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mercoledì 7 ottobre 2015

Dieci canzoni dei Beatles valgono quanto una sinfonia di Beethoven?

Dieci canzoni dei Beatles valgono una sinfonia di Beethoven? 

Ardua domanda, tralasciamo la risposta finale per concentrarci sul metodo più adeguato da seguire per giungervi.

Urge analogia: quanto vale una tratta da 100 euro?

La tratta ha un valore potenziale, una probabilità d'incasso e un valore reale (che dipende da chi è il nostro debitore).

Poniamo che il debitore sia Wanna Marchi e la  probabilità d'incasso sia solo del 20%.

Il valore potenziale della tratta è 100 ma quello reale è 20.

Cerchiamo ora di identificare questi tre valori nel caso che ci interessa.

Per farlo immaginiamo che esista l'ascoltatore onnisciente, una figura immaginaria ma facilmente concepibile. Un tale che conosce tutto di tutto e ha fatto tutte le esperienze umane.

Costui potrebbe dirci che il pacchetto di canzoni beatlesiane vale 50 e la sinfonia vale 80.

Ora sappiamo la bellezza potenziale dell'opera ma qual è la loro bellezza reale?

Bisogna stabilire una "percentuale di realizzazione" e questa dipende necessariamente dal pubblico del momento in cui avviene la valutazione e dai condizionamenti storico-sociologici che riceve dall'ambiente in cui è immerso.

Nel nostro periodo storico ipotizziamo che la "percentuale di realizzazione" del pacchetto di canzoni sia 80% mentre quella della sinfonia sia  50%.

Se ne deduce che la bellezza reale delle canzoni uguaglia quella della sinfonia, entrambe le opere possiedono una bellezza reale pari a 40.

Sia le canzoni dei Beatles che la sinfonia di Beethoven qui ed ora liberano la stessa bellezza.

Questa conclusione tiene conto sia di elementi oggettivi (la bellezza potenziale) che da elementi soggettivi (il pubblico).

Come aumentare la bellezza presente sulla terra?

Qualcuno preferisce agire socialmente: plasmiamo la mente del pubblico in modo da alzare la % di di realizzazione delle musiche a più alto potenziale. Altri preferiscono agire artisticamente: realizziamo nuovi prodotti con la bellezza reale più elevata possibile.

Il secondo approccio è quello tipico delle società commerciali (dove la domanda comanda e l'offerta si adegua). E' anche il mio preferito: la manipolabilità delle menti mi lascia sempre scettico, anche quando raggiunge qualche risultato parziale o si nasconde dietro parole più rispettabili come "educazione" o "istruzione".

P.S. nel mio resoconto parto da due premesse: 1) la bellezza non è una proprietà dell'oggetto artistico ma un'esperienza interiore 2) la bellezza contiene sia elementi oggettivi che soggettivi.



Bellezza e musica di genere

La bellezza è oggettiva? Per me sì, ma in un senso particolare.

Non cioè nel senso che si identifica con alcune proprietà oggettive del manufatto artistico.

Aderisco alla tesi per cui la bellezza è un'esperienza. Un'esperienza del soggetto. Un'esperienza di "verità e comunione". Comunione con l'autore. L'opera è bella quando fa vivere questa esperienza.

Ma l'esperienza del soggetto è soggettiva per definizione, quindi la bellezza così definita dovrebbe essere soggettiva.

Sì ma la verità è soggettiva? Poniamo che non lo sia.

Se la verità è una sola probabilmente sperimentarla è qualcosa di unico.

Tuttavia, questo è vero, anche chi coglie una verità ingannevole compie ugualmente una sua personale "esperienza di verità", magari anche intensa e probabilmente molto simile all'esperienza di verità che compie chi coglie la verità unica.

Allora diciamo: che cerca la verità con la scienza, quando s'inganna non porta a casa nulla; chi cerca la verità con l'arte, quando s'inganna porta pur sempre a casa un'"esperienza di verità", magari depotenziata rispetto all'ideale ma che resta pur sempre un bottino di grande valore.

E si puo' andare oltre, considera un'ipotesi azzardata ma plausibile: ci puo' essere chi viene a contatto con una lezione inappuntabile di verità senza però sperimentarla in nessun modo, così come è immaginabile chi viene a contatto con una lezione dubbia che però, magari per la verve dell'insegnante, gli consente di fare ugualmente "esperienza di verità", anche se magari temporanea.

Molti ascoltatori di "musica bassa" fanno esperienza di verità, non si puo' negarlo. Molti ascoltatori di musica alta no. In questi casi la musica bassa è "più bella" di quella alta. Il che non toglie che fare esperienza di verità grazie ad una musica alta non sia qualcosa di particolare.

Come creare il massimo di bellezza in una società? Facendo in modo che si realizzi il giusto mix tra alto e basso. Inutile dire che il giusto mix dipende dai soggetti di cui la società si compone.

C'è una strategia alternativa ma io non ci credo: costruire l'orecchio ideale in tutti gli uomini, bandire la musica bassa e imporre quella alta.

E' più bella una sonata di Beethoven o una canzone di Gershwin? Forse c'è una domanda più utile: crea più bellezza una sonata di Beethoven o una canzone di Gershwin?  Sì, esiste una bellezza potenziale tutta da scoprire sulla quale possiamo fare congetture, tuttavia esiste e forse conta anche di più la bellezza realizzata.






lunedì 29 dicembre 2014

I generi bassi

C' è sempre il problema della qualità dell' arte e dei "generi bassi". 

Ma se la bellezza è un' esperienza prima ancora che un requisito, possiamo tracciare un legittimo parallelo con la fede. 

Ora, possiamo avere la fede del raffinato teologo come possiamo avere la fede dell' ignorante pastorella (magari di Lourdes). 

Chi dei due sperimenta una fede più degna? Difficile dirlo, di sicuro la sperimentano viaggiando su mezzi differenti: il primo sfrutta i ponderosi libri di teologia per accendere la sua fiammella, la seconda sfrutta l' accorata preghiera della devozione popolare. 

Esiste una sorta di qualità sia nel primo tramite che nel secondo, una qualità che porta ad una fede degna sia nel primo caso che nel secondo. 

Così pure nella musica, per esempio, la bellezza puo' essere sperimentata sia apprezzando una grandiosa sinfonia che immergendosi in una canzone popolare costruita con tutti i crismi dell' autenticità.