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lunedì 30 dicembre 2019

LA BUONA POLITICA INFORMATA AL PECCATO ORIGINALE.

LA BUONA POLITICA INFORMATA AL PECCATO ORIGINALE.

La dottrina politica di ogni buona destra si fonda sulla dottrina teologica del peccato originale.
L'uomo di destra sa bene l'albero da cui hanno mangiato i nostri progenitori: quello della Conoscenza. Quindi sa bene l'insidia a cui siamo più soggetti: l'abuso della conoscenza.
L'uomo di destra sa che gli sforzi umani per controllare la contingenza sono essi stessi soggetti alla medesima contingenza che vorrebbero controllare. I problemi di fondo non si risolvono con un decreto legge o con una tecnologia, perché tali rimedi sono soggetti alle stesse insidie che intendono correggere. Il governante ha i limiti del governato, non è né migliore né peggiore: se il governato non fosse un peccatore, non avrebbe bisogno del governante; se il governato è un peccatore, allora anche il governante lo è, e non risolverà mai i problemi del primo, al limite li amplificherà. I 3/4 della buona politica dovrebbero essere costituiti da inazione e preghiera.
La risposta risoluta a tutto questo è che si tratta di una compiaciuta e cinica razionalizzazione. Ma il problema o è reale o non lo è. Il modo giusto di rispondere alla destra illuminata dal peccato originale è indicare dove sbaglia.
Qualcuno potrebbe reagire dicendo che la destra ha ragione ma anche se fosse vero che non possiamo risolvere tutti i problemi con una legge, possiamo comunque migliorare la nostra condizione. Purtroppo, pensando in questo modo ci si dimentica che i vizi arrivano in coppia. Se c'è il pericolo di arrendersi troppo presto, c'è anche il pericolo di spingersi troppo in là. L'insistenza nel cercare soluzioni laddove non ce ne sono è una ricetta per perdere tempo, risorse ed energia emotiva. Un tipo del genere è inoltre destinato ad esacerbare la demagogia e la partigianeria. Qualcosa di cui davvero non abbiamo bisogno.
Un politico che promette soluzioni a un problema che ha la preghiera come unica soluzione, incamera un ovvio vantaggio rispetto a chi riconosce francamente che il problema può essere al massimo gestito e non risolto. Ha anche un incentivo a demonizzare l'avversario come nemico del progresso umano.
La politica democratica scatena al massimo l' illusione che per ogni problema, c'è un colpevole da biasimare. Una volta tolto di mezzo il colpevole, sarà possibile varare la "mitica riforma" e le cose andranno meglio.
Il vantaggio politico di pensare in questo modo è enorme: la massa vuole qualcuno con idee e fiducia in se stesso, non qualcuno che sui temi più complessi si affidi alla Provvidenza. Il primo è uno che sa, uno che accusa, uno con un piano, uno con la pallottola d'argento in canna, con la leggina giusta nel cassetto.
Il secolarismo potrebbe essere un'altra fonde di illusioni. È più facile accettare il fatto che alcuni problemi siano semplicemente parte della condizione umana, e quindi senza un colpevole, quando il tuo cuore attende un'aldilà. Al contrario, se pensi che questa vita sia tutto ciò che c'è, allora il fatto che alcune delle sue miserie non possano essere risolte ti getta nella disperazione. Sarai più portato a credere che ci sia sempre una soluzione, e di conseguenza a demonizzare coloro che la negano.
Tuttavia, non trovo del tutto convincente questo argomento, talvolta è proprio la religiosità a favorire l'illusione che ci sia un colpevole responsabile del male. In effetti, capita spesso che siano i meno religiosi a professare un maggior scetticismo. Se pensi che non ci sia un creatore benevolo e nessuna provvidenza divina, potresti essere più incline a pensare che gran parte del male è semplicemente il risultato inevitabile di forze fuori controllo. D'altro canto, le persone religiose possono anche essere inclini a sopravvalutare la responsabilità umana per il male commesso, e dietro questo istinto si annida spesso una cattiva comprensione del peccato originale. E' proprio questo il tema che vorrei affrontare nel resto del post.
La pena del peccato originale è essenzialmente una privazione piuttosto che una maledizione (con annesso "danno positivo"), e in particolare la privazione di una guida soprannaturale. Dopo la cacciata dell'Eden la natura umana resta buona, ma è fortemente limitata. Ad esempio, data la nostra dipendenza dai corpi, siamo fortemente limitati nella conoscenza. Se siamo nel posto sbagliato al momento sbagliato o conosciamo le persone sbagliate, siamo destinati a cadere in errore e questi errori si mescoleranno nel tempo creando un caos dove ogni tentativo di orientarsi risulta inaffidabile. E questo sarebbe vero anche a prescindere da eventuali peccati che potremmo commettere. I nostri guai sono semplicemente un sottoprodotto dei nostri limiti. Avremmo bisogno di una guida sicura a cui affidarsi; nel Paradiso Terrestre c'era, ma, da quando i nostri progenitori hanno scelto di fare da soli, quella guida ha preferito rispettare la nostra volontà lasciandoci vagare nelle tenebre esattamente come avevamo chiesto.
Alcune persone, invece, sembrano pensare che ogni cosa brutta che ci accade sia in qualche modo una punizione per l'errore dei nostri primi genitori (come una specie di karma), In breve, c'è la tendenza a pensare che il peccato originale comporti una cattiva azione dietro ogni cosa cattiva che accade. Ma questo è un malinteso con ripercussioni sulla politica! Quando una persona scivola e cade da una scogliera o contrae una malattia o perde tutto il suo denaro nel mercato azionario, la dottrina del peccato originale non implica che quei danni specifici siano stati meritati come punizione (da lui o dai nostri primi genitori). Disgrazie di questo tipo sarebbero evitate solo con un aiuto divino che i nostri genitori hanno scelto di rifiutare. In questo senso non ci sono colpe particolari, nessuno puo' governare il caos/complessità, nessuno puo' prevedere cosa potrebbe succedere nel caos/complessità. Se c'è un embrione di colpa è proprio in chi si illude e pensa il contrario (Adamo, Eva, il politico progressista). Costui perpetua il peccato originale: non fa del male, magari il suo cuore è anche buono, semplicemente non riconosce dei limiti. Potremmo definirla, al massimo, una forma di stupidità.
In conclusione, l'azione umana può sembrare così maligna che è più facile cadere nella trappola di pensare che quando accade qualcosa di brutto, dietro ci sia qualcuno da incolpare, o che coloro che si oppongono a un rimedio proposto devono avere motivazioni malvagie. Tuttavia, è proprio la dottrina del peccato originale ben compresa che ci aiuta a guarire da questo istinto riformatore/accusatore che ci minaccia da sempre da vicino.

giovedì 22 novembre 2018

MEDICI AMBIZIOSI

MEDICI AMBIZIOSI

Cosa sia un sistema complesso lo sappiamo tutti ma non sempre riusciamo sempre dirlo.
Proposta: trattasi di un sistema i cui difetti sono difficili da rettificare poiché molto spesso una correzione non significa altro che rinviare la riproposizione dei medesimi difetti amplificati.

Le foresta, per esempio, è un sistema complesso: il fuoco la mette a rischio ma quanto più le tuteliamo dal pericolo, tanto più aumenta la probabilità del mega-incendio che la ridurrà in cenere. 

L’economia è un altro sistema complesso.

Il medico troppo ambizioso in questi casi è letale.

giovedì 11 ottobre 2018

HL How Nature Defies Math in Keeping Ecosystems Stable Veronique Greenwood

How Nature Defies Math in Keeping Ecosystems Stable
Veronique Greenwood
Citation (APA): Greenwood, V. (2018). How Nature Defies Math in Keeping Ecosystems Stable [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia ( giallo) - Posizione 2
How Nature Defies Math in Keeping Ecosystems Stable By Veronique Greenwood
Evidenzia ( giallo) - Posizione 5
Behind the beautiful facade of a rainforest,
Nota - Posizione 5
UN CONTESTO BRULICANTE DI INTERRELAZIONI
Nota - Posizione 6
COMPETIZINE OVUNQUE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 6
space,
Nota - Posizione 6
2
Evidenzia ( giallo) - Posizione 6
resources,
Nota - Posizione 6
3
Evidenzia ( giallo) - Posizione 6
talents,
Evidenzia ( giallo) - Posizione 7
When ecologists try to model ecosystems
Nota - Posizione 7
MODELLARE L ECOSISTEMA....ALI DI UNA FARFALLA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 7
the more interactions there are among species, the more unstable the system.
Nota - Posizione 8
LA SCOPERTA CON PIÙ ECO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 8
Maintaining that balancing
Nota - Posizione 9
IL DIFFICILE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 9
Any disturbance or imbalance
Nota - Posizione 10
DESTINAZIONE CAOS
Nota - Posizione 10
SPECIALIZZAZIONE....FRAGILITÀ...QUANDO OGNI COSA CONTRIBUISCE ALLA SOPRAVVIVENZA DI GNI COSA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 10
mutualisms,
Evidenzia ( giallo) - Posizione 14
theoretical ecologists
Nota - Posizione 15
CHI STUDIA STE COSE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 15
University of Illinois
Nota - Posizione 15
DA DOVE VENGONO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 16
real-world communities manage to be more resilient than the models imply.
Nota - Posizione 17
TESI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 19
James O’Dwyer,
Nota - Posizione 19
STUDIOSO 1
Evidenzia ( giallo) - Posizione 20
Stacey Butler,
Nota - Posizione 20
ST 2
Evidenzia ( giallo) - Posizione 20
common communities of microbes
Nota - Posizione 21
LA POPOLAZIONE STUDIATA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 23
In traditional models, this would make for a very unstable system, and yet stability is considered a hallmark of these communities.
Nota - Posizione 23
IL DILEMMA DELLE COMUNITÀ DI MICROBI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 23
Gut microbiomes
Nota - Posizione 24
ESEMPIO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 24
For their study, O’Dwyer and Butler first built a model in which organisms are born, reproduce and die while consuming and competing for resources that arrive from elsewhere,
Nota - Posizione 25
PRIMO MODELLO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 30
Then O’Dwyer and Butler introduced mutualism by directing that the organisms feed not only on external resources but on each other’s byproducts
Nota - Posizione 31
SECONDO MODELLO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 31
mutualisms had a destabilizing effect
Nota - Posizione 32
DAPPRIMA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 32
exception was if the researchers specified that the mutualism had to be symmetric
Nota - Posizione 32
MA...IN QS CASO STABILITÀ
Evidenzia ( giallo) - Posizione 36
Perfect balance in mutualisms seems like a demanding and unlikely solution to mutualism’s destabilization influence.
Nota - Posizione 36
OBIEZIONE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 38
Katharine Z. Coyte,
Nota - Posizione 38
STUDIOSA XPLESSA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 39
intense competition among the bacteria in the microbiome may itself be a stabilizing force, keeping in check any species that might otherwise overrun the system.
Nota - Posizione 40
ALTRA SCOPERTA....MONOPOLI SOTTO CONTROLLO..... NO ESCALATION

venerdì 3 agosto 2018

COMPLESSO VS COMPLICATO

COMPLESSO VS COMPLICATO
Un problema è complesso quando cambia di continuo mentre lo stai risolvendo. Nei problemi complessi la percezione conta più dei fatti. I problemi complessi non richiedono soluzioni ma strategie. Nei problemi complessi l’oggetto del problema interagisce con l’ipotesi di soluzione da te formulata.
I problemi complicati evolvono assumendo un numero limitato di configurazioni possibili, quelli complessi mutano avendo a disposizione un numero infinito di possibilità.
I problemi complicati richiedono di essere affrontati da un esperto (ingegnere), quelli complessi da un’imprenditore (saggio).
La fisica si occupa di problemi complicati, l’economia di problemi complessi.
MEDIUM.COM
It appears that at long last the popular sentiment seems to be boiling with enough intensity to (maybe) do something about the problem of…

Complicated vs. Complex arnold kling

Complicated vs. Complex
arnold kling
Citation (APA): kling, a. (2018). Complicated vs. Complex [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia ( giallo) - Posizione 2
Complicated vs. Complex By arnold kling
Evidenzia ( giallo) - Posizione 7
Jordan Greenhall
Evidenzia ( giallo) - Posizione 8
finite and bounded (unchanging) set of possible dynamic states,
Nota - Posizione 8
COMPLICATO E NON STRATEGICO....INFINITO E STRATEGICO => COMPLESSO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 10
the optimal choice is to become an “expert”.
Nota - Posizione 10
PER AFFRONTARE IL COMPLICATO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 11
the optimal choice goes in a very different direction: to become responsive.
Nota - Posizione 12
PER IL COMPLESSO...IMPRENDITORE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 13
In complication, one specializes. In complexity, one becomes more generally capable.
Nota - Posizione 14
SPECIALIZZAZIONE E SAGGEZZQ
Evidenzia ( giallo) - Posizione 14
mainstream economists treat economic problems as complicated,
Nota - Posizione 15
PURTROPPO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 24
6 Responses to
Nota - Posizione 24
Tttttttttttt COMMENTI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 28
Our ability to give ourselves what we want has far outstripped our ability to sense what we really need.
Nota - Posizione 29
CORTO CIRCUITO PRODUZIONE DESIDERIO
Evidenzia ( giallo) - Posizione 30
why J. Peterson is so successful
Nota - Posizione 30
ECCO XCHÈ

lunedì 26 febbraio 2018

DEFINIZIONE DI COMPLESSITA'

DEFINIZIONE DI COMPLESSITA'

Un sistema è complesso quando per il cambiamento di quel sistema la percezione conta più dei fatti.
#Amazon

Why anti-lock brakes make us drive faster Why saving money can lead to financial crisesHow football helmets make the game more dangerousWhy letting forest fires burn can be safer than putting them outWe have learned a staggering amount about…
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mercoledì 29 novembre 2017

SAGGIO E’ un mondo difficile


E’ un mondo difficile


Il bizzarro compito dell’economia e dimostrare agli uomini quanto poco sanno.
Come esemplificare al meglio questa ignoranza messa in luce da quelle discipline economiche che la danno per scontata?
Prendiamo come esempio un oggetto banale di uso comune, un oggetto presente in tutte le case, un tostapane. Cosa c’è di più triviale? Cosa c’è di più semplice?
Ebbene, provate a costruirne uno!
Oppure seguite le peripezie di chi c’ha provato, uno come Thomas Thwaites, dottorando in design del Royal College of Art di Londra.
Una volta imbarcatosi nel “progetto tostapane” si è subito reso conto della montagna di complicazioni che sta dietro un’opera tanto banale, i pezzi da procurarsi sono più di 400!
I materiali che occorrono non sono banali, il rame per i cavi degli spinotti elettrici e il fili di collegamento. L’acciaio, per il sistema di griglie e la molla. Il nichel, per il componente che scalda. L’amica, per raffreddare il componente che scalda. Infine la plastica per l’isolamento dei figli e della spina.
T. si rese conto che se uno parte completamente da zero ci mette una vita per fabbricare un tostapane. E questo senza nemmeno andare in Cile ad estrarre di persona il rame necessario o in Russia per la mica.
Viviamo circondati da oggetti che non sapremmo mai fabbricare.
A dir la verità tanti di noi non sanno neppure quale sarà la destinazione finale del loro lavoro. Il boscaiolo che taglia un albero non sa se il legno verrà usato per uno stuzzicadente, per la struttura di un letto o per una matita.
L’unico a sapere è “il sistema”. Un sistema in grado di coordinare migliaia di ignoranze sparse sul pianeta.
Questa santa ignoranza affidata al giusto sistema ci rende disponibili una varietà sbalorditiva di prodotti. Basta entrare in un grande magazzino per accorgersi che centinaia di migliaia di articoli diversi sono presenti sugli scaffali. Su piazze come Londra e New York vengono offerti più di 10 miliardi di prodotti diversi.
L’unico a sapere la destinazione dei lavori è il sistema. Strategie alternative con la medesima ambizione, dal feudalesimo alla pianificazione centralizzata, sono finite nei libri di storia.
Ma c’è di più: tostare il pane non è affatto complicato, il pane, diciamo così, non assume un ruolo attivo, non prova a fregarti come potrebbe fare una squadra di banchieri di investimento. Il vero miracolo del sistema non è tanto la fabbricazione di un tostapane ma il coordinamento di migliaia di persone impegnate in quest’opera con i bisogni dei clienti. I problemi con le persone sono enormemente più complicati del già complicatissimo tostapane: le persone non collaborano, non stanno mai ferme, voi cominciate a risolvere un problema e vi accorgete che il problema cambia continuamente sotto le vostre mani.
Un cervello non basta, per quanto sia geniale. Tutti noi ci aspettiamo troppo da un uomo solo. Ci aspettiamo troppo dal capo di governo. Ci aspettiamo troppo da un eroe. Ci aspettiamo troppo da un valoroso militare. Abbiamo il tremendo bisogno di credere nell’efficacia di un leader ma costui resterà sempre un nano se paragonato al “sistema”.
Forse tale istinto oggi perverso ha origine nel fatto che ci siamo evoluti operando in piccoli gruppi di cacciatori e risolvendo problemi che erano, per l’appunto, quelli di un piccolo gruppo. Problemi banali, in un certo senso, problemi che potevano essere risolti anche da un genio. Non riusciamo così a capire come i problemi più complessi possano e debbano essere risolti involontariamente grazie all’ignoranza coordinata di molti.
Philip Tetlock è il più grande esperto di esperti. La sua opera ci fa notare come la contraddizione tra esperti sia all’ordine del giorno, oppure che le previsioni sulla politica Russa pronunciate da esperti di cose sovietiche non fossero più precise di quelle pronunciate da specialisti della politica canadese. Oppure che più gli esperti erano famosi, più erano incompetenti.
Gli esperti, secondo le ricerche di Tetlock, fanno meglio dei non esperti ma “leggerissimamente”, e questo dopo aver studiato “moltissimamente” di più. La colpa non è loro, è che viviamo in un mondo difficile. Viviamo nel mondo in cui il complicatissimo problema del tostapane si archivia nello scaffale dei “problemi semplici”.
Il sistema di mercato sembra l’unico in grado di approcciare questa complessità, ma qual è il suo segreto?
La lezione sembra essere che il fallimento sia parte integrante del metodo risolutivo come del sistema di mercato.
Più un settore economico è giovane, dinamico e promettente più i tassi di fallimento delle sue aziende è elevato.
La macchina per stampare fu inventata da Johann Gutenberg, un uomo che cambiò con la sua invenzione il corso della storia facendo fallire molti progetti alternativi. Ma lui stesso, nel tentativo di realizzare la famosa Bibbia che porta il suo nome, fallì e fu accantonato (il centro dell’industria della stampa si spostò Venezia). Non si guarda in faccia a nessuno nel nome di sua maestà il Fallimento, ovvero il motore per la soluzione di problemi complicatissimi.
Quando esplose la bolla delle cosiddette Dot-com, spazzò via innumerevoli giovani realtà economiche. Grazie ha questa capacità di far piazza pulita il business di Internet fiorì e si affermò.
La moderna industria informatica costituisce un esempio eclatante, il settore più dinamico dell’economia è stato anche quello in cui si sono osservati fallimenti a catena: Hughes,  Transitron, Philco, Intel, Hitachi, Xerox… Tutti nel buco nero per risolvere problemi incasinatissimi e realizzare cio’ di cui oggi possiamo godere.
Non sono tanti i dirigenti d’azienda che amano ammetterlo, ma il mercato trova tentoni la via giusta.
La stessa selezione naturale in campo biologico, spesso sinteticamente definita come il processo di sopravvivenza del più adatto, è in realtà innescata dalla “sconfitta del meno adatto”.
Dicevamo che i problemi che coinvolgono gli esseri umani sono particolarmente difficili da trattare. I manager li hanno sul tavolo ogni giorno.
Molti ritengono che i dirigenti delle grandi aziende debbano avere delle qualità eccezionali, lo pensano sicuramente gli azionisti che pagano loro stipendi profumati, ma lo pensano molte persone della strada (che vengono a sapere di quegli stipendi). Ma e poi davvero così? In fondo non si capisce bene cosa facciano di tanto eccezionale.
Un tentativo interessante di risposta all’enigma lo fornisce l’economista Paul Ormerod che ha confrontato quel che i reperti fossili ci ci dicono circa le estinzioni (fallimenti biologici) avvenute negli ultimi 550 milioni di anni con le statistiche di Leslie Anna sulla morte dei giganti industriali. Ebbene, il rapporto opportunamente normalizzato delle estinzioni biologiche e delle estinzioni aziendali appare molto simile, e questo nonostante che il processo biologico sia cieco mentre invece quello economico guidato dai geni del management.
Vogliamo tradurre? Beh, secondo Ormerod Apple potrebbe tranquillamente sostituire Steve Jobs con uno scimpanzé.
Non sono i manager ad essere dei geni, è il mercato (ovvero il sistema in cui sono inseriti) ad essere geniale.
Ma il modo più efficace per vincere la complessità è anche il meno popolare, chi ha voglia di brancolare nel buio in cerca di una soluzione vincente commettendo ripetuti errori sotto gli occhi di tutti? Chi vuole votare per un politico che segue questo metodo, o sostenere un manager di livello la cui strategia sembra quella di sparare ideee casaccio?
Di solito i politici si presentano come gente che promette di tirare dritto per la sua strada, di non cambiare mai idea, di essere coerenti. Dovremmo invece tollerare, persino celebrare tutti i politici che mettono alla prova le loro idee in modo talmente coraggioso da dimostrare che alcune non funzionano. Ma in realtà non lo facciamo mai!
La varietà di opinioni e la diversità di approcci è una ricchezza, ma a quanto pare poco apprezzata anche nei luoghi deputati al culto dell’efficienza. Ci sono alcune dimostrazioni del fatto che più una persona è ambiziosa, più sceglierà di essere uno Yes Man, e per buone ragioni visto che questi tendono essere premiati. Persino quando i leader e i manager vogliono davvero un onesto riscontro delle loro azioni, spesso non riescono a riceverlo.
Tendiamo a presumere che l’economia pianificata dell’Unione Sovietica sia crollata perché mancava l’effetto galvanizzante della ricerca del profitto e la creatività del settore privato. Molto più probabilmente è crollata perché mancavano i fallimenti, ovvero quei segnali che ci indicano più o meno direttamente la direzione da prendere. L’Unione Sovietica ha tirato dritto con i suoi progetti faraonici messi al riparo da ogni fallimento… ed è finita nel burrone. Una patologica incapacità di sperimentare.
Ma anche in una moderna multinazionale la diversità degli approcci è difficilmente tollerata, gli ostacoli sono almeno due. Il primo è la mania di grandezza: sia i politici sia i capi d’azienda a mano i grandi progetti. Il secondo è che noi raramente amiamo la convivenza di un’accozzaglia di principi incoerenti fra loro, è come se turbassero la nostra naturale inclinazione all’eleganza e all’uniformità. Ci piace pensare che tutto sia uniforme.
Sarà anche per questo che gestiamo tremendamente male i nostri fallimenti, a volte ci deprimiamo ma l’insidia maggiore non è la depressione.
Prendiamo il mondo del poker, un mondo dove regna il sangue freddo. Diversi giocatori professionisti raccontano che esiste un momento specifico in cui il rischio di perdere il controllo è molto alto, non è quando vincono e l’euforia li coglie ma quando hanno appena perso un sacco di soldi per una cattiva giocata e siamo colti da un demone pericolosissimo: la voglia di riscatto. Riconoscere la sconfitta e ricalibrare il gioco è l’unica cosa da fare, per quanto dolorosa. Una persona che non si fa una ragione delle proprie perdite è probabilmente destinata a correre rischi che in altre situazioni non prenderebbe nemmeno in considerazione.
La perdita ci fa perdere la ragione, gli economisti parlano di “sunk cost”, se al ristorante abbiamo ordinato il piatto sbagliato ci sentiamo in dovere di mangiare ugualmente, il fatto di dover pagare (e quindi buttato i nostri soldi) è come se ci imponesse un dovere, ovvero sacrificare ulteriormente il nostro piacere sorbendoci una schifezza. Se ho prenotato una vacanza pagando un congruo anticipo mi sento in dovere di partire anche se non sto bene, lo trovo un modo per non sprecare i soldi versati. Non appena ci accade qualcosa di negativo noi evitiamo ogni analisi accurata abbandonandoci alla voglia di riscatto. La giusta reazione sarebbe quella di incassare la battuta d’arresto e cambiare direzione, sebbene l’istinto ci spinga nella direzione opposta.
Questo spiega perché il detto “sbagliando si impara”, che è un saggio consiglio, sia tremendamente difficile da seguire.
complicato