirigenti per una settimana. Quindi venne a riferire. Graziani mi delineò un quadro negativo. […] A quel punto, rompemmo i rapporti con Borghese, in maniera cortese ma ferma, dicendo che la cosa non ci interessava.
Note:RAUTI ROMPE CON BORGHESE
come si è documentato in precedenza, i preparativi del golpe Borghese erano più o meno noti ai servizi segreti italiani e statunitensi circa un anno e mezzo prima della notte dell’Immacolata 1970, eppure i cospiratori non erano stati bloccati. Perché l’operazione Tora-Tora non fu prevenuta?
Note:PERCHÈ LA MANCATA PREVENZIONE?
Secondo la documentazione di fonte Usa desecretata, gli statunitensi erano scettici sulla effettiva possibilità di un imminente colpo di Stato, sebbene fossero consci dell’esistenza di gruppi capaci di tentare «qualche azione irresponsabile» del genere, «dai risultati potenzialmente disastrosi», ed esprimevano giudizi negativi sulla persona di Borghese.
Note:SCETTICISMO
anche taluni avversari politici dei cospiratori ebbero notizia della trama, eppure anch’essi rimasero pressoché passivi. Un giornalista di sinistra, Camillo Arcuri, in un suo libro del 2004 ha rivelato che «ai primissimi giorni di settembre del 1969» ricevette nella cassetta della posta la fotocopia di un rapporto di tre cartelle dattiloscritte redatto da un ufficiale dei carabinieri (l’intestazione del comando di provenienza e la firma erano state però tagliate) sui preparativi di un colpo di Stato mirante a contrastare «l’avvento al potere dei comunisti». Il rapporto parlava di apposite riunioni svoltesi in un castello vicino Genova facendo i nomi dei partecipanti, una ventina, tra i quali il comandante Borghese.
Note:A SINISTRA SI SAPEVA
Da notare che il cronista non si rivolse all’autorità giudiziaria, per i motivi che lui stesso spiega: Rivolgersi alla Giustizia? Bello a dirsi, però senz’altro da escludere. Era ben noto come gli alti gradi della magistratura – lo dimostrava ampiamente l’ostracismo ai cosiddetti «pretori d’assalto» – fossero su posizioni di totale acquiescenza verso il potere, per cui mai e poi mai avrebbero deciso di procedere contro settori dello Stato, sia pure infedeli. Con buona pace dei magistrati che invece ce la mettevano tutta o che addirittura persero la vita a causa delle loro indagini sulle trame nere. Finì che Arcuri andò da Giorgio Azzari, «responsabile per la Liguria della mitizzata organizzazione di sicurezza dell’allora Pci», e il partito non trovò di meglio che far dormire un po’ di dirigenti e di sindacalisti fuori casa per alcune notti e preordinare una catena telefonica a scopo precauzionale.
Note:MA NON SI DENUNCIÒ
Pure nella destra parlamentare qualcuno sapeva che Borghese preparava un colpo di Stato: di certo, Giorgio Pisanò, il quale lo ha raccontato al giornalista Michele Brambilla negli anni Novanta. Pisanò, uno dei fondatori del Msi e futuro senatore di quel partito dal 1972 in poi per cinque legislature, nel 1970 era direttore del settimanale «Candido». Nel 1995 dichiarò: «Ho diffidato del principe Junio Valerio Borghese quando ha fondato il Fronte nazionale, come ho diffidato quando ho sentito parlare di colpo di Stato. […] Quando capii che si stava mettendo nei pasticci glielo dissi che stava sbagliando. […] Per noi è sempre stato un padreterno, Borghese, ma come comandante militare […] politicamente era uno sprovveduto».
Note:PISANÒ
Viene da pensare che la scarsa voglia di battersi con tutte le forze per fermare Borghese la quale accomunò diversi soggetti i quali, teoricamente, erano contrari al suo colpo di mano, si debba in qualche misura al medesimo fattore che poi incise anche e soprattutto sulla blanda reazione dello Stato dopo la notte dell’Immacolata: risultavano implicati in qualità di sostenitori e finanziatori dei golpisti grossi nomi dell’imprenditoria, massoni e alti ufficiali delle forze armate.
Note:IMPLICATI TROPPI NOMI GROSSI
Dal quadro emerso, si direbbe che nelle omissioni fu applicato non tanto il discutibile criterio garantista invocato da Andreotti, quanto piuttosto il criterio della tutela delle carriere di alcuni. Ciò spiegherebbe anche perché in larga parte le coperture stese all’epoca siano poi cessate a distanza di circa vent’anni: ormai, chi doveva fare carriera l’aveva fatta. Complessivamente, la vicenda del «malloppone» trasformatosi in «malloppino» rappresenta pertanto un caso di contributo e al tempo stesso di condizionamento verso un’inchiesta giudiziaria da parte del Sid e dell’autorità politica, originato non da intenti eversivi bensì da interessi particolari.
Note:MALLOPPINO E MALLOPPONE
Sono state proposte numerose versioni, essenzialmente congetturali, circa l’identità di chi decise di annullare l’operazione Tora-Tora in svolgimento e perché. Formalmente, il dietrofront fu comandato da Borghese. Si è detto da più parti, però, che Borghese diede ordine di ritirarsi a seguito di una comunicazione pervenutagli da parte di un personaggio influente, rimasto sconosciuto. In proposito, si è pensato soprattutto ad Andreotti (in persona ovvero tramite un proprio collaboratore di fiducia), oppure al capo della loggia P2 Licio Gelli… Ci sarebbe poi il tenente colonnello di artiglieria Amos Spiazzi, all’epoca in servizio nella caserma di Montorio Veronese, il quale è l’unico che abbia rivendicato la responsabilità di avere dissuaso Borghese invece di negarla come gli altri, ma lo ha fatto in termini assolutamente inverosimili…. Borghese, si rifugiò in Spagna all’indomani delle rivelazioni fatte dalla stampa e fino alla propria morte, avvenuta il 26 agosto 1974, mancò di chiarire i motivi…tra il 2005 e il 2006 è sopravvenuta la versione di Adriano Monti, secondo il quale la macchinazione si bloccò perché inopinatamente si era inceppata al suo interno e non per un altolà dato al comandante Borghese dall’esterno…. i congiurati contavano di ottenere il pieno appoggio da parte dei carabinieri di tutta Italia grazie a un «illustre ufficiale» dell’Arma il quale alle ore 24.00 del 7 dicembre «avrebbe fatto partire dalla sala trasmissioni [del Comando generale di viale Romania in Roma] a tutti i Comandi regionali» le istruzioni in tal senso. Il piano prevedeva che alle ore 22.00 un’automobile prelevasse l’indispensabile ufficiale presso la sua abitazione a Fregene per accompagnarlo in città, ma costui disertò l’appuntamento con gli uomini di Borghese, ai quali non restò che comunicare: «Il lupo non è stato trovato nella tana». Per questo, e non per altro, Borghese si risolse a pronunciare la frase: «Tora-Tora annullata…
Note:CHI ANNULLÒ TUTTO?
Monti testimonia che durante la preparazione di Tora-Tora alcuni domandarono «che cosa faranno le altre forze di polizia che operano a Roma, a Milano, a Bologna, a Genova, a Torino, a Firenze, a Napoli, a Palermo», altri manifestarono dubbi sulla previsione che l’intera Arma dei carabinieri avrebbe operato all’unisono con l’appello lanciato da viale Romania e, per tutta risposta, Orlandini disse loro: Abbiamo a disposizione un reparto della Folgore che opererà in Toscana, zona notoriamente difficile per la presenza di tanti fanatici comunisti. Esso coopererà con i carabinieri. Da Venezia giungerà un reparto di Lagunari, specialisti nelle azioni di commandos, e ad essi verranno affidati compiti delicati nella capitale. Di più non posso dirvi. […] Così, tra dubbi, esitazioni e perplessità, ci si avviò verso il giorno X, che giunse in verità prima del previsto. Rimanevano alcuni dubbi sulla condizione politica del capovolgimento. Orlandini si sforzava di convincere gli interlocutori che il comandante Borghese aveva pensato a tutto e che l’operazione politica si sarebbe svolta senza scosse e senza traumi.
Note:DUBBI E TENTENNAMENTI
La relazione di maggioranza approvata il 10 luglio 1984 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia P2 presieduta da Tina Anselmi dava per certo il «coinvolgimento significativo» di Gelli e altri piduisti nel golpe Borghese e, sulla base delle dichiarazioni del giovane neofascista Paolo Aleandri, definiva il ruolo del capo della loggia P2 «determinante nel contrordine». Tuttavia la Corte d’appello di Roma, il 26 marzo 1985, fu di avviso diametralmente opposto… la testimonianza di Aleandri, il quale personalmente non aveva partecipato al tentativo eversivo del dicembre 1970, era de relato (di terzo grado, nientemeno),… Il capo della loggia P2 si è proclamato completamente estraneo al golpe Borghese anche negli anni Novanta,… Andreotti, dal canto suo, si è detto «convinto che la notte dell’8 dicembre 1970 fu Almirante a informare la polizia delle mosse di Borghese, per evitare che il partito ne venisse coinvolto…
Note:GELLI COINVOLTO?
Andreotti, dal canto suo, si è detto «convinto che la notte dell’8 dicembre 1970 fu Almirante a informare la polizia delle mosse di Borghese, per evitare che il partito ne venisse coinvolto… L’ex missino Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse ha fatto il nome di colui che «ascoltava e riferiva ad Almirante»: si tratterebbe di Donato Lamorte….
Note:ALMIRANTE
Monti, piuttosto, ha chiamato in causa Andreotti in altra forma. Egli ha affermato che Herbert Klein, assistente del segretario di Stato Usa Henry Kissinger, aveva fatto sapere ai golpisti che gli americani auspicavano la formazione all’indomani del colpo di Stato di un governo presieduto da un democristiano di provata fiducia il quale, entro un anno, avrebbe dovuto traghettare l’Italia verso elezioni precluse ai comunisti: il personaggio indicato dagli americani era Andreotti. Monti non era in grado di dire se il prescelto ne fosse stato informato, né tanto meno se avesse accettato o rifiutato.45 Andreotti ha negato su tutta la linea. Se egli avesse avuto qualcosa da nascondere, difficilmente avrebbe appoggiato – per non dire ispirato – il lavoro di approfondimento condotto da Maletti intorno a un caso che giaceva su un binario morto… c’è un dettaglio cronologico che insospettisce. Monti, nel suo libro, scrive che «dal 2 dicembre [1970] ebbero inizio gli incontri preparatori per l’operazione» Tora-Tora;46 proprio il 2 dicembre 1970 il presidente del Senato Amintore Fanfani, nel suo diario, annota: «Apprendo dall’ambasciatore USA che Andreotti è andato in America. A far che?». Ottima domanda. La risposta reperibile nell’unico articolo di stampa che all’epoca vi fece cenno è: viaggio privato.47 La concomitanza con la fase cruciale della cospirazione di Borghese fu una pura coincidenza?…
Note:ANDREOTTI
La Rosa dei venti
Cominciamo dalla Rosa dei venti, una composita organizzazione che programmò un colpo di Stato, rimandò il tentativo un paio di volte e alla fine dovette abbandonare il suo proposito eversivo. I cospiratori della Rosa dei venti furono indagati dalla magistratura a partire dall’autunno 1973, a seguito di una documentata denuncia presentata alla questura di La Spezia da Giampaolo Porta Casucci, un medico ligure di estrema destra il quale era stato introdotto nell’organizzazione da alcuni camerati della zona.
Note:ROSA DEI VENTI
È praticamente certo che gli apparati di sicurezza fossero da tempo al corrente dei fermenti eversivi in atto. Proprio a La Spezia, il 5 novembre 1972, l’autorevole esponente democristiano Arnaldo Forlani, in un comizio del quale i giornali riportarono ampi stralci, alluse a «un tentativo disgregante, […] una trama che aveva radici organizzative e finanziarie consistenti, che ha trovato delle solidarietà probabilmente non soltanto in ordine interno ma anche in ordine internazionale, questo tentativo non è finito: noi sappiamo in modo documentato che esso è ancora in corso».
Note:TUTTI AL CORRENTE
Il giudice Tamburino quindi proseguì. Egli interrogò anche, varie volte, l’ormai ex capo del Sid Miceli (il quale nel frattempo, a fine luglio, era stato sostituito da Mario Casardi alla guida del servizio segreto) e il 31 ottobre 1974 spiccò un mandato di cattura nei suoi confronti. Il mandato, il cui testo integrale fu diffuso una settimana dopo la sua emissione dall’Ansa e rimbalzò sui giornali, accusava Miceli di aver promosso, costituito e organizzato un’associazione segreta di militari e civili mirante a provocare un’insurrezione armata e un illegale mutamento della Costituzione dello Stato e della forma di governo attraverso l’intervento […] delle forze armate dello Stato; a ciò servendosi di vari gruppi armati a struttura gerarchica collegati tra loro, […] diffusi in varie località […] con varie denominazioni (Gersi, Rosa dei venti, Giustizieri d’Italia eccetera) finanziati per fomentare disordini, commettere attentati, svolgere attività intimidatorie e violente; organizzando gruppi fiancheggiatori; predisponendo un proprio servizio informativo; approntando proprie gerarchie parallele militari e civili.
Note:SID SOTTO ACCUSA
Intervistato da Sergio Zavoli a inizio anni Novanta, Spiazzi spiegò che la struttura segreta cosiddetta parallela era «una predisposizione legittima di tutti i Paesi della Nato, che fin dal tempo di pace organizza, appronta mezzi, persone e anche reti di collegamento perché in caso di invasione del territorio nazionale questo territorio nazionale possa dar luogo a quel movimento di antiguerriglia e di appoggio all’eventuale esercito amico che permetta la riconquista del territorio stesso»… Dunque, l’organizzazione di cui parlava Spiazzi era una struttura con funzioni essenzialmente anti-invasione, molto somigliante a Stay Behind, in Italia comunemente chiamata Gladio. La riprova delle finalità di contrasto a un’eventuale invasione sta nelle dichiarazioni rese il 6 ottobre 1993 da Spiazzi all’ufficiale dei carabinieri del Ros Massimo Giraudo: l’organizzazione «era nata a seguito di una richiesta dello stato maggiore che aveva chiesto di elaborare una strategia difensiva alternativa a Gladio», da attuare a partire dalla violazione dei confini nazionali, «da contrapporre al pensiero militare americano che vedeva l’Italia come terreno di combattimento, con la Pianura Padana quale terreno preferenziale di scontro»….
Note:IL SID PARALLELO
Poco dopo l’arresto di Miceli, il procedimento confluì nell’inchiesta romana sull’insieme delle trame eversive, eventualità che era nell’aria già a fine ottobre 1974. Al solito, il passaggio fu motivo di polemiche tra coloro che ritenevano si trattasse di una normale e corretta scelta procedurale e coloro i quali invece lo vedevano come la sottrazione di un’inchiesta scottante dalle mani di un coraggioso magistrato di provincia e l’affidamento a una procura compiacente con gli imputati e più in generale con politici e militari. Di certo, il complotto della Rosa dei venti finì in un nulla di fatto,
Note:CONFLUENZA
Probabilmente, la Rosa dei venti fu soprattutto l’esempio delle degenerazioni cui erano esposte le organizzazioni miste di militari e civili di estrema destra e, al contempo, della superficiale incoscienza del pericolo da parte di chi vi si trovava in mezzo per disciplina militare o con intenti patriottici. In tutti i casi, né Piazza Fontana né altri attentati letali provenivano da lì (e, come ormai è abbastanza pacifico, non provenivano neppure da Stay Behind). La Rosa dei venti puntava semmai a un colpo di Stato, che una prima volta fu calendarizzato per il luglio 1973 e una seconda per i primi di ottobre, ma in entrambi i casi, in prossimità della data prevista, i protagonisti capirono di non essere ancora pronti e rinviarono… Piuttosto che alle stragi, il complotto della Rosa dei venti assomiglia dunque a quello di Borghese, di cui idealmente può essere considerato la continuazione. I cospiratori della Rosa dei venti tennero conto del grave insuccesso di Borghese e per questo, fin dalle prime riunioni, si sforzarono di impostare il progetto su basi più larghe, specie per quanto riguardava il coinvolgimento delle molteplici forze armate….
Note:CONCLUSIONE
Sogno e il «golpe bianco»
Il progetto concepito ma non realizzato da Edgardo Sogno fu eversivo, prettamente anticomunista, ma non fascista. Questo elemento di diversità politica rispetto alle trame nere gli valse l’appellativo di golpe «bianco».
Note:GOLPE NON FASCISTA
Il protagonista, il conte Edgardo Sogno Rata del Vallino, era nato a Torino nel 1915. Al termine degli studi, entrò nell’esercito come ufficiale di cavalleria. Era un personaggio all’antica, dal temperamento aristocratico. In gioventù fu monarchico e il suo attaccamento alle istituzioni e alle tradizioni sabaude lo indusse a una certa avversione nei confronti di Mussolini il quale le prevaricava, a suo modo di vedere… Nell’agosto 1938 partì volontario per la guerra di Spagna, per combattere dalla parte del generale Francisco Franco. Quando furono promulgate le leggi razziali antisemite Sogno, il quale non era ebreo, in segno di protesta camminò nel centro di Torino ostentando una stella gialla sul petto. Nel 1940 egli disapprovò l’entrata in guerra dell’Italia e dapprima partecipò a qualche manovra di palazzo mirante a una reazione monarchica contro il fascismo, poi si impegnò a fondo nella Resistenza. Prese il nome di battaglia «Franchi» e creò una propria organizzazione partigiana. Più volte catturato dai tedeschi e più volte evaso, fu autore in prima persona di azioni temerarie, quali travestirsi da ufficiale delle SS per fare rilasciare altri partigiani…
Note:SOGNO
Gli eventi precipitarono nel 1974, dopo che il 2 maggio le Br fecero irruzione nel suo ufficio di Milano. Non lo trovarono in sede ma in compenso trafugarono una grande quantità di documenti, tra cui un indirizzario di oltre cento persone che, per vie traverse, tempo dopo finì sui giornali. Sogno decise allora che era arrivato il momento di stringere i tempi. Con quali forze? Sogno, nelle sue rievocazioni, cita alcuni reparti militari e comandanti sui quali contava, ma anche altri che si sarebbero opposti, tra cui i vertici dell’Arma dei carabinieri.
Note:IRRUZIONE DELLE BR
«fu nello studio di Pacciardi […] che stendemmo insieme la lista del governo», ricorda Sogno e, dopo essersi autoassegnati la presidenza del Consiglio al primo e la Difesa al secondo,78 quest’ultimo pensò alle domande di Colli su dove stessero le forze, e dentro di sé rispose che «le forze erano lì».79 Il che dimostra che erano più fantasie che realtà.
Note:PIÙ FANTASIE CHE REALTÀ
Il giudice istruttore Luciano Violante si formò la «certezza che per il 15 agosto 1974 [fosse] stata programmata un’iniziativa diretta a sovvertire violentemente le istituzioni […] mediante un’azione violenta, spietata e rapidissima» che avrebbe costretto il capo dello Stato a sciogliere il Parlamento e a nominare un governo «composto da tecnici e militari», avente tra i suoi primi obiettivi «l’istituzione di campi di concentramento» e di un «tribunale straordinario». Sogno era il «promotore e organizzatore della cospirazione».83 Il 27 agosto 1974 la casa di Sogno fu perquisita e lui si nascose per non essere arrestato, cosa che invece gli capitò il 5 maggio 1976. Condotto a Regina Coeli, sarà scarcerato il 19 giugno e due anni dopo prosciolto dal giudice istruttore di Roma Francesco Amato «perché il fatto non sussiste»… Dopo il verdetto, ci furono polemiche sulla fondatezza dell’inchiesta torinese. Violante fu dipinto come un persecutore da alcuni settori politici e difeso da altri. L’ultima parola sulla questione fu dello stesso Sogno nel libro autobiografico uscito postumo, dove egli riconobbe a Violante di avere visto giusto circa le intenzioni eversive da lui avute negli anni Settanta, ma gli contestò di avere fallito nella raccolta delle prove….
Note:VIOLANTE
Dalle confessioni postume di Sogno e da quelle di [Alberto] Li Gobbi, altra medaglia d’oro della Resistenza, risulta oggi che le intenzioni di golpe sussistevano. Dai fatti risulta che il golpe abortì. Perché abortì? Innanzi tutto perché il ministro della Difesa Andreotti trasferì alcuni generali che avevano aderito ai progetti di Sogno, mentre il generale Palumbo abbandonò l’iniziativa e riaffermò la sua fedeltà al Governo. In secondo luogo perché tutti coloro che avevano dato assenso o adesione a Sogno erano dei capi. Mancavano i subalterni, i sottufficiali, le truppe. Subalterni, sottufficiali e truppe erano invece a disposizione degli esaltati che dirigevano Ordine nuovo. La terza ragione del fallimento dei progetti di Sogno e Pacciardi è che costoro e i loro sodali non si collegarono con Ordine nuovo. Il Mar di [Carlo] Fumagalli (medaglia d’argento partigiana) era collegato con Ordine nuovo. […] Non si collegò Sogno. Non riuscì o non volle? Forse non volle, perché quelli di Ordine nuovo dopo il decreto di scioglimento del novembre 1973, si erano dati alle tragiche follie degli attentati ai treni.
Note:TAVIANI RIFLETTE SUL GOLPE
La dichiarazione di insussistenza del fatto (giuridico) ha un fondamento nella natura sicuramente più immaginaria che concreta del «golpe bianco».
Note:INSUSSISTENZA
La maggiore prontezza dello Stato nel contrastare il «golpe bianco» di Sogno piuttosto che quello fascista di Borghese – per non parlare della strage di Franco Freda – concorre a smentire l’ipotesi secondo cui il vero obiettivo di golpismo e stragismo sarebbe stato la stabilizzazione moderata anziché la destabilizzazione. Sogno (e Pacciardi) erano di gran lunga più compatibili con la destra moderata e personalmente vicini ai suoi esponenti di quanto non fossero i neofascisti civili, militari o paramilitari, tuttavia furono repressi in tempi e modi più stringenti di questi ultimi.
SMENTITA ANCORA LA STRATEGIA DELLA TENSIONE
Iscriviti a:
Post (Atom)