https://www.facebook.com/riccardo.mariani.585/posts/pfbid02zDmy8S3QVPSS8XgWmbTtHGK3Me3HrNKTE67mv96YUGxxtE72poGRy2HfUSGfs8XGl?__cft__[0]=AZXidXAtYnC-5UGl4R8JcykoU_ajutAdyfsF97kfa56yrj9Md5G3wxG9mQSgDeeaDtxJ7R-Kevj4AlC1zLRPpPpkgMVxb8irwi7CuerjktYQsxt92VxAi5RtgF8NJHgvyUk&__tn__=%2CO%2CP-R
Visualizzazione post con etichetta psicologia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta psicologia. Mostra tutti i post
lunedì 13 febbraio 2023
venerdì 22 marzo 2019
Pseudo-scienza sarai tu!
Pseudo-scienza sarai tu!
DOVE PROPONGO QUESTA TESI: LA SCIENZA E' TALE SOLO SE NOIOSA
L’economia è una favola scritta al computer o un’ attendibile mappatura dell’interazione sociale?
La sociobiologia è una fantasia nazista o l’ipotesi migliore su piazza?
L’antropologia è più simile a un tarocco o a un algoritmo?
E la psicologia? Il compagno di banco di Recalcati è il mago Otelma o Richard Feynman?
Perché tutte queste discipline non sembrano “cumulare” conoscenza? Perché non si evolvono nel consenso tipico che regna tra fisici e chimici? Forse perché i loro adepti sono come gli stregoni che nascono e muoiono con incorporata la medesima dotazione?
Cercherò di non perdere troppo tempo con le astrazioni per concentrarmi su alcune “scienze” specifiche, ovvero quelle che ho appena elencato sopra.
Qui non vorrei ricorrere a concetti analitici per rispondere ma ad un metodo “naturale”. Guardiamo cosa fanno gli scienziati e di cosa si occupano per capire chi sono. In un certo senso utilizzo la scienza per capire se certa pseudo-scienza puo’ essere considerata scienza. Lo so, è un serpente che si morde la coda, ma forse è il meglio che abbiamo a disposizione.
Ecco allora 60 spunti di riflessione sul tema.
- E’ legittimo attendersi che la conoscenza sia tanto più deviata quanto più è in grado in questo modo di compiacere chi è in una posizione di potere. La conoscenza che ti occorre per far atterrare un missile, tanto per dire, non dovrebbe essere troppo “distorta”, a nessuno interessa procurare un disastro aereo (terroristi islamici a parte). Ecco, l’enorme successo della scienza pura deriva innanzitutto dal fatto di non toccare interessi sensibili.
- Legge generale: tanto maggiore è il contenuto sociale di una disciplina, quanto maggiori saranno i pregiudizi che infestano chi la pratica. Si tratta di pregiudizi in buona fede, sia chiaro. Di autoinganni. La medicina contro gli autoinganni trasforma un sapere in un sapere scientifico. Ma non sempre questa medicina esiste.
- Se certi saperi avanzano a passo di lumaca spesso si dà la colpa alla “complessità”. In effetti puo’ anche essere che la complessità intrinseca dei fenomeni sociali impedisca un rapido progresso scientifico, ma la fisica moderna è molto complessa e le sue scoperte vengono alla luce ben più rapidamente e con un consenso esteso.
- Un’ alternativa alla complessità: le posizioni ideologichepregiudiziali degli studiosi influenzano e bloccano le nuove conoscenze.
- Chi ha la precedenza tra giustizia e verità? Ortodossia: occorre ricavare una teoria della giustizia dalla migliore teoria della verità a nostra disposizione.
- Il rischio sempre in agguato: il pregiudizio inconscio verso una posizione etica solleciterà pregiudizi cognitivi nell’atto di ricerca della verità.
- Esempio di oggetti d’indagine sempre a rischio: a livello micro: matrimonio, famiglia, lavoro; a livello macro: società, guerra, ecc.
- Tesi: la scienza deve il suo successo al fatto di disporre di espedienti che eliminano la pratica dell’autoinganno.
- Esempio, prendiamo il famoso teorema di Godel, inizia con una serie di definizioni precise.
- Nelle scienze sociali intere sottodiscipline prosperare negli interstizi creati da espressioni mal definite. Puo’ capitare che si discuta per ore sulle razze senza aver definito in modo preciso il concetto. Chi è razzista? Boh. Chi è sessista? Boh. Eppure ci si accapiglia.
- Un primo espediente utilizzato contro i rischi di autoinganno: ripetere i processi per vedere se l’esito è sempre il medesimo. A questo riguardo si capisce meglio l’importanza della precisione: descrizioni precise consentono di verificare ripetizioni precise.
- Quando raddrizzare le antenne. Le bufale – tipo la psicanalisi – aborrono senza motivo apparente i test sperimentali.
- Regola convenzionale: quando le ripetizioni fallite eccedono il 5% dei tentativi effettuati la relazione supposta è considerata invalida (in campo medico si scende all’1%).
- Un espediente complementare per evitare auto-inganni è quello di “sperimentare” sulle sperimentazioni, ovvero compilare delle meta-analisi sui lavori eseguiti per verificare quali generalizzazioni statisticamente valide possono ricavarsi.
- Il secondo espediente contro l’autoinganno consiste nella capacità di predire il futuro. Esempio, la luce è davvero curvata dalla gravità (secondo quanto predetto da Einstein); si riscontrò che in un’eclissi di sole la posizione apparente delle stelle sullo sfondo più prossimo era realmente alterata dalla gravità del sole.
- Naturalmente la predizione non deve essere razionalizzazione. La bellezza della previsione di Einstein sta nel fatto che non potesse assolutamente sapere nulla circa la sua verifica.
- Terzo espediente contro l’autoinganno: la scienza propriamente detta richiede che, quando possibile, la conoscenza sia costruita su quella preesistente.
- La conoscenza scientifica è unitaria e ha all’incirca questa struttura: La fisica si basa sulla matematica, la chimica sulla fisica, la biologia sulla chimica e, in linea di principio, le scienze sociali sulla biologia. Ok?
- L’incastro sarebbe questo: la matematica conferisce rigore alla fisica, la fisica fornisce alla chimica un modello atomico preciso e la chimica fornisce alla biologia un modello molecolare esatto. E la biologia cosa dovrebbe fornire alle scienze sociali? Molto.
- In fisica il contenuto sociale è minimo, per questo è difficile autoingannarsi, per questo la fisica è il prototipo della scienza esatta: che differenza fa per la vita di tutti i giorni se l’effetto gravitazionale del mesone mu è positivo o negativo?
- Cio’ non significa che anche i fisici siano soggetti a tentazioni: potrebbero enfatizzare l’importanza e il valore del loro lavoro fantasticando una “teoria del tutto”.
- Altra connessione storica: l’utilità sociale della fisica è principalmente connessa alla guerra. Il fisico è spesso un costruttore di bombe. Quando leggo che nove miliardi di euro vengono spesi per un “supercollider” in cui particelle minuscole verranno accelerate a velocità incredibili per poi scontrarsi, io penso alle bombe. Questo interesse, è chiaro, orienta la ricerca e potrebbe anche sbilanciarla.
- Una buona legge empirica: maggiore è il contenuto sociale di una disciplina, più lentamente si svilupperà. E’ chiaro che psicologia, sociologia, antropologia ed economia hanno implicazioni dirette sulla nostra concezione di vita e sulla vita sociale ben più pesanti rispetto alla fisica.
- E la biologia? Per oltre un secolo la biologia ha visto il mondo al contrario: la selezione naturale avrebbe favorito ciò che era buono per il gruppo o per la specie, quando in realtà favoriva ciò che è buono per l’individuo!
- Dietro l’errore, come sempre, c’era un’ideologia: la teoria sbagliata poteva essere utilizzata per giustificare il comportamento individuale sostenendo che tale comportamento è di fatto utile per l’intera specie.
- Prendiamo il classico caso dell’infanticidio maschile, studiato per la prima volta nelle scimmie langure dell’India (ma presente in oltre 100 specie animali). Dapprima, la pratica è stata interpretata come un meccanismo di controllo della popolazione a beneficio di tutti.
- L’interpretazione oggi è molto diversa: dal momento che l’accudimento di un piccolo inibisce l’ovulazione della madre, l’omicidio del bambino rende subito pronta la madre per una nuova gravidanza. Ma in alcune popolazioni, ben il 10% di tutti i giovani viene ucciso da maschi adulti. In casi del genere la specie ne risente e il suo interesse non sembra affatto allineato a quello del singolo maschio omicida. Inoltre, queste morti non sono correlate alla densità di popolazione, per cui spiegarle come una forma di controllo demografico è assurdo. Senza dire che il successo dei maschi aggressivi potrebbe diffondere solo aggressività nella specie.
- Altro esempio spesso portato a sostegno dell’anti-individualismo: le relazioni intra-familiari, in particolare quelle tra madre e figlio. Eppure sappiamo che anche la relazione più intima fa emergere conflitti: già nella formazione della placenta, l’organismo della madre spesso non aiuta il tessuto fetale dell’ “invasore”. E che dire delle amorevoli coppie di pennuti inseparabili? Diciamo per esempio che le percentuali di paternità adulterine sono superiori al 20%.
- Gli antropologi razionalizzarono la guerra stessa come favorita dall’evoluzione perché anch’essa era un dispositivo di regolazione della popolazione. Altro pregiudizio ideologico.
- Anche l’individualismo ha i suoi problemi. Esempio: come spiega l’altruismo? Problemi del genere sono superati, non sembra affatto impossibile che emerga in certe condizioni speciali in cui l’altruista viene premiato dal gruppo.
- L’economia è una scienza? Risposta veloce: no. L’economista agisce come uno scienziato e pontifica come uno scienziato, ha sviluppato un apparato matematico impressionante e si è riservato anche un premio Nobel, ma l’economia non è una scienza.
- Oltre ad aver problemi con il “secondo espediente”, manca del tutto del terzo. Fallisce nel fondarsi sulla conoscenza preesistente (nel suo caso la biologia).
- L’economia parte col piede giusto: “l’individuo massimizza”. Sì, ma cosa? E qui entra in circolo: l’utilità. E cos’è l’utilità? Cio’ che l’individuo massimizza. La specificazione empirica di tutte le funzioni di preferenza mediante una misurazione sul campo è senza speranza.
- Eppure la biologia ha una risposta ben precisa che l’economia si ostina a trascurare: l’individuo massimizza il numero della sua progenie sopravvissuta più gli effetti (positivi e negativi) sul successo riproduttivo dei parenti… Trascurare la conoscenza preesistente fa perdere all’economia una serie di collegamenti cruciali.
- Uno sforzo recente da parte dell’economia per collegarsi con le discipline sottostanti è l’ economia comportamentale che collega psicologia evoluzionista ed economia. Bene? Non sempre, anche questi economisti speso compiono errori marchiani.
- Esempio di errore: assumere che il nostro comportamento si sia evoluto in contesti simili a quelli dei laboratori dove gli scienziati fanno i loro giochetti. Mi spiego meglio, tutti conoscono il gioco dell’ultimatum, un gioco nel quale spesso le persone rifiutano una divisione ingiusta di denaro con altri anonimi (ad esempio, l’80% del proponente e il 20% del destinatario) rimettendoci la loro quota. Interpretazione sbagliata: l’uomo non è egoista. Interpretazione corretta: l’uomo si è evoluto in contesti di giochi ripetuti in cui il rifiuto dosato è una strategie egoisticamente vincente.
- L’economista medio lo riconosci subito: l’ infatuazione per lamatematica lo attanaglia a discapito dell’attenzione per la realtà. Come potrebbe rimediare? Prestando più attenzione alle scienze, in particolare alla biologia e quindi alla psicologia evoluzionista. La cosa è chiara da 30 anni ma la lentezza della disciplina ad aggiornarsi in senso scientifico è esasperante.
- E che dire della capacità predittiva dell’economista? Quando c’è non è molto affidabile visto che quando il politico di turno da lui consigliato fallisce non fa che ripetere: “il nostro consiglio è stato buono, andava applicato più radicalmente”. Tipico dello scienziato senza laboratorio.
- Passiamo all’antropologia culturale: la disciplina fece una tragica svolta a sinistra verso la metà degli anni ’70.
- Cos’era successo? Nei primi anni ’70, una potente teoria socialeemerse dalla biologia e una varietà di argomenti furono affrontati seriamente per la prima volta: la teoria della parentela, comprese le relazioni genitore / prole, l’investimento genitoriale relativo e l’evoluzione delle differenze sessuali, il rapporto tra i sessi, l’altruismo reciproco, il senso di giustizia e così via.
- Il dilemma degli antropologi di allora. Prima opzione: accettare le nuove scoperte, padroneggiarle e rimodellare la propria disciplina lungo le nuove direttive. Seconda opzione: rifiutare tutto e tirare a campare.
- Considera il dilemma da un punto di vista esistenziale: hai investito vent’anni della tua vita nel dominio dell’antropologia sociale e hai anche maturato certe convinzioni genuine, ora che fai, rinunci a tutto? No, la scelta da fare era chiara a tutti e fu fatta da tutti. D’altronde, anche nelle facoltà di fisica è ben noto che il progresso avanza – quando avanza – solo grazie ai funerali!
- Gli antropologi sociali hanno raccolto la sfida ribattezzando il loro campo “antropologia culturale” per escludere in modo più esplicito la rilevanza della biologia. Ora non eravamo più organismi sociali ma culturali.
- Non solo, la loro scelta fatta fu presentata come morale: dare peso alla biologia avrebbe comportato una forma di determinismo biologico (la genetica avrebbe influenzato la vita quotidiana), i cui effetti ultimi sarebbero stati il fascismo, il razzismo, il sessismo, lo specismo e altri odiosi “ismi”.
- Tuttavia, questa è anche una scelta che pone fuori la disciplina dall’ambito scientifico: una volta rimossa la biologia dalla vita sociale umana, che cos’hai? Parole. Neanche un linguaggio, solo parole in libertà. Esito: 35 anni buttati all’aria.
- Di conseguenza, la maggior parte dei dipartimenti di antropologiaoggi è composta da due sezioni completamente separate, in cui, come ha affermato taluno, il primo pensano che gli altri siano nazisti e gli altri pensano dei primi che siano idioti.
- Due parole sulla psicologia. Negli anni ’60, gli psicologi spesso negavano esplicitamente l’importanza della biologia. Ad Harvard non frequentavano neanche un corso su queste materie.
- Questo consentì di insistere su teorie senza basi. Esempio, la teoria dell’apprendimento formulava affermazioni di vasta portata e non plausibili sulla capacità del rinforzo di plasmare in modo adattivo ogni comportamento.
- Fortunatamente, a psicologia si è sempre concentrata sull’individuo, il che costituisce un punto di contatto con la biologia. Recentemente si è sviluppata una scuola di psicologia evoluzionistica e fa sperare in un approccio scientifico.
- Il metodo della psicologia sociale era quello dell’intervista, o della somministrazione di questionari in cui la gente si raccontava. E’ chiaro che in questi casi le forze dell’inganno e dell’auto-inganno – o, come vengono a volte chiamate, dell’ auto-presentazione e dell’auto-percezione – sono gigantesche e sviano tutto il lavoro minandolo alle fondamenta, ovvero consegnandolo all’ideologia degli pseudo-scienziati di turno.
- Due parole sulla psicanalisi. Freud intendeva costruire una scienza dell’auto-inganno. Il fondamento empirico per gli sviluppi nel campo era una cosa chiamata “tradizione clinica”, in sostanza ciò che gli psichiatri si raccontavano dopo aver bevuto un drink dopo una giornata di lavoro.
- Concetti centrali come “invidia del pene” o “complesso di Edipo” avevano come base le esperienze e le asserzioni condivise tra gli psicoanalisti su ciò che accadeva durante la psicoterapia.
- Per carità, la psicoanalisi ha prodotto anche concetti da salvare, esempio: rimozione, proiezione, autodifesa dell’ego… Ma anche molta fuffa, esempio: es, ego, super-ego…
- La teoria freudiana dello sviluppo psichico era incentrata sull’attrazione sessuale che i genitori esercitano sui figli nella famiglia nucleare, quando sappiamo ormai che quasi tutte le specie di animali sono selezionate per evitare la consanguineità, che ha reali costi genetici, e che tutte le specie hanno meccanismi evolutivi come l’esposizione precoce tra genitori e fratelli che provoca disinteresse sessuale e minimizza i rischi di incesto.
- Se proprio deve esserci attrazione sessuale in famiglia il nesso dovrebbe essere capovolto rispetto a quello freudiano: i padri potrebbero avere un guadagno evoluzionistico avendo un figlio dalla figlia sufficiente a compensare il costo genetico, ma è improbabile che la figlia possa trarre un beneficio sufficiente nella relazione col padre per compensare il suo costo genetico!
- Anche l’Edipo ha scarsissimo fondamento biologico: la selezione sarebbe debole nell’accoppiamento del figlio con la madre e ci sono ottime ragioni per mostrare deferenza al genitore (specialmente per i geni materni di un maschio).
- L’impostazione di Freud ha un difetto, oltre ad essere scientificamente infondata, finisce per accusare le vittime. Il bambino che magari ha problemi seri li vede ricondotti alla sua attrazione sessuale verso i genitori. Il caso dell’ “uomo-lupo” parla chiaro, uno psicotico con seri problemi a cui Freud somministrò la sua classica diagnosi senza tenere in minimo conto il fatto che da bambino venisse regolarmente bastonato e legato tutte le notti al suo letto dal papà.
- Freud stesso era un tipo bizzarro: cocainomane, credeva che il numero ventinove avesse un ruolo decisivo sulle nostre vite, oltre a ritenere che il pensiero potesse viaggiare istantaneamente su grandi distanze senza l’uso di dispositivi elettrici.
- L’atteggiamento di Freud nei confronti della verifica sperimentale: “la ricchezza di osservazioni personali attendibili su cui poggiano le mie asserzioni, le rende in qualche modo indipendenti dalla verifica sperimentale”. Le affermazioni di uno scienziato vero (Feynman) sullo stesso tema: “non importa quanto sia bella la tua ipotesi, o quanto sia intelligente la tua formulazione o quanti siano i tuoi meriti passati; se l’esperimento non è d’accordo con te, tu hai torto. Questo è tutto”.
- Bottom line. La tentazione tipica che pervade lo pseudo-scienziato: non geni ma individui, non individui ma gruppi, non gruppi ma specie, non specie ma ecosistemi, non ecosistemi ma l’intero universo…
Consiglio di lettura per approfondire: Robert Trivers: Self-Deception and the Structure of the Social Sciences
mercoledì 11 agosto 2010
Maestri del sospetto
La difesa del liberalismo va di pari passo con la difesa del buon senso, ce lo ricorda Raymond Boudon quando parla di psicologia:
"Il liberalismo concepisce l' uomo come un essere ragionevole mosso da passioni e interessi comprensibili, chiamerei questa psicologia "ordinaria". Da Aristotele a Smith l' approccio non cambia, anche Weber ha insistito sul fatto che le scienze sociali debbano considerare le credenze e i comportamenti come comprensibili. Secondo la psicologia ordinaria noi siamo in grado di "comprendere" le ragioni dei Romani come quelle degli Ebrei del I secolo, le ragioni dei calvinisti come quelle dei puritani, le ragioni dei santi e quelle degli assassini. Con Freud, qualcosa cambia, la "psicologia ordinaria" viene sostituita dalla "psicologia dell' inconscio": le credenze del soggetto verrebbero costruite dall' astrusa macchina dell' inconscio, la quale nasconde le sue astuzie al soggetto, ma non all' intellettuale. Anche il positivismo rafforzò questo genere di approccio: siccome la scienza si occupa solo del "visibile", non ha senso considerare gli "stati di coscienza". Il principio di fondo è lo stesso e consiste nel dire che le credenze e i comportamenti individuali hanno la loro origine in forze materiali che sfuggono al controllo del soggetto. Gli strutturalisti, in seguito, si uniformarono su questa linea: l' uomo è sovrastato da misteriose strutture sociali che lo guidano come una marionetta. C' è sempre qualcosa "dietro" quello che facciamo, i maestri anti-liberali sono sempre anche "maestri del sospetto e del complotto". L' antropologia non rimase indietro, e infatti la cosiddetta antropologia culturalista si appropria del paradigma anti-liberale postulando che l' essere umano sia il prodotto della cultura del suo ambiente. Per queste ragioni molti considerano oggi le scienze umane come mere discipline destinate a correggere il "senso comune". I "maestri del sospetto" hanno a lungo dominato la scena del Novecento scalzando i "maestri del liberalismo". Trascurando la nozione di "autonomia", tanto cara a Kant e al liberalismo, il positivismo sta dietro alla sua emarginazione. Si tratta di schemi di pensiero che valorizzano molto il ruolo degli intellettuali poichè solo l' intellettuale è in grado di superare gli illusionismi del buon senso e guidare le masse sulla retta via..."
Da quanto detto si capisce bene come mai gli economisti siano rimasti gli unici intellettuali a presidiare le posizioni liberali: l' Homo Economicus è l' uomo razionale per eccellenza.
"Il liberalismo concepisce l' uomo come un essere ragionevole mosso da passioni e interessi comprensibili, chiamerei questa psicologia "ordinaria". Da Aristotele a Smith l' approccio non cambia, anche Weber ha insistito sul fatto che le scienze sociali debbano considerare le credenze e i comportamenti come comprensibili. Secondo la psicologia ordinaria noi siamo in grado di "comprendere" le ragioni dei Romani come quelle degli Ebrei del I secolo, le ragioni dei calvinisti come quelle dei puritani, le ragioni dei santi e quelle degli assassini. Con Freud, qualcosa cambia, la "psicologia ordinaria" viene sostituita dalla "psicologia dell' inconscio": le credenze del soggetto verrebbero costruite dall' astrusa macchina dell' inconscio, la quale nasconde le sue astuzie al soggetto, ma non all' intellettuale. Anche il positivismo rafforzò questo genere di approccio: siccome la scienza si occupa solo del "visibile", non ha senso considerare gli "stati di coscienza". Il principio di fondo è lo stesso e consiste nel dire che le credenze e i comportamenti individuali hanno la loro origine in forze materiali che sfuggono al controllo del soggetto. Gli strutturalisti, in seguito, si uniformarono su questa linea: l' uomo è sovrastato da misteriose strutture sociali che lo guidano come una marionetta. C' è sempre qualcosa "dietro" quello che facciamo, i maestri anti-liberali sono sempre anche "maestri del sospetto e del complotto". L' antropologia non rimase indietro, e infatti la cosiddetta antropologia culturalista si appropria del paradigma anti-liberale postulando che l' essere umano sia il prodotto della cultura del suo ambiente. Per queste ragioni molti considerano oggi le scienze umane come mere discipline destinate a correggere il "senso comune". I "maestri del sospetto" hanno a lungo dominato la scena del Novecento scalzando i "maestri del liberalismo". Trascurando la nozione di "autonomia", tanto cara a Kant e al liberalismo, il positivismo sta dietro alla sua emarginazione. Si tratta di schemi di pensiero che valorizzano molto il ruolo degli intellettuali poichè solo l' intellettuale è in grado di superare gli illusionismi del buon senso e guidare le masse sulla retta via..."
Da quanto detto si capisce bene come mai gli economisti siano rimasti gli unici intellettuali a presidiare le posizioni liberali: l' Homo Economicus è l' uomo razionale per eccellenza.
mercoledì 12 maggio 2010
Multitasking? Mica tanto.
Contate attentamente quante volte le ragazze vestite di bianco si passano la palla. Mi raccomando, mi affido alla vostra capacità di concentrarvi.
Visto? Quindi... allacciatevi la cintura e rallentate... tanto per cominciare.
link
Visto? Quindi... allacciatevi la cintura e rallentate... tanto per cominciare.
link
venerdì 30 aprile 2010
I disturbatori
"... Tizio apre l' ombrello quando piove perchè non vuole bagnarsi. Caio getta Sempronio sotto il treno non perchè "ha" la schizofrenia o perchè la schizofrenia glielo "fa" fare. Se lo fa è perchè, al pari di Tizio quando apre l' ombrello, desidera migliorare la propria esistenza. Anch' egli ha delle "ragioni": desidera attirare l' attenzione su di sè, oppure desidera sottrarsi alla responsabilità del proprio sostentamento... Non è certo un caso che in tutta la letteratura psichiatrica non si trovi nessun accenno a "voci" che comandino allo schizofrenico di essere particolarmente gentile con la moglie. Questo perchè "essere gentili con la moglie" non è certo un comportamento che vogliamo giustificare sostituendo le "cause" alle "ragioni"... a rigor di termini le malattie possono colpire soltanto il corpo, ne consegue che non ci sono malattie mentali... le diagnosi psichiatriche sono etichette stigmatizzanti formulate in modo da assomigliare a diagnosi mediche affinchè siano poi applicate a soggetti il cui comportamento disturba... la malattia mentale non è qualcosa che la persona "ha" ma qualcosa che la persona "è"... la malattia mentale è una metafora nel senso in cui diciamo che un pensiero è "malato"... se la malattia mentale non esiste non ha senso parlare di "ospedali" e di "cura"... "
Thomas Szasz - Il mito della malattia mentale.
Thomas Szasz - Il mito della malattia mentale.
orologio ordinabile qui
giovedì 11 marzo 2010
Tanti nemici, tanto onore
Intendiamoci: nessun nemico, ancora più onore (forse).
Il fatto è che è meglio diffidare di chi ha un solo nemico, ovvero di colui che tende a concentrare la propria avversione.
Poichè oggi ci s' imbatte continuamente in gente con un solo nemico (di solito è basso, pelato e racconta le barzellette), mi interesserebbe speculare su cosa nasconda questa forma mentis.
Scava, scava non si trovano mostri, piuttosto un briciolo di ansietà. Non possiamo certo definirla "merce rara".
Il fatto è che è meglio diffidare di chi ha un solo nemico, ovvero di colui che tende a concentrare la propria avversione.
Poichè oggi ci s' imbatte continuamente in gente con un solo nemico (di solito è basso, pelato e racconta le barzellette), mi interesserebbe speculare su cosa nasconda questa forma mentis.
Scava, scava non si trovano mostri, piuttosto un briciolo di ansietà. Non possiamo certo definirla "merce rara".
venerdì 26 febbraio 2010
Dopo il "se", il "come"
Dovrebbe funzionare così:
Punto primo: decido in coscienza di agire e procedo.
Punto secondo: il mio cervello si appronta quindi per dare istruzioni alla "periferia".
Punto terzo: la periferia del mio corpo riceve l' odine e si mette in moto.
Punto quarto: l' azione è compiuta, l' ho voluta io e ne sono responsabile.
Poichè sono libero, le cose dovrebbero andare all' incirca come le ho descritte.
Purtroppo però le cose non stanno così.
Per averne contezza basta procurarsi un registratore con il microscopio, ascoltare e guardare. Ci si accorgerà che nei fatti il secondo punto precede il primo.
Io decido dunque quando il mio cervello è già in azione da mo' (ben 200 millesimi di secondo, un' eternità).
L' inconveniente non rimette in discussione il "se" sono libero, ma il "come" lo sono.
Sul "se" ognuno resta della sua idea. Ma sul "come" ora ne so di più.
So che la mia libertà opera in forma di veto. So che non dà inizio ad un' azione, si limita ad autorizzarla o ad inibirla.
Conseguenze per l' etica: è più appropriato che il comando etico si esprima nella forma del "non fare" piuttosto che nella forma del "fare". I divieti sono più consoni degli obblighi.
Pensiamoci due volte prima di stigmatizzare l' inazione. Pensiamoci tre volte prima di stigmatizzare l' omissione. Forse cio' non siamo responsabili di cio' che non abbiamo fatto.
E se non intervengo per salvare chi muore? Lasciate che trascuri questa domanda fastidiosa.
"Non rubare", "non uccidere"... sono i miei comandamenti preferiti. E adesso capisco meglio anche il perchè.
"Non fare agli altri cio' che non vuoi venga fatto a te stesso" mi è sempre suonato meglio rispetto al "fai agli altri cio' che vuoi...". E adesso capisco il perchè.
Qualcuno ci vede persino una giustificazione fisiologica del peccato originale.
La tentazione è propria di tutti, è propria anche del Santo. Ma molti rinvengono qualcosa di "peccaminoso" nell' indugiare sull' immaginazione tentatrice, eppure, per quanto detto, non possiamo definire tutto cio' "peccato". Definiamolo allora "peccato originale", un peccato che appartiene a tutti ma da cui siamo stati mondati.
Speculare sulle conseguenze etiche potrebbe apparire spericolato. Basterebbero quelle civili: tutto cio' che non è vietato è consentito. Un inizio promettente per la scarsa ambizione dei libertari.
Punto primo: decido in coscienza di agire e procedo.
Punto secondo: il mio cervello si appronta quindi per dare istruzioni alla "periferia".
Punto terzo: la periferia del mio corpo riceve l' odine e si mette in moto.
Punto quarto: l' azione è compiuta, l' ho voluta io e ne sono responsabile.
Poichè sono libero, le cose dovrebbero andare all' incirca come le ho descritte.
Purtroppo però le cose non stanno così.
Per averne contezza basta procurarsi un registratore con il microscopio, ascoltare e guardare. Ci si accorgerà che nei fatti il secondo punto precede il primo.
Io decido dunque quando il mio cervello è già in azione da mo' (ben 200 millesimi di secondo, un' eternità).
L' inconveniente non rimette in discussione il "se" sono libero, ma il "come" lo sono.
Sul "se" ognuno resta della sua idea. Ma sul "come" ora ne so di più.
So che la mia libertà opera in forma di veto. So che non dà inizio ad un' azione, si limita ad autorizzarla o ad inibirla.
Conseguenze per l' etica: è più appropriato che il comando etico si esprima nella forma del "non fare" piuttosto che nella forma del "fare". I divieti sono più consoni degli obblighi.
Pensiamoci due volte prima di stigmatizzare l' inazione. Pensiamoci tre volte prima di stigmatizzare l' omissione. Forse cio' non siamo responsabili di cio' che non abbiamo fatto.
E se non intervengo per salvare chi muore? Lasciate che trascuri questa domanda fastidiosa.
"Non rubare", "non uccidere"... sono i miei comandamenti preferiti. E adesso capisco meglio anche il perchè.
"Non fare agli altri cio' che non vuoi venga fatto a te stesso" mi è sempre suonato meglio rispetto al "fai agli altri cio' che vuoi...". E adesso capisco il perchè.
Qualcuno ci vede persino una giustificazione fisiologica del peccato originale.
La tentazione è propria di tutti, è propria anche del Santo. Ma molti rinvengono qualcosa di "peccaminoso" nell' indugiare sull' immaginazione tentatrice, eppure, per quanto detto, non possiamo definire tutto cio' "peccato". Definiamolo allora "peccato originale", un peccato che appartiene a tutti ma da cui siamo stati mondati.
Speculare sulle conseguenze etiche potrebbe apparire spericolato. Basterebbero quelle civili: tutto cio' che non è vietato è consentito. Un inizio promettente per la scarsa ambizione dei libertari.
lunedì 26 ottobre 2009
E' facile essere più buoni...
... basta essere più profumati (qui e qui).
Le questioni in ordine crescente di interesse: 1) è vero? 2) perchè per molti non puo' essere vero a prescindere?
link
Le questioni in ordine crescente di interesse: 1) è vero? 2) perchè per molti non puo' essere vero a prescindere?
link
martedì 28 luglio 2009
Grande esodo
Perchè la fila di macchine al nostro fianco scorre sempre più veloce?
Piaciuta la chiarezza cristallina con cui si svela facilmente un "mistero stradale"?
Ma possibile che un libro così nessuno aveva mai pensato di scriverlo prima d' ora? Tom Vanderbilt è proprio l' uomo che fa per me: ci fa capire come il posto meno indicato per conoscere a fondo i misteri del traffico è stare chiusi in un' auto; risponde con dovizia a tutti i miei interrogativi con tanto di appendice bibliografica. Ma oltre a cio' fornisce spiegazioni su molte cose a cui non avevo minimamente pensato.
Per esempio, perchè chi guida bene spesso incapace di trasmettere le sue abilità?
In macchina diventiamo più cattivi perchè l' anonimato ci copre o perchè ci frustra?
Scatta il verde. Chi suonerà il primo colpo di clacson, e quando?
Herbert Gintis: "road rage are good thing". Prego, spiegare.
Come nacque il primo semaforo?
Mentre guidiamo possiamo parlare? Introduzione ai misteri del time sharing cerebrale.
Sono un ciclista e vorrei che le auto mi sorpassino tenendo una distanza di sicurezza. E' vero che per ottenere tutto cio' devo ampliare la mia distanza dal marciapiede? E vero che sarebbe meglio dismettere il caschetto? E vero che conviene travestirsi da donna?
E' possibile scambiere due parole con David Maister, il più importante "psicologo delle attese in coda"?
Come si impara a guidare tenendo nel dovuto conto la regola Yerkes-Dodson?
Quanti secondi di disattenzione continuata posso permettermi a bordo della mia vettura?
Perchè gli incidenti stradali mortali erano più alti nella NY del 1867 o nell' Inghilterra del 1720 rispetto ad oggi?
Perchè la guida 10 e 10 tramonta dopo l' avvento dell' air-bag?
Tutti i misteri del blind spots e del cambio di corsia ottimale finalmente spiegati.
Perchè la gran parte degli incidenti avviene vicino a casa?
Perchè la maggior parte dei tamponamenti non ha nulla a che fare con la distanza di sicurezza?
E-bay ha qualcosa da insegnare a chi gestisce le strade. Misurare la reputazione degli automobilisti.
Mexico City, città senza semafori. Precedenza a chi viene da destra? No, a chi evita lo sguardo altrui o simula in altro modo stupidità e distrazione. Spiegare meglio.
Tumori alla pelle del guidatore: colpiscono prevalentemente sul lato sinistro. A destra invece in GB e nelle ex colonie. Perchè?
Tutte le trappole del retrovisore convesso.
Il motto dei Monty Python ("siamo tutti sopra la media") sembra applicarsi agli automobilisti quando si giudicano alla guida. Spiegare esponendo almeno 5 ragioni.
Semafori: meglio il giallo lungo o il giallo corto?
Cosa ho fatto quando mi sono imbattuto l' ultima volta nel segnale "attenzione, scuola con uscita bambambini"? Nemmeno me lo ricordo, ma posso rispondere lo stesso: niente. Non parliamo poi di mucche e sassi che cadono. Comincio a capire perchè meno segnali uguale più sicurezza. "Free of traffic sign" (cartello alle porte di Makkinga)
Sono un ciclista seguito da auto e devo svoltare. Perchè alzare lo sguardo sopra la spalla è molto più efficiente che non segnalare la svolta con la mano?
Se guidare è così facile che ci riesce anche mia zia, perchè è impossibile per un robot?
Perchè un incidente sgomberato in dieci minuti puo' creare ingorghi di ore?
Quanto contano le dimensioni degli autocarri nel determinare la loro pericolosità?
Sono fermo in Autostrada; riparto e sembra che ci si sblocchi; poi ci si riferma. Ma che sta succedendo? E' inutile che mi dici trattasi di una "phantom jam illusion", spiega meglio piuttosto.
Perchè il traffico di New Delhi non è poi così caotico come sembra?
Per giudicare se la coda in cui mi sono appena incastrato sarà particolarmente onerosa, meglio guardare quante macchine ho davanti o quante ne ho dietro.
Lo specchietto retrovisore è davvero utile o è piuttosto un intralcio?
La vostra corsia si chiude, dovete convergere in quella di destra. Meglio farlo subito o il più tardi possibile? Elencare le scuole di pensiero evidenziando quella che più ha a cuore il bene comune.
Perchè negli ultimi 5 anni le compagnie sono passate dal multi server alla coda unica?
E non penso proprio che sia finita, arrivederci alla prossima puntata.
- Il tempo trascorso subendo sorpassi è più lungo rispetto a quello trascorso sorpassando, anche se il gruppo delle macchine sorpassate è numeroso quanto il gruppo delle macchine sorpassanti. E' una questione ingegneristica. Basta pensarci un attimo.
- Gli sguardi lanciati alla fila a fianco sono in percentuale più numerosi quando siamo fermi.
- Siamo fatti così: più sensibili alle perdite che ai guadagni.
Piaciuta la chiarezza cristallina con cui si svela facilmente un "mistero stradale"?
Ma possibile che un libro così nessuno aveva mai pensato di scriverlo prima d' ora? Tom Vanderbilt è proprio l' uomo che fa per me: ci fa capire come il posto meno indicato per conoscere a fondo i misteri del traffico è stare chiusi in un' auto; risponde con dovizia a tutti i miei interrogativi con tanto di appendice bibliografica. Ma oltre a cio' fornisce spiegazioni su molte cose a cui non avevo minimamente pensato.
Per esempio, perchè chi guida bene spesso incapace di trasmettere le sue abilità?
In macchina diventiamo più cattivi perchè l' anonimato ci copre o perchè ci frustra?
Scatta il verde. Chi suonerà il primo colpo di clacson, e quando?
Herbert Gintis: "road rage are good thing". Prego, spiegare.
Come nacque il primo semaforo?
Mentre guidiamo possiamo parlare? Introduzione ai misteri del time sharing cerebrale.
Sono un ciclista e vorrei che le auto mi sorpassino tenendo una distanza di sicurezza. E' vero che per ottenere tutto cio' devo ampliare la mia distanza dal marciapiede? E vero che sarebbe meglio dismettere il caschetto? E vero che conviene travestirsi da donna?
E' possibile scambiere due parole con David Maister, il più importante "psicologo delle attese in coda"?
Come si impara a guidare tenendo nel dovuto conto la regola Yerkes-Dodson?
Quanti secondi di disattenzione continuata posso permettermi a bordo della mia vettura?
Perchè gli incidenti stradali mortali erano più alti nella NY del 1867 o nell' Inghilterra del 1720 rispetto ad oggi?
Perchè la guida 10 e 10 tramonta dopo l' avvento dell' air-bag?
Tutti i misteri del blind spots e del cambio di corsia ottimale finalmente spiegati.
Perchè la gran parte degli incidenti avviene vicino a casa?
Perchè la maggior parte dei tamponamenti non ha nulla a che fare con la distanza di sicurezza?
E-bay ha qualcosa da insegnare a chi gestisce le strade. Misurare la reputazione degli automobilisti.
Mexico City, città senza semafori. Precedenza a chi viene da destra? No, a chi evita lo sguardo altrui o simula in altro modo stupidità e distrazione. Spiegare meglio.
Tumori alla pelle del guidatore: colpiscono prevalentemente sul lato sinistro. A destra invece in GB e nelle ex colonie. Perchè?
Tutte le trappole del retrovisore convesso.
Il motto dei Monty Python ("siamo tutti sopra la media") sembra applicarsi agli automobilisti quando si giudicano alla guida. Spiegare esponendo almeno 5 ragioni.
Semafori: meglio il giallo lungo o il giallo corto?
Cosa ho fatto quando mi sono imbattuto l' ultima volta nel segnale "attenzione, scuola con uscita bambambini"? Nemmeno me lo ricordo, ma posso rispondere lo stesso: niente. Non parliamo poi di mucche e sassi che cadono. Comincio a capire perchè meno segnali uguale più sicurezza. "Free of traffic sign" (cartello alle porte di Makkinga)
Sono un ciclista seguito da auto e devo svoltare. Perchè alzare lo sguardo sopra la spalla è molto più efficiente che non segnalare la svolta con la mano?
Se guidare è così facile che ci riesce anche mia zia, perchè è impossibile per un robot?
Perchè un incidente sgomberato in dieci minuti puo' creare ingorghi di ore?
Quanto contano le dimensioni degli autocarri nel determinare la loro pericolosità?
Sono fermo in Autostrada; riparto e sembra che ci si sblocchi; poi ci si riferma. Ma che sta succedendo? E' inutile che mi dici trattasi di una "phantom jam illusion", spiega meglio piuttosto.
Perchè il traffico di New Delhi non è poi così caotico come sembra?
Per giudicare se la coda in cui mi sono appena incastrato sarà particolarmente onerosa, meglio guardare quante macchine ho davanti o quante ne ho dietro.
Lo specchietto retrovisore è davvero utile o è piuttosto un intralcio?
La vostra corsia si chiude, dovete convergere in quella di destra. Meglio farlo subito o il più tardi possibile? Elencare le scuole di pensiero evidenziando quella che più ha a cuore il bene comune.
Perchè negli ultimi 5 anni le compagnie sono passate dal multi server alla coda unica?
E non penso proprio che sia finita, arrivederci alla prossima puntata.
Etichette:
bookclub (saggi),
psicologia,
strade,
Tom Vanderbilt
lunedì 27 luglio 2009
Sarò pendolare?
Alla mia tenera età comincerò a "pendolare"? Viaggerò molto in macchina. Ora sono un "dilettante" dell' auto, e in tema ci sono parecchie cose che vorrei sapere.
Per esempio, vorrei sapere perchè la colonna al mio fianco scorre sempre più veloce. La scienza cosa dice in merito?
Molti miei amici si credono degli assi del volante, eppure a me sembrano solo dei mediocri autisti e nulla più. Uno di questi lo conosco bene, sono io. Come si spiega questo abbaglio?
Quali sono le manovre stradali più "traditrici"? Dove non devo fidarmi di me stesso?
Perchè quelle cretine delle formiche se la cavano nel traffico meglio di noi?
Perchè quando il traffico è congestionato vedo sempre donne nelle macchine intorno a me?
Perchè dove c' è molto traffico si è così riluttanti a costruire più strade?
Esiste veramente la "curva della morte"?
Cosa "stressa" di più il guidatore?
Perchè molte strade pericolose sono più sicure di quelle sicure e viceversa?
Perchè i parcheggi costano così poco quando addirittura non sono gratuiti?
Dove e quando farò il mio primo incidente?
Perchè quando chiedo ai miei amici se guidano più di quello che vorrebbero
mi rispondo sì, mentre quando chiedo loro se guidano più del necessario ammettono di sì!?
Meglio la rotonda o il semaforo?
Perchè chi ha deciso di cambiare affrontando spostamenti più onerosi, a posteriori si dichiare sempre più infelice di prima?
sono pericolosi i "micro-sonnellini" (time-gap experience) che tutti noi sperimentiamo al volante?
Non ho mai capito veramente a fondo la legge fondamentale del traffico: nel mondo e nella storia l' uomo dedica in media agli spostamenti lo stesso ammontare di tempo (one-hour rule). Qualcuno me la puo' spiegare?
Come si dispongono le macchine via via che arrivano occupando un parcheggio inizialmente libero? E perchè si dispongono sempre in quella maniera?
Quando devo partire? Quando devo rinunciare a partire?
Perchè ogni volta che accompagno la mamma all' esselunga devo parcheggiare vicino all' ingresso anche se cio' comporta una perdita di tempo netta?
In termini di conoscenza non mi aspetto molto dalle mie "vacanze culturali": credo che il viaggio insegni solo a viggiare. Eppure ho la netta sensazione che per sapere qualcosa su un posto, piuttosto che infilarsi nei musei è meglio noleggiare una macchina e guidare nel traffico locale. Perchè?
Per trovare parcheggio meglio la strategia dell' agguato o quella del condor che gira in tondo?
C' è qualcuno che puo' rispondermi? Ma in modo scientifico!
Update. Sembra di sì. Corro in libreria.
link
Per esempio, vorrei sapere perchè la colonna al mio fianco scorre sempre più veloce. La scienza cosa dice in merito?
Molti miei amici si credono degli assi del volante, eppure a me sembrano solo dei mediocri autisti e nulla più. Uno di questi lo conosco bene, sono io. Come si spiega questo abbaglio?
Quali sono le manovre stradali più "traditrici"? Dove non devo fidarmi di me stesso?
Perchè quelle cretine delle formiche se la cavano nel traffico meglio di noi?
Perchè quando il traffico è congestionato vedo sempre donne nelle macchine intorno a me?
Perchè dove c' è molto traffico si è così riluttanti a costruire più strade?
Esiste veramente la "curva della morte"?
Cosa "stressa" di più il guidatore?
Perchè molte strade pericolose sono più sicure di quelle sicure e viceversa?
Perchè i parcheggi costano così poco quando addirittura non sono gratuiti?
Dove e quando farò il mio primo incidente?
Perchè quando chiedo ai miei amici se guidano più di quello che vorrebbero
mi rispondo sì, mentre quando chiedo loro se guidano più del necessario ammettono di sì!?
Meglio la rotonda o il semaforo?
Perchè chi ha deciso di cambiare affrontando spostamenti più onerosi, a posteriori si dichiare sempre più infelice di prima?
sono pericolosi i "micro-sonnellini" (time-gap experience) che tutti noi sperimentiamo al volante?
Non ho mai capito veramente a fondo la legge fondamentale del traffico: nel mondo e nella storia l' uomo dedica in media agli spostamenti lo stesso ammontare di tempo (one-hour rule). Qualcuno me la puo' spiegare?
Come si dispongono le macchine via via che arrivano occupando un parcheggio inizialmente libero? E perchè si dispongono sempre in quella maniera?
Quando devo partire? Quando devo rinunciare a partire?
Perchè ogni volta che accompagno la mamma all' esselunga devo parcheggiare vicino all' ingresso anche se cio' comporta una perdita di tempo netta?
In termini di conoscenza non mi aspetto molto dalle mie "vacanze culturali": credo che il viaggio insegni solo a viggiare. Eppure ho la netta sensazione che per sapere qualcosa su un posto, piuttosto che infilarsi nei musei è meglio noleggiare una macchina e guidare nel traffico locale. Perchè?
Per trovare parcheggio meglio la strategia dell' agguato o quella del condor che gira in tondo?
C' è qualcuno che puo' rispondermi? Ma in modo scientifico!
Update. Sembra di sì. Corro in libreria.
link
Etichette:
bookclub (saggi),
psicologia,
strade,
Tom Vanderbilt
Meglio "stupido" o "pigro"?
Per la nostra realizzazione personale l' intelligenza conta quanto la perseveranza, se non meno.
Inoltre la perseveranza sembra avere un legame più saldo con la moralità e l' onestà di una persona.
Come se non bastasse, la perseveranza è una virtù più malleabile dell' intelligenza: possederla è in buona parte un nostro merito.
Eppure quando ci dicono che siamo pigri ci offendiamo meno rispetto a quando ci dicono che siamo stupidi. Alcuni sentono addirittura quest' appellativo come un titolo di merito. Perchè?
P.S. Persino a livello sociale costruire correlazioni tra gruppi (razza, classe sociale...) e IQ sembra essere un tabù. Mentre parlando di "caratteri" l' atmosfera si rilassa.
Inoltre la perseveranza sembra avere un legame più saldo con la moralità e l' onestà di una persona.
Come se non bastasse, la perseveranza è una virtù più malleabile dell' intelligenza: possederla è in buona parte un nostro merito.
Eppure quando ci dicono che siamo pigri ci offendiamo meno rispetto a quando ci dicono che siamo stupidi. Alcuni sentono addirittura quest' appellativo come un titolo di merito. Perchè?
P.S. Persino a livello sociale costruire correlazioni tra gruppi (razza, classe sociale...) e IQ sembra essere un tabù. Mentre parlando di "caratteri" l' atmosfera si rilassa.
martedì 7 luglio 2009
lunedì 17 novembre 2008
Il mio cervello senza di me
Sarebbe proprio bello se sapessimo cos' è la "libertà". Così come sarebbe bello sapere di cosa parliamo quando parliamo di "scelta". Si, sarebbe fantastico perchè sapremmo dare un senso all' espressione "libertà di scelta".
Adesso, lasciamo perdere la "libertà", che tanto non caviamo un ragno dal buco. Ma la "scelta", la "scelta" per dindirindina... possibile che annaspiamo anche su questa banale definizione?
La Teoria delle Decisioni ce la descrive come un marziano che, forse esiste, ma nessuno di noi lo ha mai incontrato.
Uno si aspetta di giungere fischiettando al canonico bivio e DECIDERE se prendere a destra o a sinistra. Ma, probabilmente, questa visione è solo un' illusione ottica, seguirla ci lascia presto in ambasce.
Adesso, lasciamo perdere la "libertà", che tanto non caviamo un ragno dal buco. Ma la "scelta", la "scelta" per dindirindina... possibile che annaspiamo anche su questa banale definizione?
La Teoria delle Decisioni ce la descrive come un marziano che, forse esiste, ma nessuno di noi lo ha mai incontrato.
Uno si aspetta di giungere fischiettando al canonico bivio e DECIDERE se prendere a destra o a sinistra. Ma, probabilmente, questa visione è solo un' illusione ottica, seguirla ci lascia presto in ambasce.
Faccio un esempio terra terra, il più banale-neutrale possibile.
In 0.35 secondi una palla da baseball passa dalla mano del lanciatore al guantone del ricevitore. Per attivare e coordinare la sua muscolatura il battitore impiega 0.30 secondi. In 0.05 secondi è impossibile prendere decisioni. Nessuno però è disposto ad ammettere che il battitore colpisca a casaccio. Sono quattro dati oggettivi che messi insieme esplodono. Questo libro cerca di esplorare l' arcano raccontando come i cervelli lavorano di brutto anche in nostra assenza.
In 0.05 secondi accade dunque qualcosa che non rinuncio a chiamare "scelta". Eppure fisicamente una scelta non puo' darsi. A meno che non venga presa in "nostra assenza".
L' esempio che ho fatto è paradossale: un caso in cui tutti concordano nel parlare di "scelta" per quanto non esista nemmeno il tempo fisico affinchè una scelta si realizzi. Eppure a molti puoi dare tutto il "tempo fisico" che vuoi, sempre scelte "in assenza di se stessi" compiranno.
L' unico modo per aggirare l' ostacolo consiste nel ricorrere alla teoria del Capitale Umano: nel corso della mia vita investo consapevolmente delle risorse al fine di delegare molte scelte future ad un pilota automatico molto particolare. Tra le farine con cui amalgamo il mio CM, quella ideologica è forse la principale.
Tutto cio' ha delle implicazioni: oggi, qui, parlando, discutendo, confrontandoci sul forum, schierandoci, percorrendo questo rettifilo che sembra non implicare vere scelte... stiamo già prendendo decisioni concrete riguardo a bivi futuri che ora non riusciamo neanche ad intravvedere. Ci stiamo insomma coltivando affinchè il nostro cervello possa decidere anche senza di noi. Noi non ci saremo pur restando pienamente responsabili, una responsabilità che deriva da cio' che diciamo e facciamo oggi.
Ah, un' ultima cosa... le foto sono di Luigi Ghirri, mica paglia...
venerdì 26 settembre 2008
Uomini senza il giorno prima
L' evoluzione semantica sforna sempre nuovi significati, ma ancora più spesso trasla i vecchi da un termine desueto ad un altro. Il primo rinsecchisce cedendo le sue linfe al secondo. La secolarizzazione, lungi dall' aver eclissato il linguaggio religioso, ha operato però profondi camuffamenti; ripercorrere il tragitto in senso inverso puo' essere interessante. La lettura di Carl Schmitt illumina sui retaggi della retorica politica e sui debiti evidenti nei confronti della teologia. Ma anche il linguaggio ordinario non delude l' archeologo degli idiomi.
Ho sempre notato come la gente trovi sconveniente il termine "anima". A volte lo sostituisce con la parola "vita" ma le insufficienze sono palesi. Molto meglio, mi dicevo, "memoria". L' anima, d' altronde, è cio' che regala unità (concetto ascientifico) e consente al soggetto di nascere. Io sono quello che ero ieri, sono responsabile anche di quello che ho fatto ieri. Me lo assicura l' anima, e poichè questa parola ci brucia sulla bocca, possiamo allora sostituirla con "memoria": me lo assicura la "memoria". Il cambio funziona abbastanza bene.
Così, stando a quanto racconta in un suo libro, la pensava pure Oliver Sacks, specie dopo un incontro fugace con Jimmie G., un malato affetto da una forma esacerbata di sindrome di Korsakov. La memoria di Jimmie non oltrepassava il quarto d' ora. Jimmie era un' anima perduta impossibilitata a stabilire una continuità con le sue radici.
"Cos' è la vita senza collegmaneti", dice il grande Hume, "... altro non saremmo che un fascio, un accumulo indifferenziato di sensazioni diverse". Veniva istintivo parlare di Jimmie come dell' uomo humeano perfetto, come dell' uomo dall' "anima perduta".
Ma bastò confrontarsi con chi conosceva meglio Jimmie per capire che le cose stavano ben altrimenti, che qualcosa di fondamentale eccedeva la semplice equazione Anima-Memoria. "Pensate che ce l' abbia un' anima?", le infermiere che seguivano l' infermo con costanza, rimasero indignate a questa domanda impertinente del celebre neurologo e lo invitarono a giudicare egli stesso osservando Jimmie nella Cappella dell' Ospedale.
Le pagine successive raccontano la commozione di Sacks mentre dal buco della serratura spiava l' intensità e l' attenzione con cui Jimmie si raccoglieva in preghiera. La fruttuosa concentrazione con cui, in ginocchio, riceveva l' Ostia consacrata. Era evidente che Jimmie, pur non ricordando niente di quanto accaduto un quarto d' ora prima, conservava una sua memoria "interiore" che difficilmente saprei spiegare cosa sia, anche perchè non l' ho mica capito mica tanto bene. Sacks la chiama "memoria bergsoniana": "... cio' che era fugace, non trattenibile come struttura formale, era perfettamente stabile, perfettamente trattenuto come arte e volontà...".
Ho sempre notato come la gente trovi sconveniente il termine "anima". A volte lo sostituisce con la parola "vita" ma le insufficienze sono palesi. Molto meglio, mi dicevo, "memoria". L' anima, d' altronde, è cio' che regala unità (concetto ascientifico) e consente al soggetto di nascere. Io sono quello che ero ieri, sono responsabile anche di quello che ho fatto ieri. Me lo assicura l' anima, e poichè questa parola ci brucia sulla bocca, possiamo allora sostituirla con "memoria": me lo assicura la "memoria". Il cambio funziona abbastanza bene.
Così, stando a quanto racconta in un suo libro, la pensava pure Oliver Sacks, specie dopo un incontro fugace con Jimmie G., un malato affetto da una forma esacerbata di sindrome di Korsakov. La memoria di Jimmie non oltrepassava il quarto d' ora. Jimmie era un' anima perduta impossibilitata a stabilire una continuità con le sue radici.
"Cos' è la vita senza collegmaneti", dice il grande Hume, "... altro non saremmo che un fascio, un accumulo indifferenziato di sensazioni diverse". Veniva istintivo parlare di Jimmie come dell' uomo humeano perfetto, come dell' uomo dall' "anima perduta".
Ma bastò confrontarsi con chi conosceva meglio Jimmie per capire che le cose stavano ben altrimenti, che qualcosa di fondamentale eccedeva la semplice equazione Anima-Memoria. "Pensate che ce l' abbia un' anima?", le infermiere che seguivano l' infermo con costanza, rimasero indignate a questa domanda impertinente del celebre neurologo e lo invitarono a giudicare egli stesso osservando Jimmie nella Cappella dell' Ospedale.
Le pagine successive raccontano la commozione di Sacks mentre dal buco della serratura spiava l' intensità e l' attenzione con cui Jimmie si raccoglieva in preghiera. La fruttuosa concentrazione con cui, in ginocchio, riceveva l' Ostia consacrata. Era evidente che Jimmie, pur non ricordando niente di quanto accaduto un quarto d' ora prima, conservava una sua memoria "interiore" che difficilmente saprei spiegare cosa sia, anche perchè non l' ho mica capito mica tanto bene. Sacks la chiama "memoria bergsoniana": "... cio' che era fugace, non trattenibile come struttura formale, era perfettamente stabile, perfettamente trattenuto come arte e volontà...".
giovedì 31 luglio 2008
Diventare ricchi in modo sc-sc-sc-sciiientifico!
Meglio diventare ricchi, e non pensarci più. Meglio diventare ricchi al più presto, per poi pensare ad altro.
Dopo qualche post piuttosto astratto, mi sembrava proprio il caso di affrontare l' argomento, tanto più che posso saccheggiare la saggezza del libanese Nassim Taleb.
Fortuna che Taleb non strilla in copertina il messaggio cruciale del suo libro (come diventare ricchi), altrimenti non l' avrei comprato. Si sarebbe mimetizzato nel nugolo dei mediocri concorrenti che, come mosconi, roteano sulla medesima zuccherosa caramella.
Fortuna che nulla trapela nemmeno dall' indice - Taleb, diversamente da me, odia i libri ricostruiti nel sommario - altrimenti avrei snobbato molta roba interessante che lui appronta come contorno.
Fortuna che Taleb ammanta il suo messaggio con mille riferimenti all' epistemologia, alla filosofia, all' economia e alla statistica; altrimenti non mi avrebbe mica sedotto tanto facilmente, non sono un materialista io.
Un' istruzione del genere è roba seria, merita di essere riportata almeno in due post, il primo lo dedico quindi a qualche concisa precisazione, di quelle che non si possono omettere pena l' oscurità.
Innanzitutto nulla dirò su come diventare "ricchissimi". Molto semplicemente, non lo so. Quelli sono casi dove la Fortuna conta troppo, scordatevi le "metodologie".
Vi arricchirò in modo "decente", diciamo che la gente a Park Avenue vi guarderà con un po' di puzza sotto il naso, magari nemmeno tutti vi saluteranno. Ma intanto abiterete proprio lì.
Per dedicarsi all' accumulo vi chiedo un paio di ore lavorative al giorno per alcuni anni. Vi secca?
Sarebbe auspicabile provare un certo interesse per l' attività. Cio' significa che nell' ampio tempo libero, la meditazione speculativa intorno alla portata filosofica di quello che state facendo, occupi in modo piacevole e arricchente, uno spazio importante nella vostra spaziosa mente. Spero che la vostra mente esista e giri a dovere, perchè i pensieri con cui giocare, quelli ci sono di sicuro.
Agiremo sui mercati finanziari, occorre quindi qualche pre-requisito materiale: un computer, un collegamento internet, un capitale iniziale di 100-200 mila euro, una sospensiva dal vostro vecchio lavoro, l' accesso al trading on line (oggi molte banche ve lo offrono a costo zero), una conoscenza minima (ma proprio minima) dei mercati e l' abbonamento ad un settimanale (non quotidiano!) finanziario - si consiglia l' Economist.
Sento già balbettare: ma il piano è sc-sc-sc-scientifico? Direi di sì.
O perlomeno, per crederci bisogna sapere cosa sia la scienza.
Se la scienza è per voi come per Popper quella disciplina che formula teorie rigorose e ripetutamente verificate che quasi tutti credono vere ma che poi, alla lunga, si rivelano sbagliate, allora il metodo è scientifico.
Oltre a sapere cosa sia la scienza, bisogna anche sapere che per arricchirsi sui mercati finanziari l' economia non serve a niente, conta solo la psicologia.
Fortunantamente molte leggi psicologiche sono ferree. Soprattutto quando trattano le distorsioni dai comportamenti razionali. Maneggiando il rischio facciamo molti errori che non si auto-correggono neanche con le martellate. Nessuno è indenne da questa maledizione che sembra risalire alla cacciata dall' eden.
Ricapitoliamo: occorre sapere cosa sia la scienza ed avere alcune nozioni di psicologia. Non per niente i numi tutelari di Taleb sono Popper e Kahnamen. Il primo è una celebrità, per il secondo dare un occhiata al comodino.
Secondo Taleb la scienza individua delle regolarità continuamente confermate e che tutti, per motivi psicologici, tendono a considerare come verità.
Poi, capita un evento raro che le smentisce. E' questa la regolarità più impressionante che ci garantisce di avere a che fare con pratiche scientifiche.
Popper docet.
Anche i mercati finanziari funzionano così. Le teorie "scientifiche" sono destinate a cadere (ce lo dice l' epistemologia popperiana), quindi, per arricchirsi, basta scommetterci contro.
Ma le teorie ben fondate cadono raramente, quindi, "il cacciatore di crisi" è destinato a perdere di frequente piccole somme. Ma quando vince, vince parecchio. Ve la sentite di perdere frequentemente? Ci vuole una tempra d' acciaio, parola di Kahnamen: perdere una somma è molto più doloroso di quanto sia gioioso vincere quella stessa somma.
Qualcuno obbietta: "se K. ha ragione preferisco vincere poco e di frequente che non vincere molto e di rado"
Ma non c' è simmetria!! E' proprio K. che ce lo garantisce. Ecco il messaggio centrale di Taleb: non c' è simmetria poichè, a causa del bias cognitivo, noi scambiamo la legge "scientifica" per una legge vera, per una legge causale. Questo eccesso di fiducia è irrazionale e quando si cade, si cade rovinosamente. Chi scommette con metodo contro la scelta probabilisticamente più "ragionevole" si arricchisce sistematicamente, proprio perchè la gente riconosce quella scelta come la migliore ma sbaglia nel pesarla per eccesso di fiducia.
Sui mercati non ci sono vere leggi scientifiche ma, nel tempo, si sviluppano regolarità statistiche che assomigliano molto alle prime e producono i medesimi illusionismi.
Taleb sconcertava i suoi colleghi: per la settimana entrante predisponeva il suo portafoglio come chi attendesse un "orso". Richiesto di un parere razionale però pronosticava "toro". La spiegazione è molto semplice e comprensibile per chi combina epistemologia e psicologia: organizzava il suo portafoglio in cerca degli "eventi rari", dei "cigni neri", al fine di sfruttare le asimmetrie che ho descritto.
Taleb, durante la sua carriera di trader, ha avuto buone idee ma la migliore è stata quella di tradirle sistematicamente prendendo esempio dall' evoluzione delle discipline scientifiche. Cio' lo ha reso passabilmente ricco. Un ricco circondato dai cadaveri di trader una volta "ricchissimi" che però hanno avuto l' esiziale difetto di non tradire le intuizioni a cui tanto dovevano.
Taleb non rinnega che i mercati possano avere delle "tendenze" pronosticabili dagli economisti. Ma un trader non è un investitore, non è interessato alle tendenze di lungo periodo, bensì al "rumore", ovvero alla casualità di breve periodo.
Qualche dritta pratica. Il "metodo Taleb" si esercita sul mercato delle opzioni. Se un titolo oggi vale 30 e tra una settimana tutte le previsioni razionali lo pronosticano a 40, comprate l' opzione che vi consentirà di venderlo tra una settimana a 38.5. Tra una settimana, con tutta probabilità, il titolo quoterà 40 e a quel prezzo dovrete comprarlo per rivenderlo a 38.5. Perderete, ma è normale.
Perderete a lungo proprio perchè le previsioni razionali sono razionali, proprio perchè la scienza è scienza.
ma prima o poi arriverà il Cigno Nero, grazie alle asimmetrie vi rifarete con gli interessi alle spese di chi ha scambiato la scienza per la Bocca della Verità.
Dopo qualche post piuttosto astratto, mi sembrava proprio il caso di affrontare l' argomento, tanto più che posso saccheggiare la saggezza del libanese Nassim Taleb.
Fortuna che Taleb non strilla in copertina il messaggio cruciale del suo libro (come diventare ricchi), altrimenti non l' avrei comprato. Si sarebbe mimetizzato nel nugolo dei mediocri concorrenti che, come mosconi, roteano sulla medesima zuccherosa caramella.
Fortuna che nulla trapela nemmeno dall' indice - Taleb, diversamente da me, odia i libri ricostruiti nel sommario - altrimenti avrei snobbato molta roba interessante che lui appronta come contorno.
Fortuna che Taleb ammanta il suo messaggio con mille riferimenti all' epistemologia, alla filosofia, all' economia e alla statistica; altrimenti non mi avrebbe mica sedotto tanto facilmente, non sono un materialista io.
Un' istruzione del genere è roba seria, merita di essere riportata almeno in due post, il primo lo dedico quindi a qualche concisa precisazione, di quelle che non si possono omettere pena l' oscurità.
Innanzitutto nulla dirò su come diventare "ricchissimi". Molto semplicemente, non lo so. Quelli sono casi dove la Fortuna conta troppo, scordatevi le "metodologie".
Vi arricchirò in modo "decente", diciamo che la gente a Park Avenue vi guarderà con un po' di puzza sotto il naso, magari nemmeno tutti vi saluteranno. Ma intanto abiterete proprio lì.
Per dedicarsi all' accumulo vi chiedo un paio di ore lavorative al giorno per alcuni anni. Vi secca?
Sarebbe auspicabile provare un certo interesse per l' attività. Cio' significa che nell' ampio tempo libero, la meditazione speculativa intorno alla portata filosofica di quello che state facendo, occupi in modo piacevole e arricchente, uno spazio importante nella vostra spaziosa mente. Spero che la vostra mente esista e giri a dovere, perchè i pensieri con cui giocare, quelli ci sono di sicuro.
Agiremo sui mercati finanziari, occorre quindi qualche pre-requisito materiale: un computer, un collegamento internet, un capitale iniziale di 100-200 mila euro, una sospensiva dal vostro vecchio lavoro, l' accesso al trading on line (oggi molte banche ve lo offrono a costo zero), una conoscenza minima (ma proprio minima) dei mercati e l' abbonamento ad un settimanale (non quotidiano!) finanziario - si consiglia l' Economist.
Sento già balbettare: ma il piano è sc-sc-sc-scientifico? Direi di sì.
O perlomeno, per crederci bisogna sapere cosa sia la scienza.
Se la scienza è per voi come per Popper quella disciplina che formula teorie rigorose e ripetutamente verificate che quasi tutti credono vere ma che poi, alla lunga, si rivelano sbagliate, allora il metodo è scientifico.
Oltre a sapere cosa sia la scienza, bisogna anche sapere che per arricchirsi sui mercati finanziari l' economia non serve a niente, conta solo la psicologia.
Fortunantamente molte leggi psicologiche sono ferree. Soprattutto quando trattano le distorsioni dai comportamenti razionali. Maneggiando il rischio facciamo molti errori che non si auto-correggono neanche con le martellate. Nessuno è indenne da questa maledizione che sembra risalire alla cacciata dall' eden.
Ricapitoliamo: occorre sapere cosa sia la scienza ed avere alcune nozioni di psicologia. Non per niente i numi tutelari di Taleb sono Popper e Kahnamen. Il primo è una celebrità, per il secondo dare un occhiata al comodino.
Secondo Taleb la scienza individua delle regolarità continuamente confermate e che tutti, per motivi psicologici, tendono a considerare come verità.
Poi, capita un evento raro che le smentisce. E' questa la regolarità più impressionante che ci garantisce di avere a che fare con pratiche scientifiche.
Popper docet.
Anche i mercati finanziari funzionano così. Le teorie "scientifiche" sono destinate a cadere (ce lo dice l' epistemologia popperiana), quindi, per arricchirsi, basta scommetterci contro.
Ma le teorie ben fondate cadono raramente, quindi, "il cacciatore di crisi" è destinato a perdere di frequente piccole somme. Ma quando vince, vince parecchio. Ve la sentite di perdere frequentemente? Ci vuole una tempra d' acciaio, parola di Kahnamen: perdere una somma è molto più doloroso di quanto sia gioioso vincere quella stessa somma.
Qualcuno obbietta: "se K. ha ragione preferisco vincere poco e di frequente che non vincere molto e di rado"
Ma non c' è simmetria!! E' proprio K. che ce lo garantisce. Ecco il messaggio centrale di Taleb: non c' è simmetria poichè, a causa del bias cognitivo, noi scambiamo la legge "scientifica" per una legge vera, per una legge causale. Questo eccesso di fiducia è irrazionale e quando si cade, si cade rovinosamente. Chi scommette con metodo contro la scelta probabilisticamente più "ragionevole" si arricchisce sistematicamente, proprio perchè la gente riconosce quella scelta come la migliore ma sbaglia nel pesarla per eccesso di fiducia.
Sui mercati non ci sono vere leggi scientifiche ma, nel tempo, si sviluppano regolarità statistiche che assomigliano molto alle prime e producono i medesimi illusionismi.
Taleb sconcertava i suoi colleghi: per la settimana entrante predisponeva il suo portafoglio come chi attendesse un "orso". Richiesto di un parere razionale però pronosticava "toro". La spiegazione è molto semplice e comprensibile per chi combina epistemologia e psicologia: organizzava il suo portafoglio in cerca degli "eventi rari", dei "cigni neri", al fine di sfruttare le asimmetrie che ho descritto.
Taleb, durante la sua carriera di trader, ha avuto buone idee ma la migliore è stata quella di tradirle sistematicamente prendendo esempio dall' evoluzione delle discipline scientifiche. Cio' lo ha reso passabilmente ricco. Un ricco circondato dai cadaveri di trader una volta "ricchissimi" che però hanno avuto l' esiziale difetto di non tradire le intuizioni a cui tanto dovevano.
Taleb non rinnega che i mercati possano avere delle "tendenze" pronosticabili dagli economisti. Ma un trader non è un investitore, non è interessato alle tendenze di lungo periodo, bensì al "rumore", ovvero alla casualità di breve periodo.
Qualche dritta pratica. Il "metodo Taleb" si esercita sul mercato delle opzioni. Se un titolo oggi vale 30 e tra una settimana tutte le previsioni razionali lo pronosticano a 40, comprate l' opzione che vi consentirà di venderlo tra una settimana a 38.5. Tra una settimana, con tutta probabilità, il titolo quoterà 40 e a quel prezzo dovrete comprarlo per rivenderlo a 38.5. Perderete, ma è normale.
Perderete a lungo proprio perchè le previsioni razionali sono razionali, proprio perchè la scienza è scienza.
ma prima o poi arriverà il Cigno Nero, grazie alle asimmetrie vi rifarete con gli interessi alle spese di chi ha scambiato la scienza per la Bocca della Verità.
Iscriviti a:
Post (Atom)