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sabato 12 ottobre 2024

Leggi di ferro della pedagogia:

 Leggi di ferro della pedagogia:

Prima: Gli studenti imparano solo una piccola parte di ciò che viene loro insegnato.
Seconda: Gli studenti ricordano solo una piccola parte di ciò che imparano.
Terza: La maggior parte delle cose che gli studenti ricordano non servono.
Quarta: Anche cio' che serve non verrà applicato correttamente, a meno che qualcuno dirà all'ex studente come farlo.
Qualsiasi pedagogia che non tenga conto delle leggi ferree è sospetta.

giovedì 23 maggio 2024

conoscere riptendo.

sembra che la maggior parte delle persone dimentichi quasi tutto ciò che impara a scuola, sia che si parli di fatti che di abilità.il motivo per cui le persone più intelligenti ricordano più cose di quelle più noiose è in parte una curva di dimenticanza di forma diversa. Ma soprattutto è che gli intellettuali si mettono in situazioni in cui sentono parlare di cose più spesso.Questo modello rende difficile l'utilità della scuola. Se la scuola le insegna un fatto, o non lo incontrerà mai più dopo la scuola, nel qual caso lo dimenticherà rapidamente). Oppure lo incontrerà di nuovo dopo la scuola, nel qual caso la scuola non era necessaria; l'avrebbe imparato comunque.Per il resto, a parte il fatto che si tratta di un luogo in cui conservare i bambini mentre i genitori sono via, non sono sicuro di come si possa salvare l'utilità della maggior parte dell'istruzione scolastica.

Sembra che la maggior parte delle persone dimentichi quasi tutto ciò che impara a scuola, sia che si parli di fatti che di abilità. Lo verifico su me stesso. Eppure ci sono cose che ricordo. Ricordo Garibaldi, per esempio. Oppure che esistono i Promessi Sposi o la Divina Commedia. Ma anche Shakespeare. Ricordo queste cose perché, anche dopo la scuola, ne ho sentito parlare regolarmente. Sono argomenti che nella mia vita tornano ciclicamente almeno una volta all'anno (tra l'altro sono appena passato davanti a una statua di Garibaldi mentre attraversavo la piazza). Ecco, della scuola ho dimenticato tutto tranne cio' che nella mia vita torna ciclicamente. Se ricordo come si fa a leggere, tanto per dire, è perché leggo tutti i giorni, non perché me lo ha insegnato la scuola. Il motivo per cui le persone più intelligenti ricordano più cose di quelle più noiose è perché tornano su certi argomenti. Gli intellettuali che ricordano tutto si mettono in situazioni in cui sentono parlare di certe cose più spesso, non perché hanno fatto delle buone scuole. Questo modello rende difficile comprendere l'utilità della scuola. Se la scuola ti insegna qualcosa (fatto o abilità) e tu non lo incontrerai (o praticherai) mai più, è quasi certo che lo dimenticherai rapidamente. Oppure lo incontrerai di nuovo dopo la scuola, nel qual caso la scuola non è stata necessaria, l'avresti imparato comunque. Per il resto, a parte il fatto che la scuola sia un luogo sicuro per custodire i bambini mentre i genitori sono via, non sono sicuro di come si possa salvare l'utilità della maggior parte dell'istruzione scolastica.

sabato 7 marzo 2020

HL Socratic Grilling HO SOGNATO UN MONDO SENZA DISCLAIMER

Dopo anni passati a denunciare l'arroganza dal basso dei commentatori Facebook, giusto spendere due parole per denunciare l'ottusità dall'alto di chi sistematicamente scambia per arroganza ciò che invece è sana ansia di sapere, equivoco in cui il saggio didatta non incorre.
Non ci vuole un genio per capire che l'arroganza si cura con disclaimer del tipo: "... so di essere solo un semplice utente Facebook che sta pensando ora a questa roba che mediti da anni, e comunque una persona non abbastanza intelligente per metterti alla prova, quindi sono sicuro di aver frainteso le tue parole e mi scuso in anticipo, eppure quanto hai appena detto non mi torna del tutto , con questo non voglio minimamente dire che non sia vero, ti chiedo solo di aiutarmi a capire meglio come far quadrare i conti, dov' è la mia colpa? Potresti per favore ripetere i medesimi concetti magari con altre parole?
Ecco, mi sia consentito di sognare un mondo popolato di sapienti con cui un simile appesantimento sia del tutto superfluo.
L'allievo promettente sfida sempre il maestro, e magari, proprio per sopire l'insopportabile confusione che ha dentro, in modo convulso se non "cattivo". Il "maestro" con la minuscola non vede l'occasione d'oro che gli si para davanti e scambia tutto questo come una sfida all'autorità, figuriamoci su Facebook dove non sa nemmeno lui quanto valgano le sue credenziali. Ma trasformarsi in Maestri con la maiuscola è dura, lo si puo' fare per un paio di interazioni, poi si sbotta e ci si consola preferendo pensare che l'altro, con le sue repliche barbariche, semplicemente "non vuole capire" e che il nostro sforzo è comunque inane. Purtroppo, nulla di interessante puo' essere spiegato con un paio di interazioni
L'articolo che linko è un atto di accusa alle "Brigate internet a caccia dell'autodidatta senza disclaimer". Quelli che quando uno avanza la sua "troppo semplice" ipotesi, anziché rispondere con pazienza a beneficio di tutti, assumono toni accusatori del tipo: "pensi davvero di essere più intelligente nella stanza, pensi di saperne di più rispetto a chi ha studiato la materia per tutta la vita?". Vedono arroganza ovunque quando invece dovrebbero vedere voglia di sapere e occasione per spiegare. E magari, perché no, anche occasione per correggere se stessi.

SLATESTARCODEX.COM
Imagine an kid in school first hearing about germ theory. The conversation might go something like this:Teacher: Many diseases like the common cold are spread by germs, when one infected person con…
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

Socratic Grilling
Posted
Citation (APA): Posted. (2020). Socratic Grilling [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 2
Socratic Grilling
Nota - Posizione 2
@@@@@@@@@@La lezione sui germi e le facili soluzioni del bambino. la gente scambia x arroganza la voglia di sapere il ruolo dei disclaimer. Il grande didatta é colui con il quale puoi evitarli, colui che tollera la tua arroganza.
Evidenzia (giallo) - Posizione 6
Many diseases like the common cold are spread by germs, when one infected person contacts another.
Nota - Posizione 6
Comincia la lazione
Evidenzia (giallo) - Posizione 12
If germs are spread from person to person on touch, why doesn’t the government just mandate one week when nobody is allowed to touch
Nota - Posizione 13
L uovo di Colombo.
Evidenzia (giallo) - Posizione 14
A lot of germs have what’s called reservoirs in animals or the environment,
Nota - Posizione 15
Purtroppo...
Evidenzia (giallo) - Posizione 16
probably most sicknesses would come back from their reservoirs.
Evidenzia (giallo) - Posizione 21
germ theory seems to imply an easy way to eliminate all sicknesses forever,
Nota - Posizione 21
É un bene che una simile conversazione si tenga
Evidenzia (giallo) - Posizione 26
to a hostile observer, it would sound like the student was challenging the teacher.
Nota - Posizione 26
Ma...
Evidenzia (giallo) - Posizione 30
come up with a novel way to end all sickness forever that nobody else ever thought of.
Nota - Posizione 31
L esperto percepisce arroganza...
Evidenzia (giallo) - Posizione 32
feel like he challenged your authority
Nota - Posizione 32
Oltraggiato
Evidenzia (giallo) - Posizione 35
One of the most important rationalist skills is “noticing your confusion”.
Nota - Posizione 35
La caccia al senso
Evidenzia (giallo) - Posizione 37
you will never notice your confusion and you will never become a good scientist
Nota - Posizione 37
Senza il sacro fuoco
Evidenzia (giallo) - Posizione 38
interpreting an attempt to explore dissonance as a status grab that needs to be knocked down is absolutely fatal for that skill.
Nota - Posizione 38
Il docente non deve confondersi
Evidenzia (giallo) - Posizione 40
Tolerating this is harder than it sounds.
Nota - Posizione 40
Tutto viene scambiato x arroganza
Evidenzia (giallo) - Posizione 40
one or two iterations.
Nota - Posizione 40
Il massimo che si sopporta
Evidenzia (giallo) - Posizione 40
most people are bad at explaining things, so one or two iterations isn’t always enough
Evidenzia (giallo) - Posizione 47
you need to go through a process as laborious as converting a religious person to a materialist worldview (or vice versa) before the gap gets closed.
Nota - Posizione 48
É un lavoro faticoso
Evidenzia (giallo) - Posizione 49
dozens of questions
Evidenzia (giallo) - Posizione 51
assume they’re not really committed to trying to understand.
Nota - Posizione 52
L atteggiamento verso chi obbietta in continuazione
Evidenzia (giallo) - Posizione 52
you can add enough disclaimers to your statements that they won’t get mad
Evidenzia (giallo) - Posizione 55
With a great teacher, all of this is assumed, and you don’t need the disclaimers,
Evidenzia (giallo) - Posizione 57
What I’m concerned about is the self-appointed Internet anti-autodidact brigade.
Nota - Posizione 58
A chi penso
Evidenzia (giallo) - Posizione 59
“You really think you’re smarter than everyone else?
Nota - Posizione 59
Il loro perenne sottointeso
Evidenzia (giallo) - Posizione 62
how do I signal the things I still need to learn without the Arrogance Police descending on me?
Nota - Posizione 62
Uno si chiede
Evidenzia (giallo) - Posizione 65
I think I strike a good balance, at the cost of endless annoying disclaimers that 95% of you don’t need.

mercoledì 18 luglio 2018

CONSIGLI PEDAGOGICI DOC

CONSIGLI PEDAGOGICI DOC
Direttamente da Douglas K. Detterman:
“All’inizio della mia carriera di insegnante pensavo fosse buona norma rendere le cose difficili agli studenti affinché scoprissero da soli i principi sottostanti. Ritenevo infatti che questa capacità di “scoprire” fosse una competenza fondamentale che gli studenti dovevano apprendere per poi trasferirla in altri contesti. Ora la mia ottica è cambiata e vedo la scuola, anche l’università, fondamentalmente come una trasmissione di informazioni che deve realizzarsi nella maniera più semplice e comoda per chi deve apprendere. Qualche esempio? Se prima restavo ambiguo su come dovesse essere svolto un compito, ora mostro agli sutenti i compiti migliori per essere chiaro su cio’ che voglio da loro. Nelle mie lezioni precedenti lasciavo agli studenti l’onere di trarre le conclusioni generali, ora sono io ad enunciarle chiaramente con tanto di esempi specifici. Oggi, insomma, sottoscrivo il principio: “insegna allo studente cio’ che vuoi che sappia e fallo in una situazione più simile possibile a quella in cui lui applicherà questa conoscenza”. In altre parole, se voglio che i miei studenti imparino qualcosa gliela insegno direttamente, non intraprendo percorsi tangenziali, non mi concentro su qualcos’altro aspettandomi che arrivino con le loro forze alla meta che mi sono prefisso…”
Interessante, soprattutto coerente con il mito che si possa “insegnare a pensare”. Un solo appunto: non penso che la scuola sia solo “trasmissione di informazioni”, occorre anche motivare, e qui la relazione docente/discente si fa più complessa coinvolgendo la sfera affettiva.
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The importance of transfer for understanding intelligence, cognition, and education has been debated for a century, as it has been one of the central theoretical issues in psychology, education, and cognition. Education theories are based on the assumption that students will transfer what they le...

martedì 5 aprile 2016

Fair Play: What Your Child Can Teach You About Economics, Values and the Meaning of Life by Steven E. Landsburg

Ieri sera, nel corso dell'incontro con il dott. Ballerini è stato citato un noto proverbio africano: "per educare un bambino occorre un intero villaggio". Queste "sagge" parole contengono però un lato oscuro e spesso vengono pronunciate per insinuare una contrapposizione tra "famiglia" e "villaggio":

Hillary Clinton believes that it takes a village—and by extension, a great federal bureaucracy—to raise a child. Republicans scoff, emphasizing that it takes not a village but a traditional family—while at the same time criticizing the Clinton administration for doing too little to keep kids off drugs; apparently those Republicans believe that it takes not a village but a police state. In the traditional family as I remember it, drug education was supplied by the parents, not the government. At any rate, I wish they’d all lay off my daughter. Education about risks is one thing; telling kids that there’s a single “right” response to those risks is something different and more sinister.

sabato 26 marzo 2016

L' ipse dixit del ragioniere

Sono orgoglioso di poter dire di aver cambiato idea su molte cose negli ultimi anni. Sulla giustizia: prima ero garantista oggi non più. Sul bello artistico: prima lo consideravo una proprietà oggi un’esperienza. Su Dio: prima ero tomista oggi probabilista. Sull’immigrazione: prima pensavo esistesse un diritto ad escludere. Sulla guerra: è da poco che sono pacifista. Sulla politica: da anarchico sono diventato... boh. Sull’etica: prima puntavo sui diritti naturali oggi il senso comune. Sui boicottaggi: prima li condannavo oggi tentenno. Eccetera eccetera.
Ah, dimenticavo: ho cambiato idea anche sul latino a scuola: ieri ero contro, oggi a favore.  Importante dirlo visto che quest’ultima svolta a guardar bene è un effetto collaterale di quello che sto per dire.
In questo post altamente speculativo, infatti, vorrei parlare di pedagogia, ovvero di educazione, quella roba che infliggiamo ai cuccioli d’uomo da quando sono lattonzoli fino (ormai) alla prima stempiatura, passando attraverso la lunga stagione dei brufoli. E’ una materia che mi attrae – anche perché se non sono docente sono pur sempre genitore – ma che mi ha sempre fatto girare la testa: materia troppo complicata, meglio lasciar lavorare gli istinti astenendosi da giudizi di merito. Eppure oggi cerco di avanzarne uno. Timido, minimo, sfumato ma pur sempre un giudizio. Parto da due premesse in cui c’è già tutto, poi faccio un mini-excursus nientemeno che sul pensiero pedagogico nella storia, infine tiro le somme schierandomi.
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2 PREMESSE
Premessa naturale. Cosa differenzia l’uomo dall’animale. L’intelligenza? Devo ammettere che noi uomini non ce la caviamo male quanto ad intelligenza, eppure difficile pensare che stia lì il busillis. Innanzitutto, per sapere di cosa parliamo, rendiamoci bene conto della differenza a valle tra uomo e animale, è immensa: l’uomo domina il pianeta. Se domani volesse schiocca le dita e stermina immantinente una specie a sua scelta del regno animale, la prima che gli viene in mente. L’uomo occupa l’intero globo senza variazioni nella specie: è praticamente lo stesso ovunque; l’animale in molti casi deve attendere una mutazione genetica fortunata per insediarsi un po’ più a nord o un po’ più a sud rispetto al suo habitat naturale. Per contro, a monte, non si riscontra alcun abisso; l’intelligenza di un bambino già formato non è poi così superiore a quella di uno scimmiotto (è negli anni successivi che esplode qualcosa di strano). Alcuni campioncini tra le scimmie battono anche gli universitari in certi giochetti, basta che vengano comunicati nel loro linguaggio. Provate poi a scaraventare dieci geni su un’ isola deserta: se la caveranno forse peggio di dieci scimmie in una gara di sopravvivenza, gli intelligentoni. E allora cosa fa la differenza cruciale? La differenza la fa la cultura, ovvero la capacità di cumulare e trasmettere un sapere pregresso di generazione in generazione. L’animale, poverino, è sempre fermo al palo: deve reimparare daccapo quello che già sanno i suoi genitori ma soprattutto deve farlo essenzialmente da sé, facendo esperienza diretta sul campo e al massimo scopiazzando in modo estemporaneo. Non c’è da stupirsi che l’uomo abbia un’ infanzia (tempo prima della fertilità)  particolarmente prolungata: deve assimilare un sacco di cose; e nemmeno che abbia una vecchiaia (tempo dopo la sterilità) interminabile: deve insegnare una montagna di roba.
Premessa introspettiva. Avendo un’attività autonoma spesso mi capita di fare dei colloqui di lavoro. Cosa cerco nei candidati? Non è facile essere sinceri perché un po’ ci si vergogna. Cerco forse un sapere? No, nemmeno un sapere specifico: quel che c’è da sapere lo insegnerò io in modo mirato. Cerco allora un’intelligenza? Nemmeno, qui non servono geni, grazie. Cerco essenzialmente un giusto grado di conformismo: capacità di uniformarsi, di ubbidire, di saper reggere la pressione e di non piantar grane, possibilmente tirando fuori la propria creatività quando richiesta e non ad ogni piè sospinto. A quel che sento in camera caritatis, poi, penso di poter dire che nel 90% dei casi la situazione è simile. Sono altresì convinto che  la scuola assolva fondamentalmente a questa funzione: sfornare soggetti di cui garantisce l’attitudine al conformismo. In questo modo è facile spiegare il suo prolungamento esasperato: l’intelligenza si testa in qualche giorno, i saperi utili si trasmettono in pochi mesi ma il conformismo, se fosse richiesto per qualche anno, saprebbe simularlo chiunque. Solo un vero conformista doc sa stare composto al banco per vent’anni.
padre
EXCURSUS: L’EDUCAZIONE SECONDO ARISTOTELE
Aristotele? Se pensiate che parta da troppo lontano rilassatevi, faremo un grande balzo giungendo immediatamente all’oggi: ai dettami dello Stagirita, infatti, hanno aderito bene o male tutte le epoche della storia (almeno in Occidente). Greci, Romani, secoli oscuri e secoli illuminati, medioevo e illuminismo, romanticismo e positivismo, su su fino a quell’ Ottocento vittoriano che inventando la miscela democrazia&mercato ci ha regalato il mondo in cui viviamo. Non si riscontrano eccezioni degne di nota.
Ma quali sono i cardini della formazione classica? Cerco di darne una descrizione stringata oltreché aggiornata.
C’era innanzitutto un’educazione sostanziale: al discente dovevano essere trasmesse le vette del sapere umano  in materia di arti e scienza.
Poi c’era un’educazione morale incentrata sulle virtù. Il rispetto, la lealtà, il coraggio, l’autocontrollo e altra robetta del genere.
C’era infine un’introduzione al pensiero critico: bisognava saper aggiornare le proprie credenze in funzione delle novità incontrate senza cedere troppo a quelle che oggi chiamiamo “distorsioni cognitive”.
Insomma, poiché occorreva temprare un carattere, una certa forzatura (disciplina) era necessaria. Poiché necessitava trasmettere un sapere, una distinzione dei ruoli (maestro e allievo) s’imponeva.
ECCESSI
La trasmissione della conoscenza si puo’ trasformare in indottrinamento e la disciplina in abuso. Questa perversa metamorfosi in molti casi si realizzò – viene da pensare alle frustate nei prestigiosi college inglesi laddove nella stanza accanto echeggiava la retorica sull’Impero - dando origine ad una voglia di riforma pedagogica sempre più forte.
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LA RIFORMA
Siamo praticamente già all’oggi. I riformatori novecenteschi proposero di guardare al bambino come ad un soggetto autonomo (un piccolo adulto) in grado di fare da sè le sue conquiste in campo educativo. La distinzione di ruoli andava affievolita (e con essa il rischio delle frustate): il maestro doveva trasformarsi in un facilitatore preposto all'accompagnamento.  Il sapere doveva essere più concreto: dalla conoscenza alle competenze concrete. Ma soprattutto andava scongiurato l’indottrinamento: i valori venivano così proposti in una sequela di alternative tra cui il piccolo avrebbe poi scelto da sé.
Gli inconvenienti non tardarono a farsi sentire: i bimbi non erano esattamente dei “piccoli adulti” e in molti casi vivevano la loro “autonomia” con una certa ansia, soprattutto se  chiamati a scegliere in solitudine i valori di riferimento.
Ma tutto cio’ non incentivò una marcia indietro, si puntò invece sull’autostima: una buona iniezione di autostima avrebbe aiutato chi brancolava senza punti di riferimento.
Tuttavia, le dosi di autostima iniettata  furono forse troppo massicce se è vero come è vero che laddove l’ansia sparì fu perché il narcisismo prese il suo posto.
Solo a questo punto fu presa in considerazione una retromarcia, almeno in materia di educazione morale.
Senonché, i valori tradizionali (lealtà, coraggio ecc.) ripugnavano all’ “educatore democratico”, si trattava in fondo degli stessi valori della Mafia, cosicché si pensò bene di aggiornarli introducendo roba più specifica come il “valore della cittadinanza”, quello della legalità, della solidarietà, della democrazia fino all’ educazione sessuale nella variante gender per rispettare tutti ma proprio tutti e convivere felici nella "polis moderna".
CONCLUSIONE
La mia conclusione è già nelle premesse: l’impostazione tradizionale, per quanto ne capisco, mi sembra tutto sommato più confacente alla bisogna.
E’ quella che più enfatizza la cultura e la trasmissione di un sapere, ovvero cio’ che ci differenza dagli animali.
E’ quella che scongiura dall’indottrinamento perché guarda alla vita più che a quella banda ristretta che sono i "cittadini".
A questo punto qualcuno potrebbe opinare: e il collegamento scuola/lavoro? Oggi, diversamente da ieri, si punta molto su questo (il famoso “saper fare”), non è forse qualcosa da favorire? Non è forse questo qualcosa a cui non rinunciare?
Il mondo delle aziende difficilmente dirà di no ai regali che riceve da Babbo Natale, tappeti rossi a chi gli risparmia i costi di formazione del personale, tuttavia la mia sensazione è che tra scuola e lavoro non sia possibile alcun collegamento diretto significativo, il più efficace consiste nel tagliare gli anni di scuola entrando prima nel mondo del lavoro. Le seconda premessa, del resto, parla chiaro in merito: quando il datore di lavoro esamina i candidati, tranne casi isolati, non cerca un sapere specifico  ma un carattere, un carattere conformista. E non è forse la scuola di Aristotele quella che punta di più sui “caratteri” rispettosi e leali?
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E IL LATINO?
Bene, quanto appena detto spero mi esenti dal fornire ulteriori delucidazioni sul perché ho cambiato idea circa la questione del “latino a scuola”: il latino è un simbolo di cultura, è ostico, non serve a niente e richiede un Maestro che te lo insegni: ha le carte in regola per temprare un carattere conformista.

lunedì 14 marzo 2016

4 Authority - Fair Play: What Your Child Can Teach You About Economics, Values and the Meaning of Life by Steven E. Landsburg

4 Authority - Fair Play: What Your Child Can Teach You About Economics, Values and the Meaning of Life by Steven E. Landsburg - #rubinettiedentifrici #pensierocritico #troppomaleotroppopoco #meglioromereleleggiofarle?
4 AuthorityRead more at location 361
Note: 4@@@@@@@@@@@@@@@@@@ Edit
The cult of environmentalism demands that children abandon all independent thought about the nature of rights and obligations, replacing it with mindless subservience to the value judgments of their teachers. It wouldn’t be difficult for teachers to address environmental issues in a refreshingly different way—as invitations to critical thought. I believe, for example, that my child is old enough to think sensibly about the issue of whether to leave the water running while she brushes her teeth. When she lets water run down the drain, she denies other people the use of that water. The value of that use, to a very good approximation, is measured by the price of the water. Cayley, now aged nine, is capable—with a little assistance in the form of leading questions—of estimating how much water escapes during a toothbrushing session, the value of that water, and whether that value is or is not high enough to justify the effort of turning the faucets off and on. That’s a good exercise in estimation and a good exercise in arithmetic. It’s also a great way for her to discover the true miracle of the marketplace: As long as Cayley cares about her own family’s water bill, she will automatically account for the interests of everyone else who might be interested in using that water. But Cayley’s teachers have not wanted her to think clearly about such issues, perhaps out of fear that clear thought can become a habit, and habitual clear thinkers are not good candidates for subservience. Instead, those teachers have pronounced from on high that because water is valuable to others, we should be exceptionally frugal with it. In an inquisitive child, this raises the question: With exactly which valuable resources are we obligated to be exceptionally frugal? A child who is observant as well as inquisitive will quickly recognize that “all valuable resources” is not the teacher’s preferred answer. For example, teachers rarely argue that “because building supplies are valuable to others, we ought to build fewer schools”; even more rarely do they argue that “because skilled workers are valuable in industry, we ought to have fewer teachers.” Where is the pattern, then? What general rule compels us to conserve water but not to conserve on resources devoted to education? The blunt truth is that there is no pattern, and the general rule is simply this: Only the teacher can tell you which resources should be conserved. The whole exercise is not about toothbrushing; it is about authority.Read more at location 377
Note: PENSIERO CRITICO E AUTORITÀ. RUBINETTI E DENTIFRICI Edit
That’s why American junior high school kids can tell you exactly how fast the Amazon rain forest is shrinking, but have absolutely no framework for thinking about whether it’s shrinking too fast or not fast enough. It’s easy for a teacher to write a number on a blackboard (the rain forest is shrinking by such-and-such a number of square miles per year) and demand that students memorize that mere fact,Read more at location 410
unilluminated by any theory. It’s much harder to get students to think sensibly about the alternative uses of that land, and the difficult issue of how to weigh those alternatives against each other. Because it’s so much harder, most teachers don’t bother.Read more at location 413
Note: UNA STRUTTURA DI PENSIERO. C È TROPPO MALE O CE N È TROPP POCO? Edit
Professor John Lott of the University of Pennsylvania has presented evidence that across countries, expenditures on public schooling (as well as expenditures on public broadcasting) are positively correlated with levels of totalitarianism. (That is, by and large, the more totalitarian the country, the more it spends on public schooling.) By contrast, expenditures on public health, and other services with no obvious propaganda value, are not positively correlated with totalitarianism. This suggests that public schooling serves a rather unsavory agenda.Read more at location 450
Note: JOHN LOTT: TOTALITARISMO E SPESA SCOLASTICA Edit
the airline presidents are conspiring to break laws, while the politicians are conspiring to make laws.Read more at location 552
Note: MEGLIO INFRANGERE LE LEGGI O FARLE? Edit
My guess is that making laws is on average worse than breaking them.Read more at location 554
My colleague Alan Stockman faced this dilemma when his oldest daughter Gwendolyn turned three and curious. Alan opted for the hide-the-detector strategy, lest Gwendolyn get the idea that all rules are made to be broken. The truth, of course, is that some rules are made to be broken and others are not, but philosophers as subtle as Saint Thomas Aquinas have grappled with the question of where to draw the line. For Aquinas the key criterion was conformity with natural law, which is all well and good for a sophisticated adult, but Alan didn’t think his three-year-old was quite prepared to grasp the concept of a natural speed limit. So to maintain his daughter’s respect for the rule of law, Alan lived without a radar detector for a few years. There would be time enough, as Gwendolyn grew older, to show her that between black and white there are many shades of gray.Read more at location 559
Note: STRATEGIA PEDAGOGICA: MEGLIO INSEGNARE AD INFRANGERE TUTTE LE LEGGI O NESSUNA? Edit
I told Alan he had the analysis half right and half wrong. The part he had right was this: It’s true that a very young child is likely to be confused if you tell her that some laws are bad while others are good. But it’s wrong to conclude, as Alan did, that very young children should be allowed to believe that all laws are good. My own inclination is to go the opposite route, by teaching the very young that all laws are bad. As those children grow older and more sophisticated, they can be gradually introduced to the advanced Aquinean concept that some laws are actually just.Read more at location 565
You walk a thin line with these things. I do want my daughter to know that policemen are good, in the sense that if you are lost they will help you find your way home. But I also want her to know that policemen are bad, in the sense that they enforce a lot of bad laws. I’ve talked to her about this paradox, and she has no trouble grasping it.Read more at location 361
Note: 4@@@@@@@@@@@@@@@@@@ Edit
The cult of environmentalism demands that children abandon all independent thought about the nature of rights and obligations, replacing it with mindless subservience to the value judgments of their teachers. It wouldn’t be difficult for teachers to address environmental issues in a refreshingly different way—as invitations to critical thought. I believe, for example, that my child is old enough to think sensibly about the issue of whether to leave the water running while she brushes her teeth. When she lets water run down the drain, she denies other people the use of that water. The value of that use, to a very good approximation, is measured by the price of the water. Cayley, now aged nine, is capable—with a little assistance in the form of leading questions—of estimating how much water escapes during a toothbrushing session, the value of that water, and whether that value is or is not high enough to justify the effort of turning the faucets off and on. That’s a good exercise in estimation and a good exercise in arithmetic. It’s also a great way for her to discover the true miracle of the marketplace: As long as Cayley cares about her own family’s water bill, she will automatically account for the interests of everyone else who might be interested in using that water. But Cayley’s teachers have not wanted her to think clearly about such issues, perhaps out of fear that clear thought can become a habit, and habitual clear thinkers are not good candidates for subservience. Instead, those teachers have pronounced from on high that because water is valuable to others, we should be exceptionally frugal with it. In an inquisitive child, this raises the question: With exactly which valuable resources are we obligated to be exceptionally frugal? A child who is observant as well as inquisitive will quickly recognize that “all valuable resources” is not the teacher’s preferred answer. For example, teachers rarely argue that “because building supplies are valuable to others, we ought to build fewer schools”; even more rarely do they argue that “because skilled workers are valuable in industry, we ought to have fewer teachers.” Where is the pattern, then? What general rule compels us to conserve water but not to conserve on resources devoted to education? The blunt truth is that there is no pattern, and the general rule is simply this: Only the teacher can tell you which resources should be conserved. The whole exercise is not about toothbrushing; it is about authority.Read more at location 377
Note: PENSIERO CRITICO E AUTORITÀ. RUBINETTI E DENTIFRICI Edit
That’s why American junior high school kids can tell you exactly how fast the Amazon rain forest is shrinking, but have absolutely no framework for thinking about whether it’s shrinking too fast or not fast enough. It’s easy for a teacher to write a number on a blackboard (the rain forest is shrinking by such-and-such a number of square miles per year) and demand that students memorize that mere fact,Read more at location 410
unilluminated by any theory. It’s much harder to get students to think sensibly about the alternative uses of that land, and the difficult issue of how to weigh those alternatives against each other. Because it’s so much harder, most teachers don’t bother.Read more at location 413
Note: UNA STRUTTURA DI PENSIERO. C È TROPPO MALE O CE N È TROPP POCO? Edit
Professor John Lott of the University of Pennsylvania has presented evidence that across countries, expenditures on public schooling (as well as expenditures on public broadcasting) are positively correlated with levels of totalitarianism. (That is, by and large, the more totalitarian the country, the more it spends on public schooling.) By contrast, expenditures on public health, and other services with no obvious propaganda value, are not positively correlated with totalitarianism. This suggests that public schooling serves a rather unsavory agenda.Read more at location 450
Note: JOHN LOTT: TOTALITARISMO E SPESA SCOLASTICA Edit
the airline presidents are conspiring to break laws, while the politicians are conspiring to make laws.Read more at location 552
Note: MEGLIO INFRANGERE LE LEGGI O FARLE? Edit
My guess is that making laws is on average worse than breaking them.Read more at location 554
My colleague Alan Stockman faced this dilemma when his oldest daughter Gwendolyn turned three and curious. Alan opted for the hide-the-detector strategy, lest Gwendolyn get the idea that all rules are made to be broken. The truth, of course, is that some rules are made to be broken and others are not, but philosophers as subtle as Saint Thomas Aquinas have grappled with the question of where to draw the line. For Aquinas the key criterion was conformity with natural law, which is all well and good for a sophisticated adult, but Alan didn’t think his three-year-old was quite prepared to grasp the concept of a natural speed limit. So to maintain his daughter’s respect for the rule of law, Alan lived without a radar detector for a few years. There would be time enough, as Gwendolyn grew older, to show her that between black and white there are many shades of gray.Read more at location 559
Note: STRATEGIA PEDAGOGICA: MEGLIO INSEGNARE AD INFRANGERE TUTTE LE LEGGI O NESSUNA? Edit
I told Alan he had the analysis half right and half wrong. The part he had right was this: It’s true that a very young child is likely to be confused if you tell her that some laws are bad while others are good. But it’s wrong to conclude, as Alan did, that very young children should be allowed to believe that all laws are good. My own inclination is to go the opposite route, by teaching the very young that all laws are bad. As those children grow older and more sophisticated, they can be gradually introduced to the advanced Aquinean concept that some laws are actually just.Read more at location 565
You walk a thin line with these things. I do want my daughter to know that policemen are good, in the sense that if you are lost they will help you find your way home. But I also want her to know that policemen are bad, in the sense that they enforce a lot of bad laws. I’ve talked to her about this paradox, and she has no trouble grasping it.