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lunedì 30 gennaio 2017

Contro Settis

Cosa significa dire che una chiesa antica costituisce un “bene comune” per tutti noi e che quindi va protetta dal degrado?
Salvatore Settis ha dato una risposta ineccepibile, una risposta che rappresenta oggi l'ortodossia intoccabile… ma che fa parecchie vittime innocenti se portata alle estreme conseguenze.
Luca Nannipieri, nel libro "Salvatore Settis e la bellezza ingabbiata", si augura che una simile ortodossia tramonti al più presto... Ma vediamo di che si tratta…
... Settis afferma che il nostro patrimonio artistico, le vedute, gli scorci, i colori dominanti di una città, i piccoli borghi, le loro decorazioni, le pale d'altare, i palazzi storici, il loro disporsi armonico o convulso... costituiscono il grande bene comune che dà autocoscienza e identità al nostro essere italiani...
Per chi vede le cose in questo modo l'articolo 9 della Costituzione è un amuleto... Che dice?
... la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione...
Si noti: della Nazione, non degli italiani.
Per Settis, difendendo una pieve di campagna, difendiamo il senso di appartenenza alla nazione...
... è proprio l'Italia il paese in cui è nata l'idea che la protezione dei beni culturali non debba essere affidata solo alla buona volontà dei cittadini...
L'art. 9 è il legittimo erede della legge Bottai del 1939. Una legge emanata quando, in effetti, sulla coesione sociale si puntava parecchio.
Ora, al di là di tutto, considerando la mentalità alla Settis, si capisce meglio perché il patrimonio deve essere e restare pubblico, costi quel che costi...
... se è il codice genetico di tutti noi come potrebbe mai sopportare una privatizzazione?... i valori civili, culturali e morali degli italiani non possono essere sacrificati al profitto... la tutela del patrimonio deve rieducarci ad una solida cultura sociale e civile... solo uno Stato garante trasmette il lascito delle generazioni passate...
Ciò che latita in questo resoconto, infatti, è la "persona"...
... per Settis il lato della struttura e dell'organizzazione è tutto... la legislazione e le regole svolgono una funzione primaria...
Per Settis e quelli come lui, la struttura determina la persona, dunque è sulla struttura che bisogna agire...
... ciò che non va a comporre la struttura ufficiale è a margine... viene ascoltato ma non è rilevante...
Quali le conseguenze di una simile visione?...
... il culto dell'ufficialità si rivela presto un culto per lo statico, il museale, l'ingessato, l'autoreferenziale... aperitivi, inaugurazioni, brochure in filigrana... e mentre le istituzioni “celebrano” e si auto-celebrano, è spesso il parroco, il laureato precario, un gruppo di maestre elementari… a salvare di fatto la pieve romanica...
Conservare per conservare non serve a molto se l'opera perde di senso per i più, se non vive in modo dinamico in un contesto che la sente sua e la adotta di fatto...
... negli scritti di Salvatore Settis si dà dignità solo al ruolo dello Stato protettore e delle sue leggi, la persona, sia nella veste di "protetto" che di “co-protettore” resta marginale…
Settis ha un problema nel momento in cui passa all’azione: è difficile “proteggere” chi non ti ha chiesto protezione e non vuole “farsi proteggere”. Difficile dare un'identità a chi ne desidera un'altra. Difficile farsi riconoscere da chi non abbiamo riconosciuto come persona autonoma. Per questo una visione alternativa diventa allettante, una visione per la quale non esiste il "bene in sè"... 
... ciò che ci occorre è un uomo... scriveva Carlo Betocchi... il Duomo di Pisa non ha un valore in sè, e nemmeno la Cappella Sistina... il valore viene solo dagli occhi ammirati che la guardano... Michelangelo non valorizza la tua vita, sei tu che lo fai attraverso di lui... tutto parte e finisce con te...
Prendiamo un grande tema scottante, quello dell'unità di un popolo, dell' Unità d'Italia...
... per Settis siamo uniti perchè abbiamo una lingua comune, una cultura comune, un passato comune. Solo il passato è il collante della nostra unità... un'unità che prescinde da noi...
Ma questa posizione uccide l'unicità di ogni persona. Cos'è la mia identità se si forma solo fuori da me stesso?...
... senza dare centralità a ciò che suscita in noi la bellezza... le costituzioni sono dichiarazioni di principio verso le quali i cittadini non provano senso di condivisione... ... come diceva Thomas Eliot la tradizione è sempre da reinventare nel covo della propria presente esperienza...
Ma questa “reinvenzione” è proprio ciò che trascura del tutto l’impostazione di Salvatore Settis.
... la parola stessa Patrimonio invita il singolo all'azione... esige che non sia solo una Struttura di competenti a dargli senso... il Patrimonio non è un semplice lascito di beni ma un lascito spirituale, un processo educativo in cui una civiltà interroga le ragioni di se stessa...
L'importante, allora, non sono i beni ma le attenzioni che suscitano spontaneamente...
... il limite del pensiero di Settis... è che esso dà linfa vitale ai peggiori sistemi burocratici...
Davvero il passato e solo il passato ci unisce? No. Basta l'esperienza personale di ciascuno a rispondere.
... un sistema burocratico che non riconosce che se stesso non unisce ma rischia di dividere... la mancanza di riconoscimento è un atto di ostilità che genera risentimento e guerra strisciante... Esistono oggi piccole comunità, singoli individui, non riconosciute aggregazioni che svolgono un ruolo prezioso... vivo e fecondo sui beni culturali, nelle chiese, nei palazzi storici non turisticizzati...
La struttura si sclerotizza e ben presto da strumento diventa scopo...
... la struttura è essenziale ma se le si concede l'esclusiva fagocita tutto e tutto sterilizza ed impolvera...
Il rischio è chiaro: il mondo di Settis è destinato a trasformarsi lentamente nel mondo della polvere. Diamoci allora un'energica scrollata, apriamo porte e finestre per cambiare aria e liberarci degli acari.
settis

sabato 18 giugno 2011

La bellezza orfana dello sguardo

L’ articolo più originale della nostra Costituzione è il 9:

“… La Repubblica… tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione…”.

Non esiste nulla di simile al mondo, e non è un caso.

L’ idea che la protezione dei beni culturali sia da sottrarre alla buona volontà delle persone è una primizia che l’ Italia ha esportato ovunque.

Ma cosa significa pensare al Colosseo come ad un “bene comune” per tutti noi?

La risposta canonica che si dà a questa domanda divulga un pensiero insidioso autorevolmente esposto da Salvatore Settis: il cuore della nostra identità sta nel nostro patrimonio storico-artistico.

Difendendo la bellezza, difendiamo noi stessi. Anche per questo tali beni devono restare pubblici (=statali).

Per gli appassionati di filosofia potrei tradurre così: è la “struttura” che ci determina!

Poiché Settis è fermamente convinto che sia il contesto a formare il pensiero delle persone e quindi la loro sostanza, l’ azione decisa dello Stato diventa indispensabile in queste faccende. Solo lo Stato ha un qualche controllo sul “contesto”.

Sembra paradossale, ma in qualche modo la nostra identità starebbe innanzitutto fuori da noi.

Nei suoi lavori trabocca dunque il culto dell’ ufficialità. Solo chi riveste incarichi ufficiali è degno di ricevere ascolto in materia. Poi, magari, mentre l’ “organizzazione” ingessata dalla sua autoreferenzialità è impegnata in coffee break, aperitivi di inaugurazione e brochure in filigrana, a salvare la pieve di campagna ci pensa un gruppo di maestre elementari, un laureato precario, il parroco o degli emeriti sconosciuti.

Il rischio è quello di sacrificare le persone sull’ altare della loro supposta identità. Conservare per conservare conserva tutto tranne il senso dell’ oggetto.

Adesso spero sarà chiaro il perché parlavo di “pensiero insidioso”.

Carlo Betocchi, riflettendo sulla bellezza, diceva: “ci occorre un uomo”. Ma, a quanto pare, non per tutti e non sempre un uomo è più interessante di una roccia o di un tramonto.

Don Giussani riteneva che la bellezza fosse portatrice di senso ma affinché svolga la sua funzione è necessario produrre un’ attenzione particolare.

Attenzione, sguardo… parliamo di qualcosa che parte dall’ uomo e investe la cosa.

lu cong boo

Settis inverte le precedenze.

La questione non è da poco: prima le persone o prima i beni? Sono le persone a valorizzare i beni o viceversa.

Lo strutturalista privilegia una direzione ben precisa di questo nesso cruciale e lo strutturalismo di Settis salta fuori in ogni occasione.

Per esempio, celebrando l’ unità d’ Italia, sostiene con coerenza che essa deriva innanzitutto dall’ incommensurabile patrimonio artistico ricevuto dalle generazioni precedenti.

Ma allora la supposta “unità” si fonderebbe solo sul passato, esisterebbe a prescindere da noi.

Questo modo di guardare ai “beni culturali” uccide il singolo consegnandolo ad un flusso nel quale abbandonarsi rassegnato. E non escludo che per molti sia delizioso “abbandonarsi rassegnati”.

Intanto, forti del paradigma vincente, l’ etichetta di “bene culturale” spopola e dove viene apposta cala una sterile campana di vetro.

Lo stesso “Settis Re Mida” gira per il bel paese e qualunque cosa tocchi si trasforma in oro. Ma la lucentezza dura poco visto che dell’ oro acquisisce anche quella tipica immobilità pronta a ricoprirsi di muschio.

Con orrore Settis si volge indietro lamentando il proliferare di una burocrazia che congestiona gli amati tesori, ma, al tempo stesso, si rifiuta di scorgere alcun collegamento con le premesse che lui stesso ha posto con tanta eloquenza.

Intanto, per ragioni in gran parte avulse dalla storiella che ho raccontato, il paradigma dominante accusa un cedimento venendo qua e là sacrificato sull’ altare del profitto, del denaro, dell’ interesse privato.

Le sensibili antenne di Settis percepiscono il pericolo e fanno scattare l’ allarme.

Si potrebbe dire così: oggi una duplice minaccia attenta alla nostra preziosa identità: il negro straccione che sbarca a Lampedusa e il barbaro che entra nel business dei “beni culturali”.

L’ analogia è chiara: per un leghista i confini stabiliscono chi siamo, e vanno preservati a prescindere. Per Settis il patrimonio artistico forgia la nostra identità, e va preservato a prescindere.

In entrambi i casi i soggetti passano in secondo piano: bisogna difendere l’ oggetto che ci fa essere cio’ che siamo, e, se non vogliamo sparire, questa battaglia è prioritaria.

La coerenza ci spingerebbe ad opporci o a sostenere contemporaneamente entrambe le sensibilità. Ci riusciamo?

Sul punto vedo in giro tanta schizofrenia.

Luca Nannipieri – Salvatore Settis e la bellezza ingabbiata. – Edizioni ETS