E’ legittimo attendersi che la conoscenza sia tanto più deviata quanto più è in grado in questo modo di compiacere chi è in una posizione di potere. La conoscenza che ti occorre per far atterrare un missile, tanto per dire, non dovrebbe essere troppo “distorta”, a nessuno interessa procurare un disastro aereo (terroristi islamici a parte). Ecco, l’enorme successo della scienza pura deriva innanzitutto dal fatto di non toccare interessi sensibili.
Legge generale: tanto maggiore è il contenuto sociale di una disciplina, quanto maggiori saranno i pregiudizi che infestano chi la pratica. Si tratta di pregiudizi in buona fede, sia chiaro. Di autoinganni. La medicina contro gli autoinganni trasforma un sapere in un sapere scientifico. Ma non sempre questa medicina esiste.
Se certi saperi avanzano a passo di lumaca spesso si dà la colpa alla “complessità”. In effetti puo’ anche essere che la complessità intrinseca dei fenomeni sociali impedisca un rapido progresso scientifico, ma la fisica moderna è molto complessa e le sue scoperte vengono alla luce ben più rapidamente e con un consenso esteso.
Un’ alternativa alla complessità: le posizioni ideologichepregiudiziali degli studiosi influenzano e bloccano le nuove conoscenze.
Chi ha la precedenza tra giustizia e verità? Ortodossia: occorre ricavare una teoria della giustizia dalla migliore teoria della verità a nostra disposizione.
Il rischio sempre in agguato: il pregiudizio inconscio verso una posizione etica solleciterà pregiudizi cognitivi nell’atto di ricerca della verità.
Esempio di oggetti d’indagine sempre a rischio: a livello micro: matrimonio, famiglia, lavoro; a livello macro: società, guerra, ecc.
Tesi: la scienza deve il suo successo al fatto di disporre di espedienti che eliminano la pratica dell’autoinganno.
Esempio, prendiamo il famoso teorema di Godel, inizia con una serie di definizioni precise.
Nelle scienze sociali intere sottodiscipline prosperare negli interstizi creati da espressioni mal definite. Puo’ capitare che si discuta per ore sulle razze senza aver definito in modo preciso il concetto. Chi è razzista? Boh. Chi è sessista? Boh. Eppure ci si accapiglia.
Un primo espediente utilizzato contro i rischi di autoinganno: ripetere i processi per vedere se l’esito è sempre il medesimo. A questo riguardo si capisce meglio l’importanza della precisione: descrizioni precise consentono di verificare ripetizioni precise.
Quando raddrizzare le antenne. Le bufale – tipo la psicanalisi – aborrono senza motivo apparente i test sperimentali.
Regola convenzionale: quando le ripetizioni fallite eccedono il 5% dei tentativi effettuati la relazione supposta è considerata invalida (in campo medico si scende all’1%).
Un espediente complementare per evitare auto-inganni è quello di “sperimentare” sulle sperimentazioni, ovvero compilare delle meta-analisi sui lavori eseguiti per verificare quali generalizzazioni statisticamente valide possono ricavarsi.
Il secondo espediente contro l’autoinganno consiste nella capacità di predire il futuro. Esempio, la luce è davvero curvata dalla gravità (secondo quanto predetto da Einstein); si riscontrò che in un’eclissi di sole la posizione apparente delle stelle sullo sfondo più prossimo era realmente alterata dalla gravità del sole.
Naturalmente la predizione non deve essere razionalizzazione. La bellezza della previsione di Einstein sta nel fatto che non potesse assolutamente sapere nulla circa la sua verifica.
Terzo espediente contro l’autoinganno: la scienza propriamente detta richiede che, quando possibile, la conoscenza sia costruita su quella preesistente.
La conoscenza scientifica è unitaria e ha all’incirca questa struttura: La fisica si basa sulla matematica, la chimica sulla fisica, la biologia sulla chimica e, in linea di principio, le scienze sociali sulla biologia. Ok?
L’incastro sarebbe questo: la matematica conferisce rigore alla fisica, la fisica fornisce alla chimica un modello atomico preciso e la chimica fornisce alla biologia un modello molecolare esatto. E la biologia cosa dovrebbe fornire alle scienze sociali? Molto.
In fisica il contenuto sociale è minimo, per questo è difficile autoingannarsi, per questo la fisica è il prototipo della scienza esatta: che differenza fa per la vita di tutti i giorni se l’effetto gravitazionale del mesone mu è positivo o negativo?
Cio’ non significa che anche i fisici siano soggetti a tentazioni: potrebbero enfatizzare l’importanza e il valore del loro lavoro fantasticando una “teoria del tutto”.
Altra connessione storica: l’utilità sociale della fisica è principalmente connessa alla guerra. Il fisico è spesso un costruttore di bombe. Quando leggo che nove miliardi di euro vengono spesi per un “supercollider” in cui particelle minuscole verranno accelerate a velocità incredibili per poi scontrarsi, io penso alle bombe. Questo interesse, è chiaro, orienta la ricerca e potrebbe anche sbilanciarla.
Una buona legge empirica: maggiore è il contenuto sociale di una disciplina, più lentamente si svilupperà. E’ chiaro che psicologia, sociologia, antropologia ed economia hanno implicazioni dirette sulla nostra concezione di vita e sulla vita sociale ben più pesanti rispetto alla fisica.
E la biologia? Per oltre un secolo la biologia ha visto il mondo al contrario: la selezione naturale avrebbe favorito ciò che era buono per il gruppo o per la specie, quando in realtà favoriva ciò che è buono per l’individuo!
Dietro l’errore, come sempre, c’era un’ideologia: la teoria sbagliata poteva essere utilizzata per giustificare il comportamento individuale sostenendo che tale comportamento è di fatto utile per l’intera specie.
Prendiamo il classico caso dell’infanticidio maschile, studiato per la prima volta nelle scimmie langure dell’India (ma presente in oltre 100 specie animali). Dapprima, la pratica è stata interpretata come un meccanismo di controllo della popolazione a beneficio di tutti.
L’interpretazione oggi è molto diversa: dal momento che l’accudimento di un piccolo inibisce l’ovulazione della madre, l’omicidio del bambino rende subito pronta la madre per una nuova gravidanza. Ma in alcune popolazioni, ben il 10% di tutti i giovani viene ucciso da maschi adulti. In casi del genere la specie ne risente e il suo interesse non sembra affatto allineato a quello del singolo maschio omicida. Inoltre, queste morti non sono correlate alla densità di popolazione, per cui spiegarle come una forma di controllo demografico è assurdo. Senza dire che il successo dei maschi aggressivi potrebbe diffondere solo aggressività nella specie.
Altro esempio spesso portato a sostegno dell’anti-individualismo: le relazioni intra-familiari, in particolare quelle tra madre e figlio. Eppure sappiamo che anche la relazione più intima fa emergere conflitti: già nella formazione della placenta, l’organismo della madre spesso non aiuta il tessuto fetale dell’ “invasore”. E che dire delle amorevoli coppie di pennuti inseparabili? Diciamo per esempio che le percentuali di paternità adulterine sono superiori al 20%.
Gli antropologi razionalizzarono la guerra stessa come favorita dall’evoluzione perché anch’essa era un dispositivo di regolazione della popolazione. Altro pregiudizio ideologico.
Anche l’individualismo ha i suoi problemi. Esempio: come spiega l’altruismo? Problemi del genere sono superati, non sembra affatto impossibile che emerga in certe condizioni speciali in cui l’altruista viene premiato dal gruppo.
L’economia è una scienza? Risposta veloce: no. L’economista agisce come uno scienziato e pontifica come uno scienziato, ha sviluppato un apparato matematico impressionante e si è riservato anche un premio Nobel, ma l’economia non è una scienza.
Oltre ad aver problemi con il “secondo espediente”, manca del tutto del terzo. Fallisce nel fondarsi sulla conoscenza preesistente (nel suo caso la biologia).
L’economia parte col piede giusto: “l’individuo massimizza”. Sì, ma cosa? E qui entra in circolo: l’utilità. E cos’è l’utilità? Cio’ che l’individuo massimizza. La specificazione empirica di tutte le funzioni di preferenza mediante una misurazione sul campo è senza speranza.
Eppure la biologia ha una risposta ben precisa che l’economia si ostina a trascurare: l’individuo massimizza il numero della sua progenie sopravvissuta più gli effetti (positivi e negativi) sul successo riproduttivo dei parenti… Trascurare la conoscenza preesistente fa perdere all’economia una serie di collegamenti cruciali.
Uno sforzo recente da parte dell’economia per collegarsi con le discipline sottostanti è l’ economia comportamentale che collega psicologia evoluzionista ed economia. Bene? Non sempre, anche questi economisti speso compiono errori marchiani.
Esempio di errore: assumere che il nostro comportamento si sia evoluto in contesti simili a quelli dei laboratori dove gli scienziati fanno i loro giochetti. Mi spiego meglio, tutti conoscono il gioco dell’ultimatum, un gioco nel quale spesso le persone rifiutano una divisione ingiusta di denaro con altri anonimi (ad esempio, l’80% del proponente e il 20% del destinatario) rimettendoci la loro quota. Interpretazione sbagliata: l’uomo non è egoista. Interpretazione corretta: l’uomo si è evoluto in contesti di giochi ripetuti in cui il rifiuto dosato è una strategie egoisticamente vincente.
L’economista medio lo riconosci subito: l’ infatuazione per lamatematica lo attanaglia a discapito dell’attenzione per la realtà. Come potrebbe rimediare? Prestando più attenzione alle scienze, in particolare alla biologia e quindi alla psicologia evoluzionista. La cosa è chiara da 30 anni ma la lentezza della disciplina ad aggiornarsi in senso scientifico è esasperante.
E che dire della capacità predittiva dell’economista? Quando c’è non è molto affidabile visto che quando il politico di turno da lui consigliato fallisce non fa che ripetere: “il nostro consiglio è stato buono, andava applicato più radicalmente”. Tipico dello scienziato senza laboratorio.
Passiamo all’antropologia culturale: la disciplina fece una tragica svolta a sinistra verso la metà degli anni ’70.
Cos’era successo? Nei primi anni ’70, una potente teoria socialeemerse dalla biologia e una varietà di argomenti furono affrontati seriamente per la prima volta: la teoria della parentela, comprese le relazioni genitore / prole, l’investimento genitoriale relativo e l’evoluzione delle differenze sessuali, il rapporto tra i sessi, l’altruismo reciproco, il senso di giustizia e così via.
Il dilemma degli antropologi di allora. Prima opzione: accettare le nuove scoperte, padroneggiarle e rimodellare la propria disciplina lungo le nuove direttive. Seconda opzione: rifiutare tutto e tirare a campare.
Considera il dilemma da un punto di vista esistenziale: hai investito vent’anni della tua vita nel dominio dell’antropologia sociale e hai anche maturato certe convinzioni genuine, ora che fai, rinunci a tutto? No, la scelta da fare era chiara a tutti e fu fatta da tutti. D’altronde, anche nelle facoltà di fisica è ben noto che il progresso avanza – quando avanza – solo grazie ai funerali!
Gli antropologi sociali hanno raccolto la sfida ribattezzando il loro campo “antropologia culturale” per escludere in modo più esplicito la rilevanza della biologia. Ora non eravamo più organismi sociali ma culturali.
Non solo, la loro scelta fatta fu presentata come morale: dare peso alla biologia avrebbe comportato una forma di determinismo biologico (la genetica avrebbe influenzato la vita quotidiana), i cui effetti ultimi sarebbero stati il fascismo, il razzismo, il sessismo, lo specismo e altri odiosi “ismi”.
Tuttavia, questa è anche una scelta che pone fuori la disciplina dall’ambito scientifico: una volta rimossa la biologia dalla vita sociale umana, che cos’hai? Parole. Neanche un linguaggio, solo parole in libertà. Esito: 35 anni buttati all’aria.
Di conseguenza, la maggior parte dei dipartimenti di antropologiaoggi è composta da due sezioni completamente separate, in cui, come ha affermato taluno, il primo pensano che gli altri siano nazisti e gli altri pensano dei primi che siano idioti.
Due parole sulla psicologia. Negli anni ’60, gli psicologi spesso negavano esplicitamente l’importanza della biologia. Ad Harvard non frequentavano neanche un corso su queste materie.
Questo consentì di insistere su teorie senza basi. Esempio, la teoria dell’apprendimento formulava affermazioni di vasta portata e non plausibili sulla capacità del rinforzo di plasmare in modo adattivo ogni comportamento.
Fortunatamente, a psicologia si è sempre concentrata sull’individuo, il che costituisce un punto di contatto con la biologia. Recentemente si è sviluppata una scuola di psicologia evoluzionistica e fa sperare in un approccio scientifico.
Il metodo della psicologia sociale era quello dell’intervista, o della somministrazione di questionari in cui la gente si raccontava. E’ chiaro che in questi casi le forze dell’inganno e dell’auto-inganno – o, come vengono a volte chiamate, dell’ auto-presentazione e dell’auto-percezione – sono gigantesche e sviano tutto il lavoro minandolo alle fondamenta, ovvero consegnandolo all’ideologia degli pseudo-scienziati di turno.
Due parole sulla psicanalisi. Freud intendeva costruire una scienza dell’auto-inganno. Il fondamento empirico per gli sviluppi nel campo era una cosa chiamata “tradizione clinica”, in sostanza ciò che gli psichiatri si raccontavano dopo aver bevuto un drink dopo una giornata di lavoro.
Concetti centrali come “invidia del pene” o “complesso di Edipo” avevano come base le esperienze e le asserzioni condivise tra gli psicoanalisti su ciò che accadeva durante la psicoterapia.
Per carità, la psicoanalisi ha prodotto anche concetti da salvare, esempio: rimozione, proiezione, autodifesa dell’ego… Ma anche molta fuffa, esempio: es, ego, super-ego…
La teoria freudiana dello sviluppo psichico era incentrata sull’attrazione sessuale che i genitori esercitano sui figli nella famiglia nucleare, quando sappiamo ormai che quasi tutte le specie di animali sono selezionate per evitare la consanguineità, che ha reali costi genetici, e che tutte le specie hanno meccanismi evolutivi come l’esposizione precoce tra genitori e fratelli che provoca disinteresse sessuale e minimizza i rischi di incesto.
Se proprio deve esserci attrazione sessuale in famiglia il nesso dovrebbe essere capovolto rispetto a quello freudiano: i padri potrebbero avere un guadagno evoluzionistico avendo un figlio dalla figlia sufficiente a compensare il costo genetico, ma è improbabile che la figlia possa trarre un beneficio sufficiente nella relazione col padre per compensare il suo costo genetico!
Anche l’Edipo ha scarsissimo fondamento biologico: la selezione sarebbe debole nell’accoppiamento del figlio con la madre e ci sono ottime ragioni per mostrare deferenza al genitore (specialmente per i geni materni di un maschio).
L’impostazione di Freud ha un difetto, oltre ad essere scientificamente infondata, finisce per accusare le vittime. Il bambino che magari ha problemi seri li vede ricondotti alla sua attrazione sessuale verso i genitori. Il caso dell’ “uomo-lupo” parla chiaro, uno psicotico con seri problemi a cui Freud somministrò la sua classica diagnosi senza tenere in minimo conto il fatto che da bambino venisse regolarmente bastonato e legato tutte le notti al suo letto dal papà.
Freud stesso era un tipo bizzarro: cocainomane, credeva che il numero ventinove avesse un ruolo decisivo sulle nostre vite, oltre a ritenere che il pensiero potesse viaggiare istantaneamente su grandi distanze senza l’uso di dispositivi elettrici.
L’atteggiamento di Freud nei confronti della verifica sperimentale: “la ricchezza di osservazioni personali attendibili su cui poggiano le mie asserzioni, le rende in qualche modo indipendenti dalla verifica sperimentale”. Le affermazioni di uno scienziato vero (Feynman) sullo stesso tema: “non importa quanto sia bella la tua ipotesi, o quanto sia intelligente la tua formulazione o quanti siano i tuoi meriti passati; se l’esperimento non è d’accordo con te, tu hai torto. Questo è tutto”.
Bottom line. La tentazione tipica che pervade lo pseudo-scienziato: non geni ma individui, non individui ma gruppi, non gruppi ma specie, non specie ma ecosistemi, non ecosistemi ma l’intero universo…