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martedì 13 dicembre 2011

Peggio dell’ ignoranza diffusa c’ è solo l’ ignoranza concentrata

Jeffrey Friedman Wladimir Kraus - Engineering the financial crisis.

E’ a tutt’ oggi l’ unico libro che ho letto sulla crisi, le referenze erano talmente buone che mi sono sentito in dovere di farlo.

Purtroppo ha il difetto di presentarsi ideologicamente affine alla mia sensibilità, e quando alla lettura viene a mancare il corpo a corpo che si rinnova a ogni pagina, quando latita una vera “lotta”, il piacere rischia sempre di scemare.

Non mancano le scoperte.

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Le scoperte, quando sono veramente tali, sono 1. sorprendenti e 2. da sempre sotto i nostri occhi; nella loro provocante banalità risultano persino facili da comunicare.

Il libro è un ragionamento articolato intorno a una scoperta di questo tipo, eccola: le banche, puntando soprattutto su titoli a basso rendimento e riempiendosi la “pancia” di titoli di Stato e comunque a tripla A, hanno tenuto comportamenti particolarmente prudenti nell’ assemblare i loro portafogli pre-crisi. Oltretutto, non si sono nemmeno spinte vicino alle soglie di rischio che la legge consentiva loro di tenere.

Siccome non si puo’ essere contemporaneamente avidi e prudenti, la conclamata quanto spesso trascurata evidenza di fatto revoca in dubbio molte pseudo spiegazioni che andavano per la maggiore poiché confacente alla battaglia contro il Male.

1. Too Big to fail. Ovvero, poiché le perdite verranno “trasferite” grazie ai salvataggi governativi, si “mangi” finché si puo’. Ma in questo caso come spiegare tanta prudenza? Questo ci evita persino di far notare che il mercato non ha mai quotato le TBTF alla stregua di aziende garantite dallo Stato.

2. Bonus manager. Ovvero, taluni particolari compensi avrebbero imposto un orizzonte “a breve” e quindi “comportamenti avidi”. Ma gli orizzonti a breve e la prudenza non si conciliano. Questa considerazione ci evita la noiosa contabilità delle perdite perdite subite dai manager in seguito ai crack.

Ma ci sono altre spiegazioni che alla prova dei fatti non tengono.

3. Bassi tassi. Perché mai tassi bassi avrebbero causato una bolla immobiliare anziché una bolla, che ne so, nelle auto o negli alimentari?

4. “Case per tutti”. Se tutto si fosse limitato al fallimento di prestatori para-statali con obiettivi sensibili al “sociale” e più o meno dettati dalla politica (es. Fannie Mae e Freddie Mac), il disastro sarebbe stato contenuto.

5. La deregolamentazione dei derivati. I veri problemi hanno colpito duro soprattutto le banche commerciali, ovvero quelle più soggette a vigilanza. Inoltre, il fallimento di AIG, il maggior produttore di derivati, è da considerare irrilevante per la crisi mondiale.

6. Irrational exuberance. Con l’ “irrazionalità” non si spiega molto, meglio ricorrere al concetto di ignoranza. Infatti, in sé non c’ è niente di irrazionale nell’ uniformarsi a certi comportamenti trasmessi socialmente quando le informazioni sono scarse. Che la ragione si mescoli al sentimento quando si tratta di decisioni complesse, poi, è del tutto normale.

Se proprio vogliamo delle “spiegazioni” c’ è di meglio. Per esempio il corto circuito tra una serie di regole:

7. Basilea con i suoi coefficienti di capitalizzazione. Gli accordi di Basilea hanno di fatto costretto le banche commerciali a comprare titoli a tripla A. Da qui l’ abbuffata di titoli rivelatisi tossici.

8. Regola contabile del “market to market”. Ha costretto a contabilizzare i titoli in pancia a valore di mercato facendo apparire come insolventi banche soggette solo a crisi di liquidità.

9. Agenzie di Rating. Sì è data “forza di legge” al parere di agenzie che operano su un mercato protetto per legge.

10. Regolamentazione BCE. Di fatto non esiste una banca centrale che sia veramente tale e questo ha scatenato la denuncia (e le scommesse) degli speculatori contro l’ Europa.

11. Tabù dell’ inflazione. Ha impedito alle banche centrali di “targetizzare” stabilizzandolo il prodotto interno nominale.

Come si vede, rispetto al resoconto dei giornali, l’ enfasi si sposta dunque dall’ AVIDITA’ all’ IGNORANZA.

Conclusioni. Non esistono complotti, non esistono avidi egoisti. Esistono solo uomini – siano essi banchieri, tecnici o politici - che sbagliano e continueranno a sbagliare. Sbaglieremo ancora se non ne teniamo conto.

Siamo ad un umanissimo e normalissimo fallimento degli esperti, inconveniente spiacevole ma che fortunatamente colpisce duro solo chi si è fidato troppo degli esperti. Sempre un problema di “leva”, dunque. Ma non di “leva finanziaria”.

Questo libro, di fatto, è la miglior difesa del sistema capitalistico. Perché?

Lascio la parola agli autori pescando dal capitolo finale:

… perché è importante comprendere la cause della crisi finanziaria?… a noi non interessa concludere accusando tizio o caio, non vogliamo trascinare sul banco degli imputati i regolatori della finanza… nessuno puo’ essere accusato se commette errori in modo onesto… e nemmeno se è condizionato dalla propria ideologia… errori onesti e ideologia sono cose profondamente umane, direi che sono inerenti alla nostra natura… Piuttosto, è importante comprendere come il problema non stia tanto in un capitalismo sregolato quanto nell’ inevitabile “fallimento degli esperti” chiamati a regolare un sistema complesso come l’ economia finanziaria… La moderna democrazia, anziché arginare gli inconvenienti dei limiti cognitivi umani, sembra talvolta esaltarli… Beninteso, i limiti cognitivi degli operatori di mercato non sono meno marcati rispetto a quelli dei “tecnici regolatori” ma il mercato mette simultaneamente sul tappeto eterogenee interpretazioni del mondo in competizione tra loro… tutte fallibili, tutte viziate da ignoranza e tutte ideologiche… senonché molte di loro saranno sbagliate, molte altre lo saranno un po’ meno e molti errori potranno compensarsi tra loro… Una società ordinata dovrebbe sfruttare questa ricchezza riducendo i rischi diversificando il proprio “portafoglio ideologico” anziché concentrarli affidandosi mani e piedi a un’ unica “interpretazione”, quella dell’ esperto regolatore, un uomo non meno limitato degli altri quando si tratta di governare complessità gassose come quelle della finanza…

lunedì 12 dicembre 2011

Avidità & Ignoranza

Un fenomeno complesso puo’ essere compreso ricorrendo al “C’ era una volta”. Le narrazioni incantano e soprattutto consentono di sorvolare allegramente sulle incongruenze.
Altri preferiscono unire i puntini. Anche in questo caso la fantasia non soffre frustrazioni: ci sono infinite linee in grado di unire i medesimi puntini.
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Personalmente prediligo il metodo del “great divide”.
Sentire “accusa” e “difesa” illumina persino un comprendonio lento quale è il mio. Mi rendo conto del rischio “curva sud”, ma riguarda per lo più i disinteressati e che si corre quando l’ opposizione non è ben posta.
Dunque, per penetrare un fenomeno complesso come quello della crisi finanziaria occorre innanzitutto un adeguato “great divide”:
… il nostro libro non è progettato unicamente per chi è interessato alle cause della crisi finanziaria, ma a cosa queste cause indicano circa il capitalismo e i governi…
… noi critichiamo la tendenza a sorvolare su un fenomeno sempre sminuito: l’ ignoranza umana per concentrarsi su un fenomeno sempre enfatizzato: il ruolo degli incentivi…
… se prendiamo in considerazione le cause della crisi rese comuni dalla vulgata, ci accorgiamo che hanno a che fare con una denuncia (a posteriori) di incentivi mal posti…
… l’ abbassamento degli standard nel concedere i mutui immobiliari, i bonus ai manager, il “too big to fail”, il tasso d’ interesse troppo basso… se ci fate case sono tutte spiegazioni che puntano tutto sulla distorsione degli incentivi: incentivi mal posti hanno messo in moto alcuni avidi “volponi” perfettamente consapevoli che ne hanno approfittato lasciando gli altri nei guai…
… parlare di “irrationality exuberance”, poi, è una rinuncia a comprendere… “irrazionale” in fondo è un modo per dire “inesplicabile”…
… per quanto ci riguarda la crisi è stata causata invece da un’ ignoranza diffusa un po’ ovunque, presso i banchieri come presso i regolatori del mercato…
… perché mai i banchieri avrebbero dovuto intraprendere azioni volte a distruggere le loro banche?… perché mai i regolatori avrebbero adottato scelte votate alla distruzione del sistema?… a queste domande non mancano delle risposte ma sono risposte populiste non sorrette da evidenza degna di questo nome…
… l’ ignoranza è presa in considerazione poco volentieri nel mondo accademico che invece ama concentrarsi sull’ incentivo… una caricatura non poi così deformante degli economisti, li vede come coloro che pensano a ogni evento come previsto e prevedibile dagli agenti economici… che hanno una comprensione adeguata del mondo… e quindi sono in grado di dominare le conseguenze ultime delle loro azioni…
Ecco allora il great divide che cercavamo, la dialettica da cui far partire ogni riflessione: ignoranza vs. avidità.
Ma la competizione tra i due fronti non è alla pari, questo perché:
… il politico delle moderne democrazie ha bisogno di teorie che rispondano retrospettivamente alla domanda: “cosa avrebbe potuto prevenire la crisi?”… ma gli studiosi dell’ economia dovrebbero essere chiamati a capire il passato e il presente anziché a predire il futuro… visto che lo stato futuro dei sistemi complessi è per sua essenza imprevedibile…
… il dibattito orientato al futuro incoraggia la razionalizzazione e l’ analisi prescrittivo in assenza di diagnosi… la moderna democrazia scoraggia l’ analisi delle cause che guidano un sistema sociale complesso… poiché il suo pensiero si arresta non appena la diagnosi a posteriori individua la regola o la legge che avrebbe impedito il disastro se adottata trascurando l’ essenziale, ovvero il fatto di quanto improbabile sia realizzare a priori cio’ che si realizza comodamente dopo adagiati in una lussuosa retrospettiva…
… “se solo i nostri predecessori avessero saputo quel che sappiamo noi!”… la politica sorvola proprio questo particolare e prende le sue decisioni ignara del fato che domani qualcuno è destinato a ripetere qualcosa del genere… meglio sarebbe pensare alla propria ricetta come a qualcosa che precede i problemi e non che li segue… cosa impossibile al politico contemporaneo… intrappolato nella tensione che lega inestricabilmente future-oriented policy e hindsight bias
… questa trappola ci induce a giudicare – retrospettivamente! - delle semplici persone che ignorano il futuro… come persone incentivate a tenere certe condotte… il semplice errore umano si trasforma ora in avidità, ora in complotto…
Wladimir Kraus Jeffrey Friedman – Engeneering the financial crisis