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lunedì 2 marzo 2020

L'INCONSCIO MAMMESCO.

L'INCONSCIO MAMMESCO.

Una volta messo da parte Freud, resta comunque da chiarire a che cavolo serva l'inconscio. Quello sì che non possiamo metterlo da parte.
E' innegabile che l'inconscio talvolta guidi le nostre azioni. Non sarebbe meglio che la natura avesse affidato questo compito unicamente al cervello? Perché escludere la coscienza quando si tratta di prendere certe scelte? Siamo forse "costruiti" male?
Certo, per decidere ogni cosa in coscienza ci occorrerebbe un grande cervellone in grado di sopportare enormi carichi cognitivi, ma non è quello il motivo per cui la natura ha preso altre vie. No. Agire inconsciamente ci dà dei vantaggi strategici. Affidarsi all'istinto è infatti una garanzia che offriamo ai terzi: se faccio qualcosa perché manipolato da una "forza esterna", tutti avranno la garanzia che adempierò alle mie promesse volente o nolente. Se la faccio perché decido di farla, il tradimento sarà sempre dietro l'angolo, gli altri lo sapranno e non mi accorderanno la loro fiducia.
Molta della nostra comunicazione si basa sui "segnali", la presenza dell'inconscio fornisce segnali non falsificabili, quelli di maggior valore! E' questo il motivo per cui la natura ha "inventato" l'istinto.
L'istinto della vendetta, per esempio, è garanzia di pace tra gli uomini. Certo, la vendetta crea tanti guai, ci sono faide interminabili con una scia di sangue spaventosa. Condanniamo pure la vendetta ma non l'istinto della vendetta, perché a questo istinto dobbiamo molto. Chi pianifica un crimine verso di noi si trattiene poiché sa per certo che questo istinto guiderà la mia reazione al di là do ogni mio calcolo. Meglio quindi lasciarmi in pace!
L'inconscio è un modo per delegare certi compiti a "terzi" senza possibilità di revoca. Gli altri lo constatano e cessano di sospettare un ripensamento. Un po' come fanno i governi quando delegano la politica monetaria ai tecnici. E' il modo in cui i politici fanno capire ai terzi che la moneta di un paese è affidabile poiché non verrà mai stampata per a go go per vincere le elezioni. L'istinto di vendetta è un po' il banchiere centrale dell'anima.
Era difficile far ragionare mia mamma, e questo comportava molti inconvenienti, specie quando era malata. Ti diceva A, e poi faceva B, era più forte di lei, era come dominata da certi istinti "mammeschi" irrefrenabili. Eppure, devo riconoscere, che per tutta la vita quella sua ottusità ha costituito per me una grande garanzia di protezione: potevo contare su di lei, so che non poteva fare altrimenti.

venerdì 13 settembre 2019

IL DILEMMA DEI DUE LEONI. OVVERO A COSA SERVONO LE EMOZIONI

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IL DILEMMA DEI DUE LEONI. OVVERO A COSA SERVONO LE EMOZIONI
Nella savana, capita talvolta che i leoni più giovani sfidino i boss (sufficientemente sazi) per poter accedere al cibo. I vecchi spesso cedono il passo, hanno già mangiato a sufficienza e non vale la pena di assaggiare le ughiate dei giovani, anche se l'esito dello scontro sarebbe scontato. D'altro canto, quando un vecchio reagisce la sorte del giovane è segnata, eppure costui combatte lo stesso anziché darsi alla fuga come sarebbe logico fare. Naturalmente paga questa sua improvvida tracotanza uscendo malconcio dalla lotta con il boss.
Domanda: perché i leoni giovani sono sia razionali che irrazionali? Perché scelgono (ragionevolmente) di sfidare i boss satolli ma (irragionevolmente) non si ritirano quando il loro bluff viene alla luce?
Risposta: perché in natura la razionalità non paga, le strategie vincenti sono sempre "miste".
Se i giovani si ritirassero regolarmente, per i vecchi il costo di rispondere alla sfida si azzererebbe. L'irrazionalità del singolo (giovane) giova al gruppo (dei giovani) cosicché la natura ha selezionato una strana creatura mista, ora razionale ora irrazionale. Un po' come siamo noi. Ecco a cosa servono le emozioni: a sospendere la ragione quando esercitarla sarebbe dannoso.

venerdì 5 luglio 2019

NON CHIAMATELI NAUFRAGHI

NON CHIAMATELI NAUFRAGHI
Supponiamo che tu debba incontrarti alla mezza con un tuo amico a Milano senza che abbiate fissato un posto preciso per l’appuntamento. Dove vai?
Milano è grande ma un milanese doc non avrebbe dubbi: “sotto la cua del caval”, tradotto “sotto la coda del cavallo”. Tradotto: dietro il monumento equestre di Vittorio Emanuele II in piazza Duomo. Non è un posto come gli altri, per i milanesi è “il posto” degli appuntamenti (c’è sempre ombra). E’ probabile che lì incontrerai il tuo amico (se è milanese), anche in assenza di un accordo.
E adesso il rimando colto: lo stratega Thomas Schelling chiamava questi luoghi “punti focali” e ci costruiva sopra una teoria dei giochi. Non sono luoghi qualunque ma riferimenti importanti in caso di scarsa informazione specifica.
Ecco, se vuoi andare in Europa via mare ma non hai i mezzi per farlo, puoi sempre contare su punti focali molto importanti. Di solito si trovano a 40 miglia dalla costa libica.

martedì 29 maggio 2018

SCHELLING SPIEGA SAVONA

SCHELLING SPIEGA SAVONA
Schelling ci ha insegnato che per chiudere un buon contratto (o una buona pace) occorre una buona strategia, e ogni buona strategia implica un rischio: i generali ne anno qualcosa. Per esempio: puo’ essere razionale aggredire il nemico facendo saltare i ponti alle proprie spalle in modo da impedirsi ogni ritirata, in questo modo si segnala la propria risolutezza, l’altro magari si arrende e strappiamo una pace favorevole. Il bluff comporta un rischio poiché, non si puo’ escludere, nel caso l’altro non avesse “abboccato” ci avrebbe sbaragliato.
Altro esempio: se andiamo in Europa a battere i pugni sul tavolo otteniamo ben poco (vedi la sequela dei postulanti chiusasi con Renzi). Andiamoci allora facendo trapelare l’esistenza di un piano B autorevole (uscita dall’euro) che preoccupi la controparte. Tuttavia, affinché sia credibile occorre dare un ruolo da protagonista ad una personalità in grado di redigerlo con tutti i crismi (esempio: Savona… non Giorgetti). Ora ci si chiede: in caso di fallimento della trattativa il piano verrà attuato? E perché mai? Non è affatto necessario attuarlo; non è nemmeno detto che il piano debba esistere realmente, basta che – grazie all’autorevole figura di riferimento in grado di redigerlo – esista potenzialmente. Ai fini dell’esito della trattativa, infatti, che il piano sia reale o un bluff è del tutto indifferente. Ma c’è di più: chi tratta puo’ tranquillamente negarne l’esistenza, basta che la faccia “trapelare”, in questo senso il contenuto delle recenti pubblicazioni di Savona servono in modo eccellente alla bisogna… quelle di Giorgetti no.
Ecco perché oggi l’abortito governo giallo-verde nega risolutamente l’esistenza di un simile piano: non c’era e non ci sarebbe mai stato, il programma di governo era chiaro e il Presidente non ne ha tenuto conto dando la precedenza alle sue “visioni”. Probabilmente chi contesta in questa modo ha ragione: il piano non c0era e non ci sarebbe mai stato, del resto a cosa sarebbe mai servito? A nulla. Quel che serviva era Savona, non il suo piano, Schelling lo ha spiegato in modo convincente.

lunedì 26 febbraio 2018

Voto segreto

Di fronte a possibili minacce non è sempre un vantaggio avere un sistema trasparente. Il voto segreto, per esempio, è un sistema che toglie a chi vota ogni possibilità di provare per chi ha votato. Togliendogli la possibilità di provare come ha votato, si elimina anche la possibilità che venga intimidito. Non avendo la possibilità di provare se ha ceduto o meno alla minaccia, egli sa, e lo sanno anche coloro che lo hanno intimidito, che un' eventuale punizione non sarebbe collegata al modo in cui ha effettivamente votato.
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Razionalità stratgica

È ormai perfettamente chiaro che essere immutabilmente e manifestamente razionali nelle decisioni non è un vantaggio assoluto in situazioni di conflitto.
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Lucida follia

Molti pazienti negli ospedali psichiatrici sembrano coltivare strategie che li rendono meno vulnerabili alle minacce disciplinari e più capaci essi stessi di esercitare la coercizione. Un atteggiamento non curante o addirittura autolesionista nei confronti del dolore fisico - "mi taglio una vena del braccio se non mi lasci" - realizza un autentico vantaggio strategico nelle relazioni con i dottori.
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La nuova accademia militare

Nei servizi militari, diversamente che nelle altre professioni rispettabili, non esiste una controparte accademica, le accademie militari sono posti in cui si insegna piuttosto che fare ricerca. Sulla deterrenza, tanto per dire, non c'è una letteratura scientifica anche solo lontanamente paragonabile con la letteratura, diciamo, sull'inflazione, l'influenza asiatica, l'istruzione nella scuola elementare o lo smog.
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Sul saggio NON-USO della forza

Una teoria della deterrenza è, di fatto, una teoria di un abile NON-USO della forza militare e a questo fine la deterrenza richiede capacità ben più ampie di quelle strettamente militari.
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lunedì 12 febbraio 2018

La strategia del pazzo

L'efficacia di una minaccia è in relazione con la ragionevolezza dell'avversario: i pazzi, come i bambini, spesso non possono essere tenuti sotto controllo con le minacce. L'opzione per la follia diventa in molti casi una strategia ragionevole nonché particolarmente adatta all'ambiente in cui si compete.
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