giovedì 13 dicembre 2012
Film visto ieri: C’ è musica e musica – I puntata
La Tv anni 70 al suo meglio.
Nella prima puntata: perché la musica?
Una parata di stelle propone una parata di risposte.
Per far pensare il corpo e far sentire il cervello.
Per entrare in contatto con il mondo.
Per muovere i sentimenti.
E perché no?
Per viaggiare più rapidamente verso l’ eternità.
Per glorificare Iddio.
Per superare se stessi andando oltre.
Per divertimento.
Per trovare una collocazione sociale.
Per ascoltare dei suoni qualsiasi.
Per esorcizzare il male.
Perché ci sono germi preesistenti che determinano la vita umana in un certo modo.
Per anticipare la vittoria sulla morte.
Perché ne abbiamo bisogno.
Per far fruttare tristezza e sofferenza.
Per analizzare se stessi.
Per avvicinare le persone tra loro.
Per lanciare messaggi.
Per cercare la bellezza.
Perché l’ amore?
Per scandagliare i propri sentimenti.
Per simulare l’ uomo e i suoi comportamenti.
Per rimodellare l’ uomo e i suoi comportamenti.
Perché c’ è sempre stata.
Per favorire l’ egemonia della classe operaia.
Per me stesso.
Per ricevere in noi lo spirito dei tempi.
Perché gli uccelli cantano?
Per ritrovare noi stessi e il nostro collegamento con il divino.
Per rispondere al mondo che ci provoca.
http://www.linkiesta.it/blogs/fanfara-frenetica/c-e-musica-e-musica-la-tv-rivoluzionaria-di-luciano-berio
mercoledì 20 giugno 2012
Famolo strano
… il profumo delle pattumiere ben riciclate…
… dove ci si lecca le ferite dopo la guerriglia nel ghetto…
… ogni sua schitarrata racconta una corsa di cavalli, il Grand Prix del Kentucky vinto dal mitico “Affirmed”, che si ruppe entrambe le anche superata la linea d’ arrivo. Fu abbattuto poche ore dopo…
Epic High School (Love Like Delorean...)
… finalmente sintetizzata in laboratorio la pillola della felicità…
Quadri di un'esposizione - estratto (Mussorgskij )
… questi russi, ogni volta che “varcano una soglia” o “entrano in città”, fanno sempre una gran caciara con trombe e campane…
Rickety Ol’ Rollercoaster (LEWIS FLOYD HENRY)
… a metà di un ascolto cerco sempre d' infilare qualcosa un po’ blusey (qualcosa tra Dylan e i Rolling, per esempio)…
Filastine And The Cathedral Of Junk (Filastine And The ...)
… le improvvisazioni elettroniche sono un po’ come il buon senso dei computer…
insecurity expert (ZEA & XAVIER CHARL...)
… baciamo l’ ancia (del mignolo), comandante…
Signed Curtain (John Wesley Hardin...)
… gli anarcoidi Matching Mole omaggiati tra il serio e il faceto…
Composition 40(O) (Anthony Braxton )
… marcette verso il nulla…
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QUI per ascoltare tutto.
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… oggi parliamo di:
… giochetti d’ infanzia vietati ai minori…
… vandalismi fino a ieri impensabili…
… tecnologie obsolete…
… deproteinizzazione della dieta…
… ooooohps……..
… conformismi malsani…
… musica solida…
venerdì 8 giugno 2012
Musica per il week end
Altri maverick:
… direttamente dal fan club…
In The Desert Bright Whites I Am The Ant... (Kishi Bashi
… canzoni o sinfonie tascabili?… in ogni caso anche questo qui è uno da tenere d’ occhio…
Misguided Angel (Cowboy Junkies )
… cercate una band ancora integra dopo 25 anni di carriera?… eccovi serviti…
Clearing, Dawn, Dance (Judd Greenstein)
… il doposcuola al conservatorio (estratto)…
…. entrata a gamba tesa…
… scusate se dico la mia: tanto fumo e poco arrosto…
… in un mare di elettricità…
Smoke Gets In Your Eyes (Kristin Slipp)
… con tanto di traettoria delle volute…
… ve lo ricordate il fidanzatino di Amelie?…
… Tonino Hardcore, Tonino Rock & Roll…
It Is Not About Love (SVEN KACIREK)
… percussionismi dinoccolati…
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PER ASCOLTARE TUTTO IN UNA VOLTA VAI QUI
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dentro:
… cura per il dettaglio…
… divertimenti senili…
… dolci minacce…
… intimità repellenti…
… ruggiti controvento…
… sogni equini…
… religioni incasinate…
… salotti culturali…
venerdì 11 maggio 2012
Alla ricerca della scomodità
Musiche per il week end:
… troverete…
… scomode sedute…
… muri che crollano…
… muri che si alzano…
… pietre pettegole…
… miracoli del caso…
… supereroi depressi…
… diversità che convivono…
… e altro ancora, compresa la possibilità di spegnere a piacimento…
sabato 10 marzo 2012
Pollini scolpisce Beethoven
Così, a mani nude: con vigorose quanto peritose ditate…
Altri rivolgono i loro scalpelli alla letteratura…
giovedì 23 febbraio 2012
Dominante, tonica, sordina, eco… e poi Carolyn
Le musiche dapprima risuonano, poi imboccano la via della cadenza per spegnersi e limitarsi a echeggiare nell’ animo dell’ ascoltatore… ma non è finita lì… e dopo?…
… il dopo lo illustrano bene gli arpeggi invertebrati di Carolyn…
… sa farci sentire come si sentono i suoni quando sono destinati a non farsi più sentire, quando si appartano e vanno in pensione.
Opera meritoria, ma soprattutto consolatoria: per noi, e forse anche per loro. Poverini.
Genealogia: Ran Blake.
Carolyn Hume Paul May – Come to nothing
mercoledì 22 febbraio 2012
Musica d’ atmosfera…
… non nel senso che “crea un’ atmosfera…” ma piuttosto che osserva leggi atmosferiche…
Qui il Bernacca del pentagramma ai suoi vertici…
Iannis Xenakis - Oresteia
martedì 21 febbraio 2012
Preghiere all’ aria aperta
I ciellini non fanno altro che cantare tutto il santo giorno e Chieffo, militante della prima ora, è il bardo designato. Privilegiano una religiosità all’ aria aperta…
… l’ umile e il bambino spiccano come figure di riferimento… lo stupore dei loro occhi è esemplare…
sabato 18 febbraio 2012
Taja e medéga
Chirurgia dello sbrego per questo club di cerusici abituati al corpore vili…
Organi, wurlitzer, moog synthesizer, mellotron, clavinet, pianoforti… sono il forcipe che afferra per le tempie il neonato cianotico ma dal radioso avvenire.
Madeski/Shipp – Radical Reconstruction Surgery
mercoledì 15 febbraio 2012
… profondo malinconico lume…
Come bruciano placidi gli svedesi di Stanislav Aristov…
… neanche la notte fatale alla fiammiferaia fu tanto siderale e fredda…
… giusto l’ arpeggiante scandaglio per abissi dell’ adagio beethoveniano commenta pertinente analogo sommovimento cardiovascolare…
venerdì 10 febbraio 2012
Scende la neve…
... anche solo mettersi alla finestra a guardare i fiocchi fioccare mentre la tristezza ci massaggia per bene...
...in questi casi giova molto la compagnia degli "andanti" shubertiani...
venerdì 13 gennaio 2012
Espianto
Ligeti ha sempre voluto superuomini per interpretare la sua musica. E quando li trovava, andava su tutte le furie: non lo erano mai abbastanza.
Dietro l’ infantile capriccio si celava un risentimento: il suo teatrale odio verso lo strumentista, in particolare verso l’ uomo che si porta sempre dietro e fa capolino non appena preme un tasto, distende il diaframma o manipola una chiave. Un sentimento ostile col quale prolunga la sua opera.
Ha sempre aspirato ad espellere l’ “umano”, a superarlo: a volte verso l’ alto (con il teocentrico Lux Aeterna), a volte verso il basso (con lo stronzocentrico Grand Macabre).
Un tipo così appena ha potuto si è liberato dei musicisti in favore di ingegneri e programmatori. Sono loro le sue guide nel magico mondo della musica automatica, approdo ideale per una poetica del “disumano”. Vera Florida per le mummie in pensione.
Pur di espiantare gli organisti dall’ organo rinuncia a ben 19 tasti limitandosi ai 42 degli strumenti a manovella. Che meraviglia! Soprattutto perché nel pacchetto è allegato un organista con 42 dita che non sente mai l’ esigenza di andare al gabinetto sul più bello o di dover dire la sua sull’ esecuzione del pezzo chiamando questa asfissiante rottura “preziosa collaborazione”. Al diavolo le “preziose collaborazioni”.
No! Mai più inani tavole rotonde sull’ importanza del gesto esecutivo! Solo contemplazione e flessibili schede che mute si lasciano docilmente perforare.
Qui di seguito è invece un malcapitato piansta a essere espiantato: sloggia altezzoso dai velluti del seggiolino, tira su i suoi quattro stracci e prende la porta offesissimo, proprio lui che domava con tanta sicumera anche il terzo di Rachmaninov. Lo seguono due code nere più indignate che inamidate.
Dalla porta di servizio entra mesto mesto in salopette il perito Itis a sistemare i cavi nella cordiera.
Genealogia: Conlon Nancarrow
Gyorgy Ligeti – Mechanical music
p.s. congedo rock:
martedì 20 dicembre 2011
Hornology
Lo strumento romantico per eccellenza, fatto apposta per evocare nebbie e lontananze.
Come recuperarlo nell’ epoca meno romantica di sempre, quella in cui si richiedono vicinanze addirittura pornografiche? Quella in cui la contrapposizione frontale a fosforescenze allucinate è la norma.
Contro tutto e tutti (produzione del suono compresa) si erge solitario lo sforzo dei muscoli labiali di Arkady.
Arkadj Shilkloper – Hornology
p.s. ancora per pochi giorni disponibili su npr le canzoni di Natale di un rilassato John Zorn. Il download è d’ obbligo.
mercoledì 7 dicembre 2011
Musica da… cameretta
Molti moderni approntano il bello al solo fine di sfregiarlo con una rasoiata improvvisa.
E’ pratica comune, talmente comune da sfumare oggi nello stereotipo.
Ma la sensazione è che la truppa avanguardista soffra la presenza di infiltrati e tra i “similatori dello sfregio” annovero Lawrence Dillon.
Un tale che sembra “deturpare”, ma la cui reale intenzione è intrattenersi anche solo un attimo con il “bello & tranquillo”, lusso che la musica contemporanea concede a pochi, pena l’ ostracismo. Facade sembra proprio il frutto di questa alienazione che inverte mezzi e fini beffando i rigori della sperimentazione iconoclasta. I colpi inferti (per finta) assomigliano più a mal trattenuti impeti beethoveniani che alle coltellate tanto apprezzate dai “terroristi culturali” in servizio permanente effettivo. In fondo in fondo si teme di sfasciare del tutto il giocattolino che si è messo in piedi e a cui ci si è affezionati.
Nell’ altro pezzo, ulteriore passo falso che smaschera la “talpa”, affiorano ovunque lacerti dell’ amata tradizione violinistica romantica, che per un compositore “arrabbiato” è come per un adolescente essere beccato con i giornaletti porno.
Ma tutto si limita a un’ emersione di materiale slegato, episodico, rapsodico, occasionale, avulso da ogni tessitura; un suono scarnificato che porge il bianco dell’ osso al nero di un silenzio stantio, quello tipico delle camerette dove lo studente dotato ma non troppo prova e riprova una musica continuamente abortita che non per questo rinuncia a sognare un volo librato tra i velluti delle sale da concerto in cui non metterà mai piede.
Lawrence Dillon – Violin music
sabato 19 novembre 2011
Ugole cablate
Sa essere un’ emaciata dama bianca, regina delle nevi dalla voce vetrificata in un ghiaccio ornato dalle sue stesse schegge. Nella primavera fatidica che smuove la nivea pietra sepolcrale, assisteremo al problematico scongelamento crionico di un’ anima. Il recupero della bellezza perduta impegna frese, presse, torchi e altri macchinari che alternano – sembra invano - precisione e potenza. Ci accorgiamo presto che “precisione & potenza” di quelle macchine sono l’ unico simulacro di bellezza che ci resta tra le mani.
Sa essere una terrea dama nera - amazzone dell’ apocalisse – per parlarci dell’ attesa, dell’ allarme, dell’ annuncio, dell’ incombere e del soccombere. Ascolta bene perché quel giorno chi non riconoscerà i segnali potrebbe attardarsi fatalmente.
Genealogia: Diamanda Galas, Iannis Xenakis.
Maja S. K. Ratkje – River mouth echoes
giovedì 17 novembre 2011
Un pop vincente
L’ opulenta orchestrazione “cubista” sfocia in una fantasmagoria caleidoscopica dai colori fin troppo carichi. Anche le spruzzatine di elettronica dosate ingenuamente finiscono per imbrattare anziché decorare.
Eppure… avercene di gente che osa.
Adorabile voglia di strafare.
Belle le voci: quei cori senza coristi, imperniati su voci soliste eteroclite, a cominciare da quella dell’ efebo Stevens in persona; ne esce una ricca sonorità, un po’ soul nero, un po’ narcosi bianca; ognuno andrà anche per conto suo ma una volta ritoccati con sapienza i livelli in studio ne escono pennellate spesse e spensierate quanto involontarie polifonie microtonali. L’ ideale per passeggiare nei campi di fragole. Belle anche le tarantelle partenopee incrociate con la ballata scozzese; una menzione al breve solo pastorale del sinth, riesce a essere caldo quanto suo nonno: l’ oboe. Qua e là si celebrano matrimoni davvero buffi.
Il pop sinfonico dimostra a ancora una volta la sua schiacciante superiorità intellettuale sul rock sinfonico. Se mai ce ne fosse bisogno.
Genealogia: XTC, Berlioz, Incredible String Band.
Sevens Sufjan – The Age of Adz
martedì 15 novembre 2011
Giardiniere o Architetto?
Come cambia il mestiere del compositore:
My topic is the shift from 'architect' to 'gardener', where 'architect' stands for 'someone who carries a full picture of the work before it is made', to 'gardener' standing for 'someone who plants seeds and waits to see exactly what will come up'. I will argue that today's composer are more frequently 'gardeners' than 'architects' and, further, that the 'composer as architect' metaphor was a transitory historical blip. Leggi tutto.
Si passa dal Disegno Intelligente a una sorta di evoluzionismo dove la ragione procede un po’ a tentoni producendo il poco che si propone ma soprattutto il molto che non si propone.
Chi non riscontra affinità con l’ epistemologia moderna? L’ aspetto “vegetale” spunta ovunque.
Le versioni più radicali dell’ approccio sono le “composizioni istantanee”.
Penso subito alle conductions di Butch Morris.
mercoledì 2 novembre 2011
Urla ben temperate
Difficile periodare adeguatamente quando si dispone di alfabeti con poche lettere quali sono quelli a disposizione di chi urla.
Eppure, a volte, il miracolo si compie.
Lui, Mats Gustafsson, è forse il miglior “urlatore” sulla piazza (suona il sax - scrostato) e qui si esibisce con un power trio veramente “power”.
Strazio, ruggito, ottusità, autismo… l’ urlo di Mats riesce a calibrarsi con inattesa perizia reggendo bene anche le lunghe durate.
Potrebbe deliziare il jezzofilo più esigente così come il Behring Breivik di turno quando si reca in missione.
Genealogia: Albert Ayler, Gato Barbieri, Peter Brotzman, Peter Hollinger
Fire – You like me five minutes ago
Matt in un video della strana tournée con Ex… in qualche cinemino strapieno senza uscite di sicurezza nel profondo dell’ Africa nera a suonare un punk indigesto ibridato con lo sciamanesimi. L’ ingenuo pubblico sembra gradire stemperando la rabbia dei suoni con larghi sorrisi e scapperamenti.
venerdì 28 ottobre 2011
Dopo l’ overdose
Ve la ricordate la Heroin dei Velvet?
Autentico inno generazionale: parte piano, come il sommesso soliloquio di chi si cerca la vena; poi arriva il primo fremito della sostanza entrata in circolo che fa partire una cavalcata dai sempre meno frequenti intervalli che sfocia infine in cacofonici soli al calor bianco, parlo di roba ormai inserita a buon diritto nella capsula dal tempo da spedire su Marte.
Ecco la compressa versione “della banana”:
David Lang, negli “American Classic”, ripropone il pezzo in versione inerte. Liberato da ogni faticosa dinamica, il protagonista sembra parlarci fin da subito assiso al seggio su cui è volato senza scalo dal cesso dell’ overdose. Al suo cospetto il violoncello, presumibilmente deceduto anche lui in seguito alle sevizie di Cale, intona ora simil-partite bachiane su un registro anaffettivo.
Del resto Lang sembra vocato per l’ immota contemplazione: in “How to pray” sembra limitarsi a estrapolare un fotogramma dai già lenti video che documentano l’ evoluzione secondo Part. In “Wed” siamo poi invitati a rimirare la costellazione di un universo inebetito che non prevede né giorno né notte.
Qui ci sono i tre pezzi:
Solo un americano puo’ reperire ancora il coraggio per “tentare” un qualche misticismo.
Genealogia: Arvo Part, Steve Reich, Cecil Taylor
David Lang – American Classics
lunedì 17 ottobre 2011
Handel remix
Nella strapazzata versione di dell’ Hallelujah di Phil Kline, il riconoscimento del cadavere di Handel non emerge grazie ai profili ma al sapiente sovrapporsi dei campi.
Tono su tono, grigio su grigio, ecco spuntare all’ orizzonte un nuovo strano assemblaggio del capolavoro. E’ lui!
Dal big bang ai buchi neri, dal fiat lux all’ apocalisse, dall’ alta fedeltà al grado zero del suono andata e ritorno. Avanti e indreé. Un bel viaggetto senza rete tra accelerazioni e sospensioni.
Il buio, l’ opacità, l’ indistinto, la lontananza, lo smog, le presenze ectoplasmatiche… tutta roba difficile da sgombrare in questo disco. Unica oasi in cui l’ opprimente cortina sembra alzarsi per incanto, la pastorale di Paul Lansky. Le generose inserzioni (nastri, elettronica, percussioni) riescono miracolosamente a preservare equilibri e trasparenza.
tirando le somme:: si salvano 2 pezzi su 11. Un po’ pochino per rimettere di nuovo nel lettore questo cd arrivato in casa mia da molto lontano. Se ne riparla (forse) tra qualche anno. Per ora lo consegno alla polvere del salotto.
Genealogia: Matthew Herbert.
AAVV – Messiah remix