Da Voltaire in poi è invalsa la cattiva abitudine di credere nella “stupidità umana”. Si tratta di una pratica malsana che induce allucinazioni. Quella che segue è la seconda puntata del nostro viaggio nel pregiudizio volterriano.
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Quante ne ho combinate con mio cugino: petardi, fialette puzzolenti, puntine da disegno, fionde, cerbottane… tutto era occasione di marachella.
Un’amicizia indissolubile, ma non furono sempre rose e fiori.
La crisi arrivava puntuale allorché i miei e mia zia volevano conoscere il “colpevole” della malefatta. Chi era la mente?
Il fatto è che il più delle volte nemmeno noi sapevamo con esattezza chi fosse il colpevole, chi aveva avuto per primo l’idea di dar fuoco al formicaio sotto la betulla rinsecchita? Ci accusavamo a vicenda instaurando tra noi una tensione che poteva durare settimane.
Poi, finalmente, arrivò lei…
La sfera magica della Mattel era in grado di rispondere a domande delicate sulla colpevolezza degli individui.
La si interpellava così: “E’ forse stato quello stronzo di mio cugino ad avere l’idea di mettere il sale nel caffé degli zii?”.
Bastava agitare con forza la sfera magica e il dadino sospeso nella gelatina avrebbe assunto una posizione che per noi due era sacra: “sì”, “no”, “richiedi più tardi”, e altre ancora che non ricordo. Sta di fatto che alla fine una risposta chiara a situazioni anche molto ambigue veniva fuori sempre.
L’esito era poi comunicato ai genitori sopportandone stoicamente le conseguenze.
Basta ostilità, basta contrasti, basta musi lunghi, basta far finta di non vedersi, basta screzi, basta tensione. Amici per la pelle forever.
Detto in altri termini: potevamo tornare a far cazzate fin dal giorno dopo.
Questo fatto positivissimo bastava a cassare eventuali dubbi sull’attendibilità dei singoli verdetti. Quando una cosa conviene diventa presto “vera”. Senza contare che sei dubbi erano ora in un senso, ora nell’altro.
L’oracolo della sfera magica ha reso la nostra amicizia ancora più coesa e duratura: nei casi di incertezza ci dettava una linea sull’attribuzione di piccole colpe incerte. Fu l’apice di un epopea.
Poi, un giorno, ruzzando come è tipico tra noi preadolescenti, la sfera magica fu scaraventata in un angolo e il dadino si conficco lateralmente immobilizzandosi per sempre.
I genitori ce ne resero conto. Chi era il responsabile dell’ennesimo danno? Il giocattolino non costava proprio poco, eh.
Il guaio è che non avevamo più l’oracolo da interpellare, cosicché cominciammo di nuovo a scambiarci accuse reciproche in un vortice senza fine. Per un nonnulla troncammo l’inossidabile connubio e ognuno andò per la sua strada. Si vede che ormai era tempo di pensare alle cose serie.
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Oggi so che io e mio cugino non siamo stati l’unica “società perfetta” tenuta insieme da un oracolo. Espedienti del genere non sono solo roba da bambini, anche gli adulti vi ricorrono.
Nell’antichità interpellare l’ oracolo era la norma, ma anche oggi resta un’istituzione importante.
Presso gli Azande, per esempio. La lettura di E. E. Evans-Pritchard è a questo punto obbligatoria.
Ma anche presso gli Ndogo del Sudan.
O presso i Balovale nello Zimbabwe.
Nzakara e Apagipeti ne fanno largo uso giù nella Repubblica Centro Africana.
E ci metto anche Ngbandi e Yoruba.
Gli Azande credono nell’esistenza di un diavoletto – mangu – che si insinua fisicamente nell’intestino dell’indemoniato. E’ qualcosa che si eredita di padre in figlio, molti posseduti non sanno neanche di esserlo.
L’azione iettatoria si concretizza nella rovina dei raccolti di chi è preso di mira. Ma anche nel portargli sfiga durante la caccia, nel rendere difficoltosi i suoi spostamenti e nell’infliggere malattie a lui e ai suoi cari.
Il tutto senza volerlo, basta il sentimento ostile.
Anche per questo lo iettatore è visto dagli Azande come un “innocente” vittima dei troll che si porta in pancia. Su di loro non si maligna: chi di noi non nutre delle semplici antipatie, del resto?
Lo iettatore è giusto condannato a chiedere scusa e la cosa finisce lì.
L’oracolo serve a capire chi trasporta un mangu nella pancia, e ad esso ricorre chi pensa di essere sotto iettatura.
In Africa la sfera magica della Mattel non è distribuita (anche perché fuori produzione), cosicché si somministra a un pollodel veleno estratto da piante selvatiche. Poi lo si scuote per aria con due mani (proprio come la palla-Mattel) ponendogli una domanda a risposta chiusa (sì-no) facendo in modo di esplicitare il nome del sospettato: se il pollo muore è “no”, se sopravvive è “sì”.
La procedura è complessa e vi partecipano le autoritàstregonesche della tribù. L’esito di colpevolezza viene comunicato al sospettato (impalando il pollo ex sopravvissuto davanti a casa sua) che si profonde in scuse e proclamando la sua totale ignoranza. Ma anche in ringraziamenti: è sempre bene sapere che un mongu alberga nel nostro intestino tenue, si comincia così per tempo la terapia di erbe selvatiche.
Grazie all’oracolo, la questione si chiude immediatamente e la relazione tra gli interessati riprende in un clima rasserenato. L’alternativa sarebbe stata la stressante e prolungata ostilità tipica dei rapporti di cattivo vicinato.
L’oracolo viene utilizzato esclusivamente per appianare i piccoli conflitti “condominiali” ben noti a tutti.
Ma perché funziona?
Per capirlo basta chiedersi perché funziona il semaforo?
Il semaforo è un po’ come l’oracolo: quando piombiamo al crocevia possiamo imbatterci nel verde o nel rosso, l’esito è casuale.
Se non ci fosse il semaforo qualcuno si prenderebbe arbitrariamente la precedenza e ad altri toccherebbe stare in attesa. Un senso d’ingiustizia e frustrazione si propagherebbe. Non è l’ideale quando si vive gomito a gomito.
E questo quando va bene: gli incidenti diventano ben presto la norma.
Ma anche i tentennamenti prolungati (vado io? vai tu?) possono essere uno stressante inconveniente, che magari si conclude con un bell’incidente.
Il semaforo, allora, coordina le nostra attese così come l’oracolo coordina i micro-conflitti incerti.
Vi siete accorti che molti scazzi esplodono perché non ci si parla: l’oracolo è un modo per parlarsi. Non solo, il contatto viene sia favorito che indirizzato senza colpevolizzare nessuno. Un affarone per tutti.
Le cose funzionano ancora meglio se l’oracolo possiede una sua autorità.
Ma infatti due pre-adolescenti sono disposti ha conferire una certa sacralità al giochino della Mattel: tutti i nostri giochi non erano “robetta” ai nostri occhi fanciulleschi. C’erano dei soldatini che assurgevano a status semi-sacrale!
Allo stesso modo l’avvelenamento del pollo è sempre supervisionato e benedetto dallo stregone in carica, l’unico a conoscere a menadito le complesse formule da pronunciare. Mica un giochino da cortile.
D’altronde, gli unici conflitti trattati sono quelli tra Azande, lo straniero è escluso: bisogna “credere” fermamente nell’ oracolo per beneficiarne.
Un piccolo calcolo sui polli trattati degli Azande rivela esiti50/50, le manipolazioni sembrerebbero assenti.
Tuttavia, il metodo sembrerebbe favorire interventi esterni: basta dare un un po’ più o un po’ meno di veleno per alterare la risposta.
Questo, forse, per evitare risposte socialmente indesiderate. Nulla di nuovo sotto il sole: anche quando la corte costituzionale deve decidere su un caso che potrebbe pregiudicare il bilancio nazionale sappiamo in anticipo come andrà a finire.
Ma perché gli Azande non usano il loro sistema legale per affrontare questi casi?
Fare causa ad un amico (o ad un vicino) per questioni minime rovina l’amicizia comunque vada. Molto meglio l’oracolo.
A volte, poi, parliamo di frizioni che il nostro sistema legale nemmeno riconosce come reati, anche se per noi sono della massima importanza.
Gli Azande sono un popolo particolarmente litigioso e permaloso, quasi più degli italiani. Senza oracolo – ovvero senza giustizia privata – i loro tribunali collasserebbero ben presto (come i nostri).
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Leggere degli Azande mi fa capire meglio i legalisti nostrani (sarà che nel giornale davanti a me c’è un’intervista di Travaglio a Di Battista).
La ragione ci dice che è giusto disubbidire ad una legge sbagliata. Direi che la cosa è vera per definizione.
Faccio un esempio: è di per sé lodevole corrompere al fine di evitare l’applicazione di una legge ingiusta, mi sembra ovvio. Eppure molti cervelli in circolazione sui social nemmeno riescono a pensare al concetto di “legge sbagliata”. Vanno letteralmente “in palla” se introduci questo dato nella discussione.
Oggi so che le colpe attribuite a mio cugino (o a me) dalla sfera magica Mattel erano del tutto arbitrarie. Però so anche che quell’arbitrio ha favorito la nostra amicizia. Tuttavia, una superstizione del genere non è più recuperabile, inutile insistere.
Allo stesso modo so anche che le leggi che ci governano sono quasi tutte sbagliate. Osservarle puntigliosamente potrebbe anche avere effetti positivi (forse). Ma come recuperare le superstizioni sull’autorità politica tipiche della fanciullezza? Per un “formalista” non c’è problema, evidentemente, ma per una persona adulta e ragionevole?
Il formalista ci appare ridicolo, quando va bene – e sottolineo “quando va bene” – assomiglia ad un predicatore impegnato a decantare le virtù del “verde” e la santità del “rosso”. E’ la sua figura che ci aliena da un salutare ritorno alle superstizioni infantili. Se perlomeno facesse trapelare la coscienza che è tutta una farsa, forse, che ne so, si potrebbe stabilire un canale comunicativo.
Ah, chiudo con una curiosità: l’ultima volta che ho incontrato mio cugino era attivista nel partito di Di Pietro Un modo solo un po’ diverso per continuare a trafficare con la Sfera Magica.
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Ma c’è un altro aggancio tra gli Azande e noi.
Avete notato il forte parallelismo tra la società oracolistica e quella medicalizzata?
In quest’ultima non esistono colpevoli: colpevole è solo la malattia.
Neanche nelle società oracolistiche esistono colpevoli: colpevole è solo il diavoletto.
Lo stratagemma adottato in entrambe le società è fondamentalmente lo stesso e ha il pregio di ridurre lo stress dei convenuti.
I genitori, tanto per dire, non hanno più figli “asini”: basta procacciarsi una “diagnosi” per trasformarli da “asini” in “discalculici”, o “disgrafici”, eccetera. I trattamenti differenziati rituali prendono allora il posto delle tirate di orecchie mentre i genitori, loro tirano un sospiro di sollievo.
Anche il “posseduto” viene sottoposto a trattamenti rituali differenziati e sostitutivi della punizione di prammatica.
Su questa similitudine ci sarebbe da imbastire una “demonologia” (cosa che ho già cominciato a fare). Psicologia ed esorcismo sono parenti più stretti di quel che si pensi. La fede nel Demonio è un modo per de-colpevolizzare e allentare la tensione sociale.
In un certo senso la società degli oracoli e degli esorcismi anticipa quella “medicalizzata”. Detto altrimenti, la “medicalizzazione” che stiamo vivendo oggi in tutti gli ambiti recupera le strategie tipiche della possessione demoniaca.
Un tempo, il posseduto – di solito un soggetto vulnerabile destinato ai margini – non solo veniva alleggerito attraverso una deresponsabilizzazione, ma viveva anche un “suo momento” di protagonismo sociale in grado di vivificarlo, quasi gli venisse offerta una nicchia in cui ritagliarsi un ruolo riconosciuto dall’intera comunità. E qui un ricordo va all’opera di Ernesto De Martino sui “tarantolati”.
Manca un accenno all’inconveniente principale dello stratagemma: l’azzardo morale.
Senza responsabilità e protetti dall’incertezza i comportamenti opportunistici si potrebbero moltiplicare. Per i dettagli vedi al link sulla società medicalizzata.
Gli Azande sembrano consapevoli del pericolo e limitano l’impiego dell’oracolo ai conflitti a bassa intensità, laddove produce più danni la colpevolizzazione che l’illecito.