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giovedì 20 dicembre 2012

Film visto ieri: L’ imbalsamatore

… mi fa andar via il latte…
Con questa laconica scusa Sara si è dapprima rifiutata di affiancarmi nella visione.
Tuttavia si sbagliava, nonostante le carcasse di uomini e animali abbondino, siamo ben distanti dal film horror.
Il genere resta indefinito. Resta indefinita persino la relazione di fondo che lega i due protagonisti e muove tutta la storia: boss/affiliato? maestro/allievo? padre/figlio? amante/amante?
Che il mare non bagni Napoli, qui lo si vede chiaramente. La costiera amalfitana è lontana anni luce.
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Lui, il bellissimo Valerio, sceglierà la bellissima Deborah o il perverso nano gay cinquantenne? Il fascino del tassidermista sembra avere lentamente la meglio sia su Valerio che su di me. Deborah e Sara non hanno parole.
Allo Zoo l’ incontro fatale.


Un napoletano solfeggiato dall’ inizio alla fine come meglio non si potrebbe produce un effetto/realtà che nemmeno la musica patinata riesce a guastare (Rava, un po’ meno eco, per la miseria!).
Garrone è il meglio su piazza e con lui non ha senso smettere, quindi presto ci toccherà anche Reality.
Tuttavia non sono arrivato a questo film pedinando il regista. Mi ero invece appassionato al processo subito da Lucio Fulci (e produzione) in seguito alla bollente scena in cui la Bouchet nuda seduceva un bambino. Gli imputati se la cavarono egregiamente poiché riuscirono a dimostrare che il bambino ripreso di spalle era in realtà un nano. Per la precisione Ernesto Mahieux, ovvero l’ “imbalsamatore” di trent’ anni dopo.

venerdì 13 giugno 2008

Finalmente due Film

Trascinato al cine dalla miri ora le rendo grazie, finalmente ho potuto vedere due film italiani notevoli: Gomorra e Il Divo.

Il primo mi è decisamente piaciuto, è un film realistico e noi italiani abbiamo un debole per il genere. Asciutto, privo di moralismi e pallose denunce; cio' probabilmente lo rende superiore al libro. Chi è disinteressato al problema della camorra non commetta l' errore di disinteressarsi a questo bel film.

Il Divo si presenta ben diverso ma (quasi) altrettanto riuscito.

Sorpresa: le ambiguità non caratterizzano tanto la personalità andreottiana quanto piuttosto il tessuto drammatico del racconto. Tutto diventa palude sgargiante. Non esattamente il contesto ideale per chi è in cerca di chiarezze che consentano di fare i conti con la storia italica.

Andreotti sembra non abbia gradito l' omaggio, probabilmente per gli stessi motivi che hanno indotto molti anti-andreottiani a storcere il naso: non è la voce di Andreotti ad essere genialmente inattendibile, quanto la "voce" che narra le sue vicende.

Andreotti viene così privato del suo virtuoso talento elusivo mentre i complottisti della loro acida contro-informazione così tronfia nella sua sicumera. Questi ultimi vengono invece invitati a rilassarsi, magari scatenandosi al ballo del toop toop.

Non vedo nemmeno una denuncia contro la classe politica italiana del tempo. Vedo solo un occhio che, ovunque rivolga il suo sguarso, non cesserebbe di vedere un mondo siffatto.

Le pavane che mostrano il Divo Giulio passeggiare cogitabondo e immerso nei suoi misteri con mezzo mondo come scorta che mette sottosopra la Roma notturna, fanno da contraltare le stranianti presenze DAAAHHH DAAAAHHH DAAAHHH (la miri, che non è certo una menefreghista disimpegnata come me, alla fine cantava come un fringuello il motivetto).