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martedì 30 ottobre 2018

PRETENDO LO SPETTACOLO!

PRETENDO LO SPETTACOLO!
Quando guardo l’Inter godo se perde. Siccome sono u
no juventino civile, lo faccio in silenzio. Anzi, nego. Recentemente però ho notato che la mia sottile soddisfazione non deriva tanto dal fatto di essere un tifoso (la mia passione è piuttosto blanda) quanto dal fatto di essere uno spettatore TV. I talk show calcistici della TV sono pallosissimi se devono celebrare un evento positivo mentre diventano di colpo interessanti quando commentano un fatto negativo, specie se i partecipanti al dibattito si accaniscono in modo creativo con chi è in difficoltà (l’Inter). Ancor di più se profetizzano in modo accorato sventura imminente. La voglia di tragedia mi spinge anche ad augurare alla Nazionale di perdere male. Qualora dovesse vincere, infatti, mi tocca anticipare controvoglia la nanna mentre in caso di brutta sconfitta pregusto la canea che porterà al patibolo l’allenatore e i giocatori. Io stesso contribuisco via Twitter a surriscaldare l’atmosfera in studio. La “catastrofe” è una Musa infallibile. Insomma, il divertimento mediatico è diventata una priorità che ha scalzato perfino il tifo, figuriamoci l’analisi dei fatti.
In politica la storia si ripete. Della politica mi interessa davvero poco (non ci capisco nulla) ma la sera delle elezioni mi auguro sempre il collasso di qualche partito affinché lo spettacolo sia garantito e la seratina venga salvata da qualche polemica. I colpi di scena sono la ragione per cui guardo la Tv. Crolla la borsa? Bene, stasera Carta Bianca sarà più frizzantina. Salvini fa una gaffe razzista? Ottimo, a Piazza Pulita ci sarà di che scontrarsi. Le agenzie ci declassano? Stupendo: una serata che si presentava piatta acquista tono. Si dimette il Papa? Cavoli!: la tensione si alza e percorrerà tutti i telegiornali che diverranno così imperdibili.
Non è questione di squadre di calcio, non è nemmeno questione di tifare per questo o quel governo. E’ che io, pur consapevole del mio anonimato, non mi sento innanzitutto un “cittadino”. Non mi sento nemmeno parte della “gente”. Men che meno uno tra la “folla”, e non sono neanche parte della “massa”. A dir la verità non sono nemmeno più “pubblico” da servire con il servizio pubblico.
Io mi sento innanzitutto “spettatore”. Uno spettatore che col suo urletto puo’ incidere su quel che accade in scena. In quanto spettatore pretendo lo spettacolo. Non riti, non manfrine, non diplomazia: spettacolo! Altrimenti vado a letto e tanti saluti a tutti.