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domenica 8 dicembre 2019

LA TASSA PERFETTA

Piccolo saggio di filosofia fiscale.
LA TASSA PERFETTA
La tassa perfetta non distorce l'economia creando disincentivi al lavoro, per questo motivo non colpisce i guadagni effettivi ma quelli potenziali. In altre parole, non tassa lo sforzo ma l'abilità. Una tassa del genere non crea disincentivi: io tasso il tuo talento, quanto poi vorrai o meno sfruttarlo sono affari tuoi. Una tassa del genere, in teoria, non si puo' nemmeno evadere: la sua natura è oggettiva.
Se Dio volesse realizzare una tassa perfetta potrebbe farlo, Lui conosce il potenziale di ogni persona. Tuttavia, per gli uomini è un po' più difficile, sarebbe necessaria una sorta di onniscienza.
Il meglio che possiamo fare è approssimarci alla tassa ideale. Ciò significa tassare chi presenta "indizi di fortuna". Per esempio, tassare i bianchi più dei neri, gli uomini più delle donne, gli alti più dei bassi, i belli più dei brutti, gli umori stabili più dei neurotici eccetera. Tasse di questo genere non creano disincentivi al lavoro e sono quindi efficienti. Tutti questi tratti, poi, sono "naturali" e positivamente correlati con il reddito.
Si puo' pensare che tassare la natura del contribuente sia una proposta radicale da accantonare, se non fosse che già si fa. Il sistema INPS, per esempio, tassa gli uomini più delle donne. Anche il sistema delle quote rosa e nere è un modo per tassare la razza e il sesso della persona.
Tuttavia, tassare in maniera esplicita il colore della pelle o la conformazione dei genitali del contribuente, per ora, resta tabù, cosicché ideare formule ipocrite è ancora oggi imprescindibile.
Idealmente potremmo tassare in base a tratti della personalità come l'intelligenza, l'autocontrollo o la pazienza, ma non funziona poiché si tratta di caratteristiche facili da falsificare. E' facile produrre un basso punteggio nei test. Forse domani sarà possibile ma per oggi occorre ripiegare su razza, sesso, bellezza e statura.
Ma se questa imposta è l'imposta perfetta, perché ci appare così "sgradevole"?
Vale la pena di esplorare i difetti e le imperfezioni di questa tassa sulla natura.
Innanzitutto, l'efficienza non è sempre una benedizione. Una tassa che non si puo' evadere e che non penalizza l'economia dà un grande potere ai governi. Forse troppo! Tasserebbero eccessivamente, probabilmente fino a distruggere tutto. Una tassa del genere potrebbe colpire anche i non nati. Come porsi di fronte a questi problemi?
Il problema di un fisco efficiente è che non pone freni all'ingordigia dei governi. Più in generale, potremmo dire che una tassa inefficiente distorce l'economia mentre una tassa efficiente distorce la politica.
Il problema della politica esisterà sempre quando si giudica un sistema fiscale: qualsiasi imposta richiederà un esattore delle tasse. Tassazione e autorità centralizzata vanno di pari passo, sia nella storia che nella logica.
Eppure non tutti ne hanno tenuto conto. Molti "contrattualisti" di ultima generazione, ispirati dal lavoro di John Rawls, sembrano dimenticarselo. Piccolo inciso: nl 1953, un economista di nome John Harsanyi inventò la metafora degli obblighi sociali come adempimento di contratti pre-parto. Nel 1971, l'influente filosofo John Rawls usò quei contratti - contratti firmati dietro il "velo dell'ignoranza" che ci protegge dalla conoscenza dei tratti particolari con cui nasceremo - come pietra angolare della sua teoria della giustizia. Questo filone di studi ragionava sul sistema ideale senza dare troppo peso al fatto che poi "qualcuno" avrebbe dovuto realizzarlo. Non si pensava che i difetti potevano riguardare questo "qualcuno" più che il sistema fiscale in sé. Il non-nato di Rawls che ragiona dietro il "velo di ignoranza", prima ancora di pensare ai criteri di giustizia ideali abbracciati dal paese in cui vorrebbe nascere, dovrebbe pensare di non nascere a Cuba, in Albania, in Mali, in Venezuela ma invece in Canada, in Lussemburgo. E questo a prescindere dai criteri di giustizia che a parole informano questi stati.
Poiché sia le tasse inefficienti che quelle efficienti presentano problemi, un' idea potrebbe essere quella di non tassare evitando di redistribuire la ricchezza dai più ricchi ai più poveri. Ma comportarsi in questo modo non violerebbe i nostri criteri di giustizia?
Penso di no. Al di là dei proclami di principio, infatti, nessuno sembra in realtà credere sul serio che esista un dovere in questo senso, altrimenti lo attueremmo beneficiando i veri poveri, ovvero le popolazioni del Terzo Mondo.
Su cosa si basa allora una credenza tanto diffusa? Probabilmente è un modo per legittimare la rapina. Partiamo dalle basi: se una squadra di bisognosi forti, robusti e armati fino ai denti incontra un ricco mingherlino inerme come finirà secondo voi? E' ovvio: i bisognosi prenderanno al ricco con un atto di forza. Se però per un qualche motivo dobbiamo mantenerci in buoni rapporti con il rapinato il prelievo deve essere in qualche modo giustificato, in questo senso occorre razionalizzare la situazione diffondendo una credenza filosofico\religiosa che renda "giusta" quella rapina specifica. Il riccone è solo e inerme, i "bisognosi" sono tanti e incazzati. Tuttavia, non si puo' provvedere ad una sottrazione indebita, il senso di giustizia che tiene insieme la società potrebbe risentirne. Ecco allora comparire una cervellotica teoria della giustizia che, pur presentando molte incoerenze, mantiene uno ieratico potere seduttivo.
Ma perché talvolta questa credenza filosofico\religiosa è condivisa anche dai ricchi? Alcuni di loro, come il miliardario Warren Buffett, chiedono a gran voce tasse più elevate! In fondo nessuno gli impedirebbe di fare un bonifico e mettersi la coscienza a posto, l'IBAN del Tesoro ce l'ha! Perché allora sgolarsi a quel modo? Probabilmente lo fa a fini pratici, il retro-pensiero è: "se noi ricchi non diamo ai poveri, la rivolta ci schiaccerà". In questo caso più che "dare" occorre "legittimare" il sistema ridistributivo. Anche qui appare evidente che non si fa appello a principi di giustizia ma a questioni di opportunità.
Per capire che non esiste un principio di giustizia che ci obbliga all'elemosina fiscale, prova questa variante: è "giusto" che le persone attraenti siano costrette a concedere favori sessuali occasionali alle persone brutte? Senza tali favori i brutti difficilmente potranno mai avere rapporti coi belli, e questi ultimi, oltretutto, sarebbero a costante rischio di stupro. Ma se riteniamo giusto sovvenzionare con denaro coloro che sono nati senza le competenze per guadagnare un reddito decente, perché non sovvenzionare con il sesso coloro che sono nati senza le capacità per attrarre partner desiderabili? Sembrerebbe giusto farlo, la logica è la medesima. Poiché la bellezza e il talento dipendono entrambe dalla fortuna sarebbe logico assicurarsi contro la sfortuna in entrambe le lotterie. Rawls che ne dice? Eppure la soluzione ci ripugna. Perché? Probabilmente perché un diritto del genere non esiste in entrambi i casi ma mentre nel primo le risorse in questione sono facilmente trasferibili mentre nel secondo no, ecco allora che per sfruttare la facile trasferibilità nel primo caso ci sforziamo di vedere un "diritto" mentre nel secondo un simile sforzo artificioso puo' essere evitato lasciando che la violenza susciti un naturalissimo sentimento di repulsa.
Ognuno di noi ha sensazione che il suo talento sia "suo" esattamente come la "sua" bellezza. Talento e bellezza ci appartengono. Una sottrazione lederebbe la nostra dignità e il nostro orgoglio. E' una specie di furto, di sfregio. Questo è esattamente il motivo per cui indietreggiamo di fronte all'idea del sesso coatto, abbiamo la consapevolezza che i nostri corpi ci appartengano. Ma lo stesso vale per i talenti. Consideriamo assurdo che Usain Bolt debba dividere la sua medaglia con l'ultimo arrivato. Sia lo stupro che il furto offendono la nostra dignità perché violano i diritti di proprietà. Se fai un'eccezione qua, devi farla anche là, e alla fine ti accorgi che la ridistribuzione coercitiva è una sorta di rapina. Questo è il motivo per cui non permettiamo ai bambini di subire o beneficiare di una "ridistribuzione" violenta dei giocattoli al parco giochi. Oltretutto, il talentuoso già dà a tutti senza dover essere sottoposto a un trattamento coercitivo. Quasi tutta la nostra prosperità la dobbiamo a un numero molto piccolo di scienziati, inventori e imprenditori. Dobbiamo tenerne conto in questa sede.
Anche la legittimità dei trasferimenti alle generazioni future è alquanto dubbia, soprattutto perché qui non puo' nemmeno essere evocato Robin Hood. Qui siamo di fronte all'operazione contraria. L'agenda dei gruppi ambientalisti consiste di fatto nel prendere ai poveri (noi) e dare ai ricchi (le generazioni future).
I nostri discendenti dovranno aspettare solo alcune generazioni, non più di qualche dozzina, per raggiungere uno standard di vita simile a quello di Bill Gates. Quindi ogni volta che il WWF o l'ONU ostacola lo sviluppo economico per preservare alcune ricchezze naturali del pianeta, chiede alle persone che vivono come te e me di sacrificarsi per il godimento delle generazioni future che vivranno come Bill Gates.

venerdì 22 novembre 2019

SPALTI

SPALTI
Il calcio è mimesi di vita, diceva la buon anima del Giuanin Brera fu Carlo. Parole sante: sul campo impari il merito, la fortuna, la vittoria, la sconfitta e soprattutto che la Legge è uguale per tutti: biondi, bruni, forti, deboli, ricchi e poveri.
Ma per imparare ancora di più devi guardare fuori dal campo, sugli spalti, dove ci sono gli ultrà. Ecco, i tifosi ti insegnano come funziona la politica.
Quando sono in casa e gioca la Juve alla TV io tifo di brutto e incito la squadra con una mitragliata di "dài-dài-dài...". La mie bambine mi guardano attonite e sul volto hanno dipinto il consiglio: "guarda che non ti sentono, è inutile che sudi così papà". In effetti il mio tifo non incide, perché mi agito tanto allora? Per esprimermi. Ecco allora la prima lezione: l'elettore sa che il suo voto non incide ma va ugualmente a votare. Perché? Per esprimersi! L'elettore è fondamentalmente un tifoso: la politica gli serve per esprimersi.
Da tifoso ho i miei beniamini, per esempio Bonucci. Lo adoro. Poi ha cambiato maglia, ne ha messa una rosso-nera 8colore orribile converrete), e ho cominciato ad odiarlo. Ma era sempre lui, solo con un vestito diverso. Infine ha ricambiato maglia di nuovo tornando a quella bianco-nera, e ho ricominciato ad amarlo come se nulla fosse successo. Ma era sempre lui, solo vestito diversamente. Chissà cosa hanno pensato le mie bambine, non che sottovalutino l'importanza dell'abbigliamento ma che potesse produrre un passaggio dall'odio all'amore forse non lo sospettavano nemmeno loro. Ecco il militante offre lo stesso spettacolo sconcertante: se una cosa la dice il suo capo-popolo è una considerazione su cui meditare ma se esce da un'altra bocca, tipo quella del nemico giurato, diventa una cazzata terrificante. L'elettore è un tifoso: la politica gli serve per avere un'orda in cui intrupparsi gioiosamente.
Quando ho scelto la squadra da tifare mica mi sono messo a compulsare le statistiche, ad analizzare nel dettaglio le prestazioni degli atleti, ad approfondire la storia dei club: sono andato dove mi portava il cuore esaltando le mie emozioni primarie: il calcio è divertimento mica pallosissimo studio. L'elettore fa lo stesso, resta ignorante pur di andare dove batte il suo cuore e sfogarsi.
Quando alla sera riguardo la moviola noto che la Juve ha sempre ragione, mancano regolarmente all'appello un paio di rigori mentre le contestazioni altrui sono ridicolmente pretestuose. Sì, lo so, sulla Juve circolano miti ma sono chiaramente messi in giro da invidiosi che non sanno perdere (di solito gli interisti ladri di scudetti). In alcuni rari attimi di lucidità puo' attraversarmi il dubbio di essere leggerissimamente fazioso ma poi ricomincio come prima perché in fondo è comodo e divertente (dubitare stanca e domani si lavora). L'elettore è così: un tale che giudica tutto instupidito da una fede... perché è bello così! Perché ci si diverte di più e si fatica meno.
Conclusione. Il calcio è mimesi di vita: guarda in campo e vedrai la società libera, guarda sugli spalti e vedrai la politica.

sabato 9 giugno 2018

Aldo Savoldelli


Aldo Savoldelli


Aldo Savoldelli (1935-vivente) fu un brillante imprenditore/innovatore veneziano che trovò il modo di… convertire il grano in automobili!
Sì, avete sentito bene: il grano in automobili. Siamo ai limiti della magia, del resto, prima che la macchina del fango lo investì, fu premiato per questa sua impresa da tutte le accademie e il Presidente della Repubblica Italiana lo insignì del titolo di Cavaliere del Lavoro. Lo ricordo ancora ospite di Piero Angela, additato ad esempio da Severgnini sul Corriere: “… il mondo ha avuto i Norman Barlaug, noi abbiamo avuto ieri Natta, oggi Savoldelli, se il paese avesse anche solo 10 menti di questo calibro vivremmo un nuovo rinascimento…”
Dicevo “Cavaliere del Lavoro”, sì perché Aldo, oltre a essere un innovatore a tutto tondo, era anche un imprenditore lungimirante in grado di valorizzareal meglio le sue scoperte.
A questo fine costruì la sua immensa azienda proprio sul mare mantenendo, come è comprensibile, il massimo riserbo circa i processi produttivi adottati, evidentemente temeva lo spionaggio industriale. Evitò persino di brevettare le sue idee convinto com’era di poterle proteggere da sé.
Per i consumatori fu una pacchia e per la società una rivoluzione: le auto che uscivano dalla “Savoldella” – così venne ribattezzato il polo industriale sorto a Marghera – erano di qualità superiore ma soprattutto avevano prezzi stracciati rispetto a quelli di mercato.
Anche gli agricoltori esultavano: in passato mai ordinativi di grano tanto massicci erano giunti sulle loro scrivanie. Fu un periodo di vacche grasse come non mai.
Ad essere scontenti erano solo i costruttori concorrenti che adottavano il metodo tradizionale: come competere contro un’innovazione tecnologica tanto spinta? In molti meditarono di lasciare il mercato.
In generale, però, si era disposti a riconoscere il fatto che un progresso tecnologico del genere facesse bene alla società intera, la migliorava e quindi non andava frenato. Se castighiamo chi ha una brillante idea che fine faremo? Catechizziamo giorno e notte i nostri giovani affinché studino preparandosi ad affrontare il futuro e poi tarpiamo le ali a chi ce la fa e sfonda proprio raccogliendo quelle sfide? Quando si trova una bacchetta magica non ci si lamenta, quando si vince alla lotterie il piagnisteo è fuori luogo. Con Savoldelli aveva sia trovato una bacchetta magica che vinto alla lotteria.
Ma un giorno le cose cambiarono. Furono in molti a dire “… e mi sembrava strano”. Il programma televisivo ”Le iene” riuscì a intervistare un operaio risentito licenziato qualche mese prima dalla famosa fabbrica il quale, pungolato a dovere, rivelò un segreto che fece tramare il Palazzo: non esisteva nessuna fabbrica: la “Savoldella” era vuota! Quella che veniva chiamata “fabbrica” non era altro che un grande “buco”, un immenso hangar che dava su una banchina portuale costruita ad hoc dall’imprenditore furbacchione.
L’uomo ribadì la sua versione alla Gabanelli e alla Zanzara. Poi fu la volta di Repubblica e Corriere.
Praticamente cosa succedeva alla “Salvoldella”? Il grano entrava dai portoni della fabbrica e veniva imbarcato su navi che lo portavano a destinazione in paesi esteri i quali saldavano il loro debito con le famose automobili costruite presso di loro dove, come noto, il costo del lavoro è infimo. Ma c’è di più, non pochi di questi produttori stranieri erano società detenute dal Savoldelli stesso che, oltre a speculare sui differenziali di prezzo, evidentemente esternalizzava così le nostre energie produttive facendo all’estero quel che poteva fare da noi.
Lo choc della rivelazione trasformò in breve tempo l’imprenditore da eroe civile a nemico pubblico numero uno. Da innovatore aperto al futuro a gretto speculatore che rubava il lavoro ai nostri giovani esternalizzando la produzione industriale.
Sull’onda dell’indignazione, con una legge ad hoc – si presero a pretesto dei vincoli ambientali –  la “Savoldella” fu chiusa e furono apposti i sigilli, Savoldelli sparì da tutte le cronache tranne che dalla “nera” e ben presto il Paese, un po’ disorientato per cio’ che gli veniva a mancare ma convinto di aver fatto la cosa giusta, ricominciò il suo tran tran dimenticandosi del “nuovo Natta”.
***SPIEGAZIONE DELLA BARZELLETTA*** 
Per chi non l’avesse capito, L’apologo serve ad evidenziare come noi consideriamo l’innovazione superiore al commercio quando in realtà sono nella sostanza la stessa cosa, o comunque producono gli stessi effetti.
Se un risultato viene ottenuto dalla ricercaapplaudiamo, se lo stesso risultato viene ottenuto con il commercio storciamo il naso.
Al progresso conferiamo il Nobel, al liberismo solo colpe, eppure entrambi perseguono il medesimo obbiettivo: l’efficienza. Un obbiettivo che si puo’ raggiungere con un’idea o con uno scambio. Che differenza fa? Nessuna, ma noi sembriamo essere predisposti ad introdurne parecchie e immotivate, per esempio: consideriamo i tassisti dei luddisti che si oppongono alle nuove App mentre solidarizziamo con i lavoratori di Almaviva.
Quando si diventa più efficienti, gli inefficienti si lamentano, è ovvio. Meno ovvio è il fatto che noi diamo peso a queste contestazioni quando scaturiscono dallo scambio mentre non ne diamo molto quando scaturiscono da cio’ che definiamo “progresso”. Limitare l’innovazione ci sembra assurdo mentre limitare le importazioni plausibile. Savoldelli continua a fare esattamente quello che ha sempre fatto ma, senza motivo, si trasforma da un giorno all’altro da santo a peccatore irredimibile.
Forse quando la ricchezza implica una relazione con il “diverso” è sospetta, non ci va più bene. Al contrario, la ricchezza che viene da un’idea è più rassicurante, più “pura”: ci evita la convivenza conl’altro.
(Aldo Savoldelli quando poco più che ventenne sbarcava il lunario con spettacolini di magia)
P.S. La parabola dell’imprenditore che trasformava l’acqua in vino… pardon: il grano in auto, è ripresa da James Ingram, professore presso la North Carolina University.

lunedì 20 novembre 2017

3 La ricchezza rassicurante

La ricchezza rassicurante

Conoscevo un brillante imprenditore/innovatore che aveva trovato il modo di convertire il grano in automobili.
Sì, avete sentito bene: il grano in automobili.
Era un vero innovatore. Ma era anche un imprenditore in grado di valorizzare le sue scoperte.
A questo fine costruì la sua immensa azienda proprio sul mare mantenendo un grande riserbo circa i processi produttivi adottati, evidentemente temeva lo spionaggio industriale.
Per i consumatori fu una pacchia: le auto che uscivano da lì erano di qualità superiore ma soprattutto avevano prezzi stracciati rispetto a quelli di mercato.
Anche gli agricoltori esultavano: in passato, mai ordinativi di grano tanto massicci erano arrivati. Per loro fu un periodo di vacche grasse come mai prima.
Ad essere scontenti erano i costruttori che adottavano il metodo tradizionale: come competere contro un’innovazione tecnologica tanto spinta?
in generale, però, si era disposti a riconoscere il fatto che un progresso tecnologico del genere faceva bene alla società, la migliorava e non andava frenato. Se castighiamo chi ha una brillante idea che fine faremo?
Un giorno però le Iene riuscirono ad intervistare un operaio licenziato dalla famosa fabbrica il quale – forse perché in preda al risentimento – rivelò un segreto sconvolgente: la fabbrica era vuota. La fabbrica non era altro che un grande “buco” che dava su una banchina portuale costruita ad hoc dall’imprenditore.
L’uomo ribadì la sua versione alla Gabanelli.
Il grano entrava dai portoni della fabbrica e veniva imbarcato su navi che lo portavano a destinazione in paesi esteri che poi saldavano il loro debito con le famose automobili rivendute in patria a prezzi tanto convenienti.
Lo choc della rivelazione trasformò in breve tempo l’imprenditore da eroe civile a nemico pubblico numero uno.
***
L’apologo serve ad evidenziare come noi consideriamo l’innovazione superiore al commercio quando in realtà sono nella sostanza la stessa cosa.
Se un risultato viene ottenuto dalla ricerca applaudiamo, se lo stesso risultato viene ottenuto con il commercio storciamo il muso.
Al progresso conferiamo il Nobel, al liberismo solo colpe.
Eppure entrambi perseguono il medesimo obbiettivo: l’efficienza.
L’efficienza si puo’ raggiungere con un’idea o con uno scambio. Che differenza fa?
Quando si diventa più efficienti, gli inefficienti si lamentano, è ovvio. Meno ovvio è il fatto che noi diamo peso a queste contestazioni quando scaturiscono dallo scambio mentre non ne diamo molto quando scaturiscono dal progresso.
Vietare l’innovazione ci sembra assurdo mentre vietare l’importazione plausibile.
Forse quando la ricchezza implica diversità è sospetta, non ci va più bene. Mentre la ricchezza che viene da un’idea è più rassicurante: ci evita la convivenza con l’altro.
***
P.S. La parabola dell’imprenditore che trasformava l’acqua in vino… pardon: il grano in auto, è stata raccontata per la prima volta da James Ingram, professore presso la North Carolina University.
Risultati immagini per www.thisiscolossal.com grain

venerdì 4 agosto 2017

hi non ha figli è egoista'

Chi non ha figli è egoista?

Sì.
Da un punto di vista materiale sì.
Il costo del figlio, infatti, è quasi interamente a carico dei genitori mentre i benefici sono diffusi.
In questo senso il figlio è il contrario dell’inquinamento: chi inquina guadagna a spese degli altri, chi fa un figlio ci rimette a beneficio degli altri.
Pensate a quanto benessere ci viene dal fatto che Mozart sia esistito: ma i costi del suo mantenimento se li sono intestati i suoi genitori e solo loro. “Vi sembra giusto?” pensa senza dirlo nemmeno a se stesso l’egoista.
Un caso estremo di generosità, quello dei genitori di Mozart. Sì, un caso estremo, ma in piccolo lo stesso puo’ dirsi per i genitori dell’operaio della Pirelli: lo hanno mantenuto e io adesso posso sfruttare la sua opera facendo affari nel settore della gomma.
Un tale proclamava: “vorrei sei figli così almeno uno potrà risolvere i problemi del mondo”. La logica è corretta: più figli al mondo, più cervelli, più idee, più ricchezza. E a godere sono soprattutto i terzi.
Questo fatto non puo’ essere digerito dall’egoista: “perché io dovrei pagare e gli altri godere?”. Il suo demone ragiona così.
Ogni generazione prospera sulle idee avute dalle precedenti. Le idee possono essere di tanti tipi: rotare la coltivazione nei campi, introdurre una franchigia nei contratti di assicurazione, ricorrere alla spoletta nei telai automatici…  Poiché le idee vengono dalle persone: più persone, più idee, più ricchezza per la comunità intera.
Una logica ferrea quanto semplice, e che lavora ovunque: a parità di tutto il resto in campo calcistico la nazionale brasiliana sconfiggerà sempre quella svizzera, per forza: il Brasile è più grande e più popoloso!
Altri due motivi ci fanno dire: “più persone, più ricchezza”.
Primo, i geni si ispirano a vicenda creando un circolo virtuoso che è tanto più potente quanto più numerosi sono i geni – e quindi le persone – in circolazione.
Secondo: il numero di persone (e quindi di figli) incrementa la domanda di benessere. Quanti più siamo, tanto più i geni sono incentivati a liberare la loro genialità.
Qualcuno fa notare che alcune parti del mondo non prosperano affatto per quanto siano numerose. Calma, forse la popolosità è un effetto, non una causa. Il problema in quei paesi non è tanto il numero delle persone ma le politiche governative: politiche anti-business porterebbe all’ indigenza anche una nazione fatta esclusivamente da Einstein e Mozart.
***
Il bambino è qualcosa di curioso. Prima di avere un bambino tutti noi ci pensiamo due volte: in tutti noi, infatti, spira il vento dell’egoismo.
Un bambino è qualcosa di particolare: tentenniamo nel generarlo anche se sappiamo in anticipo che non ci pentiremo mai di averlo fatto.
In questo senso è come una droga: nel momento del contatto si crea dipendenza.
Eppure, una differenza importante c’è: nel caso della droga la dipendenza è temuta, nel caso del bambino è cercata.
Insomma: sappiamo in anticipo qual è la scelta giusta eppure tentenniamo. Evidentemente il nostro egoismo materiale è davvero grandeSappiamo perfettamente che non ci pentiremo mai della nostra scelta, eppure ci freniamo. Forse il nostro demone si sta chiedendo: ma non posso fare qualcosa che destini a me i benefici della mia scelta?
Comprare o adottare un cane – per esempio – puo’ essere un affare molto migliore per l’egoista: sopporta i costi di questa nuova presenza ma incamera anche tutti i benefici.
Un cane non stipula contratti (la sua firma non è riconosciuta), non innova per le generazioni future (i pronipoti vivono esattamente come gli antenati), in questo senso i benefici che produce non sono diffusi, vengono perlopiù incamerati da chi sopporta i costi. La sua affettuosa compagnia se la gode esattamente chi si sobbarca le levatacce per il bisognino.
Certo, quando con le mie bambine incontriamo un cane con padrone disponibile per mezza giornata la festa gratuita è garantita, eppure il concetto che vorrei passasse mi sembra ormai chiaro.
Comprare un cane non è un atto altruistico così come rinunciare al cane non è un atto egoistico. Fare un figlio è un atto altruistico mentre rinunciare ad un figlio è un atto egoistico.
***
Finora ho trattato l’egoismo più evidente di chi non fa figli: quello materiale verso terzi.
Ci possono però altre forme di egoismo implicate, per esempio quello nei confronti del nascituro.
Qui le cose sono un po’ più complesse e per ammettere l’esistenza di questo egoismo occorre fare uno sforzo in più.
L’argomento per l’esistenza di questo egoismo è semplice: se accettiamo il fatto che donare 100 euro a X costituisca un atto di generosità, donargli la vita è un atto di generosità estrema.
A meno che la vita sia un bene negativo, ovvero un male.
Ma anche i 100 euro potrebbero essere un bene negativo per X, in questo caso il donatario se ne disferebbe azzerando il bilancio costi/benefici, da cio’ deriva il fatto che un dono puo’ essere solo un bene. Ma allo stesso modo, colui il quale non gradisce il bene della vita puo’ sempre suicidarsi. Insomma, la logica economica ci porta a dire che il “gift of life” esiste eccome.
Alcuni obbiettano che il nascituro, contrariamente a X, non esiste al momento, è dunque assurdo trattarlo allo stesso modo.
Qui è facile rispondere con un’analogia: anche le generazioni future non esistono al momento, questo vuol forse dire che – faccio solo un esempio – inquinare e devastare il pianeta  sia moralmente neutro? La maggior parte delle persone non la pensa così, per lo stesso motivo il nascituro non puo’ essere considerato un nulla, e chi lo considera tale è un egoista.
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaa

L'egoismo di chi non fa figli

L’egoismo di chi non fa figli

People Wanted – Fair Play: What Your Child Can Teach You About Economics, Values and the Meaning of Life – Steven E. Landsburg
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 Trigger warning: – tanti bimbi tanti cervelli – il motore della prosperità – circolo virtuoso – il ruolo della domanda – rivoluzione industriale – il limite della crescita – i torti di malthus – inquinamento al contrario – l’inconcepito e le generazioni future –
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TED BAXTER, THE ANCHORMAN ON THE old Mary Tyler Moore show, planned to have six children in hopes that one of them would grow up to solve the world’s population problem. …People solve problems, and when there are more people, more problems get solved. 
Note:TANTI BIMBI… TANTI CERVELLI
each generation free rides on the inventiveness of its ancestors.
Note:PERCHÈ SIAMO RICCHISIMI?
The engine of prosperity is technological progress—not just feats of engineering but also the design of new insurance contracts, better legal systems, and improved patterns of crop rotation.
Note:IL MOTORE DELLA PROSPERITÀ
Ideas come from people. The more people, the more ideas.
Note:IL MOTTO
population growth drives technological progress, technological progress drives economic growth,
Note:KREMER: UN MILIONE DI ANNI DI STORIA UMANA
a world with twice as many people will have twice as many natural-born geniuses.
Note:L‘ASSUNTO DI KREMER
the same reason that the biggest high schools usually have the best football teams.
Note:FOOTBALL TEAM
geniuses tend to inspire each other,
Note:CIRCOLO VIRTUOSO
a larger population means a larger market for inventions,
Note:PIÙ DOMANDA… DI IDEE
Industrial Revolution—and the massive ongoing growth spurt that it triggered—had to wait until world markets grew big enough to reward large scale innovation by entrepreneurs.
Note:RIVOLUZIONE INDUSTRIALE… TEORIA RICHMOND
In the first century A.D., Julius Frontinus wrote that “Inventions reached their limit long ago, and I see no hope for further development.”
Note:PRONOSTICI SUI LIMITI DELLA CRESCITA
One hundred years ago, the average workweek was over sixty hours; today it’s under forty. One hundred years ago, only 6% of manufacturing workers took vacations; today it’s 90%. …One hundred years ago, the average housekeeper spent twelve hours a day on laundry, cooking, cleaning and sewing; today it’s about four hours. 
Note:PROGRESSI
The average middle-class American might have a smaller measured income than the European monarchs of the Middle Ages, but that does not prevent the American from leading a more luxurious lifestyle.
Note:UNA QUALITÀ DA RE… IL REDDITO NON È TUTTO
A skeptic could easily point to countries where large populations coexist with abysmal economic conditions.2 But without exception, those are countries where the natural advantages of population size—a larger pool of geniuses and an abundance of trading partners—are undercut by government policies
Note:SOVRAPOPOLAZIONE
A large population brings many blessings besides prosperity. …We value our children for reasons that have little to do with their earning capacity. 
Note:OLTRE LA RICCHEZZA
A world with more people is a world with more diversity. Chamber music, parasailing, and Ethiopian restaurants can survive only where the population is large enough to support them.
Note:DIVERSITÀ
Parents who love their children face a tradeoff: The more children you have, the less you can give to each of them. Reasonable people disagree about how to resolve that tradeoff. Some find poverty an acceptable price to pay for a large family; others prefer fewer children with a higher living standard. That’s not a conflict that needs to be resolved; it’s an opportunity to celebrate diversity.
Note:NESSUNA ESTERNALITÁ TRA FAMIGLIE… MALTHUS HA TORTO ANCHE IN CONDIZIONI STATICHE
They’re unlikely to have overlooked many costs, because the costs are concentrated in your own family:
Note:I GENITORI CHE HANNO DECISO LA VOSTRA NASCITA
The benefits are more diffuse. The clearest benefit of your birth is that it brought your parents much joy; they didn’t overlook that one. But the remaining benefits are spread far and wide.
Note:I BENEFICI SONO PIÙ DIFFUSI
When a decision maker is more conscious of costs than of benefits, he tends to make decisions that are overly conservative.
Note:TROPPO POCHI FIGLI
Population growth is like pollution in reverse.
Note:INQUINAMENTO AL CONTRARIO
Somewhere there is a young lady whose life has been impoverished by my failure to sire the son who would someday sweep her off her feet.
Note:I DANNEGGIATI INCONSAPEVOLI
In other words, I was being selfish when I limited the size of my family. I understand selfishness. But I can’t understand encouraging others to be selfish,
Note:EGOISMO
A second, completely separate, argument says I should have had more children for the sake of those children themselves.
Note:GIFT OF LIFE
Do living people have any moral obligation to the trillions of potential people who will never have the opportunity to live unless we conceive them? …if the answer is not yes, then it’s no, and if the answer is no, then it seems there can be no moral objection to our trashing the entire earth, to the point where there will be no future generations. 
Note:I DIRITTI DEL NON CONCEPITO
to admit that we’re incapable of being logically rigorous about issues involving the unconceived.
Note:PROBLEMA IRRESOLUBILE
Surely you know couples like this: They already have two children, and they’re undecided about whether to have a third. They waver back and forth; they lean one way and then the other; they weigh the pros and they weigh the cons. Finally they decide to go ahead. And from the instant that third child is born, the parents love it so deeply that they’d gladly sacrifice all their assets to preserve its life.
Note:NON CI SI PENTE DI AVERE UN BAMBINO IN PIÙ
equivalent of an addictive drug. People hesitate about whether to try heroin; once they’ve decided to try it, they become addicted and can’t give it up.
Note:BAMBINI COME UNA DROGA
Parents know in advance, and with near certainty, that they will be addicted to their children. …parents know in advance, with near certainty, that they won’t want to break their addiction. 
Note:DIFFERENZA
I know that my unconceived children would be my most valuable “possessions”
Note:PARADOSSO
Economist Peter Bauer has pointed out that if per capita income is the right measure of human happiness, then the birth of a farm animal is a blessing and the birth of a child is a curse.
Note:LA MALEDIZIONE DELLA NASCITA
Other people—our friends and our children and sometimes even strangers who do us unexpected kindnesses—are among the luxuries that make life worth living.
IL NOSTRO LUSSO