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martedì 29 luglio 2008

Il capitalismo del "Buon Samaritano"

Con Enron falliva il capitalismo cattivo, quello avido. E a molti è piaciuto emettere in modo stentoreo una denuncia di cui sento ancora l' eco.

Come mai la stessa lamentazione non è seguita alle crisi di Fannie Mae e Freddie MacFanny?

Forse perchè con quelle banche a fallire era il capitalismo "buono".

Sul baratro si sono trovate quelle banche "con un cuore" per cui non ha senso "prestare i soldi a chi già ce li ha", quegli istituti per cui "è giusto dare un' opportunità anche a chi non puo' offrire garanzie".

Il capitalismo buono quindi, sempre attento alla sua missione sociale. Non solo, la sua missione era anche osservata con benevolenza e sostenuta dalla politica che concedeva prestiti agevolati ai buoni samaritani; che dimostrava in mille modi come, in caso di bisogno, sarebbe intervenuta prontamente.

Ma è ancora mercato questo? Non lo è nemmeno secondo Lawrence Summers, il quale parla di "fallimento sociale" piuttosto che di "fallimento di mercato":

"... how about chartering private companies as government sponsored enterprises with the mission of promoting home ownership affordability? Give them boards with some private representatives and some public representatives. Make clear that government stands behind their capital market innovations so they can borrow more cheaply and pass the savings on. Exempt them from the state local taxes that others pay. Give them specific objectives on affordability that they must meet. Rely on a special government regulator to assure that they balance their social responsibility with their drive to profit. Harness the profit motive to meet a social objective... But market discipline was nearly nonexistent given the general perception -- now validated -- that their debt was government backed. Little wonder with gains privatized and losses socialized that the enterprises have gambled their way into financial catastrophe..."

mercoledì 25 giugno 2008

L' importanza delle regole. Italia in cattedra, USA al banco

Molti, guardando scoraggiati il capitalismo italiano e alle regole che lo disciplinano, indicano sospirando l' inesorabile puntualità con cui colpisce il controllore americano.

Le retate di manager, poi, mandano in sollucchero l' animo giustizialista di chi vede nella mannaia la soluzione definitiva.

Quando poi si spiano i pensieri provenienti da oltre oceano (perchè le beghe le hanno anche loro e non poche), di cosa ci accorgiamo? Qual è la soluzione invocata nel paese che ha già risolto tutto?

"Il modello italiano". Un modello di governance della finanza basato sui principi anzichè sulle regole.

Lacci e lacciuoli? Sì, in america però. Lì la proliferazione delle regole è responsabile dell' impennata di formalità e frodi.

Del resto le dritte del grande truffatore finanziario John Law parlano chiaro: per fare veri colpacci occorre un sistema pieno di regole.

E' ovvio, passi inosservato, tutti sono impegnati a compilare il loro modulino. Passi inosservato specialmente se tu sei il campione dei "modulini".

Il John Law dei nostri giorni avrebbe vita facile negli USA ma non in Italia. Qui vigono i "principi", non le regole, qui s' inquadra una sostanze è c' è un monarca (l' authority) che di volta in volta dà specificazione alla sostanza. Qui non ci freghi con i modulini.

E' il mondo alla rovescia quello presentato dal New Yorker. Nella governance finanziaria italiana la normativa si produce con le consuetudini specificate dall' authority sempre attenta ai fatti e refrattaria all' illusionismo formalistico su cui John Law e molti suoi simili puntavano tutto.

Anche così si spiega la tenuta eccellente delle dighe che hanno preservato il Bel Paese dall' inondazione dei Sub-prime

D' accordo, la finanza è affare internazionale e non c' è diga che tenga. Ma per intanto gonfiamo il petto e gustiamoci il brivido di salire in cattedra.

E' il mondo alla rovescia, il mondo anglosassone viene a lezione di common law nel bacino mediterraneo!

Nelle parole di Surowieki:

"... bank regulators in Italy, following a principles-based strategy, succeeded in keeping big Italian banks from heavily investing in subprime derivatives, even though such investments wouldn’t have broken any laws..."

Capire la differenza tra "regole" e "principi" è facile. Basta pensare al calcio e al football americano.

"... It’s something like the difference between football and soccer. Football, like most American sports, is heavily rule-bound. There’s an elaborate rulebook that sharply limits what players can and can’t do (down to where they have to stand on the field), and its dictates are followed with great care. Soccer is a more principles-based game. There are fewer rules, and the referee is given far more authority than officials in most American sports to interpret them and to shape game play and outcomes. For instance, a soccer referee keeps the game time, and at game’s end has the discretion to add as many or as few minutes of extra time as he deems necessary. There’s also less obsession with precision—players making a free kick or throw-in don’t have to pinpoint exactly where it should be taken from. As long as it’s in the general vicinity of the right spot, it’s O.K...."

"... It can make life easier for honest corporations, since they have to spend less time complying with overly complex rules, and also thwart dishonest ones, since regulators can spend more time looking at the substance, rather than the minutiae, of corporate bad behavior. It has been argued that Enron might have found it harder to get away with its shenanigans under a principles-based system, since many of the company’s gambits, while following U.S. accounting rules, nonetheless violated fundamentals of financial reporting..."

martedì 19 febbraio 2008

La responsabilità etica finisce in tribunale

L' Ancona calcio, solo qualche mese fa, si lanciava in proclami nei quali sottolineava il proprio impegno etico nella gestione. Oggi è caos totale e le liti sono finite in tribunale. La responsabilità etica nelle aziende funziona ben poco, speriamo che i managers tornino ad offrire profitti ai loro azionisti, è l' unico modo in cui possono servire la società.

sabato 9 febbraio 2008

Giustificare lo stipendio dei CEO

Nuovo studio.

"...In particular, in the baseline specification of the model’s parameters, the six-fold increase of U.S. CEO pay between 1980 and 2003 can be fully attributed to the six-fold increase in market capitalization of large companies during that period..."

lunedì 14 gennaio 2008

Come convertire l' economista austriaco?

Sappiamo come Bruno Leoni si rifiutasse di credere alle prodezze spaziali dei sovietici (Martino docet). Come puo' infatti un Paese socialista spingersi tanto in là nello sviluppo tecnologico?
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E' solo un piccolo aneddoto per chiedersi cosa serva per convertire un ardente sostenitore del paradigma austriaco!

Effettivamente qualcuno ritiene che la visione austriaca sia ideologica. In quanto tale niente più che un semplice apparato razionale non soggetto a verifica fattuale.

Ma come puo' esistere una forma di utilitarismo - perchè Mises era un utilitarista - restio a scommettere sui fatti?

La questione potrebbe essere prontamente chiusa dicendo che l' unico "laboratorio" riconosciuto probante dall' austriaco sia quello della storia. Inutile insistere alla ricerca di conferme che non siano di portata storica.

Questo appello alla storia sarebbe singolare per un approccio che nasce con Menger proprio in opposiziono allo storicismo dell' economia tedesca di allora.
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Certo, il fallimento dei socialismi viene considerato dagli austriaci come una conferma delle loro teorie. Ma siamo sicuri che un eventuale successo di quei sistemi sarebbe stato interpretato dagli austriaci come una smentita del loro approccio?
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Anch' io, devo ammetterlo, vedo Mises/Rothbard come ideologi.

Come i diffusori di un' ottima ideologia, dell' ideologia più solida per chi vuole dare stabilità al pensiero liberale. Di un' ideologia che, occasionalmente, puo' anche sfruttare le argomentazioni e le verifiche che l' economia formale è in grado di fornire.
Per quanto queste stampelle vengano spesso sfruttate, si tratta di attrezzi che non sarebbero nemmeno necessari.
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In un recente post, Lamiadestra chedeva ai sostenitori della visione austriaca se avessero consigli concreti da dare al manager dell' impresa privata o al politico intento a formulare i suoi piani economici.

Il risultato di una simile provocazione è prevedibile: il manager deve avere la libertà di agire come crede mentre il politico deve ispirarsi a ricette liberali.
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Ma perchè questa distinzione? Perchè l' austriaco ha la ricetta per il piano politico e non quella per il piano manageriale? Perchè alcune organizzazioni lo interessano e altre no?

Mistero.

Qualcuno potrebbe opinare che un meccanismo come quello della concorrenza di mercato è applicabile solo tra imprese e non all' interno dell' impresa.

Sarebbe un' obiezione futile, esistono mille modi per introdurre la concorrenza anche all' interno dell' impresa.

Esistono infatti governance possibili per far emergere dal basso, anche nell' impresa, le decisioni strategiche. Eppure non sembra che se l' imprenditore imponga le sue decisioni (up-bottom) a tutti, la cosa scandalizzi l' "austriaco".

E' la questione delle dimensioni dell' impresa. Il rothbardiano ha qualcosa da dirci su questo tema?

Forse ci dirà che l' impresa è un accordo volontario e, finchè resta tale, il suo contenuto è libero.

Ovvero: l' organizzazione dell' impresa è libera.

Ma questo discrimine per cui, a priori, il consenso va bene e la coercizione no, è un discrimine ideologico.

mercoledì 9 gennaio 2008

sabato 29 dicembre 2007

La critica alle stock option ferma il vento con le mani

Fabio Tamburini passa in rassegna le critiche sul sole del 291207 p. 12. In realtà di critiche fondate non ne esistono. Neanche il caso di Mediobanca, dove Cuccia e Maranghi sempre rifiutarono questa forma di copmpenso, puo' fare testo visto che proprio lì, per altri dipendenti di alto rango, quello stesso strumento è stato ampiamente utilizzato.

Qualcuno dice che i compensi a volte diventano sproporzionati ed eccessivamente elevati. Ma perchè nessuno ha da ridire su quanto incassano gli imprenditori, mentre le stock option ai dirigenti fanno tanto scandalo?