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martedì 23 novembre 2010

Libertarianism A-Z: arte e cultura

Chi vorrebbe una "cultura" sussidiata dalla Stato insiste sugli spillover in termini di ricchezza che genera una simile impresa.

Ma questi spillover sono tutt' altro che evidenti. Forse è più ragionevole supporre il contrario: più ricchezza, più cultura.

Probabilmente i cinesi, oggi al centro della produzione di ricchezza, domani saranno centrali anche nella produzione culturale ed artistica. Non sembra prorio che il nesso vada nel senso opposto, ovvero che la loro crescita economica improvvisa quanto impetuosa, sia spinta da una particolare diffusione di arte e cultura.

Ci sono culture che generano ricchezza, altre che generano povertà. La "cultura sussidiata", proprio per il fatto di essere tale, probabilmente apparterrà alla seconda categoria.

Ma il vero inconveniente della "cultura mantenuta" è un altro. Chi decide cosa è "cultura" o "arte"? L' arbitrio scatena una lotta senza quartiere e tutto diventa gioco per l' egemonia. Non sarà un caso se i più interessati a foraggiare la cultura sono i regimi autoritari?

Nei casi meno drammatici il tutto si risolve invece con un bel trasferimento di denaro dai più poveri ai più ricchi. Insomma, i ragazzi operai delle case popolari, con le loro trattenute in busta, mi pagano il museo zeppo di quelle opere astruse che a me piacciono tanto. Loro andranno a godersi la domenica pomeriggio sul calcio-in-culo e faranno pure il piacere di pagare i biglietti per intero, lì non sembra si generino grandi ricadute per la società civile.

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P.S.1 Mi sono affrettato a fare questo post in occasione dello "sciopero" della cultura italiana dopo i tagli al settore. Io, da libertario, spero solo che i tagli siano veramente tali. Uno degli sport preferiti esercitato dalla "cultura con le stampelle" è quello di "pervertire il linguaggio" in modo da chiamare "taglio" anche un aumento meno generoso del previsto.

P.S.2 Ieri Moni Ovadia, anzichè raccontare barzellette ebraiche, concionava imbufalito dai microfoni di Radio Popolare perorando le ragioni dello sciopero e riversando il suo livore verso gli avversari politici. Una chicca per cui pagare il biglietto, un vero esempio di "cultura". Di "cultura dell' odio", ovviamente. In certi casi il podcast sarebbe davvero prezioso, in Radio staranno ancora asciugando la moquette dalla bava persa.

venerdì 19 novembre 2010

Libertarianism A-Z: scuola di stato

Nella rubrichetta Libertarianism A-Z vorrei riproporre in modo succinto e in un linguaggio elementare le ragioni dei libertari nelle diverse questioni che ritroviamo ogni giorno sui giornali. Un buon libertario legge con passione il giornale ogni giorno, la sua filosofia è sempre chiamata in causa.

I libertari si oppongono alla gran parte dei proibizionismi che oggi diamo per scontati.

Ogni proibizione ha i suoi motivi e il libertario si avvale dell' economia per affermare che 1) le ragioni dei proibizionismi non sono ben fondate e/o 2) anche se per ragioni dei proibizionismi esistesse un fondamento, la libertà individuale resta comunque la soluzione migliore.

Per passare in rassegna le varie materie mi baserò sull' omonimo libro di Jeffrey Miron. Partiamo con un tema sempre all' ordine del giorno: la scuola di stato. Cosa ne pensano i libertari?

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Quasi tutti i paesi ritengono che la scuola vada sussidiata con fondi pubblici.

In merito si avanza l' argomento per cui un' educazione di base dei cittadini sia un vantaggio per l' intera comunità. In presenza di "esternalità" del genere, il mercato darebbe luogo ad una sottoproduzione di servizi scolastici.

L' argomento è però sopravvalutato poichè i benefici di un' educazione di base ricadono innanzitutto su chi la riceve, cosicchè possiamo dire che la magnitudo dell' esternalità è minima rispetto ai costi richiesti per neutralizzarla.

Altri avanzano argomenti paternalistici: la famiglia decide male.

Ma l' argomento paternalistico è sempre minato da almeno tre tare.

Altri ancora dicono che molti individui non possono "permettersi" la scuola.

Fosse anche vero, e nelle società ricche lo è sempre meno, questo è comunque un problema di "povertà", non di "scuola".

Ma una scuola sussidiata ha i suoi costi: chi decide cosa si studia e come? Lo mettiamo o no il crocifisso in aula? Come rispondere? La privatizzazione consente ai genitori di scegliere un' impostazione base ma la standarizzazione uniforma anche il non uniformabile.

A prescindere dalla questione dei sussidi, anche ammettendo che vadano accordati, cio' non comporta in alcun modo l' esistenza di scuole statali.

Il metodo dei "voucher" è un buon sostituto ed evita brillantemente l' interferenza della politica e dei sindacati.

Entrambe le cose, politica e sindacati, arrecano danno alla scuola. La politica porta indottrinamento (... la Costituzione è bella, la democrazia è bella, il capitalismo è da regolare, il riciclo dei rifiuti aiuta l' ambiente, la separazione stato/chiesa è auspicabile...). I sindacati portano inefficienza (la scuola diviene un luogo fatto per chi ci lavora anzichè per chi ne fruisce).

Esiste poi un' evidenza, anche se non univoca, che i voucher migliorino la qualità scolastica. Esiste anche un' evidenza inequivocabile sul fatto che i voucher migliorino il grado di soddisfazione degli utenti.

Bene, ora possiamo concludere: sebbene l' argomento dell' esternalità abbia qualche fondamento difficilmente si presenta come "overwhelming" e, d' altro canto, i costi abbondano qualora si ceda a quelle ragioni. Cio' significa solo una cosa, ovvero che il sussidio ottimo si avvicina molto allo zero.

sabato 4 settembre 2010

Quali tasse tagliare

Qualsiasi taglio delle tasse è il benvenuto e crea benefici.

Ma se uno ha come obiettivo l' efficienza economica, alcuni tagli sono più auspicabili di altri.

1. Tagli permanenti: creano meno incertezza ed evitano risparmio improduttivo per pagare poi le maggiori tasse future.

2. Tagli ai più ricchi: abbiamo bisogno di incentivi all' arricchimento.

3. Tagli delle tasse sul capitale: il capitale risponde più prontamente del lavoro ai tagli.

martedì 30 marzo 2010

L' immigrazione come arma

Molti temono che un' immigrazione crescente possa sbancare il welfare e concludono sottolineando l' esigenza di un contenimento.

La logica di Jeffrey Miron, a cui mi sento simpatetico, è ben diversa: incentivare l' immigrazione stimolerà il contenimento del welfare.

Ricordiamoci che la multietnia limita la generosità: dove abbonda la diversità, si dà meno volentieri.

Vogliamo davvero trascurare questo fatto o vogliamo invece metterlo a frutto per una strategia coerente?