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sabato 8 giugno 2024

perché non sono compatbilista. perché libet non ha confutato il libero arbitrio.

Perché non sono compatibilista.

Ecco una caratteristica importante della buona filosofia: non dovrebbe discostarsi dal senso comune, a meno che non si sia in presenza di prove schiaccianti del contrario. Se questo è vero, allora l'opzione del libero arbitrio parte in netto vantaggio, senonché l'opzione del compatibilismo (*) rimescola le carte in tavola facendo convivere il determinismo e e libertà. I miei motivi per rifiutarlo sono almeno tre:

1) penso che il compatibilismo non colga i fatti non naturali della nostra identità.

2) Ho l'intuizione che siamo liberi in un senso più profondo di quello descritto dal compatibilismo.

3) E' più facile capire perché c'è molto male nel mondo se si crede in Dio e si è libertari.

(*) per il compatibilista tu sei libero anche se scegli un'opzione che saresti comunque forzato a perseguire quand'anche non l'avessi scelta. Il compatibilista, sembra "allargare" artificiosamente la tua identità a questo potere elemento esterno che ti avrebbe comunque forzato a scegliere cio' che ipoteticamente non avresti scelto. L'obbiettivo del compatibilista mi sembra scoperto: far convivere libertà personale (un valore che non si vuol pregiudicare) con il determinismo (sia esso scientifico che teologico) al centro della sua filosofia.

Libet ha scoperto che una buona parte delle volte, prima che le persone prendano la decisione di muovere il dito, è possibile rilevarla nel loro cervello.Ma c'è una spiegazione altrettanto valida dei dati: ci sono correlazioni neurali che indicano che abbiamo un impulso a compiere un'azione. Se seguiamo tale impulso, ovviamente, dipende da noi. Libet non ha scoperto che la possibilità di muovere il dito può essere perfettamente prevista, ma solo che può essere prevista una parte del tempo.Ma questo è ciò che si aspetta chi crede nel libero arbitrio.

venerdì 26 febbraio 2010

Dopo il "se", il "come"

Dovrebbe funzionare così:

Punto primo: decido in coscienza di agire e procedo.

Punto secondo: il mio cervello si appronta quindi per dare istruzioni alla "periferia".

Punto terzo: la periferia del mio corpo riceve l' odine e si mette in moto.

Punto quarto: l' azione è compiuta, l' ho voluta io e ne sono responsabile.

Poichè sono libero, le cose dovrebbero andare all' incirca come le ho descritte.

Purtroppo però le cose non stanno così.

Per averne contezza basta procurarsi un registratore con il microscopio, ascoltare e guardare. Ci si accorgerà che nei fatti il secondo punto precede il primo.

Io decido dunque quando il mio cervello è già in azione da mo' (ben 200 millesimi di secondo, un' eternità).

L' inconveniente non rimette in discussione il "se" sono libero, ma il "come" lo sono.

Sul "se" ognuno resta della sua idea. Ma sul "come" ora ne so di più.

So che la mia libertà opera in forma di veto. So che non dà inizio ad un' azione, si limita ad autorizzarla o ad inibirla.

Conseguenze per l' etica: è più appropriato che il comando etico si esprima nella forma del "non fare" piuttosto che nella forma del "fare". I divieti sono più consoni degli obblighi.

Pensiamoci due volte prima di stigmatizzare l' inazione. Pensiamoci tre volte prima di stigmatizzare l' omissione. Forse cio' non siamo responsabili di cio' che non abbiamo fatto.

E se non intervengo per salvare chi muore? Lasciate che trascuri questa domanda fastidiosa.

"Non rubare", "non uccidere"... sono i miei comandamenti preferiti. E adesso capisco meglio anche il perchè.

"Non fare agli altri cio' che non vuoi venga fatto a te stesso" mi è sempre suonato meglio rispetto al "fai agli altri cio' che vuoi...". E adesso capisco il perchè.

Qualcuno ci vede persino una giustificazione fisiologica del peccato originale.

La tentazione è propria di tutti, è propria anche del Santo. Ma molti rinvengono qualcosa di "peccaminoso" nell' indugiare sull' immaginazione tentatrice, eppure, per quanto detto, non possiamo definire tutto cio' "peccato". Definiamolo allora "peccato originale", un peccato che appartiene a tutti ma da cui siamo stati mondati.

Speculare sulle conseguenze etiche potrebbe apparire spericolato. Basterebbero quelle civili: tutto cio' che non è vietato è consentito. Un inizio promettente per la scarsa ambizione dei libertari.