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venerdì 24 agosto 2018

L’arbitrario primato dei sensi SAGGIO

L’arbitrario primato dei sensi

Philosophical Preliminaries. Appunti nel corso della lettura del capitolo 7 di “Approaching Infinity” di Michael Huemer.
  • Il positivista non pensa possa esserci una reale conoscenza del mondo se non in base a Tutte le realtà non osservabili sono per lui letteralmente senza senso, il che comporta la liquidazione di interi settori del sapere tradizionale come teologia, metafisica e etica.
  • Il positivismo è una filosofia contradditoria poiché la veridicità dell’assunto fondamentale di cui sopra non è osservabile quindi, per la stessa filosofia che lo professa, falso o senza senso.
  • Peter Van Inwagen definisce in soldoni il positivismo come un eccessivo rispetto per la scienza: solo la scienza conosce. Per Hume (capostipite dell’empirismo) tutti i libri che non contengono matematica e scienza possono essere bruciati senza danno per l’uomo. Il positivismo oggi barcolla tuttavia resta influente, magari in modo inconscio,. E’, per esempio, alla base di teorie come la meccanica quantistica (interpretata come fisica indeterminata), la teoria della relatività (interpretata come reversibilità del tempo) o il formalismo matematico (una filosofia antirealista della matematica). Molti, che respingerebbero il positivismo se posti esplicitamente di fronte a questa opzione, poi adottano interpretazioni positiviste di queste teorie, da qui l’opinione per cui l’empirismo detti ancora l’agenda occulta dei lavori, specie nel mondo anglosassone.
  • Conservatorismo fenomenico (CF): l’apparenza fino a prova contraria giustifica razionalmente una credenza. Ecco un primo concetto per sottrarsi all’imperio positivista. Ci sono apparenze sensoriali (guardo dalla finestra e vedo uno scoiattolo), mnemoniche (ieri sono caduto dalla bicicletta) e razionali (il numero tre esiste). Ebbene, non esiste alcuna base razionale per dare il primato ai sensi (come vorrebbe fare il positivista).
  • Chi accetta il conservatorismo fenomenico accetta l’esistenza dei giudizi sintetici a priori (GSA) (una realtà rigettata dai positivisti e di cui si discute da tre secoli). Un tale giudizio è vero a priori ma la sua negazione – contrariamente ai giudizi analitici – non comporta una contraddizione. Esiste il numero 3? Noi diciamo di sì senza bisogno di ricorrere all’osservazione, ma qualora qualcuno lo negasse probabilmente sbaglierebbe ma non incorrerebbe in contraddizioni di sorta.
  • Esempi di giudizi sintetici a priori: un oggetto non puo’ essere tutto rosso e tutto blu; meglio essere felici che tristi; è immorale uccidere o tormentare l’innocente; il presente precede il futuro; non esiste uno spazio a 8 dimensioni; ogni evento è causato da un altro evento; se A è dentro B che è dentro C allora anche A è dentro C; il bianco è più simile al rosa pallido che al blu; il numero tre esiste; sono in libero, almeno in parte; una cosa o è vera o non lo è; Dio esiste (o non esiste). Numeri, spazio, colori, etica, causalità, probabilità, teologia, psicologia… i GSA coinvolgono molte aree del sapere, liquidarli come insensati è quantomeno azzardato.
  • Perché questi giudizi sono sintetici? Perché negarli non comporta contraddizione, esempio: non esiste un definizione di rosso e verde, i due colori vengono “definiti” solo indicandoli (per ostensione), in questo senso se qualcuno mi indicasse un oggetto contemporaneamente rosso o verde la mia intuizione sarebbe smentita senza per questo che si realizzi una contraddizione. Ma perché sono a priori? Qui la cosa migliore è ricorrere ad un noto esperimento mentale: dalla nascita qualcuno vi tiene addormentati inducendo in voi dei sogni; quando vi svegliate vi viene rivelato che tutta la vostra esperienza sino ad oggi non è reale ma indotta e manipolata. Ecco, ciononostante, anche sapendo che la vostra esperienza non è reale, continuerete a credere che un oggetto completamente rosso non potrà mai essere completamente verde, il che testimonia come l’esperienza stessa abbia un ruolo del tutto secondario secondario in questa credenza. Detto in altri termini: si tratta di un giudizio a priori.
  • Il positivismo vince o perde sulla questione dei GSA. La fonte dei GSA è l’intuizione razionale giustificata dal conservatorismo fenomenico. Si puo’ dire che la miglior alternativa al positivismo sia la filosofia del buon senso (padre putativo Thomas Reid): i sensi non hanno il monopolio della giustificazione, anche memoria e intuizione razionale, per esempio, hanno pari valore epistemologico.
  • Un altro vulnus del positivismo logico sono i paradossi logici a cui soggiace. Attraverso i GSA, in particolare grazie al concetto di “impossibilità metafisica” (IM) sarebbe possibile superarli, ma questi sono concetti tabù per il positivista. Una proposizione è “logicamente impossibile” se contraddittoria mentre è “metafisicamente impossibile” se inconcepibile. Il positivista si adatta obtorto collo alla prima impossibilità ma non alla seconda, per lui sarebbe concedere troppo all’apriorismo. Si noti l’ IM non è legata alla violazione di leggi della natura, noi, infatti, potremmo anche “concepire” un universo con leggi newtoniane.
  • La fantascienza ci aiuta meglio a capire il concetto di IM: quando diciamo che un film di fantascienza è brutto? Quando è inverosimile, ovvero difficile da concepire. Un film in cui il tempo è reversibile, per molti è brutto. Un film di fantascienza in cui non esiste legge di gravità invece non crea obiezioni. Nessuno capisce la meccanica quantistica MQ perché nella sua interpretazione attuale è “inconcepibile”, cosicché un film di fantascienza governato da leggi quantistiche risulterebbe ai più brutto. Un film in cui si vive in uno spazio ad 8 dimensioni è brutto perché noi non riusciamo a concepire uno spazio a 8 dimensioni.
  • Tra GSA e IM il legame è evidente: ritenere che un oggetto non possa essere completamente bianco e allo stesso tempo completamente rosso significa esprimere sia un GSA che una IM. Negare questa verità, del resto, non significa cadere in contraddizione: potremmo farci sopra un film di fantascienza ma sarebbe un brutto film. Concetti come GSA e IM sono tabù per l’empirista.
  • Tesi del libro: molti paradossi legati al concetto di infinito possono essere risolti adottando il concetto di IM (e quindi sdoganando i GSA). Questa via, ovviamente, comporta il rigetto del positivismo come filosofia della scienza, che in effetti è impotente contro simili paradossi. Il positivista si appiattisce sulla mera logica snobbando cio’ che è inconcepibile: tutto è concepibile se non dimostrato falso dall’osservazione, ma la mancanza di una simile dimostrazione è irrilevante per il buon senso del CF che accetta le apparenze fino a prova contraria. Per il positivista l’apparenza puo’ essere chiara finché si vuole, tutto va dimostrato per essere giustificato e in assenza di una dimostrazione ogni apparenza – che non sia quella dei sensi – va rifiutata.
  • Da quanto detto capiamo che esperienza e testabilità fattuale sono concetti ben diversi: le nostre esperienze sono zeppe di semplici “apparenze” che vanno poi testate. Tra i fatti (che appaiono) e il positivismo c’è quindi un continuo conflitto. Il positivismo non è affatto la filosofia che mette al centro i fatti ma la filosofia che mette al centro i sensi.
  • Cos’è la matematica? Per la filosofia del buon senso è cio’ che appare: un corpo di conoscenze a priori – in parte sintetiche in parte analitiche. Per il positivista invece è una manipolazione convenzionale di simboli. Il fatto è che per tutti noi la matematica appare così com’è in modo del tutto naturale e non c’è bisogno di aderire ad alcuna convinzione per capirla. Per tutti noi la matematica non è un’invenzione arbitraria dell’uomo: è quella che è, ed è così per tutti. La chiarezza e l’accordo universale che si realizza nel mondo matematico non deriva da una mega convenzione stipulata tra gli studiosi ma molto più probabilmente dal fatto che la matematica è quella roba lì e “appare” a tutti nella stessa maniera, anche a chi non intende stipulare convenzioni di sorta.  Come esce da questo imbarazzo il positivista? Sempre alla stessa maniera: si tratta di apparenze indimostrabili, quindi siamo liberi di credere quel che più ci fa comodo e in questo caso l’approccio formalista ci fa comodo perché non ricorre ai GSA e alle apparenze.

giovedì 28 settembre 2017

Evviva la terra piatta


Evviva la terra piatta


La mia impressione è che il 100% di coloro che credono nella “Terra Piatta” assomigli molto al 95%di coloro che credono nella “Terra Sferica”. Non farei una grande distinzione tra questi due gruppi umani. Mi spiego meglio.
***
Chi crede nella “Terra piatta” ci crede perché la vede piatta.
Chi crede nella “Terra sferica” ci crede perché la vede sferica.
In realtà, chi crede nella terra piatta ci crede perché la vede piatta e anche perché lo dice il dio-Quelo.
In realtà, chi crede nella terra sferica ci crede perché la vede sferica e anche perché lo dice il dio-Scienza.
In genere chi crede nella terra piatta sa parlarti del dio Quelo mentre chi crede nella terra sferica non sa dirti molto del dio Scienza, se non che abita all’ università, dove studia il suo figlio sacerdote.
Il dio Scienza, a quanto pare, è piuttosto oscuro ai suoi adepti.
A complicare le cose ci sono quelli di Alfa Centauro. Chi osserva la terra da lì la vede come un puntino. Forse che la terra non è né piatta, né sferica ma puntiforme?
Possiamo concludere che sia chi crede nella terra piatta che chi crede nella terra sferica ci crede perché la vede così.
Dove sta allora la differenza? I punti di osservazione che adottano sono differenti ma quale sarà quello giusto?
Chi vede la terra piatta afferma che il suo punto di osservazione è il più affidabile (gliel’ha rivelato il dio-Quelo). Quello dei “terrasferisti” è penalizzante e induce in errore.
Chi vede la terra sferica replica che è il suo il punto di osservazione migliore (gliel’ha rivelato il dio-Scienza). Quello dei “terrapiattisti” è  penalizzante e induce in errore.
Ammettiamo che chi vede la terra piatta abbia una maggiore apertura mentale e decida per un attimo di adottare il punto di osservazione di chi vede la terra sferica (la luna)… ma da lì vede solo un disco piatto, e pretende le scuse.
Allora, “chi vede la terra sferica” – dopo essersi fatto una risatina – fa notare che da quel punto di osservazione occorre utilizzare un telescopio per vedere meglio, e consiglia il “grandvision”, un telescopio molto aggiornato e con garanzia a tre anni.
Dal “grandvision” la terra in effetti appare sferica ma dal “truevision”, oltre che a occhio nudo, appare chiaramente piatta. I “terrapiattisti” intonano subito le lodi del “truevision”. Senza dire che dal “fullvision” la terra appare come una striscia, una specie di cometa. Il “fullvision” utilizzato da Alfa Centauro, poi, ci fa vedere la terra come se avesse cinque punte, una specie di stella brigatista con i terrestri che si arrampicano su ogni punta.
Chi avrà ragione?
Occorrono varie ipotesi  per stabilirlo: ipotesi sulla luce, ipotesi topologiche (sui punti di osservazione), ipotesi sui telescopi, ipotesi sulla rifrazione, ipotesi sulle lenti, ipotesi sulla  curvatura dello spazio… occorrono un casino di ipotesi in realtà.
Uno pensa: basta far uso delle “ipotesi corrette” e la ragione verrà ristabilita con buona pace di tutti.
Ma cos’è una ipotesi corretta?
In genere si pensa che un’ipotesi sia corretta quando è “verificata”.
E qui scatta l’inconveniente: le ipotesi non possono mai essere verificate in modo isolato (è una delle poche cose che sappiamo).
Non posso dire: l’ipotesi A è verificata, l’ipotesi B è verificata… quindi se lavoro con A-B (+ la logica classica) otterrò solo affermazioni vere.
Facciamo un esempio di corto circuito: “A” richiede di assumere “B” per essere verificata, e, poniamo, viceversa. Conseguenza: sia A che B potrebbero essere farlocche ma “verificarsi” reciprocamente. Ohibò!
Una teoria all’apparenza verificata puo’ fondarsi allora su ipotesi completamente farlocche: basta che gli errori si compensino. 
Forse la teoria per cui la terra è sferica ci appare vera solo perché è sbagliata la teoria della luce che assumiamo nel verificarla.
Ipotesi1: la terra è sferica – Ipotesi2: la luce si comporta così e così. Le due ipotesi non possono essere verificate isolatamente, quindi potrebbero apparire vere in virtù del fatto che sono entrambe sbagliate.
Due ubriachi che si sostengono l’un l’altro non sono meno ubriachi per il fatto di stare in piedi.
E ho fatto un esempio semplicissimo con due sole ipotesi. Figurateci quando ne ballano una decina.
E’ un gran casino. Sia come sia mi basta far presente che dire “è così perché lo vedo così” non è affatto sufficiente.
Capite ora cos’è un esperimento?
Non è qualcosa in cui “vediamo” se qualcosa sia vero o falso.
E’ qualcosa in cui verifichiamo la compatibilità di alcune ipotesi, magari anche tutte sbagliate.
Spesso due ipotesi sono compatibili (e l’esperimento ha successo) proprio perché sono entrambe sbagliate.
Tradotto in gergo potremmo dire che la verità non è una corrispondenza tra quanto dico e il “reale”. E’ più una coerenza tra le varie cose che dico. E’ un castello di carte che sta in piedi non so neanche io perché.
Chi afferma che la terra è sferica vince perché è in grado di spiegare in modo coerente perché il “terrapiattista” vede quel che vede e perché il “terrapuntista” vede quel che vede.
Perché ha una teoria coerente che spiega come mai il “grandvision” ha prestazioni superiori al “truevision” e al “fullvision”.
Il suo “castello di carte” è, diciamo così, più ampio.
Ma questo non è tutto, anzi, nella sostanza non ci siamo ancora: non c’è nulla di più facile che costruire un ragionamento coerente e “onnicomprensivo”.
In questo senso anche il “terrapiattista” ha una teoria coerente che spiega le sue ragioni e quelle del suo telescopio dando conto degli  errori altrui.
Il fatto cruciale è che il ragionamento del “terrapiattista” è più complicato rispetto a quello del “terrasferista”.
Qui siamo al vero punto cruciale.
Per “complicato” intendo dire che deve ricorrere a più ipotesi e/o più relazioni tra ipotesi.
Il ragionamento di Galileo era più semplice di quello di Tolomeo-corretto-con-gli-epicicli. Per questo s’impose, non per la sua “corrispondenza” ai fatti.
Costruire una teoria coerente ed aderente ai fatti è facile: sono capaci tutti!
Anche Tolomeo-corretto-dagli-epicicli rendeva conto dei fatti.  Tolomeo-corretto-dagli-epicicli era una teoria non meno “verificata”.
D’altronde, qualsiasi teoria sbagliata una volta corretta diventa giusta. Ma allora perché non ci fidiamo più? Perché una correzione è anche una complicazione.
E’ la teoria più semplice, di fatto, a vincere. Quasi sempre una teoria mai corretta è anche più semplice.
Forse anche per questo molti colgono un legame trascienza ed estetica: semplicità e coerenza in un certo senso hanno una loro “bellezza”.
La vera gara è sulla semplicità. E’ la semplicità che ci segnala chi è più vicino alla verità.
Il 95% di coloro che sostengono la sfericità della terra pensa di aver ragione perché la vede così, non perché – per questioni di semplicità (ovvero di bellezza) – è meglio vederla così! Pensa di aver ragione perché la sfericità della terra è “verificata” e non perché la verifica di cui è oggetto è più “bella” rispetto alla verifica della terra piatta.
Ma la verità è davvero solo coerenza e semplicità?
Bè, non sempre: quando mi chiedono se viviamo in un Matrix rispondo di no e penso che questa sia la pura e semplice verità.
Penso di dire il vero e che la cosa sia evidente senza bisogno di ricorrere a teorie, ipotesi eccetera. E’ un atto di fede che trovo anche molto ragionevole.
Dice: quando ricevi uno schiaffo dubiti forse che sia vero? No, naturalmente. Credo che sia vero grazie ad un atto di fede che trovo personalmente ragionevole (anche se stanotte ho ricevuto tre ceffoni scoprendo solo stamattina, dopo il risveglio, che non erano affatto veri!).
La verità è allora semplicità, bellezza… e fede.
Se vogliamo quantificare diciamo che la verità è 99% coerenza/semplicità e 1% corrispondenza, laddove la corrispondenza è atto di fede.
Se uno ha in mente questa sproporzione non sosterrà più che la terra è sferica per il solo fatto che ci appare così. E magari imparerà anche a conoscere meglio la scienza abbandonando una volta per tutte la superstizione delle superstizioni: quella nel dio-Scienza.
A volte pensiamo alla scienza come a qualcosa di complicato e allo scienziato come a un cervellone. Si tratta di immagini svianti: la scienza vince per la sua semplicità e la genialità dello scienziato sta nello scovare una visione che semplifichi i problemi più che risolverli.
terra piatta

sabato 3 giugno 2017

Addio all'empirismo

Why I Am Not an Objectivist di Michel Huemer
Co sono molti motivi per non essere empiristi, il principale è che una buona filosofia serve sempre come bussola e quella dell’empirista è pessima.
In filosofia politica, per esempio, gli empiristi amano farsi chiamare oggettivisti. La loro visione è all’incirca questa:
… Objectivism are these five claims: (1) Reality is objective. (2) One should always follow reason and never think or act contrary to reason. (I take this to be the meaning of "Reason is absolute.") (3) Moral principles are also objective and can be known through reason. (4) Every person should always be selfish. (5) Capitalism is the only just social system….
Molti punti sono condivisibili…
… I agree with 1, 2, 3, and 5. In fact, I regard each of those propositions as either self-evident…
Ma è la filosofia di fondo ad essere tremendamente pasticciata e indigesta.
Vediamo i concetti cardine con cui litiga l’empirista.
***
Partiamo con la diade senso/significato.
E’ importante distinguere. Vediamo un esempio che chiarisce tutto all’istante…
… Oedipus, famously, wanted to marry Jocaste, and as he did so, he both believed and knew that he was marrying Jocaste. The following sentence, in other words, describes what Oedipus both wanted and believed to be the case: (J) Oedipus marries Jocaste. However, Oedipus certainly did not want to marry his mother, and as he did so, he neither knew nor believed that he was marrying his mother. The following sentence, then, describes what Oedipus did not want or believe to be the case: (M) Oedipus marries Oedipus' mother. But yet Jocaste just was Oedipus' mother. That is, the word "Jocaste" and the phrase "Oedipus' mother" both refer to the same person. Therefore, if the meaning of a word is simply what it refers to, then "Jocaste" and "Oedipus' mother" mean the same thing. And if that is the case, then (J) and (M) mean the same thing. But then how could it be that Oedipus could believe what (J) asserts without believing what (M) asserts, if they assert the same thing?… What the example shows is that (J) and (M) do not express the same thought since Oedipus had the first thought and did not have the second thought… Thus, "Jocaste" and "Oedipus' mother" have the same reference, but different sense…
Attenzione in casi del genere a non confondere le parole con le idee
… I speak of the sense and reference of a word, not of an idea. The reason for this is that the sense of a word is the idea associated with it. Ideas do not have senses; they are senses…
Perché l’empirista non distingue a dovere? Avrà i suoi motivi (che qui non vediamo), sta di fatto che così facendo manda all’aria il senso comune.
***
Altra distinzione criciale: analitico/sintetico.
… An analytic statement is defined to be one that is true in virtue of the meanings of the words involved… Peikoff shows in his article on the analytic/synthetic distinction (in ITOE) that, from his theory of meaning, it would follow that no truth can be synthetic. Take an example of a typical, allegedly synthetic statement: (A) All bachelors are less than 8 feet tall. and suppose that it is true. Then, since the meaning of "bachelors" includes all the bachelors in the world, including all of their characteristics, including their various heights, including (by hypothesis) the fact that they are all less than 8 feet, to say that there is a bachelor more than 8 feet tall would contradict the meaning of "bachelor". Hence, (A) is analytically true. Having made the sense/reference distinction, however, we see this is wrong. (A) is analytic only if it is true in virtue of the senses of the words involved (not their reference)…
Il rifiuto di questa distinzione è associato con il rifiuto della prima.
Quine, per esempio, ha dimostrato che la distinzione analitico/sintetico è artificiosa. Come ha fatto?
Partendo dalla definizione di analitico: un giudizio è analitico quando la sua verità discende dal significato delle premesse.
Ma cos’è il significato?
Molto empiricamente, è cio’ che accomuna due parole cosiddette sinonime l’una dell’altra.
La distinzione analitico/sintetico dipende quindi dalla relazione di sinonimia.
Ma la relazione di sinonimia non esiste, dimostrarlo è facile. Nessuna parola puo’ infatti essere perfettamente tradotta se non con se stessa. Tutte le parole hanno un senso differente, fosse anche solo perché si compongono di un numero di lettere differente.
Esempio: se A e B sono sinonimi allora si possono tra loro sostituire nella medesima frase mantenendo lo stesso valore di verità della frase stessa. Ma questo non è mai possibile, basta scegliere ad hoc la frase. Prendiamo questa frase che ha tutte le caratteristiche di una frase scelta ad hoc: “X è una parola formata solo da linee rette”. Sostituiamo A e B all’incognita e notiamo che il valore veritativo della frase cambia eccome. Ergo, A e B non sono sinonimi. Magari in tutte le frasi significative A e B sono sostituibili, ma nella frase escogitata ad hoc no.
Ora, se la relazione di sinonimia è un mito, lo è anche la distinzione analitico/sintetico.
Fine della dimostrazione.
Si sarà notato che in questa dimostrazione molto dipende dalla nozione  univoca che diamo al termine “significato”. Ebbene, se riprendiamo l’immediata distinzione senso/significato anche la dimostrazione di Quine traballa: il riferimento di A e B puo’ essere lo stesso e la relazione di sinonimia puo’ essere ripristinata senza dover essere necessariamente un mito.
Se quindi non esistono valide motivazioni per rinunciare alla distinzione analitico/sintetico, ne esistono di molto valide per non farlo…
… There are sentences like "Every rectangle has 4 sides," "Every bachelor is male," "Every cat is a cat," etc., which certainly appear, prima facie, to have something in common and to be different in some way from "Every rectangle is blue," "Every bachelor is a slob," etc. Every philosopher is able to reliably classify certain specimens of each category and to produce indefinitely many additional examples each of 'analytic' and 'synthetic' propositions that have never been explicitly discussed by any other philosopher before ("Every dodecahedron has 12 faces"). Is this not strong evidence that there is some distinction here?…
***
Terza distinzione: conoscenza a priori/conoscenza osservativa.
Definizioni…
… By an item of "empirical knowledge" I mean something that is known that either is an observation or else is justified by observations. A priori knowledge is that which is not empirical… I do not say that the concepts required to understand it are innate or formed without the aid of experience. I only maintain that a priori knowledge is not logically based on observations. In other words, if x is an item of a priori knowledge, then there is no observation that is evidence for the truth of x - but we still know x to be true. This distinction is crucial. Perhaps some experiences have caused us to form certain concepts. And perhaps having these concepts enables us to understand the proposition, x. So our ability to understand the proposition depends on observation…
Anche qui l’empirista – avendo negato le precedenti distinzioni - si trova nell’infelice condizione di dover negare anche questa a tutta prima evidente.
Basta fare qualche esempio.
La logica – tanto per dirne una - è conoscenza a priori, non deriva da una percezione sensoriale…
… (1) Principles of logic are not observations. You do not perceive, by the senses, the logical relation between two propositions. You may be able to perceive that A is true, and you may be able to perceive that B is true; but what you can not perceive is that B follows from A…
Le verità logiche sono originarie…
… (2) The principles of logic can not in general be known by inference… Now it follows from (1) and (2) that: (3) The principles of logic are known a priori. For they are not observations (1) and they are not inferred from observations (2), but they are known. This is the definition of a priori knowledge…
Ma anche la matematica è conoscenza a priori, e attenzione a non ingannarsi…
… Consider the proposition (B) 1 + 1 = 2, which I know to be true. Is this proposition based on any observations? If so, what observations? In order to learn the concept '2', I probably had to make some observations. I might have been shown a pair of oranges and told, "This is two oranges."… As I previously explained, the issue is not whether observations were necessary in my coming to understand the equation (B) but whether any observation justifies the proposition, i.e., provides evidence of its truth…. Addition is not a physical operation. It is not the operation of physically or spatially bringing groups together, and the equation (B) does not assert that when you physically unite two distinct objects, you will wind up with two distinct objects at the end. Indeed, if it did, the equation would be wrong. It is possible, for example, to pour 1 liter of a substance and 1 liter of another substance together, and wind up with less than 2 liters total. (This happens because the liquids are partially miscible.) This does not refute arithmetic…. Even if my experiences with the oranges, the fingers, etc., including all the experiences that helped me form the concepts of '1', '2', and 'addition', were all a long series of hallucinations, I still know that 1+1=2….
***

Ma anche l’etica è conoscenza a priori…
… (1) Moral principles are not observations. The content of every observation is descriptive. That is, you do not literally see, touch, hear, etc. moral value…
Qui bisogna fare attenzione: è la fallacia naturalistica a farci capire meglio cosa intendiamo dicendo che l’etica è conoscenza a priori.
Esempio: noi descriviamo una situazione e diciamo come sia giusto comportarsi. Ma il precetto non deriva da quella descrizione posta in premessa, se fosse così incorreremmo nell’errore di fallacia naturalistica.
Qualcuno potrebbe obbiettare: il dolore è male e il piacere è bene (piacere e dolore sono descrizioni di una condizione umana). Se fosse così basterebbe in effetti una descrizione per implicare un giudizio morale. Ma non è così! Il fatto che il dolore sia male non è affatto automatico, il dolore non è la premessa da cui inferiamo l’esistenza di un male…
… The only possible objection I can think of would be if one thought that the sensations of pleasure and pain are literally perceptions of moral value and evil… The cut didn't cause pain in virtue of its being bad; it caused pain in virtue of plain old, physical characteristics - just as all sensations are caused by physical phenomena. How cuts cause pain can be explained purely by descriptive physiology and physics, without any ethical claims… Moral principles can not be inferred from descriptive premises…
Vediamo qualche caso concreto in cui la fallacia naturalistica (o legge di Hume) viene violata. Un giudizio sul comunismo
… Communism causes poverty, makes people miserable, and takes away people's freedom. Therefore, communism is bad. The premise is apparently a descriptive and empirical fact, while the conclusion is evaluative. Assume the premise is true. My question: Does the conclusion follow from thatalone? No, the conclusion also depends upon the suppressed premises that poverty and misery are bad,…
Altro esempio: la libertà
… Freedom is necessary to our survival. Therefore, freedom is good. Again, assume the premise is true, and ask, Does the conclusion follow from that alone? No, because the argument presupposes that survival is good, and that survival is good is an evaluative premise. If survival is bad, then the conclusion to draw is that freedom is bad, not good…
Altro esempio: la sopravvivenza e la vita…
…I want to live. Eating is necessary to live (and also will not interfere with anything else I want). Therefore, I should eat. This requires the assumption that I ought to act on my desires, and/or that my desire to live is a morally acceptable one…
E’ spesso la sociobiologia, ovvero il filosofo morale sedotto dall’evoluzionismo, a cadere nella trappola della fallacia naturalistica.
Si tratta quasi sempre di filosofi/scienziati che si dichiarano empiristi, ecco il loro classico errore logico… 
… (iv) Social cooperation increases our evolutionary fitness. Therefore, we should cooperate. This presupposes that evolutionary fitness is good. One could try to prove this like so: (v) The process of evolution tends toward the survival of the fittest. Therefore, fitness is good. But this presupposes that survival is good and/or that what evolution tends towards is good… If one tries to show that x is good because it produces y, one must presuppose that y is good…
***
Negato il fatto che si possa passare dalle osservazioni ai giudizi morali, possiamo per altro verso dare esempi concreti di conoscenza a priori che difficilmente possono essere negati…
… there is a great deal of other a priori knowledge. Here are some examples: A cause cannot occur later than its effect. Time is one-dimensional. If A and B have different heights, then either A is taller than B or B is taller than A. "Inside" is a transitive relation. It is not possible for something to be created out of nothing…
***
Come si traduce la singolare posizione empirista su questioni che parrebbero ovvie ma che lui è costretto a negare?
Per esempio con una visione tutta sua della facoltà razionale dell’uomo.
Per un empirista la ragione assomiglia ad un elaboratore che prende i dati da altre facoltà, per esempio i sensi, e li tratta…
… Reason takes observations (and memories) as input and then, through a certain process (inference), turns out a certain output. This output, according to empiricists, can include a huge amount of knowledge, from my knowledge that the sun will rise tomorrow, to the most elaborate of scientific theories, but all of it is dependent on receiving some input from the senses and/or introspection…
La ragione non è fonte di conoscenza ma di mera elaborazione.
Per il non empirista – invece – la ragione produce anch’essa delle sue verità che poi tratta…
… I say that reason does not only operate on input provided to it by other faculties, but is also a faculty of direct awareness of certain things - namely, all the things listed above. This knowledge that originates in reason is direct in the same sense that perceptions are direct knowledge…
La ragione (pura) puo’ quindi conoscere anche a prescindere dalle altre facoltà, questa conoscenza si chiama conoscenza a priori…
… At the beginning of this section (section 3), I defined "a priori knowledge" only negatively, as that which is not empirical. It is now possible to provide the positive characterization: A priori knowledge is the knowledge of pure reason…
***
E qui veniamo ad un altra distinzione immediata a cui il povero empirista deve rinunciare: universali/particolari.
Definizione di universale, facciamo il caso della bianchezza
… I have here two white pieces of paper. They are not the same piece of paper, but they have something in common: they are both white. What there are two of are called "particulars" - the pieces of paper are particulars. What is or can be common to multiple particulars are called "universals" - whiteness is a universal….
Gli universali sono fatti per discutere: solo l’universale puo’ “descrivere”
… A universal is a predicable: that is, it is the kind of thing that can be predicated of something. A particular can not be predicated of anything. For instance, whiteness can be predicated of things: you can attribute to things the property of being white (as in "This paper is white"). A piece of paper can't be predicated of something; you can't attribute the piece of paper as a property…
Sia chiaro: l’universale è una cosa, non un concetto…
… Whiteness is not a concept; it is a color. When I have the concept of whiteness in my mind, I do not have whiteness in my mind (no part of my mind is actually white)…
Nella conoscenza a priori il soggetto è sempre un universale. Nell’osservazione è sempre un particolare…
… Now I have said that reason gives us direct awareness of facts about universals: In other words, the knowledge of pure reason is that in which not only the predicate but also the subject is a universal. Observations, in contrast, we defined as direct knowledge in which the subject is a particular (for example, "This paper is white" expresses an observation)…
Il problema: gli universali esistono?…
… (1) Do universals (as defined above) exist? (2) If not, why does it seem as if they do? (i.e., why do we have all these words and ideas apparently referring to them and knowledge apparently about them?) (3) If they do, does their existence depend on the existence of particulars?… The people who answer #1 "Yes" are called "realists", and those who answer #1 "No" are called "nominalists"…
Da come si risponde a questa domanda si puo’ essere classificati in: nominalisti, realisti e immanentisti.
Il nominalismo è ovviamente falso, il realismo probabilmente falso…
… I am not going to try to refute nominalism here, because it is just obviously false. It is obvious that there is such a thing as whiteness, and that's all I have to say about that. (David Armstrong does a good job on it though in Nominalism and Realism.) It also seems clear to me that universals exist in particulars, and so immanent realism is true…
Purtroppo per lui l’empirista è spinto su posizioni nominaliste, ovvero “ovviamente false”. Si deve sobbarcare una mole di prove che non è in grado di portare per negare l’evidenza del senso comune.
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Riepilogo.
Accettare la distinzione senso/significato, analitico/sintetici, a priori/empirico, universale/particolare sembrerebbe ovvio, sembrerebbe la base per ogni filosofia fondata sul senso comune.
Eppure l’empirista non puo’ permetterselo. Se lo facesse delle fastidiose facoltà umane che vanno oltre i meri sensi entrerebbero in campo. E a lui la cosa sembra non piacere.
E di fronte a questa impossibilità come si comporta?
Ha due vie: 1) negare ogni valore al pensiero (filosofia) o 2) mettere in piedi una filosofia cervellotica.
Abbracciare una filosofia semplice, solida e fondata sul senso comune è una via preferibile, direi. Ma per farlo bisogna dire addio una volta per tutte all’empirismo.