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mercoledì 10 marzo 2010

Da qualche parte c' è sempre un Vasco Rossi

Leggendo le avventure stanziali del Giovane Holden ho notato che costui si esprime in perfetto italiano, perlomeno nella copia del mio libro Einaudi. Trovo la cosa inaudita visto che il caproccioso pupillo è progenie di famiglia americana doc e non si è mai avventurato al di fuori dell' asse Pensylvania-Manhattan. Se comunque devo dire... la cosa non mi disturba.

Leggendo le avventure di Renzo Tramaglino, rilevo il linguaggio insolitamente forbito di questo contadinotto lecchese in procinto di accasarsi. In verità me l' hanno fatto notare altri, poichè la cornice è talmente in armonia con il quadro da passare inosservata.

Il minuscolo protagonista del "Factum est" testoriano ansima, impetra, implora, urla, maledice, benedice, prega, guaisce e spira spappolandosi in modo che molti contestano ideologicamente.

Peccato per loro, si sono persi un pezzettino d' arte vera. Ok, in giro ce n' è tanta e recupereranno presto con il concerto di Vasco Rossi, ma resta pur sempre uno spreco.

Quella minuscola ed espressiva agitazione, nel testo si giustifica così: bisogna scuotere la futura non-madre affinchè resista alla proposta di raschiamento avanzata dal futuro non-padre. Oltretutto, il perfetto non-Padre sta perdendo la pazienza e tra un po' mi sa che mena pure.

Cederà! Cosicchè un cristo in miniatura soffocherà nel suo sangue attaccato alla placenta come l' eretico al palo prima che il fuoco gli arricci la pelle.

Chi mette l' ideologia nell' attico e l' arte in cantina, lo riconosci subito: il patetico monologo dell' inerme Presenza lo ispira al punto che non puo' trattenersi dal declamare su cellule neuronali ancora da farsi ed altre amenità varie. Il sipario deve ancora scendere ma lui ha già intrapreso il suo personale trip bioeticista.

Lo sappiamo che in fondo basta un pianeta spento e minuscolo per oscurare un sole enorme ed infuocato. Allo stesso modo nel cervello di taluni basta l' eco del giornalista lunare Massarenti per eclissare il Poeta solare Testori.

Devo ammettere che l' obiezione del Caulfield italofono ha una pregnanza e una capacità spiazzante più meritevole di approfondimento.

Mai come qui si coglie la distanza tra scienza ed arte, la dimestichezza con l' ipotesi contorta che la prima richiede e la seconda disdegna.

Sarà per questo che l' artista è chiamato a depositare il suo particolare occhio cieco/vggente sulla superficie del Reale, sarà perchè si sente chiamato all' ubbidienza verso il santo comandamento della Poetica aristotelica: "molto meglio inscenare un impossibile verosimile che un possibile inverosimile"