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sabato 4 febbraio 2023

 FACEBOOK


Qualcuno inventa una macchina dell'esperienza; se ci entri dentro avrai un'illusione di esperienza pienamente appagante. L'inventore, che in qualche modo sa come sarà la tua vita, ti fa la seguente offerta: entra nella mia macchina dell'esperienza, trascorri lì il resto della tua vita e ti darò l'illusione di una vita leggermente migliore di quella che altrimenti vivresti. Il tuo reddito medio nell'illusione sarà di qualche migliaio di dollari superiore a quello che sarebbe stato nella realtà, tua moglie un po' più carina, i tuoi figli si sarebbero comportati un po' meglio, le tue promozioni un po' più pronte. Le tue estati illusorie non saranno così calde o gli inverni altrettanto freddi. Una volta che sei nella macchina non saprai che è un'illusione.

Supponiamo che tu creda alla sua offerta. Lo accetti? Se no, perché no?

Allora?

IMO: ovviamente SI'. Se A è meglio di B, scelgo A. Ma sia chiaro: se la cosa dovesse accadere davvero risponderei con un NO sonoro.

mercoledì 9 dicembre 2015

Yes We Can di Tyler Cowen

Yes We Can di Tyler Cowen
  • premessa: non siamo razionali, siamo diversi, siamo liberi. quindi? quindi che ognuno crei la sua via
  • cap1 tag e stringhe: l' homo hordo
  • autismo: l era dell'informazione rivaluta certi stili cognitivi (classificare, ordinare...)
  • autismo: mix di debolezze e forze cognitive. forza: capacità organizzativa. erudizione di certi aut. debolezze disorientamento smarrimento manca un quadro generale
  • autismo: casi patologici ma anche persone semplicemente diverse. esiste la diversità!
  • autismo: introversione contatto oculare tono diretto tono impersonale ripetitività insistenza gusti difficili
  • autismo: niente voglia di socializzazione o umorismo o solidarietà? No, solo incapacità a capire
  • autismo: origine genetica. molti bambini e gli adulti? nn li notate: spesso sono persone molto competenti
  • il caso di vernon smith simon baron cohen craig newmark
  • sowell: teme diagnosi fallaci. nn afferra il problema: la diagnosi è corretta. è l autismo che ha anche punti di forza
  • autistico: si sente sopraffatto dal mondo: troppa info da organizzare. la ns esp con la rete
  • organizzare lo smartphone. la sorpresa programmata del shuffle
  • qualità sonora: oggi secondaria. la selezione sulla quantità è primaria
  • l investimento più produttivo: l'organizzazione del pensiero personale. saper produrre tag. saper produrre stringhe
  • cultura: tag e stringhe. ovvero organizzazione mentale. siamo chiamati a diventare tutti un po' più autistici
  • foto: una narrazione emotiva della famiglia
  • imporre coerenza ad una massa di dati
  • homo ordo
  • vi piace ordinare, collezionare, organizzare... potreste avere successo
  • cultura. oggi più disponibile
  • cultura: oggi l' accesso è più autonomo
  • cultura: molti si lamentano di quanto sia scadente
  • oggi viaggiare è facile, tutto è a distanza di un click. conseguenze? la frammentazione: si privilegia la frammentarietà e la leggerezza. non un album ma una canzone.non una sinfonia ma un movimento. bocconcini assaggi da archiviare e riordinare secondo la vs creatività
  • la scossa della novità. se manca vi rivolgete altrove
  • ansia: consumiamo sapendo che a distanza di un clic c'è qualcosa di meglio
  • si adora sia iniziare che finire i libri
  • teorema alchian allen: se a due beni (es di alta e di bassa qualità) viene aggiunta una somma fissa il consumo del bene più qualitativo aumenta.
  • oggi ci nutriamo di playlist ma il loro contenuto è su misura e qualitativamente superiore
  • l accusa: deficit di attenzione: accusa costante: dal romanzo al fumetto al rock.
  • google accorcia i ns archi di attenzione ma qs è una via verso la stupidità? nicholas carr pensa di sì
  • controeffetto1: google amplia i ns archi di attenzione con il contatto con cose più interessanti
  • controeffetto2: google stimola l'attenzione sul quadro generale: posso sempre seguire la storia che mi interessa
  • conclusione: nn esiste sovrainformazione, esiste incapacità di fare ordine
  • l autoassemblaggio: nell'opera del 7/800 c'era tutto: gioia, paura, morte... oggi non ci sono opere con tutto dentro. per avere tutto prendiamo un po' qui un po' lì e assembliamo. non latitano i capolavori perchè il capolavoro è un fai da te
  • importante ieri: conoscere i classici. importante oggi: sapete assemblare il vostro capolavoro?
  • capolavoro contemporaneo: si colloca nell interiorità, per qs molti non lo vedono negandone l'esistenza
  • similitudine. cultura del passato: rapporto con l'amante. cultura del presente: matrimonio.
  • è costoso contattare l'amante, e quando lo fai pretendi che sia un esperienza memorabile. la moglie è sempre intorno a te e quel che conta è stabilire una quotidianità
  • tesi: chi è felicemente sposato ha una vita interiore più ricca ed è mediamente più soddisfatta. ergo: la cultura ti attrae? nascere oggi è una fortuna.
  • cap4 la comunicazione in rete
  • tesi comune: la comunicazione virtuale  manca d'intimità. problema: in sè è oggettivamente più intima e sfumata rispetto a quella diretta.
  • internet parifica: tutti hanno una chance. internet esalta l'interiorità (non è mera astrazione)
  • sms e mail: ci si apre di più
  • costruire la propria immagine, taroccandola anche un po', è importante per essere felici
  • cass sunstein: il web estremizza le posizioni politiche. vero ma la politica nn è un tratto fondamentale per molti
  • cap5 scuola e modernità
  • scopo della scuola: farvi diventare un po' più autistici: più concentrati sul particolare
  • nerd: ama imparare ma non ama la scuola considerando segnalatoria
  • scuola segnalatoria: non s'impara granché ma si segnala il proprio valore. forse esagerano amplificando la propria esperienza personale?
  • perchè non decolla la scuola online? la presenza fisica motiva così come l interazione con gli altri allievi. l istruzione è un po' un teatro. se tenete conto di qs fatto capite meglio l'essenza dell'educazione
  • studiare l'effetto dell'istruzione: le medicine si paragonano ai placebo ma l'istruzione a cosa si paragona? ci vorrebbe una finta università
  • cap6 storie e narrazioni
  • se comprate una scarpa comprate la storia in essa incorporata: thomas schelling
  • qs fatto mette in crisi l economia tradizionale: le motivazioni degli individui sono più complesse. perchè uno stoico vuole soffrire?
  • nuova economia: le persone sono diverse, la cultura e le storie sono tutto (l incentivo complesso)
  • per avere una storia che piace dovete avere un problema da risolvere. nota: nel metodo classico il problema era trovare la soluzione, ora è trovare un problema da risolvere
  • una buona storia ordina la visione creando punti focali. la cultura è una storia condivisa. schelling
  • autistici: non sanno condividere storie ma qs è un inconveniente relativo oggi che con tanta info possiamo parlare analiticamente senza bisogno di punti focali. es un autistico non sa quando l altro ha finito di parlare ma se comunica via social qs nn è un problema
  • problema1: la storia semplifica e molte sorie sono troppo semplici
  • problema2: spesso le storie realizzano unione per confliggere con più potenza
  • problema3: una buona storia puo' ingannarci
  • nozick: la realtà mantiene un suo primato sulle storie: vedi esperim della macchina dell esperienza. ma forse anche la mente è una macchina dei sogni.
  • cap7 eroi autistici
  • holmes
  • cap8 la bellezza
  • i gusti divergono. a volte perchè diverge il modo di pensare
  • gusti diversi? di solito si guarda a cultura, istruzione... perché non guardare nei neuroni?
  • sacks: musicophilia. un tipo colpito dal fulmine che comincia ad appassionarsi di musica
  • musica e autismo sono abbastanza connessi
  • molta musica atonale è apprezzata dai neurologicamente diversi. forse perchè organizzano diversamente i suoni che ascoltano
  • le musiche atonali: una conseguenza dello specialismo. musica di nicchia
  • Cap9 politica
  • Progetto nerd: overcoming bias
  • L aut nn è egocentrino nn ha effetto dotazione. Poù cosmopolita neno status seekers
  • Le guerre spesso nascono da effetti dotaz
  • Ait: etica semplice scheletrica. Astratta. Hayek apprezerebbe
  • Aut: conosce xchè ordina. La mente ha un ruolo attivo. Kant apprezzrrebbe
  • Propensione a considerare vere certe regole asyratte: la chiave del successo di certe nazioni. Russia e sudamerica: menti poco astratte
  • L aut teme la vita sociale: il web una salvezza che lo rilassa
  • Colpo di fortuna: primato dello scritto
  • Altra fortuna: primato dei commerci. Lo scambio trasforma la diversitá in fortuna anzichè iattura. Ognuno ha una nicchia x primeggiare
  • Tour: tokyo (passioni totalizzante) finlandia (nn incrociare gli occhi)
  • Paradosso di fermi: xchè nn si fanno vivi? Perchè le civiltá avanzate vivono nell interiorità
  • +++++++++++La vita culturale di ieri è un po’ come l’adulterio: estemporaneo, rischioso e con grandi picchi emozionali.
  • Oggi assomiglia al matrimonio: stabile e ad intensità costante.
  • Sono dell’idea che chi è sposato abbia una vita interiore più ricca e soddisfacente.
continua


 

venerdì 6 marzo 2015

Just desert, merito e lotteria dei talenti - Nozick contro Rawls

  •  Contro la lotteria: l'argomento della schiavitù. Secondo Rawls noi partecipiamo ad una lotteria dei talenti, la nostra posizione nel mondo è da attribuire ad un evento fortunato. Secondo Nozick questa posizione è rischiosa: se non riconosciamo l' esistenza di un merito, e quindi di un libero arbitrio, il nostro corpo e il nostro talento è di tutti e non avrebbe senso opporsi alla schiavitù, almeno quando ha scopi egalitari, ma la schiavitù ripugna alla nostra ragione. Non resta allora che ripiegare su una teoria della giusta ricompensa la quale distingue tra lotteria dei talenti, merito e giusta ricompensa. La nostra posizione nel mondo dipende da fortuna e merito, il principio del just desert (il male non implica ingiustizia, il merito è indistinguibile dalla fortuna e quindi il fortunato non va punito come un colpevole) ci garantisce così una condanna della schiavitù: noi non sappiamo come si mescolano merito e fortuna ma sappiamo che accettare il mix è corretto. Il just desert è sostenibile solo se: 1) il merito, e quindi il libero arbitrio, esiste e 2) gli effetti di merito e fortuna si mescolano inestricabilmente. Il mix inestricabile si fonda su tre considerazioni: 1) io posso allenare la mia volontà ma da dove deriva la volontà di allenare, e via così in un regresso infinito 2) fino a che punto il carattere di una persona coincide con quella persona e fino a che punto invece "appartiene" a quella persona? Io sono brillante o possiedo una brillantezza? 3) fino a che punto i tratti che eredito dipendono da scelte dei miei antenati? Una cosa è certa: senza libero arbitrio la teoria della giusta ricompensa non sarebbe plausibile

Landsburg pone invece due critiche a Rawls:
  • perché nel suo contratto non tiene conto delle istituzioni: con istituzioni imperfette il contenuto realizzato del contratto cambierebbe: chi agisce dietro il velo d'ignoranza dovrebbe conoscere questo elemento distorsivo e soppesarlo nelle sue scelte;
  • perché nel suo contratto non tiene conto di altre diseguaglianze: così come giustifica il furto (per ridistribuire la ricchezza da chi la produce a chi non la produce) potrebbe giustificare lo stupro (per ridistribuire il godimento dai fortunati che ne hanno in abbondanza ai brutti che non se lo possono permettere). Ma una cosa del genere ci ripugna. Perché? Evidentemente sentiamo lesa la ns dignità, ovvero: sentiamo che il nostro talento è nostro e solo nostro, così come il nostro fascino e la nostra bellezza.
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La formula anti-Rawls: If taxes were for sex instead of money, would you call it rape? If so, why aren't taxes theft?

*****

Quando Bolt vince le Olimpiadi e becca la medaglia d'oro tutti noi che guardiamo la TV pensiamo che se la sia davvero meritata. Sappiamo quanto conti il talento nel suo successo, eppure non riusciamo a declassarlo come uno dalla fortuna sfacciata, ci sembra assurdo anche il farlo partire due metri indietro. Tuttavia, quando un filosofo politico come Rawls imposta tutto il suo sistema sulla "lotteria dei talenti" fa proprio quello che a noi sembra abbastanza assurdo. Perché una simile distanza tra il senso comune e un raffinato filosofo. Una risposta possibile: Rawls privilegia una concezione platonica dell'anima, il senso comune una concezione aristotelica. Il senso comune giudica le storie di fantasmi una fantasia (non possono esistere anime indipendenti dai corpi) ma giudica il libero arbitrio qualcosa di ragionevole (l'anima esiste). Ora, per Platone le anime esistono a prescindere da qualsiasi forma assumano, di conseguenza la forma assunta diventa un'accidente (un colpo di fortuna o sfortuna). Poiché il talento innato è una delle forme assunte dall'anima di Bolt, è normale considerarlo un privilegiato dalla fortuna che non ha meriti (o li ha depotenziati). Aristotele sponsoirizza invece la posizione immanentista: l'anima non esiste a prescindere dalla realtà ma emerge da essa identificandosi con la forma originaria del soggetto. Con una simile premessa il talento innato di Bolt è Bolt, equivale a Bolt, si identifica essenzialmente con Bolt, non è un accidente. In questo caso è assurdo dire che Bolt è fortunato per il semplice fatto che è metafisicamente inconcepibile l'alternativa di un Bolt sfortunato, se proprio non vogliamo considerare la sua vittoria alle olimpiadi un frutto genuino del merito, chiamiamola "giusta ricompensa" (just desert): non ruba nulla chi si limita ad essere cio' che è, ruba chi si prende cio' che non ha.. Conclusione: la visione aristotelica dell'anima - e quindi il buon senso - rende filosoficamente inconcepibile la filosofia politica di Rawls


giovedì 20 dicembre 2012

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei

Sono in molti a credere che il buon cristiano debba respingere la società opulenta e non sporcarsi le mani con ricchezze tentatrici. La povertà costituirebbe una dimensione privilegiata per avvicinarsi agli esclusi imitando Cristo. Tenere le distanze dalle comodità del Mondo è il miglior modo per omaggiare Dio.
Nessuna meraviglia quindi che la Chiesa riceva continue sollecitazioni a imboccare la via della povertà liberandosi del superfluo.
Tutti coloro che condividono questa visione, anche a prescindere dalla fede, sono compagni di strada ben accetti, gente con cui percorrere almeno un tratto del percorso insieme.
Ma chi è il nemico numero uno del pauperista? E chi sono invece i suoi compagni di strada? Vediamo di capirlo meglio con una breve analisi psicologica che indaghi il macachino che è in noi.
macachino
Considerando “noi due” (io e te) alle prese con un oggetto o un attributo, si danno quattro possibilità (A-B-C-D):
A =  HAI          ;      HO
B =  HAI          ;      NON HO
C =  NON HAI   ;      HO
D =  NON HAI   ;      NON HO
envy 
Dal mio punto di vista, definisco adesso in modo analitico alcuni sentimenti dell’ animo umano (con > indico una preferenza e con = un’ indifferenza):
1)  Invidioso rosa:       C > D & D > B
2)  Invidioso verde:     C = D & D > B
3)  Geloso:                C = D &  A > B
4)  Malanimo:            C > D  & C > A
5)  Malevolo:             C > D  & D > A
6)  Maligno:               C = D  & D > A
7)  Competitivo:         A = D  & C > D
8)  Pauperista:           D > C  & B > A
9)  Egoista:               A =  C > B = D
10) Magnanimo:         A > D  & A > C
11) Mistico:              D = B  > C = A
envvvvvv
Ripeto la medesima definizione ma in modo descrittivo.
1:  Qualora tu sia povero, preferirei essere ricco ma qualora il povero sia io, meglio se lo sei anche tu.
2:  Qualora tu sia povero, il mio stato mi è indifferente ma se costretto a povertà, meglio che tu mi segua nella sorte.
3:  Qualora tu sia povero, il mio stato mi è indifferente ma se tu sei ricco, allora devo esserlo anch’ io costi quel che costi.
4:  Qualora tu sia povero, preferirei essere ricco, certo che se dovessi essere ricco preferirei esserlo da solo.
5:  Qualora tu sia povero, preferirei essere ricco, certo che pur di non vederti ricco sarei disposto a impoverirmi.
6:  Qualora tu sia povero, mi disinteresso della mia condizione ma se ti arricchisci sarei disposto ad impoverirmi pur di riportarti alla condizione precedente.
7:  Mi interessa solo essere più ricco di te.
8:  Mi interessa impoverirmi, meglio se con te.
9:  Mi interessa arricchirmi, la tua condizione mi è indifferente.
10: Mi interessa arricchirmi, meglio se con te.
11: Mi interessa impoverirmi, la tua condizione mi è indifferente.
envyyyyy
Adesso calcolo le affinità tra i vari “tipi sentimentali” in termini di potenziale distruttivo nei confronti della eventuale ricchezza materiale prodotta. Il primo addendo indica la mia distruttività qualora “tu non abbia”, il secondo qualora “tu abbia”.
1:  spinta distruttiva pari a    0 = +1 –1;
2:  spinta distruttiva pari a    –1 = 0 –1;
3:  spinta distruttiva pari a     1 = 0 +1;
4:  spinta distruttiva pari a   0 = +1 –1;
5.  spinta distruttiva pari a  –1 = +1 –2;
6.  spinta distruttiva pari a    –2 = 0 –2;
7.  spinta distruttiva pari a   2 = +1 +1;
8.  spinta distruttiva pari a  –3 = –1 –2;
9.  spinta distruttiva pari a   2 = +1 +1;
10. spinta distruttiva pari a +3 = +2 +1;
11. spinta distruttiva pari a  –2 = –1 –1;
envyyyyyyy
Prima conclusione: il tipo psicologico più distante dal Pauperista è il Magnanimo.
Seconda conclusione: i sodali del pauperista sono invece il Mistico e il Maligno seguiti a ruota dal Malevolo e dall’ Invidioso verde.
A conti fatti non saprei se il “nemico” sia poi tanto odioso, così come non saprei se definire “una bella compagnia” quella formata dagli affini.
envyyy
L’ ispirazione del post mi è venuto dopo aver letto un’ intervista a Goffredo Fofi (uno che gira scalzo anche d’ inverno e non si è mai perso una “Marcia della Pace”) nella quale il noto pedagogo alzava un lamento che mi ha colpito:
… la tragedia vera della mia generazione, dei cosiddetti alfabetizzatori, è che ci siamo confrontati con un popolo straordinario quando era analfabeta e che poi – una volta imparato a leggere e scrivere e messi da parte un po’ di soldi – è diventato un popolo di mostri…
Vista la natura “fofiana” degli alfabetizzatori, dobbiamo ritenere di essere di fronte a un paradosso?
No, almeno se etichettiamo come mostruosa la malevolenza, la malignità e l’ invidia più distruttiva (*). Ora, infatti, sappiamo come ci siano tutte le condizioni affinché certe erbacce possano crescere rigogliose all’ ombra di un predicatore pauperista in buona fede.
(*) Io, personalmente, etichetto come mostruoso anche molto misticismo.

giovedì 21 giugno 2012

Esercizi spirituali per giovani lavoratori – Rimini, maggio 2012

A maggio ho partecipato agli Esercizi spirituali dei Giovani Lavoratori di Cl in quel di Rimini, con don Eugenio Nembrini si trattava di riflettere su queste parole pronunciate all’ inizio dell’ annata da don Julian Carron:
… la realtà è sempre positiva…
Di sicuro non si arrivava impreparati visto che il tema ci aveva “tormentato” per mesi nelle scuole di comunità (da me, per la verità, quasi sempre bigiate con la scusa del mollusco), ne avevo ormai sentite di cotte e di crude, eppure la comprensione piena rimaneva offuscata da una sottile nebbiolina: come puo’ la Realtà – che contiene anche molto “male” – essere positiva in sé? In essa ci sarà del “positivo” e del “negativo”, quel che possiamo azzardarci ad affermare grazie alla fede è la presenza di un “saldo” a nostro favore, ma possiamo davvero andare oltre?
Certo, si puo’ ripiegare su una spiegazione semplice e diretta: pur essendoci sia il “male” che il “bene”, le due essenze non si limitano a guardarsi poiché, spesso, è proprio dal male che origina il bene; ma questa è una spiegazione che tralascia quell’ avverbio sibillino - “sempre” – che a me sembrava il cuore della faccenda.
Nonostante i grandi “ponzamenti” rivieraschi, nonostante il tonificante silenzio alternato al bordone costante di Mozart, Beethoven e… Chieffo, la nebbiolina, devo ammettere, è rimasta fino al termine della tre-giorni, dopodiché, per non lasciare le cose a penzoloni, ho aderito in fretta e furia alla decodificazione più semplice mollando ogni ulteriore riflessione per gettarmi su 730 e bilanci. Le mie urgenze m’ imponevano di entrare nella trama del Reale anziché meditarla dal punto di vista del tessitore.
NYT1
Solo oggi, forse, quella nebbiolina si dirada. Il soccorso imprevisto mi giunge da un’ idea del filosofo Robert Nozick: la “macchina dell’ esperienza”, un oggetto mentale grazie al quale si confutavano le filosofie edoniste e utilitariste, ovvero le filosofie che affermano l’ equivalenza tra “bene” e “piacere”.
Sentite di cosa si tratta: una volta connessi grazie ad alcuni elettrodi impiantati nel cervello a una “macchina dell’ esperienza” opportunamente manovrata da un’ équipe di neuro scienziati, possiamo ricevere da essa ogni sorta di piacere limitandoci a stare in poltrona (per i più facoltosi sono disponibili anche comodissime bare).
La “macchina dell’ esperienza” non esiste nella realtà, ma l’ importante, qui, è che la si possa immaginare, domani, chissà, potrebbe anche esistere qualcosa di analogo, ma tutto cio’ per noi è irrilevante.
Alla cavia dell’ esperimento viene rappresentata vividamente con tanto di particolari proprio questa situazione, dopodiché viene posta la domanda chiave: preferisci connetterti alla macchina per il resto dei tuoi giorni e vivere quindi una vita di piaceri senza fine – nel qual caso firma qui e qui - oppure preferisci rinunciare, uscire da questa stanza e continuare a vivere la tua vita? Perché se così agitato? Calma, non decidere subito, dormici sopra, prendi tutto il tempo che vuoi, consulta chi vuoi e ripassa al laboratorio con la risposta definitiva, dopodiché procederemo secondo i tuoi desiderata.
Molte persone – addirittura la maggioranza! - hanno optato per la seconda alternativa e sono usciti da stanza e bara, dal che, ammettendo che costoro fossero ben consapevoli della scelta, si traggono alcune considerazioni che si riflettono pesantemente sugli Esercizi Spirituali di Rimini.
Infatti, mentre la vita vissuta nella “bara” attaccati alla macchina è fatta di soli piaceri, la vita reale, come ognuno sa, è fatta di piaceri e di dolori; il che significa che la maggioranza delle persone coinvolte nell’ esperimento ha barattato almeno un “piacere” con un “dolore”.
Bell’ affare!, dirà qualcuno, e lo capisco bene: come puoi mai barattare un piacere in cambio di un dolore? Eppure, ci scommetto, noi tutti comprendiamo la scelta operata della maggioranza, magari qualcuno non la condivide ma la comprende e ne è stato tentato; non solo, una volta che la trattiamo alla stregua di una scelta consapevole, c’ è solo un modo per giustificarla: la realtà, per molti, ha qualcosa di positivo in sé, e questo al di là del fatto che ci propini piacere o dolore.
L’ ultimo passaggio è facile facile: una volta comprese con naturalezza le ragioni della “scelta” della maggioranza, diventa scorrevole anche l’ impervia lezione di Carron.
Bene, ora, finalmente, le parole di Carron risuonano forti e chiare: grazie Carron per l’ insegnamento, grazie Nembrini per averci regalato un prezioso tempo di riflessione in grado di spezzare la frenetica routine, ma soprattutto grazie all’ ateo Robert Nozick, che ha chiarito tutto a tutti, qualsiasi sia la fede di chi medita quelle parole solo all’ apparenza esoteriche ma in realtà così umane.

mercoledì 17 febbraio 2010

La domanda di Nozick

A volte si identifica la Schiavitù con un certo genere di indigenza non meglio precisato.

Ovvero: quel "genere di indigenza" non costituirebbe un effetto probabile dell' essere schiavi, bensì la natura stessa di quella condizione.

Se fosse così per essere schiavi basterebbe essere affetti da quel particolare tipo di miseria materiale. Forse non necessiterebbe neanche più che esista un "padrone".

Peccato che percorrendo quella via s' incorra in continui paradossi che rendono la condizione di "schiavo" appetibile rispetto, per esempio, a quella di chi versa in condizioni ancora peggiori.

Per metterci una pezza potremmo dire che la miseria dello schiavo non ha eguali. Che è il più basso tra i gironi infernali. Ma ecco che subito nuovi inconvenienti ci incalzano.

Se fosse così infatti, parlando degli Stati Uniti pre guerra di secessione, dovremmo considerare schiavi parecchi bianchi "liberi" del nord e considerare uomini liberi parecchi neri "schiavi" del sud. Sappiamo bene infatti come il tenore di vita di questi ultimi fosse più alto.

A questo punto che fare? Così non si puo' andare avanti.

Probabilmente il difetto sta nel manico, il fioccare dei paradossi indica solo l' inadeguatezza della definizione implicitamente adottata.

Ma perchè nonostante i continui "segnali" molti insistono nel percorrere quello che sembra essere decisamente un vicolo cieco? Perchè non si rassegnano al semplice fatto che la schiavitù, per sua natura, non puo' emergere da un accordo?

Probabilmente perchè cambiare significa fare i conti con cio' che è noto come la "domanda di Nozick".

Ecco la storiella da cui origina la domanda, la divido in nove punti.

(1) C’è uno schiavo, completamente alla mercé dei voleri del suo padrone. Viene spesso maltrattato, fatto lavorare agli orari più improbabile, malnutrito.

(2) Il padrone diventa un po’ più gentile e picchia lo schiavo soltanto quando non rispetta ripetutamente le sue istruzioni. Comincia a concedergli un po’ di tempo libero.

(3) Il padrone comincia ad avere non uno ma un gruppo di schiavi, e comincia a dividere un minimo di cose fra di loro, tenendo conto dei loro bisogni e prendendo atto dei loro meriti e della loro fatica.

(4) Il padrone consente ai suoi schiavi di lavorare quattro giorni per sé, e chiede loro di faticare sui suoi possedimenti solo per tre giorni a settimana. Il resto del tempo è tutto loro.

(5) Il padrone concede ai suoi schiavi di lasciare la sua casa e di andare a lavorare dove desiderino, per ottenere un salario. Chiede loro soltanto che gli rendano 3/7 dei loro guadagni. Mantiene inoltre il potere di richiamarli alla piantagione per delle emergenze, di proibire loro attività che possano mettere in pericolo il suo ritorno finanziario sul capitale investito (non possono fare fumare, consumare droghe, bere stando alla guida, andare in moto senza casco), e di aumentare o diminuire la quota di reddito che gli preleva.

(6) Il padrone consente a 10.000 suoi schiavi, cioè tutti eccetto te, di votare, e loro possono decidere assieme qual è la porzione di reddito (loro e tuo) alla quale rinunciare, e che uso ne viene fatto.

(7) Nonostante tu non abbia ancora il diritto di voto, hai il diritto di discutere con gli altri 10.000, per persuaderli circa l’uso migliore che sia possibile fare delle risorse "comuni".

(8) Avendo apprezzato il tuo utile contributo, i 10.000 ti consentono di votare quando vi sia un pareggio nelle votazione.

(9) I 10.000 accettano che tu voti con loro. Quando vi sarà una situazione di parità fra gli altri votanti, il tuo voto sarà decisivo. Altrimenti, no.

Ed ecco la domanda: quando nelle nove scene, questa ha smesso di essere la storia di uno schiavo?

Forse mai, forse è solo una storia di "padroni benevoli", forse è una parafrasi dello Zio Tom... ma solo chi è disposto a pensarlo è sulla buona strada per aggirare le incongruenze che ci incagliavano in partenza. Gli altri, coloro che non "osano" pensare ad una simile risposta, ci restano invischiati senza speranza.

venerdì 12 febbraio 2010

Convalidatore inutile, invalidatore inaffidabile

Alzo il naso e guardo le stelle. Anche oggi mi stupisco della loro inequivocabile presenza. Ah, se tutto fosse certo come la loro luce! A cosa debbo tanta trasparenza? Chi debbo ringraziare per l' assenza di chiassose diatribe su questo punto?

Forse un giorno uno scienziato mi spiegherà per filo e per segno la meravigliosa evoluzione dell' apparato visivo dell' uomo e di come esso si coniughi ai corpi luminosi con tanta sublime maestria. Una "riduzione" del genere prima o poi arriva.

Devo forse aspettare quel giorno per sapere se la stella che vedo splende davvero nel cielo? Direi di no. Lo so già, è lì! Avrò forse altre parole a disposizione per dirlo.

2+2=4. Niente da fare, l' ho rifatto più volte e il risultato è sempre lo stesso. Ma perchè? Certo che la matematica stupisce ogni giorno, e stupisce il potere con cui rende conto dell' universo. Ma da dove salta fuori tanta grazia?

Forse un giorno un neuroscienziato spiegherà per filo e per segno il più stupefacente regalo dell' evoluzione: il nostro cervello e la nostra intelligenza, nonchè la sua capacità di padroneggiare appunto la matematica.

Presto o tardi il riduttore compusivo si fa vivo -... bene!...- e vedrai che si mette a filosofeggiare -... male!

Ma basta la prova del nove o devo aspettare fino a quel fatidico giorno per sapere se 2*2=4?

Dopo l' atteggiamento ragionevole ho considerato anche vari generi di follia, ma nessuna sembra davvero dubbiosa in merito al precedente quesito.

Forse abbiamo imparato una cosa: la spiegazione evoluzionistica è quasi sempre un "convalidatore inutile".

Chissà perchè ce lo si dimentica quando il fuoco si sposta poi su altre questioni, per esempio quella dei valori morali.

E' dalla notte dei tempi che non sopporto l' infanticidio; mi è chiara come il sole la malvagità che contiene quel gesto. Brilla accecando gli occhi della mente con l' intensità di cento stelle.

Finalmente, dopo secoli, mi si para davanti uno scienziato che srotolando papiri dall' improbabile lunghezza, mi riferisce con dovizia di particolari le (forse ma forse) nefaste conseguenze sociali di questa pratica. Forse.

Dopodichè prende la parola un filosofo, suo scherano, e mi chiede di rinunciare a credere nel contrassegno del "Male", cose del genere non esistono. Ormai abbiamo altri motivi per dire che l' infanticidio non ci piace, che lo vogliamo combattere e debellare. Questa storia del "Male" (che... scnadalo! non si vede al microscopio e non sta nelle calcolatrici) ha fatto il suo tempo. Rasoio di Occam: zac.

[n.b. non di rado è lo stesso scienziato che come un Fregoli si trasforma in filosofo... per vendere più libri e scrivere qualche editoriale]

Ma la "riduzione evoluzionista" non era un "convalidatore" inutile? Urca, è vero, ce lo eravamo quasi dimenticato.

Le stelle e l' aritmetica, quelle sì, possono restare al loro posto. Ma il "Male" no, deve essere "rasato" via.

Volete un altro esempio? Magari ci metto dentro Dio?... No, lo evito, spero che l' antifona si sia capita.

Bene, ora che sapete tutto cio' non abbiate paura quando il riduttore compulsivo busserà alla vostra porta. Difficilmente il suo marchingegno è in grado di appiattire la realtà alla stregua di un fumetto.

... la vera storia della ragazza di Roy Lichtenstein...


La "riduzione evoluzionistica" è stata licenziata, come convalidatore faceva cilecca e ai filosofi un po' esibizionisti non serviva più a molto.

Cerca allora di riciclarsi come "invalidatore".

E' una "spiegazione" abbastanza giovane e a quell' età, così onusta di onorificienze, l' assumeranno ben da qualche parte.

E poi, provate solo a ritrovarvi un bel giorno con conclusioni etiche che non combaciano con quelle evoluzioniste. C' è da cagarsi sotto.

Calma e gesso, forse simili "guerre di civiltà" non sono poi tanto alle viste.

Sembra infatti che nel suo nuovo incarico, per quanto si smascelli, la "spiegazione evoluzionista" morda solo aria. Insomma, non è granchè produttiva, almeno per quanto riguarda l' etica.

Come "invalidatore" balbetta giusto quattro cose sull' incesto per poi rettificarsi. Non c' è nemmeno bisogno di "torturarla", come si fa con le statistiche. Basta una piuma per "farle cantare" la melodia più gradita. Intanto la delusione serpeggia.

I conservatori sono i più solerti ad infilare monetine in un simile juke box. Ma non sono certo gli unici.

Figuriamoci che recentemente, ostaggio di un accolita politically correct, con la cerimoniosità del medium spiritico ha addirittura sostenuto che le pratiche omosessuali potrebbero essere una forma di adattamento (e quindi da tollerare). Forse.

Di questo passo darà l' ok per la sterilizzazione universale.

Certo che la "spiegazione evoluzionista" è molto sensuale, la sua capacità seduttiva sembra irresistibile: con quella bocca puo' dire di tutto.

Purtroppo cio' che è un pregio per la cocotte, diventa un difetto quando di mestiere uno fa l' "invalidatore".

Sembra che il consiglio d' amministrazione sia in procinto di far partire le prime lettere di licenziamento. Non sarà un bel carnevale.