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martedì 7 marzo 2017

Una teoria della giustizia

Partiamo da un principio che suona bene: “a ciascuno secondo il suo merito”.
Una volta tolte di mezzo le esternalità, il mercato è un meccanismo che lo realizza?
In parte sì: difficile che uno diventi ricco per puro caso. In genere diventa ricco perché ha una buona idea e/o perché lavora duro.
In parte no: sul mercato conta anche la fortuna, per esempio “essere al posto giusto nel momento giusto”.
Si potrebbe concludere così: la società di mercato è giusta purché corregga l’interferenza della fortuna.
Qui sostengo però che correggere la fortuna è:
 difficile,
– rischioso,
– inutile,
– ingiusto.

Perché difficile?
Trovarsi al posto giusto nel momento giusto è una fortuna ma forse richiede una certa abilità, in questo senso potrebbe anche essere un merito.
Chi puo’ valutare in modo certo?
Per esempio, noi sappiamo che un segreto del successo è “saper fallire”. Alcuni, questo è certo, sanno fallire più di altri: sanno perdere, hanno una personalità resiliente, si mettono in gioco. Altri, magari anche più preparati e “meritevoli”, temono il fallimento e lo scorno, e questo è un demerito difficile da cogliere.
Chi è in grado allora di sbrogliare questa matassa di meriti e fortuna? Il compito è improbo.
Perché rischioso?
Perché uno chiamato a sbrogliare la matassa dovrebbe mai farlo in modo onesto? La presenza di ampie discrezionalità lascia mano libera. Costui potrebbe anche non essere un Santo ma una persona come tutti noi con i suoi interessi.
Qui va ricordata la strategia più efficace adottata dai disonesti: autoconvincersi di essere onesti. L’ideologia serve questo fine. Il pericolo, quindi, non viene tanto dalla disonestà scoperta ma dall’ideologia professata, e a volte anche ostentata.
Redistribuendo le fortune rischiamo quindi di finire dalla padella nella brace.
Perché inutile?
Supponiamo che Antonio abbia capacità simili a quelle di Vincenzo, ma inferiori.
Supponiamo altresì che ad Antonio, nel suo girovagare random, capiti di arricchirsi trovandosi casualmente “nel posto giusto al momento giusto”.
Vincenzo constata il fatto e si reca immediatamente nel “posto giusto” traendo la sua cospicua rendita. Magari è arrivato un po’ dopo ma ce n’è anche per lui, soprattutto perché è più capace di Antonio.
Insomma, la fortuna di Antonio è anche un segnale prezioso per Vincenzo. In questo senso il gap tra fortunati e non fortunati non è così abissale.
Una società fondata sulla redistribuzione delle fortune è anche una società  immobile che produce meno informazione e quindi minore ricchezza. Nessuno va a zonzo in cerca di fortuna poiché sa che sarà espropriato di tutto. Eppure questo girovagare produce indirettamente informazioni preziose anche per i terzi.
Perché ingiusto?
Carl Lewis ha vinto una spettacolosa medaglia d’oro sui 100 mt alle Olimpiadi. Tutti noi pensiamo che se l’è meritata anche se quel magnifico talento è un dono della Natura/Fortuna. Troveremmo ripugnate che debba dividerla con gli altri concorrenti.
Chi è alto è fortunato ma noi non pensiamo che questa fortuna debba essere tassata. Anche una tassa sulla bellezza ci farebbe senso: la troviamo iniqua anche se siamo consapevoli che la nostra bellezza è in gran parte l’esito di una lotteria!
Praticamente, in tutti gli ambiti della nostra vita la fortuna non è sentita come un’ingiustizia.
Perché allora una tassa sulla ricchezza (dove la fortuna conta ancora meno)? Dal punto di vista evoluzionistico, il modo più naturale di renderne conto è considerare questa tentazione come un piano di rapina soft, ovvero una rapina che non guasti troppo i rapporti sociali. Bellezza e altezza non possono essere rapinate, la ricchezza sì. E’ questo semplice fatto a fare la differenza.
***
Conclusione: la società di mercato – una volta corrette le esternalità e garantiti i beni pubblici essenziali – è la società giusta.
Blind-Roy-Nachum-Large_thumb

Ad ognuno secondo il suo merito

Un modo stimolante per pensare alla giustizia consiste nel chiedersi quando un sistema fiscale puo’ considerarsi giusto.
Greg Mankiw, nel saggio “Spreading the Wealth Around: Reflections Inspired by Joe the Plumber”, si domanda come un economista possa contribuire al dibattito.
Alcuni sono scettici: all’economista spetta di segnalare il trade-off tra efficienza e diseguaglianze. Il punto in cui attestarsi su questa curva spetta invece al filosofo politico.
in altre parole, l’economista deve mantenersi agnostico.
Tuttavia, la letteratura sulla tassazione ottima prende ben altro indirizzo: quello utilitarista (vedi Mirrlees 1971). L’assunto di base…
… society should choose a tax-and-transfer policy to maximize the sum of utility over all individuals…
D’altronde, utilitaristi e economisti condividono una tradizione comune
… John Stuart Mill, were also among the early economists…
L’approccio utilitarista, poi, consente all’economista di utilizzare i suoi strumenti tipici.
Tuttavia, l’utilitarismo come filosofia, è afflitto da gravi problemi.
Esempio: richiede che le utilità personali siano confrontabili oggettivamente (feliciometro).
Poi c’è il problema del vagone, noto a tutte le matricole di filosofia: perché non sacrificare una vita per salvarne due? A noi ripugna cio’ che per l’utilitarista dovrebbe essere scontato.
Ma il problema del vagone – si potrebbe opinare - è teorico, un mero esperimento mentale piuttosto bizzarro. Nessuno si è mai trovato in quelle condizioni. E in effetti possiamo fare di meglio per mettere in luce i limiti dell’utilitarismo.
Prendiamo il caso dell’abortonove mesi contro un’ vita intera! L’utilitarista non dovrebbe avere dubbi su cosa scegliere. Nella realtà gli utilitaristi sono quasi sempre pro-choice mentre i pro-life sono quasi sempre non utilitaristi. Assurdo se l’utilitarismo fosse una filosofia affidabile.
C’è un altro esempio che possiamo fare…
… Imagine a candidate for president campaigned on a platform of imposing a one-third tax on the average American’s income and transferring the entire proceeds of the tax to poor nations around the world. Would you be inclined to support this candidate? I am confident that most voters would not…
Un utilitarista dovrebbe apprezzare un candidato del genere. Ma per la maggior parte di noi la sua proposta politica è risibile.
L’utilitarismo non fornisce ragioni per cui i confini nazionali dovrebbero avere un qualche valore.
***
Veniamo ora ad un altro esempio che riguarda il fisco.
Secondo i precetti utilitaristi (max utilità complessiva) dovremmo tassare equalizzando le utilità marginali di ciascuna persona. Gli autori di riferimento sono molti: Francis Y. Edgeworth, William S. Vickrey, James A. Mirrlees ecc.
La logica è chiara: se un euro è più apprezzato da te che da me, si prenda un euro da me e lo si dia a te. Avanti così finché l’utilità marginale dell’euro è parificata in tutti i soggetti.
La soluzione base ha un inconveniente: procedendo in questo modo si disincentiva la produzione di ricchezza (e quindi di euro). Questo disincentivo puo’ peggiorare la condizione di molti.
Ma perché si produce questo inconveniente? Per un solo motivo
… government cannot observe innate productivity
Il reddito prodotto effettivamente è l’unica cosa che il tassatore puo’ osservare.
Ma poniamo il caso che non sia così, cosa predice la teoria utilitarista della tassazione ottima…
… according to the theory of optimal taxation, any exogenous variable correlated with productivity should be a useful indicator for determining an individual’s optimal tax liability….
Se io potessi osservare le capacità innate di Giovanni dovrei tassarlo in base a quelle: qualora non voglia sfruttarle i costi ricadranno solo su di lui e io posso disinteressarmene. D’altro canto, Giovanni avrà un incentivo completo a sfruttarle poiché i vantaggi dello sfruttamento saranno incamerati solo da lui. Geniale.
Poniamo che l’altezza sia correlata con il reddito prodotto.
Questo non è un esperimento mentale ma un’evidenza empirica: l’altezza è correlata col reddito in modo robusto! Vedi per esempio Anne Case and Christina Paxson [2008].
L’utilitarista, quindi, dovrebbe tassare l’altezza delle persone.
Ma a noi una tassa del genere ripugna, il che fa pensare che l’utilitarismo sia una teoria sbagliata.
***
Considerato che le nostre intuizioni non sono “utilitariste”, esistono delle alternative?
Robert Nozick a suo tempo ne propose una invocando più realismo…
… We are not in the position of children who have been given portions of pie by someone who now makes last minute adjustments to rectify careless cutting. There is no central distribution, no person or group entitled to control all the resources, jointly deciding how they are to be doled out. What each person gets, he gets from others who give to him in exchange for something, or as a gift. In a free society, diverse persons control different resources, and new holdings arise out of the voluntary exchanges and actions of persons….
Ma una simile prospettiva non sembra aver influito sull’opinione pubblica. Forse occorre qualcosa di più semplice.
Un principio del tipo: ad ognuno secondo i suoi meriti. Oppure: ad ognuno secondo il suo contributo.
In questo senso il tassatore dovrebbe evitare di aggredire i redditi che uno si è guadagnato sul campo, e non solo per una questione di incentivi.
I grandi liberali da Robert Nozick a Milton Friedman probabilmente hanno un senso di giustizia che si avvicina a questi principi.
Ma più in generale
… My sense is that people are rarely outraged when high incomes go to those who obviously earned them… Steven Spielberg make blockbuster movies, Steve Jobs introduce the iPod, David Letterman crack funny jokes, and J.K Rowling excite countless young readers with her Harry Potter books, we don’t object to the many millions of dollars they earn in the process…
Guardiamoci intorno: ci sono miliardari la cui ricchezza non ci scandalizza. Pensiamo che in fondo se la meritino.
Il fuoco di questa alternativa è completamente diverso rispetto a quello utilitarista…
… focus not on the marginal utility of different individuals but on the congruence between their contributions and their compensation…
***
In genere, sul mercato, il reddito che abbiamo in mano ce lo meritiamo.
C’è però il problema delle esternalità
… If a person earns income in part by imposing negative externalities on bystanders, there is little doubt that he is getting more than he contributed…
In questo senso tassare le esternalità è legittimo: se sono diventato miliardario inquinando è giusto che risarcisca.
C’è poi anche un problema di beni pubblici, la tassa che serve per finanziare la loro produzione è neutrale per il principio che ci siamo scelti come guida e, in casi del genere, l’utilitarismo ha un senso…
… Next, there is the issue of public goods, such as national defense, police, and the court system… these public goods should be paid for by those people who benefit most from them…
E le tasse di trasferimento dai ricchi ai poveri?
Alleviare la povertà non è un bene pubblico in senso stretto ma qualcuno, con qualche forzatura,  puo’ anche interpretarlo come tale…
… That is, under this view, the government provides for the poor not simply because their marginal utility is high but because we have interdependent utility functions…

c_scale,fl_progressive,q_80,w_800

lunedì 6 marzo 2017

spreading_the_wealth_around greg mankiw

spreading_the_wealth_around greg mankiw
riccardo-mariani@libero.it
Citation (APA): riccardo-mariani@libero.it. (2017). spreading_the_wealth_around greg mankiw [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 3
Spreading the Wealth Around: Reflections Inspired by Joe the Plumber N. Gregory Mankiw
Evidenzia (giallo) - Posizione 5
essay discusses the policy debate concerning optimal taxation
Evidenzia (giallo) - Posizione 6
It then considers the normative question of how the tax system should be designed.
Evidenzia (giallo) - Posizione 7
conventional utilitarian framework is found to be wanting,
Segnalibro - Posizione 28
Segnalibro - Posizione 55
Segnalibro - Posizione 78
Segnalibro - Posizione 116
Evidenzia (giallo) - Posizione 116
What can economists contribute to the policy debate over inequality and the distribution of the tax burden?
Evidenzia (giallo) - Posizione 117
One plausible answer is, not much.
Evidenzia (giallo) - Posizione 118
is really a question only for political philosophers.
Evidenzia (giallo) - Posizione 119
tradeoff between efficiency and equality
Nota - Posizione 119
L UNICA COSA MISURABILE
Evidenzia (giallo) - Posizione 120
we, as economists, must be agnostic.
Evidenzia (giallo) - Posizione 120
The academic literature on optimal taxation, however, takes a different tack.
Evidenzia (giallo) - Posizione 121
work in this area adopts a particular philosophical 291 perspective— utilitarianism [see, e.g., Mirrlees 1971].
Evidenzia (giallo) - Posizione 123
society should choose a tax-and-transfer policy to maximize the sum of utility over all individuals
Nota - Posizione 123
ASSUNTO UTILITARISTA
Evidenzia (giallo) - Posizione 124
utilitarians and economists share an intellectual tradition.
Nota - Posizione 125
FILOSOFIA FACILE
Evidenzia (giallo) - Posizione 125
John Stuart Mill, were also among the early economists.
Evidenzia (giallo) - Posizione 127
utilitarian political philosophy allows economists to use the tools of analysis
Evidenzia (giallo) - Posizione 128
Nonetheless, the utilitarian approach is fraught with several problems.
Evidenzia (giallo) - Posizione 129
interpersonal comparability of utility.
Nota - Posizione 129
PROBLEMA 1
Evidenzia (giallo) - Posizione 131
Undergraduate philosophy courses are filled with hypothetical examples to test the limits
Evidenzia (giallo) - Posizione 132
trolley tracks,
Evidenzia (giallo) - Posizione 137
I am wary of hypothetical examples so far outside of any actual experience.
Evidenzia (giallo) - Posizione 138
the facts of the case are too outlandish
Evidenzia (giallo) - Posizione 140
UTILITARIANISM ON A GLOBAL SCALE
Nota - Posizione 140
t
Evidenzia (giallo) - Posizione 141
Imagine a candidate for president campaigned on a platform of imposing a one-third tax on the average American’s income and transferring the entire proceeds of the tax to poor nations around the world. Would you be inclined to support this candidate? I am confident that most voters would not.
Nota - Posizione 142
x ALTRO ESEMPIO
Evidenzia (giallo) - Posizione 146
But if we were truly utilitarian in our policy design, why not?
Evidenzia (giallo) - Posizione 149
utilitarianism as a theory of justice provides no reason to give a special role to national boundaries.
Evidenzia (giallo) - Posizione 153
THE OPTIMAL TAXATION OF HEIGHT
Nota - Posizione 153
t
Evidenzia (giallo) - Posizione 153
another example
Evidenzia (giallo) - Posizione 155
Francis Y. Edgeworth
Evidenzia (giallo) - Posizione 156
equalize the marginal utility of all members of society;
Evidenzia (giallo) - Posizione 158
William S. Vickrey [1945] and James A. Mirrlees [1971] emphasized a key practical difficulty with Edgeworth’s solution.
Evidenzia (giallo) - Posizione 159
government cannot observe innate productivity.
Evidenzia (giallo) - Posizione 161
Vickrey– Mirrlees approach to optimal nonlinear taxation is now standard
Evidenzia (giallo) - Posizione 162
income was the only piece of data the government could observe
Evidenzia (giallo) - Posizione 167
according to the theory of optimal taxation, any exogenous variable correlated with productivity should be a useful indicator for determining an individual’s optimal tax liability.
Nota - Posizione 168
x TEORIA
Evidenzia (giallo) - Posizione 170
The empirical leg is that a person’s height is strongly correlated with his or her income.
Nota - Posizione 171
x PRATICA
Evidenzia (giallo) - Posizione 171
Anne Case and Christina Paxson [2008]
Evidenzia (giallo) - Posizione 179
Many people, however, will not quickly embrace the idea
Evidenzia (giallo) - Posizione 180
people either recoil or express amusement.
Evidenzia (giallo) - Posizione 182
JUST DESERTS
Nota - Posizione 182
t
Evidenzia (giallo) - Posizione 186
our moral intuitions are not, fundamentally, utilitarian.
Evidenzia (giallo) - Posizione 187
Robert Nozick
Evidenzia (giallo) - Posizione 188
We are not in the position of children who have been given portions of pie by someone who now makes last minute adjustments to rectify careless cutting. There is no central distribution, no person or group entitled to control all the resources, jointly deciding how they are to be doled out. What each person gets, he gets from others who give to him in exchange for something, or as a gift. In a free society, diverse persons control different resources, and new holdings arise out of the voluntary exchanges and actions of persons.
Nota - Posizione 191
x NOZICK
Evidenzia (giallo) - Posizione 192
it is hard to see much influence of this philosophical perspective
Evidenzia (giallo) - Posizione 193
viable alternative to utilitarianism is far from obvious.
Evidenzia (giallo) - Posizione 195
People should get what they deserve.
Nota - Posizione 195
PRINCIPIO ALTERNATIVO
Evidenzia (giallo) - Posizione 195
A person who contributes more to society deserves a higher income
Evidenzia (giallo) - Posizione 196
Society permits him that higher income not just to incentivize him,
Nota - Posizione 196
INCENTIVI E MERITI
Evidenzia (giallo) - Posizione 197
This perspective is, I believe, what Robert Nozick, Milton Friedman, and other classically liberal writers have in mind.
Evidenzia (giallo) - Posizione 199
My sense is that people are rarely outraged when high incomes go to those who obviously earned them.
Evidenzia (giallo) - Posizione 199
Steven Spielberg make blockbuster movies, Steve Jobs introduce the iPod, David Letterman crack funny jokes, and J.K Rowling excite countless young readers with her Harry Potter books, we don’t object to the many millions of dollars they earn in the process.
Nota - Posizione 201
x MILIARDARI CHE VNN SCANDALIZZANO
Evidenzia (giallo) - Posizione 204
focus not on the marginal utility of different individuals but on the congruence between their contributions and their compensation.
Nota - Posizione 205
NUOVO FUOCO
Evidenzia (giallo) - Posizione 206
normative interpretation of the equilibrium
Evidenzia (giallo) - Posizione 211
consider an exchange economy.
Evidenzia (giallo) - Posizione 219
OPTIMAL TAXATION REVISITED
Nota - Posizione 219
t
Evidenzia (giallo) - Posizione 224
Pigovian taxation fits naturally into the Just Deserts Theory.
Evidenzia (giallo) - Posizione 224
If a person earns income in part by imposing negative externalities on bystanders, there is little doubt that he is getting more than he contributed.
Evidenzia (giallo) - Posizione 230
Next, there is the issue of public goods, such as national defense, police, and the court system.
Evidenzia (giallo) - Posizione 231
these public goods should be paid for by those people who benefit most from them.
Evidenzia (giallo) - Posizione 236
What about transfer payments to the poor?
Evidenzia (giallo) - Posizione 237
antipoverty programs are a type of public good.
Evidenzia (giallo) - Posizione 238
That is, under this view, the government provides for the poor not simply because their marginal utility is high but because we have interdependent utility functions.
Nota - Posizione 239
x PERCHÈ AIUTARE I POVERI
Evidenzia (giallo) - Posizione 242
care more about their own neighbors than they do about the poor abroad.

martedì 4 dicembre 2012

Papa Gregorio

Parlare di tasse è oggi il miglior modo per parlare di etica.
Lo stratagemma retorico funziona perché illumina anche il profano sui nodi fondamentali da sciogliere in una materia tanto delicata.
E’ anche un modo per farsi capire senza tanti giri di parole, il che non guasta.
Pensate solo alla dottrina sociale della Chiesa: se è peccato non pagare la giusta tassa, cosa dobbiamo considerare come tale?
C’ è chi apprezza certe ambiguità strategiche e chiede di non andare oltre nei chiarimenti, alcune espressioni quali “giustizia terrena” e “dignità della persona” sono più che sufficienti a indirizzare il fedele.
E se invece fossimo di fronte a un semplice buco da colmare prima o poi?
Bè, non sarebbe facile porci mano, richiederebbe come minimo un’ Enciclica quando non un Concilio.
E se proprio devo sognare l’ Enciclica della svolta la sogno informata al tenore di questo documento prodotto dall’ economista Gregory Mankiw. Si parla di etica Just Desert e quel che segue è la parafrasi di un estratto.
JUST DESERT
AGNOSTICISMO E UTILITARISMO 
La questione che desidero prendere in considerazione è la seguente: quanto devono contribuire gli economisti al dibattito intorno al concetto di giusta tassazione?
Una possibile risposta è non molto. C’ è infatti chi ritiene che ogni discussione intorno alla redistribuzione ottimale delle ricchezze sia ad appannaggio dei filosofi politici e morali. Noi economisti, al limite, potremmo stimare il costo di una tale redistribuzione – cioè, l’ impatto negativo sull’ efficienza che avrebbe un tentativo di perseguire maggiore equità. Ma alla fin fine scegliere il punto d’ equilibrio tra efficienza ed equità spetta alla politica (o all’ etica), come economisti dovremmo dichiararci agnostici e ritirarci in buon ordine.
La letteratura sulla tassazione ottima, tuttavia, prende una diversa china. Anziché restare agnostici, i lavori in questa area adottano una particolare prospettiva politica: l’ utilitarismo. Cioè, si assume non solo che gli individui massimizzino la loro utilità ma che anche la società nella sua interezza sia chiamata a fare lo stesso.
Per l’ economista un approccio del genere è del tutto naturale. Innanzitutto perché utilitarismo ed economia condividono una tradizione intellettuale comune. Un’ altra ragione sta nel fatto che l’ utilitarismo sembra una naturale estensione dei principi economici all’ intera società. Oltretutto, la filosofia utilitarista consente di utilizzare molti sofisticati strumenti analitici già impiegati con successo altrove.
Tuttavia l’ approccio utilitarista è afflitto da parecchi inconvenienti. Chiunque abbia frequentato un corso di filosofia si sarà imbattuto in una sfilza di casi tesi a metterne in luce i difetti. Una situazione classica è quella in cui da un ponte presso la stazione osservate un vagone che avanzando fuori controllo è destinato a investire un gruppo di bambini. Potreste salvarli solo spingendo giù il grassone che sta proprio lì di fianco facendolo finire sotto le ruote del vagone in corsa, il vostro eventuale sacrificio sarebbe inutile considerata la stazza minima. Quel che si chiede è se siete disposti ad uccidere il grassone per salvare i bambini. Un utilitarista non avrebbe problemi a farlo, ma molti si sentirebbero in forte disagio nell’ accettare questa soluzione.
Esempi del genere sono molto divertenti ma non penso abbiano una grande utilità pratica. Ha senz’ altro senso testare la teoria per confrontarla con l’ intuizione, tuttavia ritengo che certe esperienze siano troppo distanti dalla nostra vita ordinaria. Puo’ darsi che la nostra resistenza nell’ uccidere il grassone non sia data da un rifiuto dell’ utilitarismo ma dal fatto che siamo immersi in una situazione talmente inusuale da non riuscire ad averne piena contezza. In vita mia, per esempio, non mi sono mai trovato ad avere a che fare con un vagone fuori controllo che minacci dei bambini, figuriamoci se penso all’ ipotesi del ponte e del grassone. Per valutare se l’ utilitarismo sia o meno una buona filosofia preferirei prendere in considerazione situazioni più vicine alla vita quotidiana.
L’ UTILITARISMO SU SCALA GLOBALE
Lasciate allora che proponga qualcosa di meno lontano dalla nostra esperienza. Immaginate un candidato al Parlamento che proponga una tassa del 33% sul reddito del contribuente medio con un gettito da destinare interamente ai paesi del terzo mondo. La trovate una buona idea?
Penso proprio di no. Lo dico perché non ho mai conosciuto un candidato che osasse proporre qualcosa del genere. Del resto gli aiuti che mandiamo al terzo mondo rappresentano una fetta infinitamente inferiore del PIL e cio’ nonostante non si puo’ certo dire che siano investimenti popolari, quando c’ è da tagliare si comincia da lì sapendo bene della blanda opposizione che s’ incontrerà. Persino chi propone di aumentarli si guarda bene dall’ avvicinare percentuali in doppia cifra.
Eppure se fossimo degli utilitaristi dovremmo vagliare attentamente una proposta del genere. In accordo con la logica utilitarista non si farebbe altro che imporre una tassa pari al 33% a carico di alcune tra le persone più ricche del mondo e girarne gli introiti verso alcune tra le persone più povere del mondo, una logica che accettiamo volentieri in altri contesti.
La logica utilitarista non offre ragioni valide per dare una qualche rilevanza ai confini nazionali. Se in virtù della logica utilitarista trasferiamo dagli italiani più ricchi agli italiano più poveri, in base agli stessi principi sarebbe ancora più sensato trasferire dagli italiani ai gahnesi.
Ritengo però che molti sostenitori della tassazione progressiva su scala nazionale non siano disposti ad accettare questo stringente passaggio logico.
LA TASSAZIONE DELL’ ALTEZZA COME TASSAZIONE OTTIMA
Lasciate che vi dia un altro esempio di come la logica utilitarista conduca a conclusioni che mettono a disagio la persona comune.
Nel 1897 Francis Edgeworth sottolineò che compito di un pianificatore utilitarista sarebbe stato quello di eguagliare l’ utilità marginale di ogni membro della comunità. La logica sottostante è elementare: si toglie a chi perde poca felicità per dare a chi guadagna di più sempre in termini di felicità; dopodiché si procede in questo modo finché tutti posseggono la medesima “felicità marginale” (o utilità marginale) e nessun trasferimento ulteriore sia in grado di aumentare la felicità complessiva. Gli individui più dotati saranno anche i più tassati e il gettito girato come sussidio per i meno dotati.
Fu James Mirrles a porre l’ accento sul fatto che noi non abbiamo accesso alle variabili chiave per risolvere il problema. Come possiamo individuare i soggetti più dotati? Quel che possiamo osservare è giusto il reddito monetario del cittadino, una variabile che segnala sia i talenti che lo sforzo generato per produrre ricchezza. In queste condizioni il pianificatore deve ridimensionare i suoi obiettivi poiché redistribuire troppo potrebbe minare gli incentivi a porre in essere sforzi produttivi. Queste considerazioni sono entrate ormai a buon diritto nella teoria standard della tassazione ottima.
James Mirrles assunse il reddito quale unica variabile osservabile che avesse una qualche attinenza con la produttività potenziale del soggetto tassato. Questa assunzione, tuttavia, oltre a presentare gli inconvenienti di cui si è detto è anche molto approssimativa. In un mio recente lavoro ho utilizzato il modello utilitarista ortodosso di Mirrlees per esplorare il potenziale ruolo di un’ altra variabile: l’ altezza del contribuente.
L’ aggancio teorico è chiaro: l’ approccio utilitarista tende a valorizzare ogni variabile che sia correlata con le capacità contributive innate del soggetto. Scovare variabili correlate in modo diretto è utile perché consente di tassare senza disincentivare il lavoro.
L’ aggancio empirico è altrettanto evidente: l’ altezza di una persona è statisticamente correlata con le sue doti.
Lo studio mostra che sostituendo al sistema attuale una tassa sull’ altezza dei contribuenti migliorerebbe i conti nazionali in modo consistente. Molte persone però non abbraccerebbero mai con entusiasmo l’ idea di tassare di più i cittadini più alti. Il nostro studio ha registrato più che altro incredulità o divertimento. Questa reazione è proprio cio’ che rende un simile lavoro intrigante. Una tassa sull’ altezza, infatti, è l’ inesorabile conseguenza di un approccio utilitarista alla tassazione una volta che si tiene conto dei dati empirici. Se rigettiamo le conclusioni dobbiamo necessariamente rivedere le premesse.
JUST DESERT
Diversamente dal caso del grassone da sacrificare, le due politiche appena considerate potrebbero essere adottate domani mattina se solo lo volessimo. L’ Italia potrebbe girare un terzo delle sue entrate fiscali verso i paesi poveri e il nostro Parlamento potrebbe deliberare una riforma fiscale incentrata sull’ altezza come base imponibile. Ci sarebbero molti motivi per dissociarsi ma io vorrei proporre come ragione principale il fatto che la nostra intuizione etica si discosta dai principi utilitaristici.
Tra i filosofi c’ è una lunga tradizione che rigetta l’ utilitarismo come base per la giustizia redistributiva. Robert Nozick scriveva così nel suo famoso libro del 1974 Anarchy, State and Utopia:
… nelle nostre società non siamo nella posizione del bambino che riceve una fetta di torta da chi è intento a tagliarla aggiustando le dosi. Non c’ è un distributore centrale né una persona o gruppo di persone titolato a controllare tutte le risorse scrutinandone la distribuzione. Cio’ che ciascuno di noi riceve lo riceve da altri che a lui danno in cambio di qualcosa oppure lo riceve a titolo di dono. In una società libera molte persone posseggono molte risorse e le nostre proprietà emergono in seguito a una miriade di scambi…
Nonostante il prestigio di libro e autore sia ampiamente riconosciuto, è difficile oggi vedere questa visione filosofica come particolarmente influente nel lavoro analitico degli economisti, forse perché promettenti vie alternative all’ utilitarismo sono tutt’ altro che ovvie. Ovvero, se rigettiamo l’ utilitarismo come base per la tassazione, ci si chiede come possa essere rimpiazzato a livello di impalcatura normativa.
Propongo questo principio: alle persone spetta cio’ che si sono meritate. A una persona che contribuisce maggiormente alla ricchezza di una società spetterebbe un reddito maggiore in modo che tale reddito rifletta il suo contributo. Una società dovrebbe tollerare la ricchezza di un contribuente non per evitare di disincentivarne la produzione ma per non togliere a quel contribuente cio’ che a lui è dovuto sulla base del merito. Questo approccio rispecchia, credo, cio’ che Robert Nozick, Milton Friedman e altri scrittori liberali avevano in mente. Potremmo chiamare questo principio Just Desert.
Sono giunto a queste conclusioni osservando il comportamento della gente verso le persone ricche. La mia sensazione è che difficilmente la gente si sente offesa quando la ricchezza premia soggetti che se la sono guadagnata. Quando vediamo Steven Spielberg confezionare un blockbuster, Steve Job lanciare un iPod, David Letterman ordire scherzi divertenti e J.K. Rowling eccitare coi suoi libri schiere di ragazzini, difficilmente obiettiamo sui milioni che incamerano nel frattempo. Le ricchezze che ci fanno arrabbiare sono quelle che derivano dalle manipolazioni del sistema: il CEO che briga con il comitato esecutivo grazie alle opache relazioni personali di cui gode e il banchiere la cui azienda sopravvive in virtù dei salvataggi pubblici non sembrano meritare i bonus milionari che incassano così di frequente. Il pubblico percepisce quei compensi (correttamente o meno) come sproporzionati rispetto al contributo sociale di queste figure. In altri termini, se noi prendiamo l’ attitudine del pubblico come un segno delle nostre intuizioni morali, allora vediamo bene come non sia necessario porre al centro l’ utilità marginale di ciascun soggetto quanto piuttosto la relazione che lega compenso e contributo fornito.
La teoria del just desert ci dà un’ interpretazione differente del cosiddetto equilibrio di mercato. Di solito noi economisti diciamo che l’ equilibrio di mercato fornisce un’ allocazione efficiente delle risorse senza però essere necessariamente equo. Forse il nostro giudizio è troppo sbrigativo, d’ altronde è la stessa teoria economica a dirci che in equilibrio ciascuno riceve per quel che produce. In altri termini, ciascuna persona riceve per quel che è il suo contributo nella produzione di beni e servizi.
LA TEORIA DELLA TASSA GIUSTA
Adesso mi occuperò delle conseguenze di quanto detto sulla distribuzione ottimale del carico fiscale. Qualcuno potrebbe concludere che se ognuno di noi ottiene dal mercato quanto merita non c’ è spazio per imposte progressive. Si potrebbe pensare che un governo non è necessario oppure che sarebbe sufficiente una “quota d’ iscrizione” per finanziare un governo minimo, il che costituirebbe senz’ altro un allontanamento radicale dalla situazione odierna. Ma io non penso che questa ipotesi sia necessariamente corretta. Ci sono molti elementi che rendono un mercato imperfetto e che chiedono di essere rimossi al fine di ottenere un’ accettabile situazione di just desert.
Penso innanzitutto a tasse pigouviane. Se una persona si guadagna da vivere imponendo esternalità negative ai suoi vicini trovo giusto che debba in qualche modo risarcirli mediante il pagamento di una tassa sulle esternalità da girare ai danneggiati poiché il suo reddito disponibile non rispecchia fedelmente il suo contributo. Una tassa pigouviana non solo rende l’ economia più efficiente ma anche più equa.
Lo stesso dicasi per i sussidi pigouviani, anch’ essi sono la logica conseguenza della teoria just desert. Se qualche attività, come per esempio la ricerca scientifica di base, esibisce esternalità positive, il governo dovrebbe aiutarla. Una tassa sui beneficiati da girare ai ricercatori non solo aumenterebbe l’ efficienza ma riprodurrebbe l’ equivalenza tra compensi e contributi.
Poi c’ è il problema dei beni pubblici quali la difesa, la polizia e i tribunali. Questi beni devono essere in qualche modo finanziati e il costo è giusto che ricada su chi li usa di più.
Le tasse pigouviane e il finanziamento dei beni pubblici conduce presumibilmente a un sistema fiscale in cui chi ha di più paga di più poiché chi ha proprietà più estese beneficia maggiormente di un servizio di difesa della proprietà.  In realtà non potremmo escludere a priori nemmeno che un sistema di tassazione progressivo sia coerente con una teoria della giustizia just desert.
E che dire dei trasferimenti ai poveri? Nella misura in cui le persone hanno a cuore la sorte dei più bisognosi anche l’ aiuto ai poveri potrebbe configurarsi come un bene pubblico. In altri termini, poiché tutti vorremmo alleviare le sofferenze dei più bisognosi il governo potrebbe farsene carico per evitare comportamenti opportunistici.
La prospettiva presentata dovrebbe risolvere le situazioni che imbarazzano l’ utlitarista. Il motivo per cui gli italiani si preoccupano maggiormente dei loro connazionali piuttosto che degli stranieri sta nel fatto che ogni uomo si preoccupa innanzitutto del suo vicino. In questo senso l’ aiuto agli italiani bisognosi puo’ essere considerato un bene pubblico mentre gli aiuti ai paesi poveri molto meno. Ma questa prospettiva spiega anche l’ avversione a una tassa sull’ altezza: se i benefici che si hanno dai servizi governativi crescono con il reddito e non con le capacità possedute, cessa ogni esigenza di rintracciare variabili correlate alle capacità personali.
DOMANDE DIFFERENTI
La prospettiva just desert porta a porsi domande differenti. L’ utilitarista è interessato a misurare l’ aumento la felicità del contribuente al crescere del suo reddito, nonché quanto la tassazione disincentivi i suoi sforzi volti alla produzione del reddito stesso. Il teorico just desert non esclude il valore di queste considerazioni ma le reputa fuorvianti se assunte come punto di partenza di ogni ragionamento intorno alle tasse. Preferisce chiedersi innanzitutto se il reddito di una persona rifletta il suo contributo alla produzione di ricchezza e, in secondo luogo, quanti benefici incamera dai servizi governativi.
Non c’ è modo per stabilire quale dei due approcci prevalga. Non essendo una questione di economia positiva i crudi dati non risolvono il conflitto e l’ ultima parola spetta alla nostra intuizione morale.