People who are powerful but uncharismatic will tend to be disliked. Their power makes them a target for criticism that they don't have the charisma to disarm. That was Hillary Clinton's problem. It also tends to be a problem for any CEO who is more of a builder than a schmoozer. And yet the builder-type CEO is (like Hillary) probably the best person for the job.
I don't think there is any solution to this problem. It's human nature. The best we can do is to recognize that it's happening, and to understand that being a magnet for criticism is sometimes a sign not that someone is the wrong person for a job, but that they're the right one.
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sabato 15 settembre 2018
lunedì 30 luglio 2018
TRA TANTA FUFFA
TRA TANTA FUFFA
Ogni libreria dedica almeno uno scomparto a volumi zeppi di consigli per avere successo sul lavoro. In genere trovi tanta fuffa ma col tempo ho cominciato a valorizzare un autore: Jeffrey Pfeffer, affidabile cantore del mondo manageriale nelle grandi corporation. Dal suo ultimo volume mi porto a casa almeno questi 5 dritte:
1. Il meglio per il boss, il meglio per la proprietà e il meglio per i dipendenti sono in continua tensione tra loro.
2. Se devi scegliere una politica affidati all’evidenza statistica, se devi scegliere una persona dai più spazio all’ intuitu personae.
3. Ai piani alti delle corporation la curiosità intellettuale latita. Ci sono manager che leggono pochissimi libri.
4. In questo mondo l’ipocrisia è la regola (qui viene citato il caso Damore: Google prima chiede proposte basate su “evidenze” interne e poi licenzia chi ne fornisce di scomode).
5. Quello che il boss dice e quello che il boss fa spesso non coincidono. Per lavorare bene con un boss non dare troppo peso a quello che lui vuole da te, privilegia invece i consigli di chi ha già lavorato con lui.
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Finalist for the 2015 Financial Times and McKinsey Business Book of the YearBest business book of the week from Inc.comThe author of Power, Stanford business school professor, and a leading management thinker offers a hard-hitting dissection of the leadership industry and ways to make w...
Jeffrey Pfeffer on leadership | askblog Jeffrey Pfeffer
Jeffrey Pfeffer on leadership | askblog
Jeffrey Pfeffer
Citation (APA): Pfeffer, J. (2018). Jeffrey Pfeffer on leadership | askblog [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com
Parte introduttiva
Evidenzia ( giallo) - Posizione 2
Jeffrey Pfeffer on leadership | askblog By Jeffrey Pfeffer
Evidenzia ( giallo) - Posizione 9
opinions not backed by any statistical evidence.
Nota - Posizione 9
IL SETTORE DEL MANEGEMENT ADVICE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 10
doing what is best for the leader’s career, doing what is best for organizational success, and doing what is best for employees.
Nota - Posizione 11
CONTINUA TENSIONE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 11
Intellectual curiosity
Nota - Posizione 11
IMPORTANTE MA RARISSIMA AD ALTI LIVELLI
Evidenzia ( giallo) - Posizione 12
many executives do not read any books
Nota - Posizione 12
Cccccccccc
Evidenzia ( giallo) - Posizione 14
Google prides itself on looking at evidence and data in its management approach.
Nota - Posizione 14
INTERMEZZO....POI IL CASO DAMORE
Evidenzia ( giallo) - Posizione 16
Hypocrisy is pervasive in the workplace,
Nota - Posizione 16
LA REGINA
Evidenzia ( giallo) - Posizione 16
what leaders say they value and how they actually behave are not necessarily aligned.
Nota - Posizione 17
ASCOLTA CHI HA LAVORATO CON LORO PIÙ CHE LORO
giovedì 8 febbraio 2018
Lo status è trasferibile
Cose imparate oggi: lo status è trasferibile.
In altri termini: la capacità di porsi al vertice di una gerarchia è utilizzabile in qualsiasi contesto. Si tratta di un'abilità politica generica che dipende poco dal contesto specifico in cui si opera. Per questo un manager di Finmeccanica si trasferisce con grande disinvoltura e da un giorno all'altro al vertice di una banca o di un partito politico. Anche per questo i manager sono strapagati: hanno competenze universali e possono andarsene quando vogliono ovunque vogliono.
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In altri termini: la capacità di porsi al vertice di una gerarchia è utilizzabile in qualsiasi contesto. Si tratta di un'abilità politica generica che dipende poco dal contesto specifico in cui si opera. Per questo un manager di Finmeccanica si trasferisce con grande disinvoltura e da un giorno all'altro al vertice di una banca o di un partito politico. Anche per questo i manager sono strapagati: hanno competenze universali e possono andarsene quando vogliono ovunque vogliono.
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“Pfeffer [blends] academic rigor and practical genius into wonderfully readable text. The leading thinker on the topic of power, Pfeffer here distills his wisdom into an indispensable guide.”—Jim Collins, author of New York Times bestselling author…
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Tutti contro tutti
La lotta per il potere in azienda è stressante, divisivo e fonte di conflitti. Nei piani alti delle multinazionali il "tutti contro tutti" è spesso opprimente. A mitigare questo inconveniente soccorre un solo fatto: fuori è uguale. Potere e gerarchia si presentano in qualsiasi impresa umana degna di nota. Noi desideriamo relazionarci con gli altri attraverso un rapporto gerarchico, siamo persino disposti a "degradarci" pur di chiarificare i ruoli.
“Pfeffer [blends] academic rigor and practical genius into wonderfully readable text. The leading thinker on the topic of power, Pfeffer here distills his wisdom into an indispensable guide.”—Jim Collins, author of New York Times bestselling author…
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martedì 21 novembre 2017
Machiavelli 2.0
Machiavelli 2.0
Come diventare uomini potenti e di successo?
Impossibile fornire una ricetta utile poiché l’uomo potente non “fa certe cose” ma “è fatto in un certo modo”.
Inoltre, non si sa nemmeno con precisione cosa faccia, e forse è proprio per quello che viene pagato tanto: la sua opera ha un che di misterioso e carsmatico.
Tuttavia, si puo’ tentarne una descrizione.
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Potere e meritocrazia non sono in relazione tanto intima, cominciamo a sfatare questo mito. Se pensate che la meritocrazia sia tradita solo nella scuola o nelle organizzazioni pubbliche dovreste ricredervi: latita spesso anche nelle grandi multinazionali private.
Il livello della performance personale non è quasi mai garanzia di successo, quel che fate nel meritoconta relativamente, quando vi va bene è una condizione necessaria.
Affidare le proprie sorti alla propria competenza specifica significa affidarsi troppo alla fortuna.
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Altro elemento che puo’ dispiacere, il favoritismo è la regola: i capi, per esempio, favoriscono chi hanno assunto loro.
L’età, altro esempio, conta più della prestazione, e questo anche nelle organizzazioni private. Non sembra una pratica particolarmente improntata all’efficienza (anche se fidelizza i dipendenti).
L’efficienza puo’ addirittura danneggiarel’ambizioso: se sei uno capace il tuo capo ti vorrà sempre con sé soffocando la tua carriera. Magari porti avanti da solo il suo ufficio: e chi ti molla!
Poi ci sono i numeri: i CEO sono i soggetti per cui è più facile misurare il legame performance/compensi. Ebbene, trattasi di unlegame tenue. Molto tenue.
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L’attenzione del tuo capo – un tipo molto indaffarato – è la risorsa scarsa che devi accaparrarti se vuoi dar l’assalto ai vertici.
Farsi notare è importante. Ostentare paga, in questo senso l’evidenza contraddice la saggezza convenzionale.
I pubblicitari, del resto, sanno quanto sia importante essere “memorabili”.
Le persone, a parità del resto, scelgono cio’ che è loro familiare. Prediligiamo cio’ di cui ci ricordiamo.
Persino essere provocatori, a volte, rende. Conoscevo un collega che, non lo nego, a volte mi irritava, ma a decenni di distanza ancora me lo ricordo. Gli altri si sono persi nel nulla.
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Poi c’è il fatto che la performance ha tante dimensioni. Nelle multinazionali, per esempio, il profitto è tutto solo per il neofita.
Tina Brown ha fatto praticamente collassare i conti del suo giornale ma gli ha anche regalato una visibilità senza pari, e per questo è considerata una gloria insuperata.
Il profitto non è figlio unico, ha molti “fratellini”:puntate su quello a voi più congeniale.
Ma soprattutto tenete d’occhio quello a cui guarda il capo: il vostro successo dipende da lui.
Puo’ darsi che uscire con sua figlia sia da anteporre al fatturato.
Avete dei dubbi? Chiedete.
Chiedete a chi sta sopra di voi cosa desidera di più, a volte non è facile leggere nella mente delle persone. “Capo, ma tu cosa vuoi di più?”
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Sul lavoro alcuni vogliono star bene, altri voglionofar star bene gli altri.
I secondi non sono dei buoni samaritani, sono i carrieristi.
Far star bene gli altri è essenziale per chi punta in alto. Naturalmente la precedenza va data a chi sta sopra di voi. Sono loro che dovete appagare.
Adeguatevi al vostro capo: la gente ama i propri simili. Uniformatevi. Avete presente Zelig?
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Non criticate il gruppo: il cinico fa poca strada.
Chi elogia le altre organizzazioni, poi, si mette nei guai. Lo spirito di squadra, al contrario, è molto apprezzato, molto più apprezzato del realismo, per esempio.
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Le relazioni con il boss valgono la vostra competenza nel merito, ricordatevelo.
Leccare il culo paga. Fior di studi lo confermano. I lecchini sono spregevoli, e il primo a disprezzarli è il vostro capo, ma è incredibilmente difficile accorgersi che chi ci elogia non è altro che un lecchino: c’è una resistenza psicologica enorme che ostacola questa scoperta. Quindi, datevi da fare, sotto con la lingua. A quanto pare, è uno dei metodi più sottovalutati.
La “politica” conta in azienda quanto in politica, ecco la lezione finale da tenere a mente.
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Ma prima di cominciare la scalata al successo valutate bene se il successo fa per voi.
Il potere ha un prezzo, nessun pasto è gratis a questo mondo.
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Costo numero uno: sarete sempre sotto la lente di ingrandimento.
Una battuta pepata fatta a una collega è destinata a cadere nel vuoto… ma se siete (o diventerete) uomo di potere potrebbe trasformarsi in una molestia sessuale.
L’amministratore delegato che si fidanza con la direttrice alle vendite potrebbe essere licenziato. E’ appena successo alla Boeing.
Sarete costantemente oggetto di attenzione da parte di colleghi, subordinati, superiori e media. Saprete reggerla? Non tutti ci riescono.
Si commenterà anche il fatto che usate unaMercedes anziché una Fiat.
Un giornale riportava con sdegno che al self-serviceRudy Crew abbandonò il vassoio sul tavolo anziché riporlo negli appositi carrelli, come richiesto da un cartello.
Come vestite, dove abitate, che fate nel tempo libero. Tutto diverrà oggetto di speculazione, una volta che il potere sarà vostro.
Stare sulla scena comporta uno stress: lo sanno bene gli artisti al momento della prima. Suonare per i genitori o l’insegnante è tutta un’altra cosa. L’effetto San Siro ha tagliato le gambe a molti terzini.
Lo psicologo parla di “effetto di facilitazione sociale”: per alcuni sforzi la presenza del pubblico ha un effetto galvanizzante ma per altri ha un effetto paralizzante.
Agendo in pubblico sarete più stimolati ma la relazione tra motivazioni e performance è curvilinea: prima sale e poi scende!
Finché la performance consiste in uno sforzo muscolare l’ effetto galvanizzante predomina, ma quando vi si richiede di processare informazioni è l’effetto paralizzante a farsi sentire.
Un altro costo della visibilità è la distrazione.
Uno finisce per curare la sua immaginetrascurando il resto.
I manager ormai spendono più tempo arelazionarsi con le controparti che ad elaborare strategie commerciali e produttive.
Richard Feynman fu il primo a parlare di stress post-Nobel: l’attenzione che si calamita sui vincitori agisce in modo che non combinino più nulla nella ricerca.
La Wallace Company vinse il Malcom Baldrige National Quality Award. Poi fallì.
Le visite esterne, le continue richieste di incontri stampa, le conferenze in giro per il mondo si rivelarono una tale fonte di distrazione dal core business che la gli affari andarono a picco.
Sotto la pressione delle apparenze da curare al massimo, le imprese sono anche riluttanti nell’assumere i dovuti rischi. Si concentrano di più sulla stabilità e la sicurezza, a risentirne è la capacità di innovare. Dopo il successo ci si riposa sugli allori. Far uscire una nuova gamma di prodotti è più dura se quella precedente ha sfondato ottenendo molti riconoscimenti.
***
La persona di potere perde la sua autonomia. La giornata ti viene organizzata dal tuo staff, ogni buco è impegnato e tutto è programmato in anticipo. La cosa risulta leggermente soffocante.
O il potere o l’autonomia personale, bisogna decidersi.
Con l’agenda così zeppa non c’è un attimo per riflettere o per tirare il fiato facendo mente locale. Si prendono le decisioni sui mezzi, mentre ci si trasferisce da un luogo all’altro.
C’è molta gente che ti vuole vedere, e all’inizio questo è gratificante: tutti ti vogliono, tutti ti cercano. Ma alla lunga per molti la situazione si fa insostenibile.
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Essere uomini di potere richiede assorbe tempo ed energie.
Basta con gli hobby, basta con le relazioni personali (famiglia compresa).
Se volete rivedere vostra moglie dovete fare in modo che diventi la vostra segretaria.
La moglie-segretaria è quel che di solito chiamiamo“first lady”. Qualora lavori molto meglio smetta all’istante.
Il ruolo d’appoggio della first lady è prezioso – fornisce supporto e consigli, intrattiene i colleghi e alleggerisce il coniuge da molte incombenze scoccianti – per questo una donna di successo è recentemente sbottata “mi ci vorrebbe tanto una moglie”.
Spesso la coppia evita di avere figli: non puo’ permetterseli. Ad ogni modo non ci sarà più una vita intima con loro.
La conseguenza di una simile situazione: crollo demografico.
Questo, attenzione, non significa che un buon matrimonio non favorisca la carriera, ma la cosevale solo per gli uomini.
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C’è infine il problema della fiducia: l’uomo di potere è cercato e coccolato da tutti. A chi credere tra i tanti che vi supplicano e vi adulano?
Il cosiddetto ascensore dell’ipocrisia esiste eccome: più salite di grado, più la gente vi darà ragione. Il senso critico si indebolisce.
La cosa migliore è, di tanto in tanto, ammettere i propri fallimenti trascinandosi dietro chi ci ha appoggiato acriticamente.
Altra strategia: enfatizzare i processi decisionali enon chi prende le decisioni. Chi non compare è più sincero.
***
Il potere è anche una droga che puo’ rovinarti la vita, e questo è un ulteriore costo di cui tenere conto.
Il potere è una droga con effetti di dipendenza sia psichica che fisica.
Si passa dalle stelle alle stalle in un attimo, e la transizione è come minimo traumatica. Ieri avevi la responsabilità di mille persone, oggi devi sbaraccare il tuo ufficio.
Tutti coloro che ti assillavano scompaiono di punto in bianco poiché erano interessati dolo al tuo status e non a te.
Ma il pericolo maggiore è un altro: una volta che attaccate quella spina sarà dura staccare.
In giro è pieno di ex mega-manager anzianotti che tentano di riempire il “buco” accumulando cariche qualsiasi, giusto perché lo stress è diventato per loro un modus vivendi a cui non riescono a rinunciare.
La mortalità degli uomini di potere dimissionati è altissimo: sono i numeri che parlano, crepano come mosche (spesso suicidi).
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Potrei andare avanti ancora, forse dedicherò all’argomento un altro post. Ma per chi vuole scavare oltre consiglio l’aureo libretto di Jefferey Pfeffer: Power, Why Some People Have It—and Others Don’t.
Ad ogni rigo che ho scritto dedica una caterva di spassosi esempi con nomi, luoghi e date. Informatissimo!
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