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sabato 29 febbraio 2020

LIBERISMO VS NEOLIBERISMO hl Bernie Sanders’s Scandinavian fantasy

https://feedly.com/i/entry//cnXVr/5HNe2pDqTI3udBeVx4AbJSW9TNhacAl8h6Dc=_1708e0c3284:b01db5:cfb4820a

LIBERISMO vs NEOLIBERISMO
Liberismo: USA.
Neoliberismo: Svezia/Danimarca.
Primo, i paesi neoliberisti hanno più super-miliardari dei paesi liberisti, almeno a livello pro-capite.
Secondo, i paesi neoliberisti non hanno tasse di successione, i paesi liberisti sì.
Terzo, nell'ultima fase storica (anni novanta) i paesi neoliberisti (ex socialdemocratici) hanno tagliato di oltre 1/3 la loro spesa pubblica. La spesa pubblica dei paesi liberisti è cresciuta costantemente.
Quarto, la scuola e la sanità privata sembrano caratterizzare fortemente i paesi neoliberisti, anche se la differenza forse è meno marcata di quanto si pensi.
Quinto, la regolamentazione del business sembra più leggera nei paesi neoliberisti, dove, per esempio, non esiste salario minimo e si licenzia velocemente.
Sesto, nei paesi neoliberisti le tasse su business sono più basse ma sono molto più alte quelle sulle persone, che servono a finanziare una generosa rete di sicurezza.
Settimo, nei paesi neoliberisti il carico fiscale grava prevalentemente su poveri e classe media, nei paesi liberisti sui ricchi, che si fanno carico del 45% della bolletta complessiva. Nei paesi neoliberisti non si va oltre il 26-27%. Non sorprende quindi che questi ultimi puntino molto sull' IVA, ovvero una tassa regressiva. In poche parole: i sistemi fiscali liberisti sono più progressivi.
Ultimo, sia i paesi liberisti che quelli neoliberisti contano molto sul libero commercio e hanno economie tra le più aperte del mondo.

aaaaaaaaaaa

Opinion | Bernie Sanders’s Scandinavian fantasy

Citation (APA): feedly.com. (2020). aborto [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 5
Sweden and Norway both have more billionaires per capita than the United States
Nota - Posizione 7
In svezia frequenza doppia
Evidenzia (giallo) - Posizione 8
Inheritance taxes in Sweden and Norway are zero and in Denmark 15 percent.
Nota - Posizione 8
Successione
Evidenzia (giallo) - Posizione 17
Sweden had cut the size of its government by a third
Nota - Posizione 17
Anni novanta
Evidenzia (giallo) - Posizione 18
“flexicurity”
Evidenzia (giallo) - Posizione 23
many innovative market-friendly policies such as educational vouchers, health-care deductibles and co-pays, and light regulatory burdens. None of these countries, for example, has a minimum wage.
Nota - Posizione 27
In tutto il nord europa
Evidenzia (giallo) - Posizione 27
high taxes.
Nota - Posizione 27
Per finanziare la rete
Evidenzia (giallo) - Posizione 28
these taxes fall disproportionately on the poor, middle and upper middle class.
Nota - Posizione 29
Ma....
Evidenzia (giallo) - Posizione 29
the highest top income tax rates in the OECD, 55.9 percent, but that rate is applied to anyone making 1.3 times the average national income.
Nota - Posizione 31
Il top riguarda tutti
Evidenzia (giallo) - Posizione 34
The biggest hit to the poor and middle classes in northern Europe comes because they, like everyone, pay a national sales tax (value-added tax) of about 25 percent.
Nota - Posizione 35
Iva altissima. É il 20% del gettito
Evidenzia (giallo) - Posizione 38
top 10 percent in the United States pay 45 percent of all income taxes, while the top 10 percent in Denmark pay 26 percent and in Sweden 27 percent.
Nota - Posizione 39
Usa pagano i ricconi
Evidenzia (giallo) - Posizione 40
The United States has a significantly more progressive tax code than Europe,
Evidenzia (giallo) - Posizione 43
a deeper commitment to free trade.
Nota - Posizione 43
Aperti

mercoledì 25 settembre 2019

UNA COTTA NEOLIBERISTA

UNA COTTA NEOLIBERISTA

Come mai Michel Foucault – pensatore tanto caro alla sinistra radicale – prese una cotta per il neoliberismo? Probabilmente, perché il neoliberista considera gli uomini tutti uguali, almeno in partenza. Per esempio, Gary Becker studiò il crimine partendo dall’assunto che i criminali sono semplici individui razionali che rispondono ad incentivi. E’ chiaro che questo modo di porsi enfatizza e salvaguarda l’autonomia del soggetto, ovvero il valore che Foucault aveva più a cuore.



https://www.jacobinmag.com/2019/09/michel-foucault-neoliberalism-friedrich-hayek-milton-friedman-gary-becker-minoritarian-governments?fbclid=IwAR2g-4NY0nNwctIsiGHVg3gRpSa6BpLPHZMqhjoZYUeu2TECKxlnL1RLTdc

martedì 19 marzo 2019

STORIA DEL PENSIERO UNICO (su 18 righe)

STORIA DEL PENSIERO UNICO (su 18 righe)
Molti identificano il pensiero unico con il neoliberismo e il neoliberismo come un prodotto servito al mondo dalla Mont Pelerin Society.
Breve storia della MPS (4 righe): negli anni '40 o eri socialista o keynesiano (o un paria intellettuale). A quel “dinosauro” di Friedrich Hayek venne in mente di fondare la Mont Pelerin Society (dal nome del sito del suo primo incontro) per promuovere le idee del liberalismo classico (libero mercato + governo ridotto).
La strategia MPS esposta in 4 punti:
1) Promuovere il talento intellettuale.
2) Entrare nelle università ottenendo cattedre.
3) Diffondere una visione utopica (libertà e prosperità per tutti) insieme aI primi passi pratici che aprano una finestra di Overton (ad esempio, come deregolamentare l’industria aerea).
4) Tenersi pronti ad intervenire quando arriva una crisi. Milton Friedman: “c'è un'enorme inerzia, una tirannia dello status quo… Solo una crisi, reale o percepita, produce vero cambiamento. Quando si verifica questa crisi, le azioni intraprese dipendono dalle idee che “girano” intorno. Far girare quelle a noi care  è la nostra funzione di base: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle vive e disponibili finché il politicamente impossibile diventi politicamente inevitabile.”.
Reazione primitiva degli avversari ideologici: “complotto!”. Reazione evoluta: “copiamo!”.

Che poi la strategia MPS non è che una scopiazzatura di Gramsci.

martedì 29 gennaio 2019

L'INSIDIOSA PROPAGANDA NEOLIBERISTA

L'INSIDIOSA PROPAGANDA NEOLIBERISTA

Si tratta di una propaganda molto efficace, per lo più portata avanti dai suoi critici.

Perché dico questo?

Perché il neoliberista tipico è un po’ strano, sponsorizza politiche molto particolari, faccio qualche esempio:

1) Libera immigrazione.

2) Libera droga.

3) Deregolamentazione in campo immobiliare.

4) Taglio della spesa pubblica, specie scuola e sanità.

5) Tassazione dell’inquinamento anziché regolamentazione.

Eccetera.

Detto questo, molto spesso, al suo core business aggiunge credenze più convenzionali, del tipo:

1) Il cielo è azzurro.

2) I debiti si ripagano.

3) Inanellare una lunga serie di deficit pubblici non è il massimo.

4) Le politiche ridistributive presentano una serie di inconvenienti.

Eccetera.

Chi si lamenta del neoliberismo, di solito, si lamenta delle politiche “convenzionali”, non delle politiche neoliberiste.

Perché? Ma perché praticamente nessun governo ha mai applicato le impopolari politiche neoliberiste. Ve lo vedete un politico che propone un taglio del 50% della sanità?

Insomma, i critici del libero mercato indirettamente glorificano il neoliberismo pensando che chi lo sostiene abbia ottenuto il monopolio del buon senso convertendo tutti al suo vangelo. Troppa grazia!

https://feedly.com/i/entry/B7jw4LCucCLXhd0mcd9EmMn+sbxtNLGOdNAs60PDOTo=_16895c2d579:50a5b06:3a104d3b

domenica 6 maggio 2018

WASHINGTON CONSENSUS (OVVERO IL NEOLIBERISMO)

WASHINGTON CONSENSUS (OVVERO IL NEOLIBERISMO)
1. Disciplina fiscale sul debito pubblico.
2. Spesa pubblica orientata sulle infrastrutture.
3. Abbassamento aliquote fiscali marginali.
4. Liberalizzazione dei tassi di interesse.
5. Liberalizzazione dei commerci.
6. Apertura agli investimenti stranieri.
7. Privatizzazione delle imprese pubbliche.
8. Deregolamentazione.
9. Tutela dei diritti di proprietà.
10. Mercati del Lavoro flessibili.
11. Banche centrali indipendenti dalla politica.
12. Rete di sicurezza sociale.
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In One Economics, Many Recipes, leading economist Dani Rodrik argues that neither globalizers nor antiglobalizers have got it right. While economic globalization can be a boon for countries that are trying to dig out of poverty, success usually requires following policies that are tailored to loc...
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martedì 21 novembre 2017

Parole misteriose: liberalsocialismo

Parole misteriose: liberalsocialismo

Chi ha studiato economia resta confuso di fronte a certa terminologia politica. Prendiamo la parola “liberalsocialista”: per lui il liberalismo e il socialismo sono due sistemi antitetici di organizzazione dell’economia. Come possono mai conciliarsi?
Forse che il liberalsocialista è una specie didemocristiano per cui “in media stat virtus”? Qualcuno per cui nell’arte del compromesso risiede l’ essenza della politica?
No, le ragioni per cui abbiamo un simile ircocervo sono storiche.
In origine – XVII/XVIII secolo – l’ideologia liberale si diffonde con un nemico ben preciso: l’ ancien regime. La vittima designata erano i nobili e i loro privilegi.
L’attacco portato dal liberalismo si fondava sull’idea per cui “tutti gli uomini sono creati uguali” (la componente cristiana era pronunciata), non dovevano esistere discriminazioni di sangue. Giuridicamente, una simile idea si traduceva nelladottrina dei diritti individuali.
Il liberale era quindi un sostenitore dei diritti individuali, e del diritto di proprietà in primis. La rivoluzione parte come rivoluzione borghese.
Ma il liberalismo aveva due anime: la prima sostenitrice autentica dei diritti individuali; la seconda, più interessata ad un’eguaglianza sostanziale tra gli uomini.
Questa seconda anima cavalcava allora la retorica dei diritti individuali per perseguire i suoi fini egalitari.
Allorché l’ ancien regime fu messo all’angolo e i privilegi nobiliari abbattuti, il liberalismo cominciò a produrre le diseguaglianze che sono sue proprie, quelle legate alla meritocrazia e alla fortuna, per esempio.
A questo punto le due anime del liberalismo si scissero: la prima, più legata ai diritti individuali, prese il nome di liberalismo classico; la seconda, più legata all’eguaglianza sostanziale, prese vari nomi: liberalsocialismo, liberalism, eccetera.
E’ chiaro che questa seconda etichetta aveva lo scopo di ricostruire un percorso storico, sebbene oggi ci appaia tanto contraddittoria. In Italia abbiamo avuto anche dei marxisti-liberali come Gobetti! La nostra tradizione liberale – Einaudi a parte – viene per lo più da lì. Il Berlusconi del 1994, tanto per dirne una, ha mutuato da Gobetti l’espressione “rivoluzione liberale”.
Ma torniamo alla storia: i liberali classici puntarono più sul mercato, i liberalsocialisti sul welfare. I primi predominarono nel XIX secolo, i secondi nel XX.
Negli anni ottanta del XX secolo, ai liberali classici e ai liberalsocialisti, si affiancarono i neoliberisti.
Questi ultimi attingevano al liberalismo classico ma – con una sensibilità liberalsocialista – non erano disposti ad accettare una società senza reti di protezione.
E’ strano che una corrente di pensiero tanto vituperata in realtà nasca per smussare alcune spigolosità del liberalismo classico. Detto questo, è anche vero che il liberalismo classico, allora, quasi non esisteva più in occidente e i neoliberisti proposero una formula edulcorata al fine di poterlo reintrodurre.
Contrariamente ai liberalsocialisti, i neoliberisti auspicavano un welfare trasparente, agile, a burocrazia zero e uniforme, per esempio quello fondato sul reddito minimo o sull’importa negativa.
***
Oggi abbiamo sia paesi liberali (USA) che paesi liberalsocialisti (Francia) che paesi neoliberisti(Danimarca e Svezia). Questo anche se l’enorme ricchezza prodotta nel frattempo faccia tendere un po’ tutti verso il modello liberalsocialista. 
Risultati immagini per arte ircocervo

sabato 6 agosto 2016

Liberali, liberal e neo-liberisti

Si tratta di tre correnti di pensiero della modernità spesso confuse tra loro, anche a causa della denominazione ambigua. Forse vale la pena chiarire adottando un punto di vista cronologico:
1) i liberali si collocano in principio rivendicando la libertà religiosa, ma poi anche quella di espressione e i diritti individuali in generale. Vedono con favore l’associazionismo e l’autogoverno, fosse anche solo per il loro portato educativo (in questo senso i Padri Fondatori americani ne sono l’epitome). Nascono per contestare i privilegi di talune classi (nobili, proprietari terrieri, clero). Credono nelle virtù dell’ordine spontaneo dal basso in opposizione al piano socialista, hanno un approccio empirico “trial and error” che contrasta con il razionalismo dall’alto dei lumi alla francese. Mantengono una distinzione capitale tra giusto/buono e ingiusto/cattivo: una disgrazia è malvagia ma non ingiusta poiché l’ingiustizia implica un colpevole da punire che nel caso della disgrazia non c’è; l’aiuto a chi sta peggio è dovuto ma costituisce un precetto morale che si esplica nella filantropia. La loro concezione di libertà è negativa: libertà come non-interferenza. Sono essenzialmente ossessionati dalle intromissioni dello stato e l’eguaglianza che predicano è meramente formale: pari diritti (creati uguali).
2) I liberal provengono storicamente dalle file dei liberali, ma cio’ che non sopportavano, più che i privilegi di alcune classi, erano le diseguaglianze che da essi derivavano. Una volta constatato che anche la società liberale produceva diseguaglianze sostanziali non molto dissimili, si sono prontamente smarcati cercando di introdurre una serie di correttivi sociali attraverso forme di interventismo (redistribuzione del reddito e regolamentazione) in grado di rimediare ai difetti della società liberale. Procedevano spesso pragmaticamente valutando caso per caso e ponendo qua e là pezze di circostanza. Lo stato per loro è lo strumento essenziale col quale realizzare il progetto egalitario (che chiamano di pari opportunità per distinguersi dai socialisti). La concezione della libertà che sostengono è eminentemente positiva: un uomo è libero quando puo’ fare certe cose, e lo stato ha lo scopo di spianargli la strada quando non ce la fa da solo (“rimuovere gli ostacoli” dice la nostra Costituzione): se si decide che libertà è poter mangiare lo stato deve garantire cibo a tutti, se si decide che libertà è poter volare lo stato deve fornire ali a tutti.
3) I neo-liberisti nascono allorché la società liberal palesa delle chiare inefficienze (alta spesa pubblica, alta tassazione, burocrazia invasiva). I neo-liberisti chiedono meno regole e meno tasse a chi investe (i ricchi) ma, diversamente dai liberali classici, accolgono il principio di una rete di sicurezza purché sia uguale per tutti (tipo reddito minimo di cittadinanza). A volte questa rete è molto elevata, il che implica un’alta tassazione. Tanto per capirsi, un paese neo-liberista potrebbe essere la Danimarca: poche regole, privatizzazione diffusa dei servizi, economia estremamente aperta ma una rete di garanzie elevate per chi cade, il che implica tasse elevate (anche se non penalizzanti per i ricchi o le imprese: la progressività è inferiore anche rispetto agli USA e il carico fiscale per le imprese è minimo). Il neo-liberista è un razionalista e vede lo stato come uno strumento per realizzare il piano di una società improntata al mercato (ovvero all’efficienza economica), anche per questo l’eccessivo frazionamento dell’autorità politica (federalismo, associazionismo e corpi sociali intermedi) non è incoraggiato, il che lo espone all’accusa di “atomismo”.
lib

lunedì 18 novembre 2013